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Fare pace con l’utero-ro-ro-ro! (del matriarcato sessista eccetera)

uterosovversivoda Abbatto i Muri:

Al post sul sessismo e moralismo del movimento pro/madri rispondono varie voci. Una di queste dice che dovrei fare pace con il mio utero.

Ed è così che si scontrano, politicamente parlando, due mondi che intendono il femminismo ciascuno a modo proprio.

Chi afferma che il ruolo materno dovrebbe essere assegnato, consolidato, caratterizzato da un istinto, qualità innate, caratteristiche che “naturalmente” io e io sola posso avere, si rifà a teorie che si basano su un riduzionismo biologico più volte rimesso in discussione dai femminismi che raccontano di stereotipi di genere e queer.

Perché un conto è avere un utero e un conto è assegnare alle donne ruoli e funzioni sulla base del loro sesso biologico.

L’utero che io possiedo, di fatto, non dice che con i figli dovrò restare soltanto io, che solo io potrò dedicare a loro la mia cura, che solo io sono adatta a realizzare il loro benessere. Dirlo è sessista e lo è perché stabilisce a priori che le donne sarebbero nate per questo, per fare unicamente le madri e svolgere ruolo di cura, dunque su questa convinzione si basa un parere ed una rivendicazione di potere matriarcale che in realtà potere poi non è.

Continued…

Posted in AntiAutoritarismi, Critica femminista, R-esistenze, Sessismo.


Farla finita con l’idea di umanità – parte seconda

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Da Intersezioni:

Poter imporre il proprio dominio non significa essere nel giusto.

Continua da qui.

Bisogna anche liberarsi dell’idea dominante di naturalità.

Continued…

Posted in Animalismo/antispecismo, fasintranslation.

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Dialoghi intorno all’affidamento condiviso: la mediazione familiare

Tante persone si interessano a questi temi e la cosa curiosa è che molte tendono a parlarne per partito preso, attribuendo significati, opinioni a seconda dell’immagine, se negativa o positiva, che vogliono dare della proposta di legge che ragiona di affido condiviso. A me piace farmi una corretta idea – nel merito – delle cose e dato che non sono abituata a vedere demoni dietro le proposte né mi interessa fare un processo alle intenzioni della gente dunque mi interessa capire. A partire da informazioni dirette. L’ho fatto assieme a voi, condividendo ogni settimana una intervista di approfondimento di ogni singolo punto trattato dalla proposta che arriva da chi l’affido condiviso in Italia l’ha immaginato, progettato ed eccoci allora all’ottavo appuntamento con Marino Maglietta, il quale ha elaborato e proposto le norme e le modifiche alla attuale legge dell’affido condiviso (54/2006). QUI il suo primo intervento introduttivo. QUI ci racconta qual è stata l’origine della riforma. QUI ci siamo occupati di collocazione e frequentazione del bambino. QUI ci siamo occupati del mantenimento dei figli. QUI circa l’assegnazione della casa e i cambiamenti di residenza. QUI circa la violenza intrafamiliare. QUI Su l’alienazione parentale. Tra sette giorni l’ultimo appuntamento.  Buona lettura!

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Nella sua proposta di legge lei prevede all’articolo 8 l’obbligo di rivolgersi ad un mediatore familiare “In tutti i casi di disaccordo nella fase di elaborazione di un affidamento condiviso (…), prima di adire il giudice e fatti salvi i casi di assoluta urgenza o di grave imminente pregiudizio per i minori“. Dunque alcune domande: Cos’è e cosa fa concretamente un mediatore familiare; qual è il suo orientamento e che tipo di soluzioni indicherà ai coniugi in fase di separazione; se esiste la mediazione familiare come istituto pubblico; quanto costa mediamente la mediazione privata; chi può essere mediatore familiare, che competenze e titolo di studio e che tipo di formazione riceve. E mettendo più a fuoco gli aspetti che qui maggiormente interessano, uno degli argomenti di opposizione all’uso della mediazione familiare nei casi di separazione e affido è quello relativo al fatto che si tenderebbe a confondere conflittualità e violenza. La mediazione familiare può, nella sua previsione, essere usata in casi di violenza sulle donne e sui minori? Chi determina e stabilisce il confine tra conflittualità, litigiosità sanabile e violenza?

Al momento in Italia il mediatore familiare è figura senza un profilo professionale definito per legge. Questo vuol dire che in linea di principio chiunque potrebbe porre una targa di mediatore fuori della propria porta e “mediare”. Teoricamente. In pratica, però, esistono regole interne alle associazioni di mediatori (di natura privata), ispirate dal “Forum Europeo per la formazione dei mediatori familiari”, che definiscono gli accessi. Tipicamente occorre frequentare un corso di 240 ore almeno, delle quali 40 di tirocinio. Naturalmente la qualità, ovvero la bravura, del mediatore dipende dal talento personale, oltre che dalla formazione, come in ogni attività. Non ci sono limiti rigidi agli accessi (dipende anche dalla associazione alla quale ci si rivolge), ma di regola la professione interessa psicologi, giuristi, operatori nelle scienze sociali e della comunicazione. Anche le istituzioni (Università, Regioni ecc.) organizzano corsi di formazione, con regole variabili. La mediazione presso enti pubblici come le ASL è gratuita; presso i centri privati a pagamento, con costi variabili, ma sempre contenuti, neppure comparabili con il costo di una lite. Normalmente si assume che un percorso di mediazione richieda una dozzina di incontri, scaglionati nell’arco di qualche mese, al costo di un centinaio di euro ciascuno, complessivi. Esistono varie tecniche di mediazione, ma lo scopo è sempre lo stesso: riattivare la comunicazione all’interno della coppia, agevolare la formazione di accordi, senza intervenire all’interno di essi: ovvero non “indica soluzioni”. Prerequisito perché una coppia sia mediabile è che ci sia analogo “potere contrattuale”, nel senso che non esistano condizioni di vantaggio o di soggezione dell’uno rispetto all’altro, come la violenza o il ricatto economico. Ci sono, tuttavia, delle eccezioni, come la previsione della legge 154/2001 (Finocchiaro, Misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare). che il violentatore e la violentata siano inviati in mediazione: “Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare” (art. 342 bis c.c.). Ma quella non l’ho scritta io. Per quanto mi riguarda non se ne parla proprio. Quanto alla confusione tra litigiosità e violenza, o meglio quanto al problema di monitorare attentamente le situazioni a rischio e di dare credito alle violenze denunciate invece che attendere che scorra il sangue, è un problema grave, molto grave, che riguarda l’applicazione, la capacità delle istituzioni di far rispettare le leggi; non chi le scrive.

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Posted in Affido Condiviso.

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