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Celodurismo milit0nto 2.0: sei femminista e ti tolgo l’amicizia su feisbuk (tiè)!

[Leggete il post di Alieno da cui è tratta l’immagine]

E con questo direi che possiamo chiudere l’argomento.

Di fatto i temi “politici” di chi si oppone in modo prurigginoso alle Pussy Riot sono:

– si tratta di tre “zoccolette” (tutto direttamente tratto da QUI – seguono screenshot) e a seguire sono “zoccole” e ancora – indovinate un po’ – “zoccole”.

Il tema è che tre uomini hanno demolito una statua di Lenin e gli adoratori dei feticci comunisti, che poi in realtà sono fasci rossobruni ampiamente linkati da compagni di Rash Roma, oltre a fare le lotte dure e pure su feisbuk, organizzano ronde contro le femministe o augurano loro di essere malmenate dai “nonni”. Di fatto per costoro la galera alle compagne che hanno osato avere incontri del terzo tipo con i polli gliela augurano. Perché il processo è alle donne, alle pratiche, in termini di pudore e di decoro delle pratiche. Sfondare una vetrina o lanciare un sasso è meglio di fare la Pussy Riot. Giusto?

Dopodiché voi, le vostre analisi complottiste da fasci maschilisti che avete ridato fiato alla merda che covavate dentro chissà da quanto, con questo assillo rossobruno di cercare la somiglianza tra i simboli (ché non lo sai che la fica sta a ellisse e l’ellisse è simbolicamente l’occhio stretto del diavolo rovesciato e quell’occhio è un chiaro segno di un legame con gli inferi e con la minchiatudine che hai in corpo e nell’unico neurone che ti è rimasto?), voi e tutta la merda con la quale ci state sommergendo potete andarvene con molta grazia decisamente ‘affanculo. Incluso quello che mi ha detto oggi che siccome sono propussyriot/femminista mi toglie l’amicizia su feisbuk.

Leggetevi Persichetti che è meglio. E a seguire WuMing1.

PUSSYRIOT: IL FEMMINISMO PUNK E L’ETICA ULTRAORTODOSSA DEL CAPITALISMO RUSSO

di Paolo Persichetti

A poco meno di 48 ore dal verdetto previsto contro le tre artiste-militanti del gruppo punk Pussy Riot, arrestate nel marzo scorso dopo una performance musicale anti-Putin messa in scena con un fulmineo blitz sull’altare della più importante cattedrale di Mosca, cresce l’attenzione internazionale sulla vicenda.

Il processo condotto davanti al tribunale di Mosca è andato avanti per alcune settimane e si è concluso lo scorso 7 agosto con una richiesta di condanna a tre anni di carcere da scontare in un circuito di minima sicurezza. L’accusa: aver commesso, con l’aggravante del gruppo organizzato, atti di vandalismo che avrebbero profondamente offeso i sentimenti religiosi della chiesa cristiano ortodossa.

Le tre ragazze, due delle quali madri di bimbi piccoli, subito dopo l’azione politico-musicale (che filmata e piazzata sul web ha fato il giro del mondo) erano riuscite ad andar via nonostante l’intervento per nulla ecumenico dei responsabili della cattedrale. Nadejda Tolokonnikova, 22 anni, Ekaterina Samoutsevitch, 29, e Maria Alekhina, 24, non erano certo alla loro prima incursione al ritmo di chitarre elettriche e pugni levati. Il collettivo femminista-ecologista aveva moltiplicato negli ultimi tempi le sue azioni anti-Putin. Il gruppo, che conta circa una decina di componenti, rivendica in pieno il carattere politico delle proprie iniziative contro la società patriarcale simbolizzata dal blocco di potere su cui poggia il dominio ininterrotto di Vladimir Putin. Nell’ottobre del 2011 avevano realizzato una serie d’azioni all’interno della metropolitana e sui tetti dei mezzi pubblici di Mosca per denunciare il maschilismo della società russa. A dicembre avevano condotto un’altra performance sul tetto di un edificio situato nelle vicinanze del commissariato nel quale era trattenuto il blogger dissidente Alexeï Navalny. Infine, il 20 gennaio otto di loro avevano intonato sulla piazza Rossa una canzone intitolata «Putin se l’è fatta addosso». Si riferivano alle grosse mobilitazioni dell’opposizione scesa in piazza contro la ricandidatura presidenziale dell’autocrate russo.

La preghiera anti-Putin

Il 21 febbraio scorso cinque componenti del collettivo sono penetrate nella cattedrale moscovita del Cristo salvatore, uno dei luoghi di culto più importanti della chiesa ortodossa, per inscenare sull’altare un Te deum, rivisitato e corretto al ritmo punk, nel quale hanno pregato la Vergine Maria di scacciare il presidente russo da poco rieletto.
Nonostante i cappucci colorati calati sul volto, i collant e i costumi sgargianti, i nomignoli impiegati per preservare l’anonimato, la polizia le ha tratte rapidamente in arresto insieme ad altre appartenenti al gruppo. Le tre donne sono state sottoposte a custodia cautelare in attesa del processo e le ripetute richieste di liberazione avanzate nel fratempo tutte respinte.
Nadejda, Ekaterina e Maria sono figure conosciute nel panorama dell’attivismo militante russo: Nadjeda è impegnata nel movimento Lgbt e fa parte insieme a Ekaterina del collettivo di artisti Voïna, mentre Maria è un’attivista ecologista. I tre anni richiesti dall’accusa sembrano aver scongiurato lo scenario peggiore, ovvero i sette anni di prigione previsti come pena massima per il reato contestato e già erogati in altri processi. Nonostante ciò tre anni di carcere per un’azione simbolica restano una pena molto pesante.

L’etica ultarortodossa del capitalismo iperliberale grande russo

La vicenda ha creato notevole scalpore in Russia suscitando per la prima volta un dibattito importante sui legami tra chiesta e potere politico postsovietico, denunciato proprio nel testo della preghiera punk cantata dentro la cattedrale («Il patriarca Goundiaïev crede in Putin/ sarebbe meglio se credesse in Dio»). Finita l’esperienza sovietica la chiesa ortodossa ha rialzato la testa ed oggi partecipa, insieme agli squali dell’accumulazione originaria che hanno preso il posto degli anziani aparachikni più scaltri sopravvissuti al cambio di sistema sociopolitico, alla grande razzia delle risorse della Russia oltre ad aver riconquistato grande influenza sul potere temporale come ai tempi del regime zarista.

Il caso ha scatenato aspre dispute sulla libertà di parola e sulla stretta relazione tra la Chiesa ortodossa russa e il Cremlino
Se è vero che la stragrande maggioranza della chiesa russa ha reagito indignata, gridando al sacrilegio e alla blasfemia, esigendo per questo una condanna esemplare contro le “tre streghe indemoniate”, è anche vero che dal suo interno altre voci hanno chiamato alla clemenza e al perdono, giudicando la pena richiesta eccessiva rispetto ai fatti commessi, privi di qualsiasi violenza o distruzione. Ciò non ha impedito che le tre ragazze fossero rappresentate in un reportage mandato in onda dalla televisione di Stato come delle streghe che hanno agito con voluta premeditazione contro i sentimenti religiosi al fine di destabilizzare la società. Alludendo, né più né meno, ad una sorta di attentato terrorista al culto.

Il problema è che le Pussy Riot con le loro provocazioni hanno messo a nudo il nervo scoperto della religione di Stato in Russia. In una lettera inviata dalla prigione numero 6, Nadejda Tolokonnikova ha scritto, ispirandosi al messianismo cristiano-pacifista della grande tradizione letteraria russa: «Non siamo delle nuove profete. Ma forse le Pussy-Riot rappresentano un segno dell’imminenza di tempi nuovi». Nel corso delle udienze le imputate hanno spiegato di aver agito con la speranza che la loro azione producesse mutamenti politici, contestando di aver voluto offendere o esprimere odio contro la religione, come invece ha sostenuto l’accusa. Sottolineando di aver voluto solo censurare l’aperto sostegno fornito dal capo della chiesa ortodossa, il Patriarca Kirill, a Putin che prima delle elezioni presidenziali del 4 marzo aveva definito i 12 anni al potere del “piccolo zar” come «un miracolo divino». Per questo motivo il legale della difesa ha chiesto la convocazione del patriarca in aula nella spreanza di spostare il processo sulla questione politica sollevata dalla denuncia delle Pussy Riot, ma il giudice che presiedeva la corte si è opposto. La magistratura non vuole mettere il naso in una questione cosi scottante.

Nelle ultime udienze, le tre imputate avevano denunciato le condizioni inaccettabili che hanno minano il loro diritto di difesa. Tenute per intere giornate senza mangiare e senza bere durante le udienze, una di loro è svenuta.

Di fronte all’ampio eco che la vicenda ha raccolto sulla stampa internazionale, molto spazio è stato dedicato al caso dal Guardian che ha pubblicato anche un’intervista esclusiva alle tre artiste-militanti, il primo ministro russo Medvedev aveva già esortato a non drammatizzare eccessivamente l’affare. Sulla stessa scia è intervenuto da Londra il presidente Putin, preoccupato per l’eccessivo clamore interno e internazionale (molti osservatori stranieri hanno seguito le udienze) di un processo che si voleva all’inizio esemplare. Pur stigmatizzando il comportamento delle ragazze, «anche se non c’è nulla di buono in quello che hanno fatto – ha detto Putin – non devono essere giudicate troppo severamente».

Madonna e Sting, lo showbiz all’inseguimento

Approfittando dei loro tour musicali in Russia sono intervenuti sulla vicenda prima Sting e poi Madonna esprimendo solidarietà e denunciando il trattamento riservato alle tre artiste detenute. Parole che hanno moltiplicato l’eco internazionale del processo e per questo indispettito Dmitri Rogozin, vice premier russo, ex inviato Onu nonchè capo della commissione militare-industriale e inviato presidenziale per la difesa antimissile e l’interazione con la Nato, che ha pensato di liquidare la signora Ciccone con un twit che le dava della «vecchia puttana in procinto di dare lezioni di morale al mondo», per poi rincarare la dose invitandola a sciogliere uno dei grandi dilemmi shakespeariani che da millenni interrogano un bel pezzo di umanità: «togliersi il crocefisso o rimettersi le mutande»? Come a dire che alla fine una delle più grandi questioni affrontate dalla filosofia e dalla teoria politica non si riduce ad altro che “una questione di peli”, come già cantava un blousmen italiano. 

“L’ingerenza” – come è stata percepita dai settori più nazionalisti e ultraortodossi russi – ha scatenato momenti d’isteria collettiva con gruppi religiosi che hanno organizzato roghi delle foto della cantante originaria della Ciociaria mentre il consigliere comunale di San Pietroburgo, Vitaly Mironov, invocava una multa per violazione della legge che proibisce le dichiarazioni pubbliche pro gay – che nel frattempo Madonna aveva rilanciato dal palco di un suo concerto.

Ad alcuni non piacciono le Pussy… La sindrome del complotto

Non c’è solo la chiesa ortodossa a detestare le Pussy Riot. Anche in Europa molti hanno storto il naso gridando al complotto contro santa madre Russia, sottolineando come la rilevanza mediatica internazionale raggiunta dalla vicenda faccia parte di una guerra geopolitica giocata con armi “non convenzionali” (conflitto simbolico che, in realtà, raggiunse vette altissime nel decennio 80 del secolo scorso, quando il reaganismo cavalcò dispiegando il massimo di strumentalità il tema dei diritti umani). Insomma sotto non ci sarebbe una contraddizione che traversa l’attuale società russa ma soltanto il solito scontro Est-Ovest (come se la caduta del muro di Berlino non avesse drasticamente cambiato le carte in tavola).

Che a farlo siano i settori tradizionalemente più reazionari, legati a visioni legittimistiche e passatiste proprie della destra più tradizionaista, è un fatto ovvio ma che a riempire le fila dei malpancisti, allineati su posizioni che ricordano le tesi reazionarie di Aleksandr Solženicyn, ci siano anche pezzi di culture provenienti da ciò che resta della sinistra antimperialista è molto meno scontato, anche se la cosa non sorprende più da diverso tempo.

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Gli antimperialisti del “meno peggio”

di WuMing1

Cerco di placare la tua ansia, anche se qui siamo abbastanza OT.

Il problema è duplice: l’assurdo primato che, anche nella sinistra antagonista, si attribuisce alla “geopolitica”, allo scontro tra blocchi, e il troppo facile scivolare nella teoria del complotto. Teoria che è sempre una narrazione reazionaria, perché si basa sull’assunto che tutto quanto accade sia stato programmato dai poteri costituiti.

In questo schema, la logica del “meno peggio” e del “male minore” che si rifiuta con veemenza a casa propria, viene riproposta per altre parti del mondo: non possono esistere rivolte e proteste autodeterminate contro regimi orribili – peraltro, regimi capitalisti e talvolta ultracapitalisti, comunque sempre basati sul dominio di classe e dominati da una cricca di ricchissimi.
No, non può esserci rivolta reale, deve per forza trattarsi di attività prezzolate dagli USA. E così, di fronte all’Amerika e al suo strapotere militare e di intelligence, si sceglie il “meno peggio”, che sia Gheddafi, Assad, Putin, Ahmadinejad o il PCC.

Peccato che Russia, Cina o Iran siano il “meno peggio” per noi che non ci viviamo, non per chi sopporta quotidianamente (a seconda dei casi) il potere degli oligarchi o del PCC, il mix di liberismo e autoritarismo, il “capitalismo con valori asiatici”, lo strapotere del fanatismo religioso etc.

E peccato che – per fare l’esempio degli esempi – USA e Cina non abbiano affatto interessi economici contrapposti, stanti gli investimenti incrociati dei rispettivi capitalismi nelle rispettive nazioni e zone d’influenza. Per gli operai cinesi che lottano contro lo sfruttamento – e lottano al tempo stesso contro una multinazionale occidentale e il potere locale del partito-polizia – questo discorso del “meno peggio” non esiste.

Dopodiché, sicuramente ci saranno agenzie transnazionali che istigano determinati sviluppi delle lotte, intrallazzano, finanziano la tal corrente a scapito di quell’altra, strumentalizzano… Ma se noi neghiamo che nelle rivolte arabe o nel movimento che appoggia le Pussy Riot si esprimano spinte più che giustificate, soggettività genuinamente rivoltose e per nulla descrivibili come “filo-occidentali”, praticamente stiamo consegnando quei movimenti agli stronzi.

I compagni che assegnano un primato analitico, logico e retorico alla geopolitica e al complotto sanno bene che ogni società è divisa in classi, plasmata dal conflitto e dalle contraddizioni, e che non è un “Uno”. Lo sanno benissimo quando si parla dell’Italia o di qualche altro paese europeo o nordamericano… Ma quando passano al livello internazionale, globale, dell’antimperialismo, di questo tendono a dimenticarsene, e ragionano – a volte senza rendersene conto – per blocchi, per società omogenee, per scontri “molari” troppo facili da descrivere.

Sulla “fissa geopolitica” e le distorsioni che genera, tempo fa, abbiamo scritto questo commento:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=6524&cpage=1#comment-10221

Cose non dissimili, pur nella diversità dei toni (ma è normale, in mezzo ci sono state le polemiche estive su Pussy Riot e Siria), le ha scritte Finesecolo sul blog di Baruda:
http://baruda.net/2012/08/12/dalle-pussy-riot-alla-siria-passando-per-un-coglione/#comment-7319

Rimando anche a una sotto-discussione che ebbe luogo qui su Giap quando la rivolta egiziana era appena cominciata:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=2840&cpage=1#comment-4302

Ad ogni modo, per dirla in termini maoisti (eh! eh!), queste non sono contraddizioni “tra il popolo e i suoi nemici”, ma “contraddizioni in seno al popolo”. Vanno superate con la discussione, senza mazzate, senza chi-vi-paga, senza dare per persi spezzoni di movimento che in questo modo verrebbero regalati non si sa bene a chi.

Leggi anche:

Compagni state male

E se io a manifestare con i compagni non venissi più?

I milit0nti che nelle lotte di femmina non ci sono mai

Le cinquanta sfumature di Sasha Gray

E una volta finito tirate lo sciacquone

Di maschilismo riottoso e suicidi politici

Pussy is riot: la rivolta è figa!

Un passamontagna fucsia vi seppellirà

Virili Liberation Front

Deconstructing commentatori di Militant

Gli Anti #PussyRiot: deconstructing Militant 

Meglio sotto Putin che con le Pussy Riot

Gli Anti #PussyRiot

L’incredibile motivazione della sentenza contro le Pussy Riot

#freepussyriot: tutti/e a celebrare il rogo delle streghe

Condannate: #freepussyriot #libere tutte

RePubica: finge di difendere le donne e poi le riduce a oggetti sessuali

Dichiarazione di chiusura al processo delle Pussy Riot

La vera blasfemia (Slavoj Zizek sulle Pussy Riot)

La sfida punk al medioevo russo

Pussy Riot libere: le femministe lottano per la libertà di tutti/e

Siamo tutti/e Pussy Riot (FreePussyRiot.org)

Deconstructing “Pussy Riot, le giovani punk a processo”

Pussy Riot: un processo politico e della disinformazione

Pussy Riot: vergine, diventa femminista!

Roma: solidarietà alle Pussy Riot

Che c’entra il pinkwashing con le Pussy Riot?

 

Posted in Anti-Fem/Machism, Anticlero/Antifa, Critica femminista, Pensatoio, R-esistenze.


13 Responses

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  1. Anna says

    Femminismo deve significare per forza fare schifo, polli, musei o quel che capita?
    una donna indipendente, che non si deve nemmeno più porre il problema del proprio ruolo (perchè per esempio vive da sola da sempre, essendosi anche pagata gli studi da sè, e arrivata ad un ruolo in cui comanda e guadagna quasi più di quanto si aspettava) e che si ritiene una persona prima che una donna, dignitosa prima che militante – senza dimenticare nessuno di questi aspetti – credete che possa seguire la causa di un gruppo di piccole decerebrate russe upperclass, che hanno trovato il loro momento di gloria in un invaginamento di polli e disturbo della quiete delle vecchiette a messa?
    è semplicemente patetico. continuate a scegliervi questi simboli e vi troverete davvero in poche. Grazie a questo tipo di adesioni io ho deciso (da qualche settimana) di abbandonare i tre diversi circoli femministi che frequentavo da decenni. adieu e buona fortuna.

  2. FromOuterSpace says

    Ma, a giudicare dalla quantità di reazioni suscitate… Non è che questa cosa dei polli ha funzionato dannatamente bene?

  3. cloe says

    non so se mi fa più ridere “siete delle puttanelle” o “dovete soccombere tra stenti e atroci tormenti” ”
    va bene Odiolefemministe ci vediamo nella geenna ove è è pianto e stridore di denti.
    Però ricorda gli psicofarmaci non li devi interrompere di colpo li devi sca-la-re.

  4. marco says

    quanto sono tristi le ortodossie.
    Viva chi ha fantasia e sa creare controcultura anche con cose semplici e simboliche…al di là di quel che direbbero decenni di interpretazioni (????) ortodosse (in tutti i sensi a questo punto…tanto religioni e dogmi sono)

  5. Antifa says

    in effetti non leggo neanche un accenno alla Rash e Roma del 15 .Ma indipendentemente da questo condivido il post . Come sarebbe anche ora che qualche vecchio si dedichi al golf non alla politica (senza fare riferimenti) .Come sarebbe ora di liberarsi dal machismo e sessismo che purtroppo nel movimenti circola ancora .

  6. fasse says

    e in quale parte dell’articolo si dice che “il 15 ottobre” i compagni erano a far quello che dici tu? credo che tu abbia un problema nella lettura.

  7. fasse says

    guarda no. non ti possiamo dare soddisfazione. ma grazie per questi tuoi limpidi e sereni pensierini della sera.

  8. diciamo la verità says

    Giusto per precisare quelli della Rash di Roma il 15 ottobre hanno sfilato pacificamente e a volto scoperto. Altro che rompere vetrine o tirare i sassi come viene detto nell’articolo.

  9. Odiolefemministe says

    Siete delle puttanelle. Dovete soccombere tra stenti e atroci tormenti insieme alle Pussy Rotte.

  10. rho says

    Oh! Atttente: in realtà la fica-ellisse è inequivocabilmente l’occhio di Sauron. E Daje, no!? si vede benissimo: http://www.thelivingmoon.com/41pegasus/04images/Space/eye-o-sauron-03.jpg

  11. bic says

    pure una delle ultime maglie di militant, se non erro nello specifico quella a sostegno del corto circuito, ha un pugno in essa. militant e il corto circuito sono finanziati da soros, cia e magari pure il panettiere del piano di sotto? aiuto, tutta questa demenza in giro è sconcertante!

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