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Dichiarazione di chiusura al processo delle Pussy Riot

Ancora Pussy Riot. Entità varie e rossobrune si affaticano a spiegarci – tirando in ballo il pinkwashing – che dovremmo mollarle perché sarebbero simbolo del potere occidentale su una nazione fantasticherrima com’è la Russia. I rossobruni hanno il grave difetto di difendere ogni impero e ogni dittatura immaginando che la merda resti solo in occidente. La merda sta ovunque e se non la vedi tutta e non lotti contro tutti gli autoritarismi non sei credibile. Poi ci sono le entità fascistoidi che putacaso talvolta coincidono con entità che ce l’hanno a morte con le femministe e che mentre si fingono libertari immaginando di attrarre empatia e soluzioni meno autoritarie per quel che riguarda gli uomini che finiscono in galera, vogliono invece il rogo per le femministe, le vogliono vedere crepare e dunque plaudono, incoerentemente, con quel piglio tipico da Savonarola e da mediocre giudice dell’Inquisizione de noiantri, ad una dittatura che pure loro dovrebbero odiare. Ma si sa che i fascisti quando ci sono dittature di mezzo e censure delle idee si trovano sempre d’accordo. Poi ho visto un comunicato delle Snoq che non manca di ricordare il fatto che un milione di persone andate a dare delle “zoccole” alle escort del Cavaliere, tre partiti in piazza con ordini di cordata, Pd, Fli, Idv, (altro che donne), significhino tanto in Italia per “le italiane” e chiede la liberazione delle tre ragazze e a loro vorrei chiedere perché non sono così prodighe di solidarietà quando arrestano qui in Italia i/le NoTav o le persone processate per antifascismo militante o altri prigionieri politici che esercitavano il diritto di manifestare le proprie idee. Perché non sono mai state così solidali con noi e anzi a noi, per le nostre critiche, qualcuna di loro ha dato perfino dell’estremista? Com’è e come non è vi auguriamo una buona lettura.

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da Uninomade:

di YEKATERINA SAMUTSEVICH (imputata del gruppo punk femminista Pussy Riot)

Nella dichiarazione di chiusura ci si aspetta che l’imputato si penta, provi rimorso per quello che ha fatto o elenchi le circostanze attenuanti. Nel mio caso, così come in quello delle mie compagne del gruppo, è completamente inutile. Voglio invece dar voce ai miei pensieri rispetto alle ragioni che stanno dietro a ciò che ci è successo.

Che la Cattedrale del Cristo Salvatore sia diventata un simbolo significativo nella strategia politica delle autorità era chiaro a molte persone pensanti quando il precedente collega [nel KGB] di Vladimir Putin, Kirill Gundyayev, è diventato capo della Chiesa ortodossa russa. Dopo di che la Cattedrale del Cristo Salvatore ha iniziato a essere apertamente utilizzata come uno sfondo appariscente per la politica delle forze di sicurezza, che costituiscono la principale fonte di potere [in Russia].

Perché Putin sente il bisogno di sfruttare la religione ortodossa e la sua estetica? Dopo tutto, egli avrebbe potuto impiegare i suoi strumenti di potere, decisamente più secolari – per esempio, le imprese controllate dallo Stato, o il suo minaccioso sistema poliziesco, oppure il suo obbediente sistema giudiziario. Può darsi che le dure e fallimentari politiche del governo Putin, l’incidente del sottomarino Kursk, il bombardamento di civili alla luce del giorno e altri spiacevoli momenti della sua carriera politica lo abbiano costretto a riflettere sulla possibilità che fosse venuto il momento di dare le dimissioni; altrimenti, i cittadini russi lo avrebbero aiutato a farlo. Apparentemente, è stato allora che ha sentito il bisogno di garanzie più persuasive e trascendenti per la sua lunga permanenza al vertice del potere. É stato allora che è diventato necessario fare uso dell’estetica della religione ortodossa, che è storicamente associata al massimo splendore della Russia imperiale, quando il potere veniva non dalle manifestazioni terrene come le elezioni democratiche e la società civile, ma da Dio stesso.

Come ha fatto? In fondo noi abbiamo ancora uno Stato laico e ogni intersezione delle sfere religiose e politiche dovrebbe essere trattato con severità dalla nostra società vigile e dotata di spirito critico, non è vero? Qui, apparentemente, le autorità hanno approfittato di un certo deficit dell’estetica ortodossa in epoca sovietica, quando la religione ortodossa aveva un’aura di storia perduta, qualcosa che era stata schiacciata e danneggiata dal regime totalitario sovietico, e dunque rappresentava una cultura di opposizione. Le autorità hanno deciso di appropriarsi di questo effetto storico di perdita e di presentare un nuovo progetto politico di restaurazione dei valori spirituali russi smarriti, un progetto che ha poco a che fare con una genuina preoccupazione per la preservazione della storia e della cultura ortodosse in Russia.

É stato anche abbastanza logico che la Chiesa ortodossa russa, visti i suoi legami mistici e di lunga data con il potere, emergesse come il principale esponente del progetto sui media. É stato deciso che, diversamente dall’era sovietica, quando la chiesa si è opposta innanzitutto alle brutalità delle autorità verso la storia stessa, la Chiesa ortodossa russa dovrebbe ora confrontarsi con tutte le perniciose manifestazioni della cultura di massa contemporanea e con il suo concetto di diversità e tolleranza.

La realizzazione di questo progetto interamente politico ha richiesto considerevoli quantità di illuminazione professionale e di attrezzature video, lunghe ore di diretta sulle televisioni nazionali, e numerosi sfondi per nuove storie moralmente ed eticamente edificanti dove poter presentare i discorsi ben costruiti del Patriarca, aiutando così i fedeli a fare la scelta politica corretta durante i tempi difficili che Putin ha attraversato prima della elezioni. Inoltre, il film deve essere continuativo, le immagini necessarie devono essere bruciate nella memoria, bisogna dare l’impressione di qualcosa di naturale, costante e obbligatorio.

La nostra improvvisa apparizione nella Cattedrale del Cristo Salvatore con la canzone “Madre di Dio, caccia Putin” ha violato l’integrità dell’immagine mediatica che le autorità hanno speso così tanto tempo a fabbricare e mantenere, e ha rivelato la sua falsità. Nella nostra performance abbiamo osato, senza la benedizione del Patriarca, unire l’immaginario visuale della cultura ortodossa e quello della cultura di protesta, suggerendo così alle persone intelligenti che la cultura ortodossa appartiene non solo alla Chiesa ortodossa russa, al Patriarca e a Putin, e che potrebbe anche allearsi con la ribellione civile e con lo spirito di protesta in Russia.

Forse l’effetto sgradevole e di vasta portata della nostra incursione mediatica nella cattedrale è stata una sorpresa per le stesse autorità. All’inizio hanno provato a presentare la nostra performance come uno scherzo giocato da atei militanti e senza cuore. É stato un grave errore da parte loro, perché a quel punto eravamo già conosciute come un gruppo punk femminista anti-Putin che effettua i suoi assalti mediatici contro i principali simboli politici del paese.

Alla fine, considerando tutte le irreversibili sconfitte politiche e simboliche causate dalla nostra innocente creatività, le autorità hanno deciso di proteggere il pubblico da noi e dal nostro pensiero non conformista. Così è finita la nostra complicata avventura punk nella Cattedrale del Cristo Salvatore.

Ora ho sentimenti contrastanti su questo processo. Da una parte, ci aspettiamo un verdetto di colpevolezza. Rispetto alla macchina giudiziaria noi non siamo nessuno, e abbiamo perso. Dall’altra parte, abbiamo vinto. Il mondo intero adesso vede che il procedimento penale contro di noi è stato fabbricato. Il sistema non può nascondere la natura repressiva di questo processo. Ancora una volta, il mondo vede la Russia in modo differente da come Putin cerca di presentarla nei suoi quotidiani incontri internazionali. Chiaramente, nessuno dei passaggi che Putin aveva promesso verso lo stato di diritto sono stati fatti. E la sua affermazione secondo cui questo tribunale sarà obiettivo ed emetterà un verdetto giusto è l’ennesimo inganno verso il paese e la comunità internazionale. Questo è tutto. Grazie.

* Pubblicato su chtodelat news

[Il processo contro il gruppo punk femminista Pussy Riot ha attirato una grande attenzione in tutto il mondo. É invece meno conosciuto, ma altrettanto grave e importante, il fatto che almeno altri venti compagni delle mobilitazioni contro Putin sono in carcere o in stato di detenzione, aspettando un “processo” fabbricato attraverso false accuse dopo i violenti scontri con la polizia dello scorso 6 maggio.]

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Posted in Critica femminista, R-esistenze.


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Continuing the Discussion

  1. Quel che hanno da insegnarci le Pussy Riot linked to this post on Settembre 5, 2012

    […] sono intervenute alla radice del problema senza limitarsi alle manifestazioni superficiali. Nella dichiarazione di chiusura del processo – un vero capolavoro, – si evince chiaramente come il femminismo e l’anti-sessismo […]