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Dialoghi intorno all’affidamento condiviso: la violenza intrafamiliare

Sesto appuntamento con Marino Maglietta, il quale ha elaborato e proposto le norme e le modifiche alla attuale legge dell’affido condiviso (54/2006). QUI il suo primo intervento introduttivo. QUI ci racconta qual è stata l’origine della riforma. QUI ci siamo occupati di collocazione e frequentazione del bambino. QUI ci siamo occupati del mantenimento dei figli. QUI circa l’assegnazione della casa e i cambiamenti di residenza. Appuntamento fisso su questa materia con altre domande e risposte che toccheranno un altro aspetto della proposta a tra sette giorni. Buona lettura!

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Lei ha progettato e portato avanti la legge che parla di affido condiviso perché è a capo di una lobby di padri separati, di uomini violenti che vorrebbero strappare i bambini alle loro madri per vendicarsi dopo una separazione?

Tutti i progetti di legge che ho scritto e fatto depositare dal 1994 a oggi hanno, oltre all’articolato, una introduzione che ne descrive il senso e gli scopi e che, oltre a ciò, illustra articolo per articolo come questi sono stati tradotti in prescrizioni. Mi piacerebbe sapere in quale di essi di trova una sola parola che indichi una mia faziosità a vantaggio dei padri, che dimostri una mia appartenenza – meno che mai leadership – di una lobby al maschile, che proponga soluzioni squilibrate a vantaggio dei padri e con emarginazione delle madri. Anzi, per la verità ho ricevuto attacchi su attacchi da alcune associazioni di padri separati, da alcune ho subito perfino la damnatio nominis (venivo indicato come “il fiorentino”, per non sporcarsi le labbra), e tuttora in alcuni blog sono riportate frasi minacciose nei miei riguardi, del tipo “ditemi dove sta, che lo vado a trovare”. Chi si prende il disturbo di girare un po’ per la rete se ne rende conto facilmente. Naturalmente esistono anche associazioni che mi sostengono, ma, se è per quello, ce ne sono anche di madri. Aggiungo, e mi sembra la cosa più importante, di avere cercato inutilmente, fin dalla prima stesura dell’affidamento condiviso, di inserire la decadenza dalla potestà (vogliamo chiamarlo “rosso diretto”?) tanto per i casi di rifiuto della genitorialità (gente che dice al giudice “ah, ma io non ho tempo, ho la mia vita, è bene che stiano con la madre”) quanto per quelli di violenza. Purtroppo questa parte venne cassata perché al tempo ritenuta “troppo severa”. Ma io ci riprovo.

Si dice che da quando è in vigore la legge sull’affido condiviso sarebbe proprio quello il motivo per cui alcuni uomini abbiano ucciso le loro ex mogli. La legge obbligherebbe le donne a mantenere contatti con questi uomini in nome della bigenitorialità e non sono garantite sufficienti norme di contrasto che possano evitarlo. Lei cosa ne pensa?

Bisogna, a mio parere, fare un’importante distinzione. Anzitutto si deve considerare a parte il caso di chi si è dimostrato violento già prima della separazione. Chi arriva al delitto, di regola è recidivo negli atti di violenza, quindi potrebbe e dovrebbe essere fermato prima. Ma l’affidamento condiviso è fuori causa. Individui del genere per quanto riguarda la legge, non solo come l’ho scritta ma anche come è uscita, ne dovrebbero essere esclusi. E’ un modello pensato per persone irreprensibili. Anzi personalmente, almeno quando i precedenti sono preoccupanti, stabilirei la decadenza dalla potestà genitoriale al primo episodio. Rosso diretto. Purtroppo è vero che invece non di rado le donne continuano a trovarsi reiteratamente a tu per tu con noti picchiatori, ma la responsabilità delle denunce cadute nel vuoto alle quali seguono episodi gravissimi va cercata altrove, non nella norma. Non è chiaro dove? Nella giurisprudenza e nel modo in cui la applica. Esiste, poi, un’altra categoria di “violenze”, successive alla rottura del legame di coppia, legate alla scarsa capacità di affrontare le difficoltà e i sacrifici della vita da separati, alle ristrettezze economiche, alle penalizzazioni della condizione del “non collocatario”, a decisioni non oculate, non attente, assunte dal magistrato e via dicendo. Si tratta in genere di “cattiverie” gratuite, dispetti spesso reciproci, polemiche a distanza agite attraverso i figli e così via. Ritengo che questo tipo di problemi potrebbe essere sensibilmente ridotto incrementando il ricorso alla mediazione familiare, che finora invece ha incontrato la netta ostilità del sistema legale. La tematica è certamente complessa e di non facile lettura, ma di una cosa sono certo: la soluzione non può consistere nel negare a priori e indiscriminatamente a un bambino il diritto alla bigenitorialità e a suo padre il diritto di fare il padre. Sarebbe come voler prevenire il mal di testa con la decapitazione.

Come concilia la legge sull’affido condiviso con la necessità di protezione per le vittime di violenza, giacché alle donne (e ai loro figli) che vivono violenza deve essere garantita protezione entro una delle case rifugio esistenti in Italia, allorché si immagina che i figli debbano comunque frequentare entrambi i genitori anche se essi sono violenti? 

Non vedo nessuna incompatibilità. Ripeto. L’affidamento condiviso è soluzione destinata soltanto ai genitori irreprensibili. E’ vero che a volte viene stabilito irriflessivamente, senza dare ascolto alle segnalazioni di inadeguatezza, ma questo non riguarda il legislatore. La mia opinione è che nell’applicazione si sbaglia in entrambe le direzioni: lo spazio concesso al cosiddetto “genitore non collocatario” (che la legge neppure prevede) è eccessivamente ridotto quando è una brava persona (la stragrande maggioranza dei casi), mentre risulta decisamente troppo quando si ha a che fare con soggetti violenti. Siccome ormai si è capito che la magistratura non ce la fa ad approfondire e selezionare i casi, sono assolutamente d’accordo per una modifica alla legge che costringa i giudici ad adottare le necessarie cautele quando ne esistono i presupposti. Il mio ultimo testo lo prevede.

La legge italiana non tiene conto della violenza assistita, ovvero quella violenza che si realizza sui bambini che assistono alla violenza che i genitori praticano o subiscono. In assenza di una legge che parli chiaramente di violenza assistita non ritiene che la legge sull’affido condiviso, sue successive integrazioni o modificazioni, se applicata senza la dovuta attenzione, possa contribuire a procurare un danno psicologico/fisico ai bambini? 

Posso dire solo che sono d’accordo; talmente d’accordo da avere già inserito la violenza assistita tra i motivi esplicitamente elencati per l’esclusione dall’affidamento. Torno a dire, però, che l’art.155 bis già permette di arrivare alla stessa conclusione e non è colpa della legge, ma della sua pessima applicazione, se ciò non avviene. Aggiungo anche di avere accentuato le limitazioni a carico di chi non avrà l’affidamento. Oggi le norme uscite dalla Commissione giustizia della Camera nel 2005 a modifica del mio testo lasciano al non affidatario l’esercizio della potestà; io prevedo che lo perda. Insomma, la violenza a mio parere è da stroncare sempre, senza se e senza ma, in tutte le sue forme e manifestazioni. Ne parleremo ancora la prossima volta..

[Pubblicato anche su Abbatto i Muri]

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di Marino Maglietta: Uomini contro donne?

di Marino Maglietta: L’origine della Riforma

di Marino Maglietta: La collocazione e la frequentazione

di Marino Maglietta: Il mantenimento dei figli

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