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Trolling, microfama e cyberbullismo femminile

Ancora social network e il trolling e poi la microfama.

Due modalità. Non per attribuire stereotipi ma perché così più o meno abbiamo visto funzionare. Certi uomini sono virili. Virilmente idioti.

Prendono spazio sulla propria bacheca e scrivono nero su bianco il messaggio rivolto al signor x. “Signor X” – dicono – “lei è un perfetto coglione!” e cose di questo genere. Chiaro, diretto, coraggiosissimo, e mentre loro si immolano per queste cause perse, immaginando che al signor x venga in mente di passare per quella anonima bacheca, comunque affidano a facebook, per dirne uno, i punti di un manifesto isterico di gente che svende le rivendicazioni alla monetizzazione utilitarista del social network svilendole a banali sfoghi così come dicevamo nel post dedicato alla maniera di farsi querelare sui social net.

Certe donne invece usano modalità da aggressività indiretta. Un po’ un te lo mando a dire perché il mio scopo è fartelo sapere e tu capisci e se non capisci chissenefrega, tanto basta che io caghi merda, qualcuno raccolga e io mi svuoto. Perché sulla bacheca della signora tal dei tali ci sarà scritto qualcosa tipo:

Certe volte il vomito è viola, il piscio è blu e la cacca è in forma gassosa…” o cose così, che le capisce solo chi le ha scritte e dovrebbe capirle anche la persona alla quale sono dirette non si capisce in virtù di cosa.

Perché il senso di messaggi del genere sta nel fatto di ricercare solidarietà in pubblico ché ci si reputa nella propria dimensione ossessiva/compulsiva, tipica di chi acquisisce una dipendenza da facebook, danneggiat@ per qualche ragione anche se nessuno se le è cagat@ di striscio. Anche se il punto vero è che la paranoia abbonda e che c’è gente che pensa di essere al centro di complotti tridimensionali con tutti i clan del mondo a ordire trame contro di lui/lei (ché sono certa che ora ci sarà qualcun@ che pensa che questo ragionamento è formulato in una direzione precisa e invece no, è pura paranoia sentirsi al centro dei pensieri di qualcun@), e questa modalità diventa contagiosa perché alla fine anche le amiche finiscono per pensare che esista un motivo x per cui bisogna guardarsi le spalle da qualche persona e in men che non si dica tutte quante cominciano a scrivere sulla propria bacheca le parole d’ordine, cifrate: “il vomito è viola, il piscio è blu e la cacca è in forma gassosa…“.

Consegnare i pensieri ai social, come ai blog, al web in generale, come un tempo a carta e penna, è un fatto normale. Nulla di brutto o di sbagliato. E’ lo strumento in se’ che istiga una costante violazione della privacy, a spiare e motivare delazione sulle bacheche della persona tal dei tali, fingendo tutti e tutte di essere agenti segretissimi per la salvezza dell’umanità. E’ lo strumento che crea paranoia e diventa il tramite attraverso il quale si esercitano molestie nei confronti di persone ignare. Persone che vengono citate loro malgrado, che vengono usate come obiettivo per dirigere paranoia, ossessione, antipatia, talvolta odio.

L’impressione è che il web diventi ogni giorno di più, anche grazie ai social network, una grande arena, un palcoscenico di nevrosi ossessive, tante personalità psicotiche che non sanno vivere e comunicare altrimenti, un ring perenne, in cui le risse sono all’ordine del giorno, con gente che immagina per l’appunto di compiere grandi battaglie per il bene dell’umanità mentre gli azionisti di facebook si arricchiscono con profilazioni, violazioni della privacy e click. Tanta gente usa il web come mezzo per regolare i conti e questo prescinde dalla natura degli scontri. Il punto è che chiunque pensa di avere una ragione ottima per aggredire e insultare o dichiararsi ostile nei confronti di qualcun@ ma è lo stile che poi contraddistingue le modalità di comunicazione dove la modalità realizza la sostanza della comunicazione stessa.

Tra le persone che usano il web per regolare conti che in cuor tuo ritieni di avere in sospeso ce ne sono alcune che finiscono per diventare troll o assumerne la forma involontariamente, senza saperlo. Cos’è un troll? E’ un soggetto che sceglie di passare da un luogo all’altro scrivendo frasi a muzzo, tentando di creare caos, scatenando flame, apparendo volutamente estremo e ridicolo. Questo è il troll in origine. Con una sua funzione sociale dopotutto. Era ed è divertente quando il troll è vero. Quello che arrivava con un nick fasullo e brandiva cazzate su cazzate per distrarre la mailing list senza eccedere. I migliori troll erano anche dei tech simpatici, intelligenti, animati da spirito parodistico e satirico, strafottenti, kaotici.

Oggi il Troll o la Troll è una persona animata d’odio che usa un nick name falso per dirottare una discussione altrove, lontano da quella che esisteva in origine, per distrarre, monopolizzare, produrre linciaggi semantici, istigare odio, manipolare, evangelizzare, distruggere, vendicarsi, diffamare, e qualche volta agisce da troll anche una persona con nome e cognome reale che non la smette più di invadere bacheche su bacheche e pagine tematiche per dire quello che ha da dire, la vuole dire e basta e vuole dire che Zanardo è schifo, Lipperini è merda, FaS è vomito, le donne sono zoccole, le madri sono pazze, le femministe sono nazi e i padri separati sono tutti pedofili, ché l’effetto è lo stesso. Demonizzazione a go’ go’ e necessità di ristabilire la verità in ogni centimetro quadro internettiano perché se non la dici lì il mondo muore ignaro e fosse anche l’ultima cosa che fai, a costo di farti bannare, devi pronunciare almeno tre volte zanardo/lipperini/fas brutte e cattive perché altrimenti non si compie il rito e il sole non risorge.

E’ una roba a punti. Se riesci a piazzare su una pagina un “puttanelle” guadagni un posto nello speciale girone del paradiso per le indomite guerriere fatte di silicio e zinne girevoli. Se riesci a piazzare un Lipperini cacca, puoi bere un caffè con san pietro, quello delle pubblicità. E via di questo passo.

La questione non si ferma a questo. Se c’è uno che ce l’ha in particolar modo con una persona ad essa dedica non solo messaggi in ogni spazio dei social consentito ma tanti bei post nei blog e tante scritture (non sacre) in ogni luogo, perfino sulle porte dei cessi, ci fosse un referrer e un trackback da inviare alla suddetta, scriverebbero che ella è cacca, perché parlare male del soggetto più visibile in rete funge da trascinamento. La chiamano microfama: l’attimo di gloria che deriva dal fatto di sputare merda in modo costante e continuato, ché sa di cyberstalking, contro una persona più visibile. Senza argomenti, senza critiche politiche, per il solo gusto di dirne il più possibile di modo che ella, in fondo, si accorga di voi.

L’hanno fatto con noi tantissime, troppe volte, persone che non sappiamo neppure chi sono o magari si ma chissenefrega, ci devono fare sapere a tutti i costi che loro hanno un problema con noi. Anzi non lo fanno sapere a noi ma è che noi ci considerano Terra e loro appaiono come satelliti o al massimo piccoli pianeti che si relazionano per contrapposizione. Si riflettono nella luce altrui. Tentano di tirarsi fuori dall’oscurità creando blog diffamanti contro di noi o dicendo “FaS stronze” (il classico è “FaS fasciste“, chi lo scrive vince il premio degli affiliati di casapau) e così dovremmo noi rispondere dicendo “ma nooo… cosa dite mai” e dopo un paio di link a chi ci dice che FaS “stronze” e “fasciste” avremmo regalato visibilità e – appunto – microfama.

Ci sono tante persone che lo fanno con Lorella Zanardo che, abbiamo visto, in rete è purtroppo odiata, anche da tante donne. Potessero sputarle addosso lo farebbero e di fatto lo fanno perché quando scrivono di lei, e non fa piacere dirlo, traboccano di veleno e anche quella è una modalità ostile, un pizzico di cyberstalking e voglia di ottenere microfama.

Loredana Lipperini ha i suoi e le sue stalkers personali, come tutte noi. Ce li portiamo dietro per le feste comandate. Ha persone che le hanno dedicato blog, post, riferimenti vari, ogni tanto spunta qualcun@ presso i nostri spazi o spazi amici, in generale lo fanno per tante che conosciamo inclusa lei, e vengono a depositare merda e noi cancelliamo perché sputare merda contro qualcun@ diventa l’unico argomento possibile, dove se parli bene di loro finisci nella mischia, diventi ulteriore riferimento per trackback d’insulto, ma come: sei amica della tipa tal dei tali? ma ohhh, che ce lo sai che quella ha fatto questo e quello? Perché il trolling molesto, che diventa cyberstalking per attivare microfama diventa diffamazione e calunnia, tutto per riferimenti vaghi, accennati, “si dice che“, “dicono“, “vedi che“, e di fango in fango c’è una vera fabbrica che sostanzia una inquisizione calunniosa nei confronti di donne per le quali qualcun@ prova più che livore e ostilità.

Perché? Perché c’è gente che campa d’odio. Non c’è un perché. C’è che chi si sente esclus@ attiva dei meccanismi di offesa e persecuzione contro persone che ritiene colpevoli di chissà cosa. C’é che esiste gente in giro che ha paranoie assurde, che non si stacca dal computer e che attraverso esso realizza tutta la propria vita. Gente poverina, mediocre, rispetto alla quale c’è ben poco da mostrare comprensione perché se usi i tuoi drammi personali e le tue ferite, sempre che tu ne abbia, per fare del male alle altre persone col cazzo che meriti comprensione. Sei una stronza o uno stronzo e basta.

Ad ogni modo quello che vi si voleva dire è che l’insieme di atteggiamenti molesti nei confronti di chiunque, prodotti in modo continuato, realizzano anche il reato di cyber stalking assieme alla diffamazione e alla calunnia.

Per togliervi sassolini dalle scarpe e dare fiato al vostro ego rischiate da uno a sei anni di galera più svariate quantità di denaro di risarcimento. Perché la cosa che dovete ricordare più di tutto è che in rete, in qualunque spazio del web, inclusi, anzi, soprattutto nei social network, voi non siete mai anonimi, anche se vi chiamate pinco pallo e l’icona che vi rappresenta è quella di un fico d’india. L’anonimato in rete non esiste. Ricordatelo.

E poi: Esistere per contrapposizione a chi ha una visibilità maggiore è ciò che fanno i cyberstalkers di mezzo mondo, prevalentemente squadristi, maschilisti o fascisti. Non solo loro. Tante donne fanno lo stesso. E purtroppo lo fanno anche alcune che si definiscono femministe e che da un po’ di tempo hanno deciso di usare la critica politica, quella legittima, che anche noi produciamo, anche aspra, come sistema per orientare la nascita di vere e proprie fazioni.

Tu fai l’antifascista? E un esercito di “amiche” sui social, twitter e facebook, partono al linciaggio della nemica di turno mobbizzando anzi comportandosi da bulle di quartiere. Tu sei giudicata una “moralista”? I toni in cui si orienta la critica politica, anche quella legittima, sono sempre pieni d’astio, come di chi parrebbe non sopravvivere a meno che tu non sia eliminata del tutto dalla scena politica.

La critica è diventata intollerante. Non si riesce a concepire un dibattito sereno in cui non ci siano di mezzo gli insulti e questa degenerazione della comunicazione, purtroppo per noi, devo dirlo, è dovuta alla totale incapacità d’uso degli strumenti di comunicazione che le nuove tecnologie offrono.

Ci sono in giro tante donne che di internet non sanno un cazzo e che si sono affacciate ad esso per la prima volta con facebook. E’ già difficile spiegare loro come funziona una mailing list, figuriamoci un social network in cui dimenticano che dietro ogni nick name ci sono persone e che stare dietro una tastiera non ti attribuisce il potere di dire tutto quello che vuoi, quando vuoi, a costo di fare del male alla gente.

Tante donne ignoranti, anche femministe, in special modo quelle più adulte, che si comportano da troll e che si relazionano come bulldog quando ogni cosa potrebbe sanarsi con una conversazione e un dibattito meno ostile.

Ma non è la forma politically correct a cui mi riferisco perché noi abbiamo scardinato quella formula e ci siamo guadagnate la stima di chi ci guardava con sospetto perché usiamo la parola fika e sicula senza però accendere roghi su nessun nome in particolare, ché le persone che critichiamo, anche in modo serio, le salveremmo tutte se fossero oggetto di linciaggio.

Mi riferisco proprio al fatto che la cattiveria sul web è gratis e che dietro ogni testo c’è una persona e quella persona va compresa e quando la capisci comunque non si spiega perché ti voglia fare male, procurare un danno, e nel bel mondo delle donne, dove tutte dovremmo essere buone e gentili, ci sono vere serpi che ti sputano veleno così per gioco, perché si sono svegliate male la mattina e questo dovrebbe costituire un atto politico rilevante nel mondo in cui hai messo a segno lo sputo contro quella che ti sta sulle ovaie.

Come difendersi? Istruendo tutte, pazientemente, circa il fatto che la tecnologia è un mezzo, bisogna esserne consapevoli, i corpi esistono, inutile continuare a fare discorsi anacronistici circa l’assenza di corporeità perché cyborg o non cyborg noi esistiamo e abbiamo un’anima tanto quanto quelle che ipocritamente si parlano in modo gentile faccia a faccia e poi si sputano merda sul web. Tutto quello che diciamo ha valore. I metodi che mettiamo in atto hanno valore. Il cyberbullismo in rete non è solo maschile ma anche femminile. Bisogna dirlo. Individuarlo. Stigmatizzarlo. Bannarlo.

Perché si. Se rompi le ovaie per tre ore insistendo sulle stesse idiozie alla fine ti bannano. E’ il minimo. E fanno bene. Ché nessuno le/ci paga per subirti. 🙂

Leggi anche:

Come sfogarsi su facebook, farsi querelare e vivere in-felici

—>>>Sul cyberstalking:

Posted in Comunicazione, FaceAss, Pensatoio, Satira.


2 Responses

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  1. Lev Petrovitch says

    Da qualcuno che è sulla rete dai tempi di usenet (e che all’occasione un po’ ha pure trollato, sapeste che gusto a scatenare flame su alt.withe.power dicendo che Hitler era ebreo…) mi complimento per l’ottima analisi, anche se non è nuova sono cose che, come mostra la realtà di internet, sono ancora necessarie da dire. Purtroppo “we live in the eternal september”.
    mode ricercapelonelluovo=ON
    Una sola cosa, giusto un dettaglio ma… “casapau” per caccapound non mi sta bene. A Pau, ridente cittadina ai piedi dei Pirenei, ho vissuto per anni e vederne il nome associato a caccapound in “casapau” mi infastidisce 😛
    mode ricercapelonelluovo=OFF

  2. guglielmo says

    Ho molto apprezzato il precedente post sul concreto pericolo di incorrere in un comportamento penalmente rilevante anche per un banale sfogo. E’ opportuno, pertanto, consigliare cautela, quando non si conoscono gli interlocutori. Perchè prestare il fianco a personaggi, che sono pronti a sputarvi addosso ogni sorta di schifezze? Un saluto a pugno chiuso … alla faccia di casa pound!!!!