Abbiamo già descritto le modalità attraverso le quali il singolo cyber stalker o più cyber stalkers possono perseguitarvi via web. Abbiamo anche raccontato che i cyberstalkers, almeno quelli che non hanno grandi preparazioni tecniche, non godono di nessuna impunità perché anche sotto falso nome sono assolutamente individuabili.
Abbiamo chiarito anche come il web sia un luogo frequentato da chiunque, nel quale potreste incontrare qualunque tipo di persona, dalla più buona a quella più cattiva, colpevole, nella vita reale, di crimini terribili quali la pedofilia e la violenza sulle donne, solo per citarne alcuni. Persone che scambiano sovente il garantismo con l’impunità.
Persino i latitanti per delitti commessi dalla criminalità organizzata sono talmente sciocchi da farsi un profilo su facebook, che se sotto falso nome e senza particolari esibizioni di se possono gestire in tutta tranquillità, se invece è definito con il nome reale, così
come è già accaduto, serve ad acchiappare il fuggiasco.
Quello di cui dovete tenere conto è che i criminali non sono delle cime e spesso non sanno che:
1] se attivano un profilo facebook in uganda sono comunque visibili anche al resto del mondo;
2] se attivano un profilo facebook o un qualunque account mail sotto falso nome e attraverso quello pensano di poter dire e fare quello che vogliono, sono rintracciabili a partire dall’utenza della quale si servono per le connessioni;
3] se anche sono in grado di anonimizzare il loro ip comunque sia si può tracciare un identikit di chi commette un crimine attraverso l’associazione di dati che solitamente vengono lasciati in giro per forum, pagine facebook, siti.
4] il web è esattamente come il mondo reale e ciò che non si può e non si deve fare nel mondo reale non si può e non si deve fare neppure nel web;
5] la violenza sulle persone che si esercita attraverso il web è un crimine tanto quanto quella che si esercita sul piano reale. Chi pensa di avere garanzia di impunità perché si nasconde dietro l’anonimato o perché su internet lascia cadere tutte le briglie morali per dire e fare cose che nella realtà non direbbe mai (o che direbbe solo quando è certo di non avere testimoni), si sbaglia di grosso;
6] se mandano una mail minacciosa: quella mail parte da un ip, passa per l’azienda di telefonia dalla quale prendono la connessione, passa per il provider che gli ha concesso il servizio per mandare la loro mail, e nel frattempo lascia centinaia di tracce che portano dritto all’autore delle minacce.
7] se mandano un messaggio minaccioso su facebook quel messaggio è associato all’ip dell’utente che ha attivato quel profilo, alla connessione dalla quale parte il messaggio, a mille altri luoghi sparsi fino ad arrivare, nel caso in cui usano un internet point invece di casa loro, ad un documento che obbligatoriamente deve essere consegnato nelle mani di chi gestisce il punto internet.
Potremmo andare avanti per ore dicendo sostanzialmente che qualunque luogo i criminali frequentino per servirsene e mandare attraverso essi minacce, diffamazioni, ingiurie, persecuzioni, non garantisce loro nessuna impunità.
Di contro dovete sapere, e lo diciamo alle donne che possono subire violenza sul web, che la vostra privacy è sacra. Dovete fare attenzione a non usare internet come fosse casa vostra, facebook incluso.
Non vi stiamo chiedendo di mettere un burqa per la vostra sicurezza. Tutt’altro. Quello che tentiamo di fare è darvi le informazioni necessarie per garantirvi la possibilità di attraversare il web senza mai dover subire violenza da nessuno.
Vi consigliamo però alcune strategie che usereste in qualunque altra circostanza.
Quando uscite la sera e andate in giro a socializzare non vi mostrate con la vostra carta d’identità appiccicata sulla fronte. Dunque non si capisce perché dovete fare conoscere alle persone che conoscete su internet non solo la vostra faccia ma perfino il vostro indirizzo, il vostro numero di telefono, la vostra data di nascita, la rete familiare che vi riguarda, i luoghi che frequentate, le scuole che avete frequentato, il vostro datore di lavoro, l’indirizzo del luogo in cui lavorate , i vostri gusti, etc etc etc.
Non stiamo inventando nulla. Abbiamo soltanto elencato quello che vi chiede facebook senza garantirvi alcuna sicurezza per la privacy, senza informarvi che quello che avete scritto può essere visibile a tutti, che il giochetto dell’amicizia a buon mercato vi può esporre alla presenza di persone che amiche non sono affatto.
Bisogna che ci facciate caso: tante donne, soprattutto quelle più consapevoli, quelle che temono per se e i propri affetti, non mettono alcuna foto, non scrivono alcun dato anagrafico, talvolta non usano neppure il proprio nome. L’anonimato, che abbiamo già spiegato non corrispondere ad un anonimato reale, in questo caso è una garanzia di privacy, una necessità per la propria sicurezza.
Ed eccoci arrivate al terzo capitolo della saga dei cyberstalkers.
Soprattutto con facebook, ma il fenomeno era già presente su altri mezzi di socializzazione online, si è inasprita l’abitudine ad attivare delle tifoserie, le pagine fun, a supporto di persone che hanno compiuto crimini odiosi.
I media da tanto tempo sostituiscono le aule dei tribunali. La televisione e i quotidiani sono in qualche modo luoghi in cui all’accusato, al processato o al condannato si da voce ma con le dovute cautele. Sul web fai da te invece non c’è nessuna cautela e potreste trovare intere pagine dedicate a uomini che sono accusati, processati, condannati per pedofilia o violenza sulle donne, in cui non c’è alcun contraddittorio e in cui si realizzano vere e proprie squadre, intese nel senso dello squadrismo di cui abbiamo già parlato, all’attacco di qualunque persona non la pensi come loro.
Lo abbiamo visto per altro genere di reati. Nessuno di noi certo amerebbe avere un confronto o invitare ad una tavola rotonda pubblica, o sentire parlare da un palco dei comizi il figlio di un boss mafioso arrestato e sotto processo. Chi tra voi non sarebbe indignato se vedesse il figlio di un noto boss mafioso attivare una pagina in cui si sostiene l’innocenza del padre, in cui si fa l’apologia della mafia, in cui si dice che la mafia è necessaria perché lo stato obbliga questi santi uomini ad agire nell’ombra, in cui si dice che l’omertà è una cosa sana, in cui si dice che “chi fa la spia non è figlio di maria”, in cui si dice che chi lotta contro la mafia è un professionista che si vuole solo arricchire, in cui si dice che la mafia non esiste, in cui si dice che chi lotta contro la mafia in realtà ingigantisce il fenomeno, attribuisce ai delitti di mafia numeri inesistenti, e via così? Chi non sarebbe indignato nel vedere una cosa del genere?
Badate: questo è quello che può o potrebbe accadere ogni volta che si parla di un caso di stupro, di violenza sulle donne, di femminicidio, di pedofilia.
L’utente xy è sotto processo con l’accusa di aver picchiato la moglie o condannato per lo stesso reato? Ecco che lui stesso o un suo familiare potrebbero attivare una fun page che
accumula migliaia di firme, decine di migliaia di firme, tutte unite e concordanti nell’orientare l’opinione pubblica sugli elementi che avrebbe veicolato il figlio del boss mafioso sostituendo alle parola mafia le parole “violenza sulle donne”.
L’utente xy è sotto processo o già condannato per il reato di pedofilia? Ecco che lui stesso o un suo familiare potrebbero attivare una fun page con lo stesso fine già descritto.
L’utente xy è sotto processo o già condannato per il reato di stupro? Ecco che lui stesso o un suo familiare potrebbero attivare una fun page ancora con lo stesso medesimo obiettivo.
La fun page innocentista, com’è ovvio, potrebbe rivelarsi non solo un luogo in cui si esprimono opinioni discutibili ma anche il luogo in cui si parla male della denunciante vittima di maltrattamenti o di stupro, dei genitori dei bambini vittime di pedofilia. Di più: potrebbe diventare il luogo in cui tutte le persone coinvolte nel processo o tutte le persone che compiono battaglie contro la violenza sulle donne vengono additate come nemiche.
Una fun page così strutturata potrebbe diventare il luogo in cui si progetta come rovesciare un intero sistema di diritti per le donne e i bambini, in cui si progetta come ottenere privilegi, sconti, garanzie, impunità, impunità, impunità.
Una fun page così strutturata potrebbe diventare il luogo ambiguo dove chi è condannato per pedofilia o violenza sulle donne, pretende di ottenere la stessa legittimità che si dovrebbe concedere solo a soggetti di spessore senza alcuna particolare inclinazione a sostenere un interesse privato in un discorso politico pubblico.
Chiediamo: voi concedereste legittimità politica a totò riina o a provenzano? Dareste al figlio di un boss mafioso l’opportunità di progettare una legge che incide sul modo in cui lo stato deve trattare la mafia? Dareste all’avvocato di un mafioso l’opportunità di dichiarare “di parte” l’azione sociale e utile che compie una associazione come “libera” o un’altra come “no pizzo”? Gli dareste l’opportunità di dire che i terreni confiscati alla mafia devono essere dati ad associazioni costituite da figli, parenti, avvocati dei mafiosi invece che ad associazioni e cooperative antimafia?
Come abbiamo già detto: internet non è un semplice mezzo di comunicazione ma è un media, ovvero un luogo attraverso il quale chiunque può fare opinione. Date in mano questo mezzo a persone condannate per pedofilia, violenza sulle donne, e immaginate quale potrebbe essere il risultato.
Noi certo capiamo il dolore dei familiari coinvolti in fatti di questo genere, comprendiamo finanche il dolore e la difficoltà di accettazione dei familiari degli accusati. Tuttavia quel dolore non giustifica certo qualunque tipo di molestia che le persone riunite nelle fun page potrebbero commettere ai danni di chi non condivide la loro opinione.
Qual è il danno concreto che potrebbero realizzare alle persone gli attivisti di queste fan page?
Facciamo l’esempio di un caso di stupro.
La persona processata per stupro o i suoi familiari innanzitutto potrebbero servirsi di quella pagina per diffamare la vittima, chi sostiene quella vittima, chi lotta in favore della vittima, chi difende in tribunale quella vittima, chi giudicherà il processo dovuto a quella vittima e infine tutta la famiglia della vittima, gli amici della vittima, eccetera eccetera.
Se vi capitasse di vedere mai pagine di questo tipo potreste notare come si procede per schedatura dei nemici e delle nemiche.
In nome di un malinteso senso della giustizia potrebbero ritenere di esercitarsi nel difendersi da un’accusa commettendo almeno una ventina di altri crimini a partire dall’ingiuria, la diffamazione, la persecuzione, la minaccia, l’apologia dello stupro (per esempio), l’istigazione alla violenza contro le persone pubblicamente schedate.
La schedatura può essere oculata e attenta, una indagine in piena regola costruita con qualunque informazione disponibile. La spinta, ovvio, potrebbe essere la vendetta. Queste persone potrebbero pensare di subire la grave ingiustizia di essere processate per un crimine che sostengono non aver commesso e dunque coloro i quali sostengono il
contrario diventano oggetto di persecuzione.
Immaginate che questa cosa si svolga sul piano reale: lo scontro tra le famiglie dell’accusato e della denunciante. La divisione tra innocentisti e colpevolisti. Immaginate lo scenario di Montalto di Castro o quello di San Martino di Taurianova in cui una ragazza stuprata ha dovuto perfino denunciare varie persone del paese che in accordo tra loro la perseguitavano.
Ora immaginate che questa cosa si svolga su internet dove tutto resta scritto e dove però i toni spesso sono accesi perché, come abbiamo spiegato prima, certe persone sono convinte di potersi celare dietro un anonimato che non esiste.
Immaginate che la ragazza che ha denunciato subisca ogni giorno minacce, diffamazioni, calunnie, persecuzioni di vario genere che la costringono a cambiare abitudini,
a nascondersi per sfuggire ai persecutori, a limitare la propria attività di socializzazione perché esattamente come lo stupratore è convinto di poter fare il gradasso e andare a testa alta per la piazza del paesello così immagina di poter andare a testa alta per le vie del web.
Il web però non è il paesello, non è fatto di persone provinciali e spesso è composto di persone che producono controcultura, che sostengono attivamente e in modo visibile la vittima di uno stupro come è avvenuto per la ragazza di Montalto di Castro. Nel web non ci si conosce tutti e cadono quelle remore che qualche volta possono coinvolgervi immaginando di non potere prendere posizione su un fatto che riguarda il vostro vicino di casa o il negoziante presso cui comprate della frutta, o l’impiegato delle poste del vostro quartiere. Nel web, dunque, la stessa azione di contrasto e controcultura al negazionismo, all’apologia dello stupro, della violenza sulle donne, della pedofilia, potrebbe diventare oggetto di persecuzione.
Come potrebbe d’altronde agire nel web chi agisce violentemente nella vita? Come potrebbe agire un gruppo di parenti, amici, conoscenti degli accusati coinvolti in prima persona in qualcosa di doloroso e inaccettabile? Come potrebbe agire una aggregazione di persone riunite in una fun page che non aspettano altro che comportarsi come degli ultras?
E’ la dinamica degli spalti di calcio traslata sul web: chi non è con me è contro di me, dunque merita la mia vendetta. Ed ecco come quei luoghi di grande e fantastica socializzazione, così vorrebbero descriverceli, pieni di giochini perditempo e di icone simpatiche, potrebbero diventare scenario di violenza continua, di aggressione permanente ai danni di alcune categorie di persone. Le donne sono in cima alla lista.
Non stiamo parlando di persone che possono essere aggredite se si avventurano in quelle pagine ma di persone che possono essere aggredite, molestate, perseguitate, controllate, minacciate, nei loro indirizzi mail, tramite messaggio privato su facebook, nei loro blog, nelle loro pagine private, nelle pagine di discussione che frequentano, così come in qualunque altro luogo del web utile sul quale è possibile lasciare un messaggio rivolto contro di loro.
Quello che in generale i cyberstalkers possono fare e i metodi attraverso i quali i cyberstalkers possono praticare stalking lo abbiamo elencato qui e qui. Ne ripetiamo alcuni passaggi:
I cyberstalkers si esprimeranno nella vostra persecuzione e li riconoscerete così:
– tenteranno in tutti i modi di raggiungervi con qualunque forma di comunicazione via web;
– tenteranno sempre di farvi sapere che loro esistono e stanno parlando male di voi;
– tenteranno insistentemente, ossessivamente, di farvi arrivare i loro messaggi, i loro insulti, le loro minacce, via mail, attraverso i commenti del vostro blog, nella pagina facebook che frequentate, etc;
– parleranno di voi insultandovi;
– si produrranno in provocazioni di vario genere;
– vi diffameranno violentemente;
– esibiranno la loro aggressività accusandovi di “giustizialismo” se reagirete e risponderete a tono;
– vi aggrediranno nei luoghi virtuali che voi frequentate;
– vi intimidiranno;
– vi minacceranno in privato, uno alla volta, sempre con gli stessi argomenti;
– si incoraggeranno a vicenda a prodursi in altre molestie;
– immagineranno di essere una specie di esercito di liberazione del gruppo tal dei tali;
Riscriviamo quello che dovrete fare per difendervi:
– fare attenzione alla vostra privacy;
– denunciare pubblicamente quello che vi sta succedendo. Il silenzio è il miglior complice dei vostri persecutori;
– copiare, fare screenshot di tutto quello che dicono di voi e raccoglierlo in ordine progressivo;
– tenere un diario in cui registrate data, ora, luogo virtuale, e la descrizione delle molestie;
– certificare il danno biologico che vi ha provocato;
– non rinunciare ad andarverne da quella che ritenete casa vostra (in questo caso quella virtuale) perché i cyberstalkers l’hanno invasa con la loro presenza. Sono loro che devono andarsene perché no vuol dire no e se restano in un luogo in cui non sono graditi è stalking;
– prendere tutto il materiale che avete, trovare un buon avvocato, presentare una denuncia.
– ricordate che è più che possibile presentare una denuncia per più soggetti con l’accusa di cyber stalking. Se tutti agiscono in accordo nel molestarvi, diffamarvi, perseguitarvi, si tratta di stalking.
Tenete bene a mente, ripetiamo, che il web è come la vita reale. Nessuno può imporvi la sua presenza. Nessuno può obbligarvi ad un “dialogo” che voi non volete. Nessuno può obbligarvi ad ascoltare e a parlare con il figlio di un mafioso così come con qualcuno con cui non berreste mai neppure una tazza di caffè sullo stesso bancone del bar. Nessuno può molestarvi e nessuno può fare quello che non potrebbe fare nella vita reale. Sebbene per la vita reale potreste ottenere una diffida, un ordine di allontanamento dai luoghi che frequentate e per il web tutto ciò diventa più difficile, comunque vale esattamente lo stesso principio e se voi percepite di essere abusata, molestata e perseguitata non dovete passarci sopra solo perché la questione non riguarda il piano fisico.
Anzi va chiarito che tutto quello che gli stalkers compiono sul web riguarda comunque la vostra vita, sul piano fisico e morale, perché l’insulto e la diffamazione, specie se
commessa in pubblico e in compagnia di complici, di un branco, sono una istigazione alla violenza, all’insulto, al dileggio, alla denigrazione e alla mortificazione della vostra persona. Vi riguarda sempre perché tutte le volte che gli stalkers sono riusciti a suscitare la vostra rabbia, indignazione, umiliazione, ansia, paura, hanno comunque coinvolto voi, la vostra giornata e la giornata dei vostri familiari, quelli che vivono con voi e sono comunque inficiati dai deleteri effetti che provoca il suo comportamento.
Lo stalking produce un danno biologico, materiale, morale, influisce sulla vostra serenità, sul vostro rendimento professionale, sul tono che userete per parlare con vostra figlia o con il vostro compagno.
Gli stalkers vanno denunciati e devono capire che voi non siete complici dell’abuso che loro stanno perpetrando.
Raccontateci le vostre storie di stalking sul web: a voi è mai successo?