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Chi ha sdoganato gli sdoganatori e le sdoganatrici di Casapound?

La solidarietà di un amico e un compagno come Riccardo è preziosa, come di tutti i compagni e le compagne che in questi giorni ci hanno fatto sentire che non siamo sol*. Perché è con tutte queste persone che si sono dimostrate a noi vicine, in modo più o meno critico, ma sempre consapevole, che noi facciamo “movimento” e “rete”. Con tutt* loro noi condividiamo battaglie contro tutti i fascismi, gli autoritarismi, ovunque essi siano celati. Con loro scendiamo in piazza e con loro abbiamo voglia di condividere una cena o un buon bicchiere di vino. Sono loro il nostro punto di riferimento e siamo orgoglios* di poter dire che queste sono le persone che ci vogliono bene tanto quanto ne vogliamo noi a loro.

Buona lettura!

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Da EkBloggheti, tra le altre cose, scrive (leggete il post intero QUI):

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Meglio sarebbe stato sentire dei “no” decisi, macché, teniamola aperta, spalancata, siano fondate casepound anche nei paesini; no, no. Non si è sentito nulla di tutto questo, ci mancherebbe. Si sono sentite le voci intelligenti. Casapound? Ma non è mica nulla. Un circolo che vende gadgets, nulla più. Non è Casapound il problema. Prima di chiudere Casapound bisogna chiudere, nell’ordine, il PDL, il PD, tutto il parlamento, il sistema, il capitalismo intero. Verissimo, certo; e, intanto, a forza di spostare il nocciolo del problema fino alla chiusura dell’Universo, Casapound rimane bella aperta, indisturbata e se la ride. E chi persevera, intanto, nel voler eliminare intanto una fogna del genere, viene sottoposto a varie marchiature; di stupido, di “vetero”-qualcosa, di superficiale. Deve subire lezioncine di analisi approfondita, di metafore, di ogni cosa. Dopo un po’ deve sentirsi inadeguato. Deve cominciare quasi a vergognarsi di aver gridato o scritto che Casapound deve essere chiusa. Deve cominciare a sentirsi disprezzato come antifascista, e non soltanto dai fascisti e dai loro accoliti; anzi, ora come ora il maggior disprezzo verso l’antifascismo è esercitato da coloro che si sentono infinitamente oltre, e che guardano con sufficienza e commiserazione a quei rozzi incapaci che ancora si ostinano a definirsi “antifascisti”. Relitti del passato.

Figuriamoci se poi, come avete fatto voi, compagne e sorelle, si osa declinare nomi e cognomi di coloro che hanno così carinamente permesso a Casapound non solo di essere “sdoganata”, ma di ottenere sempre maggiore visibilità e consenso. Ma non lo sapete che, invece, la colpa è di chi “ne parla troppo”? Esiste tutta una sofisticata (e sofistica) “scuola di pensiero” per la quale il nemico non deve essere neppure nominato, oppure deve essere ignorato e lasciato perdere. Insomma, ad un certo punto è logico che una Casapound si senta in una botte di ferro. Da una parte c’è chi la incoraggia, la sostiene, la foraggia; dall’altra c’è chi si dice magari “contrario” ma non la disturba, perché disturbarla è segno di “scarsa capacità critica e di approfondimento delle tematiche”. Poi, chiaramente, quando invece centri sociali, spazi liberati, occupazioni, gru di Brescia, squat e quant’altro vengono, questi sì, sgomberati e fatti chiudere, allora non si muove un dito. Anzi. Si preferisce rivolgere loro “aspre critiche”. Si preferisce ammannire loro l’ennesima “lezione”. I pochi luoghi dove ancora si fa, autenticamente, antifascismo militante (pagandone tutte le conseguenze in termini di repressione) sono lasciati soli; si può scatenare la reazione.

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Così, Femminismo a Sud può essere messo alla berlina, attaccato, assaltato, delegittimato. Può essere accusato di essere “fascista” perché scrive a chiare lettere i nomi e i cognomi di chi ha permesso a Casapound di diventare quel che è. Le compagne, ovviamente, diventano “terroriste” e criminali. Fra un po’ scopriremo che in piazza Dalmazia, la mattina del 13 dicembre, non c’era mica il Casseri: c’erano “quelle” di Femminismo a Sud. Povera Casapound, così ingiustamente accusata di essere fascista e di essere ben frequentata dal pistoiese razzista; mica deve essere chiusa, ma che dite mai. Anzi. Chiudiamo, piuttosto, Femminismo a Sud. Chiudiamo tutto quell’insopportabile antifascismo militante e di classe, che non capisce nulla. Chiudiamo il circolo anarchico di via dei Conciatori e facciamoci un bell’immobile di prestigio. Chiudiamo ogni cosa, tranne Casapound.

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