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E’ autoritario ciò che interviene quando due soggetti non sanno parlarsi

Qualche giorno fa il Corriere parlava della diagnosi di Pas in relazione alla faccenda di Cittadella. Se ne è parlato in televisione. Pareva averlo dichiarato lo stesso padre del bambino e poi lo psichiatra. E la terapia imposta – del resettare – sembrerebbe proprio quella stabilita dall’allora fu inventore Gardner di quella che non è riconosciuta come malattia, ovvero Pas, Sindrome di alienazione parentale.

Ieri però lo stesso medico che secondo ben due madri l’avrebbe diagnosticata dice che la Pas non esiste. Precisamente a Canale Cinque, secondo fonti stampa avrebbe detto:

Su questo argomento non mi esprimo. Non ho diagnosticato la Pas. Ho solo descritto delle modalita’ di relazione. E l’ho fatto in modo scientifico. Comunque di questa situazione non voglio parlare. Ci sara’ l’autorita’ giudiziaria che deve intervenire e, in caso, fare i passi che ritiene”. Così al telefono e’ intervenuto in diretta a “Pomeriggio cinque” Rubens De Nicola, lo psichiatra del bimbo di Padova allontanato con la forza da scuola. Lorenzo ora si trova in una struttura protetta. Il caso ha suscitato grande indignazione e molte polemiche in tutta Italia.
LA PAS – “La Pas – ha continuato De Nicola – non esiste. Pas e’ un termine convenzionale che viene usato in taluni ambienti tecnici, per definire un’anomalia comportamentale. La Pas e’ un disturbo relazionale. E’ una sorta di gioco collusivo intrafamiliare a cui aderiscono i componenti della famiglia. Come entita’ clinica non esiste”.

Il Corriere però chiarisce e contestualizza queste dichiarazioni. Nel 60% di procedimenti giudiziali sugli affidi in Veneto verrebbe citata la Pas che per il presidente della Società Italiana Claudio Mencacci è “una teoria «priva di presupposti clinici, di validità e di affidabilità». E anche lui punta il dito contro i periti che «non tengono in considerazione le posizioni condivise dalla comunità scientifica». Quindi non dovrebbe essere presa per buona dai giudici.“.  “L’Ordine dei medici di Venezia, pur escludendo provvedimenti disciplinari, ha convocato nei prossimi giorni De Nicola per chiedergli chiarimenti.” dice ancora il Corriere. Però la Pas entra nei tribunali e viene usata dagli avvocati per medicalizzare conflitti insanabili.

Il medico ha inoltre denunciato di aver subito minacce e con l’arietta da linciaggio che tira era anche naturale che avvenisse e così come qui ci preoccupiamo del fatto che un’orda di gente piena di ottime intenzioni irrompa nella casa famiglia o aggredisca il padre, così come la tifoseria dell’altra fazione potrebbe aggredire avvocato, madre, zia e nonno, così come si potrebbe, e già purtroppo – cosa che non ci piace – si sta facendo, dare vita ad una campagna diffamatoria che tende a screditare le persone invece che parlare di come si può fare meglio, così insomma ci era venuto in mente che bisognava tutti abbasssare un minimo i toni e riportare la discussione su argomenti slegati all’aspetto emotivo della faccenda.

Noi ci siamo occupate di Pas quando nessuno sapeva proprio nulla. Quando cominciammo ad occuparcene quel che si vedeva era solo la superficie. Poi abbiamo approfondito e c’è un archivio immenso in questo sito di traduzioni e fonti che potete consultare. Ci interessava capire e abbiamo capito, forse, non senza aver commesso degli errori, anche grossolani dopotutto e aver dovuto fare ulteriori approfondimenti che continuano tuttora.

L’errore principale che facemmo allora, a mio avviso, è quello di pensare che aver concluso che la Pas non sia una malattia, non possa essere contenuta in manuali, non richieda una terapia in termini clinici, fosse di per sè la prova che non esistesse tutto il resto. Perché quando si parla di Pas il dettaglio che emerge è tutto quello che resta attorno all’argomento. E se si può discutere sui criteri di scientificità e la casistica e la sintomatologia e tutto quello che di dubbio c’è in rapporto alla Pas non si può discutere quando si analizza il contesto nel quale l’argomento emerge.

La Pas non è riconosciuta dalla commissione scientifica di esame per il DsmV. Non entrerà nel manuale diagnostico delle malattie mentali. Non è entrata come sindrome e non è entrata come disordine, nè come Pas, né come Pad. Non è una malattia e ogni tentativo per imporla e farla riconoscere è un boomerang perché in vent’anni e più che questa cosa entra ed esce dai tribunali di tante nazioni l’unica cosa che è venuta fuori è che non c’è, appunto, una casistica. Non si capisce se è efficace, dove viene raccontata la storia clinica di pazienti affetti da questo presunto male e come e se sono guariti. Non c’è nulla che attesti in termini scientifici che si tratti di malattia e dunque non è una malattia e insistere in questo senso non serve.

Abbiamo già detto, noi, mille volte, che anche inserire il riconoscimento della Pas nell’art. 9 del ddl 957 sull’affido condiviso attualmente in discussione al Senato, è una strada impraticabile. Oltretutto non serve. Infatti la proposta del ddl 3289 toglie di mezzo quella eventualità pur confermando una serie di cose già descritte.

Bisognerebbe puntare comunque su tutte quelle regole che pure il ddl analizza e che se migliorate possono evitare di arrivare al punto in cui si compie una battaglia a suon di perizie psichiatriche l’una contro l’altra. Serve maggiore prevenzione. Serve che le separazioni così conflittuali siano assistite attraverso l’uso della mediazione. Serve che i bambini crescano con l’abitudine a frequentare la casa di entrambi i genitori. Che i genitori possano partecipare direttamente alla spesa per il minore e che possano insieme decidere per il suo presente e il suo futuro. Serve che si impedisca loro di usare i figli come fossero oggetti, come arma di ricatto, per ferire, vendicarsi, indispettire. Serve che gli adulti facciano gli adulti e se gli adulti non sanno fare gli adulti bisogna che qualcuno li obblighi a essere tali. E serve che l’ascolto per il minore sia un fatto fondamentale e che possa partecipare alle decisioni perché un bambino senza diritti non è un bambino felice. E non deve esserci alcun timore ad ascoltare un bambino perché se quel bambino è cresciuto con entrambi i genitori non avrà alcuna possibilità di essere “manipolato” dall’uno o dall’altra.

Quello che piacerebbe a noi è che le parti differenti si parlassero, così come fanno gli adulti per l’appunto, perché se non ci si parla e ci si ostina a negare gli uni il problema dell’altro quello che viene fuori è proprio l’intervento di chi in modo autoritario decide al posto nostro che non sappiamo parlarci. I giudici, gli psichiatri, i poliziotti, i periti, legali. Per non delegare, per autodeterminare almeno uno scambio su quello che dovrebbe essere un piano di futuro su queste proposte di riforma, per non cedere d’imperio tutto quanto a terze parti, autoritarie, chissà chi, bisogna parlarsi. Qui qualcun@ di noi già lo sta facendo e lo continuerà a fare. Perché è necessario. E’ adulto. E’ quello che è necessario fare, per i bambini e per le persone che voi ritenete di rappresentare.

—>>>Linee guida per parlare di Pas

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Posted in R-esistenze.


One Response

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  1. marco says

    adoro la serietà e la distanza dalla cronaca con la quale osservate le cose. E’ un modo per restare lucidi/e

    mi informerò su Pas&dintorni/dintorniMoltoAmpi (si può sintetizzare così con queste poche parole sommate la questione in modo da non restringere il tutto a DSMsì/DSMno ??): lo farò con calma convinto che a farlo di fretta diventerei uno spettatore emotivo di Chi l’ha visto

    grazie