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Se la giornalista antiviolenza è omertosa sulle violenze commesse dalle donne

Da Abbatto i Muri:

Mi sono occupata, per prima, di analizzare e leggere il cyberstalking come strategia di dissuasione ritorsiva applicata contro chi aveva opinioni diverse dalle mie, sue, tue, vostre. Me ne sono occupata, assieme ad altre persone, senza immaginare vi fosse una origine più o meno legittimata ad attuarlo. Contesto la pratica, il metodo, censorio, fascista, e lo contesto così come l’ho rilevato a partire da più fonti, luoghi, idee politiche.

Che sia un metodo praticato da chi nega o giustifica la violenza sulle donne o da chi lotta contro di essa e d’altro canto nega e giustifica la violenza “delle” donne, immaginando si tratti sempre di legittima difesa, discorso speculare, opposto e identico, per me non fa alcuna differenza. Se il cyberstalking diventa la risposta ad altro cyberstalking sempre della stessa cosa stiamo parlando.

Nel tempo più e più persone, donne soprattutto, amiche, giornaliste, intellettuali, persone più o meno conosciute, mi hanno segnalato poi diversi casi in cui la modalità squadrista, di tante persone che si servono di insulti, dileggio, diffamazioni, derisione, per disumanizzare qualcun@ e metterl@ alla gogna, veniva compiuta con un accanimento atroce, dispettoso, morboso, da chi immaginava di avere perfino ragioni valide per fare quello che faceva, in una modalità che si autoalimentava e veniva nutrita dalle stesse vittime, ché dare retta a chi ti perseguita in rete e rispondere e mettere in moto meccanismi ulteriormente ritorsivi, è una miccia e non risolve. Anzi: diventa un ulteriore innesco dove servono disinneschi.

Ho visto siti interi dedicati alla tal persona dove l’insulto e la diffamazione liberi agivano costantemente a cura di persone che stavano lì, ogni giorno, a tallonare le proprie vittime per studiarne le mosse e colpo su colpo a rispondere come se vi fosse un dialogo immaginario che in realtà era a senso unico. Gente animata d’odio, in cerca di attenzione e microfama, fissata con la donna nota che, nel caso in cui avesse risposto, avrebbe procurato i cinque minuti di gloria a gente mediocre, anonima e priva di spessore.

Gente che passava giorni e giorni a insultare alcune donne sul colore dei capelli, l’abbigliamento, le virgole e le espressioni, come comari inacidite e velenose che altro non sanno fare se non sputare – appunto – veleno.

Ho/abbiamo scritto diversi post in cui abbiamo studiato, analizzato, svelato questo fenomeno avvisando anche del fatto che non puoi di certo insultare e diffamare chi ti pare perché quando pensi di star componendo un’opera letteraria con la tua frasetta mista di rancore e livida perfidia in realtà compi un reato: ingiuria, diffamazione, calunnia, e alcune di queste donne che negli anni mi hanno segnalato quello che subivano, la persecuzione a mezzo web, su facebook, su blog, siti, anche ad opera di altre donne, alla fine, talvolta, hanno anche denunciato perché non trovavano il modo di fare smettere queste persone ed erano sfinite da tanta persecuzione.

Non ho mai immaginato che vi fosse una ragione plausibile per attuare questo tipo di comportamento e così non lo ammetto neanche ora, perciò immaginate la mia sorpresa quando mi viene riferito che ad una donna che subisce persecuzioni via web da parte di altre donne, nel tentativo di segnalare questo suo problema ad una giornalista che avrebbe dovuto essere sensibile alla questione, la giornalista, invece, ha risposto pressappoco così:

– è in lotta contro uomini sessisti e maschilisti;

e può anche essere sia così. Di insulti nel tempo ne ho ricevuti tanti anch’io ma non per questo quella è diventata una mia priorità.

– non ammette che le donne siano violente e che facciano brutte cose tanto quanto gli uomini;

e se si parla di quantità può anche essere che sia così in relazione ad un certo tipo di delitti, ciò non toglie che se una donna ti dice che subisce una persecuzione ai suoi danni da parte di altre donne non si possa immaginare sia una bugia perché l’omertà a protezione del tuo genere noi, donne, l’abbiamo subita per tanto tempo quando tentavamo di rilevare la violenza compiuta dagli uomini. Ergere un muro a protezione delle donne violente per non danneggiare la categoria è come quando la Polizia finge di non sapere che i militari in piazza abusano del proprio potere per non mettere in cattiva luce le forze dell’ordine. Da quando in qua le donne sono diventate un branco? Da quando abbiamo una reputazione di genere da mantenere? Da quando esiste l’interesse ad apparire tutte sante?

– invita la donna che rileva la violenza fatta da un’altra donna ad immedesimarsi in quella che invece viene subita da un’altra pestata da un uomo.

Si scopre che la giornalista ha subito una violenza e dispiace tanto saperlo, ma cosa c’entra? Tutta la solidarietà possibile ma, ripeto, cosa c’entra? L’ho subita anch’io la violenza ma non per questo guardo tutti gli uomini come fossero criminali e alle donne come fossero tutte sante. Che vuol dire? Che prima di riconoscere la violenza commessa da una donna la sua emergenza è quella di sentire riconosciuta la violenza subita da lei e commessa da un uomo? Ma certamente, e chi lo nega? Ma quando mai? Un abbraccio forte e vai avanti, come abbiamo fatto tutte, risollevandoci e imparando a guardare il mondo con obiettività. E ora però riconosci che certe donne fanno violenze su altre donne? E la prima violenza è la tua indifferenza rispetto alla denuncia che un’altra fa, per esempio.

– dà della maleducata, molesta e supponente alla donna che le porge il suo pezzo di storia. Le dice che è portatrice di una causa “finta” e poi le augura di incappare in una violenza di genere per farle capire il suo punto di vista.

E sono senza parole. Perché questa conversazione che mi è stata segnalata senza che io sappia di quale giornalista si parla, per fortuna, ché altrimenti vorrei chiedere conto di un simile atteggiamento, è veramente terribile nelle sue conclusioni.

– stabilisce che la donna che è arrivata a dirle che ha subito e subisce una atroce persecuzione da parte di altre donne sia armata da “maschi” cattivi che l’hanno plagiata a far credere che le donne sono brutte e cattive di modo che le donne, oddio che ingenuità, siano divise e in litigio tra loro.

Diversamente, devo supporre, nella candida opinione di costei, c’è l’idea che le donne, noi, saremmo tutte unite contro il feroce “maschio” e in festa, con corone di fiori attorno al collo, a celebrare l’avvento della luna con tutte quante, incluse le fornero, mussolini, santanchè. Tanto per dirne alcune con cui non riuscirei ad andare d’accordo in virtù dell’appartenenza allo stesso genere.

– dice che la sua priorità è la violenza sulle donne. Tutto il resto sarebbe ridicolo, ameno, trascurabile. E ancora porta la sua esperienza e racconta di un padre sessista finendo per insultare uomini che neppure conosce.

E dispiace ancora che la sua vita sia stata costellata da così tante brutte esperienze ma, ripeto, cosa c’entra? Ha un’altra priorità e allora pace, ma non è che si può dire che il resto sia ridicolo, ameno e inesistente perché le sue urgenze sono altre. Sarebbe come dire che ci occupiamo solo delle questioni di casa nostra e se i nostri vicini si ammazzano tra di loro non ce ne frega niente. E può anche essere che non ce ne freghi, ma giudicarle addirittura cose amene? Non è negazionismo questo?

– Parte all’attacco immaginando ragioni per cui sarebbe lecito poter insultare una donna che chiedeva attenzione e aiuto. Ridefinirla e rinominare le sue ragioni calibrandole sulla rilettura data dalla giornalista è un buon sistema per darsi l’opportunità di sfanculare la donna senza sentirsi minimamente in colpa. Stabilisce perciò che per essere donna che denuncia una violenza subita da un’altra donna deve avere un curriculum preciso, le ricuce addosso stereotipi, frutto di demonizzazioni. Tono sprezzante e sarcasmo a go’ go. Concludendo che altre cause, a parte le proprie, non le interessano.

Bene così. Ma che bisogno c’era, per dirlo, di insultare? E l’altra si scusa per aver disturbato, si chiede se aver detto una cosa non in linea con il pensiero dominante possa davvero lecitamente doverle costare tanto disprezzo e offese. Ribadisce che sta subendo una persecuzione assurda, violenta. Così, senza aver voluto ascoltare né sapere nulla l’altra, questa giornalista che si occupa di violenza sulle donne, risponde:

– che non c’è alcuna persecuzione, semmai una “discussione” e che non esiste il cyberstalking, non esiste un modo per pedinare sul web le persone che ti stanno sulle ovaie per rendere loro la vita impossibile. Infine conclude che se la donna in questione scrivesse meno “sciocchezze” nessuno sarebbe costrett@ a “tenerla d’occhio” per impedire che “semini danni”.

Riassumo, basita, che questa signora ha espressamente detto che il cyberstalking non esiste, e bisognerebbe dirlo alle tante ragazzine o persone che si sono suicidate dopo essere state vittime di una pressante e violenta persecuzione via web, alle vittime di cyberbullismo, perché di questo si tratta, e allora vorrei vedere se la stessa giornalista non dedicherebbe un bell’articolo all’emergenza cyberstalking. Degno di attenzione solo se messo in pratica da uomini. Diversamente vi attaccate al tram, donne, capito?

Infine quel “se l’è cercata” perché le opinioni, per quanto differenti, secondo costei giustificherebbero quel “tenerla d’occhio” come fosse plausibile una sorveglianza, un tallonamento, la ronda per evitare che sia detto qualcosa che non rispetti il dogma dei guardiani della fede della lotta contro la violenza sulle donne. Che non sia mai che questa persona che ha provato ad esprimere il suo parere dica in pubblico quello che ha detto a questa giornalista in privato. Giammai. Potrebbe essere condannata al rogo per questo. E per fortuna per la giornalista non esisterebbe il pedinamento online. Già. Per lei è “solo” una sorveglianza preventiva lecita e plausibile ad opera di alcune persone che non si capisce chi abbia insignito di titoli di merito per creare eserciti di polizie preventive a sorveglianza e manutenzione del pensiero unico.

Che dire, semmai capitasse a me di essere perseguitata via web da alcune paranoiche diffamatrici di professione, così come è successo, al punto da violare la mia privacy, interferire con mie possibilità professionali, ledere la mia reputazione tra le mie amicizie e le mie relazioni, saprò cosa mi sarà risposto nel caso in cui cercherò attenzione. E tutto ciò è molto istruttivo. Davvero molto.

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