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Resettare

Il termine si riferisce solitamente a cose di informatica. Resetti e tutto torna al punto di partenza. In questo caso è stato usato per la vicenda di Cittadella di cui la mia adorata FikaSicula dice non dovremmo parlare più. Infatti non ne parliamo. Per quanto tutto il giorno le tv abbiano trasmesso altri dettagli non richiesti istigando una attenzione morbosa che irrompe nella privacy altrui a violarla.

A parte tutto quello che è già stato detto io voglio parlare del verbo “resettare” applicato ad una persona. Non credo sia quello che poi in realtà viene risolto in queste circostanze perché sarà sicuramente più complesso di così. Però si tratta sempre di uno sradicamento, di luogo, affetti e punti di riferimento. Scuola inclusa. Non è sicura, dicono, e va bene. Tropplo clamore in questo periodo e quindi è effettivamente reale il pericolo di intrusione da parte di media e parlamentari sciacalli che vogliono rifarsi di audience e di un millimetro di immagine sulla pelle di un bambino. Ma resettare è quello che in America fanno alle vittime del lavaggio del cervello da parte delle sette. L’impostazione è identica. Un po’ come l’Arancia Meccanica di Kubrick.

Ma a parte tutto, dato che non voglio ragionare su una cosa sulla quale si ragiona da anni, sviscerandola da ogni parte e arrivando sempre alla stessa conclusione, quello che oggi ho visto è un’altro genitore che raccontava di una bambina reclusa in una casa famiglia, uno di questi luoghi spesso gestiti da privati che ricevono 100 euro al giorno, circa, a bambino, dallo Stato, che le era stata tolta senza alcun motivo.

Diceva lei, una mamma che non cito, che il papà non voleva occuparsi di questa figlia e lei invece si e il giudice ha stabilito che però era una situazione conflittuale e allora gliel’ha tolta e l’ha messa in istituto. Ora questa mamma fa la via crucis dei programmi tv e ha la sua pagina facebook in cui espone la sua storia e lotta per questa figlia che le chiede aiuto. E anche questo fatto che le mamme e i papà di figli perduti diventino personaggi mediatici di per se’ sarebbe da rifletterci per come siamo messi in Italia sulla spettacolarizzazione del dolore e la speculazione da parte di chi su queste cose realizza audience e profitti pubblicitari.

La cosa che comunque questa mamma diceva e che mi ha fatto pensare è che lei asseriva di essere sana perché così diceva lo psichiatra che l’aveva periziata. Mentre lui avrebbe avuto un disturbo tal dei tali perché l’aveva detto un professionista di quel settore. E mi chiedo quando e come sono entrati gli psichiatri nelle cause di affido e perché sono loro, in fondo, a stabilire chi è adeguato al figlio e chi no.

Perché la psichiatria è autoritaria. La psichiatria è a discrezione di chi la usa e di questi tempi, se possono pronunciare un verbo come “resettare”, si vede che è tornata ad essere quella che esisteva ai tempi dei manicomi. Dannosa, lesiva, invasiva, terribile.

Non c’è caso che passi per i tribunali in situazioni di conflitto in cui non sia uno psichiatra a stabilire chi ha ragione e chi no. E non lo dice sulla base di un reato ma sulla base di una presunta malattia. Ora questa e ora quell’altra e la cura stabilita è la sottrazione di un minore, è “resettare”, è usare sedativi per “rasserenare” la persona alla quale è stato inflitto un trauma, è fargli pensare che è malat@ perchè dice cose che non corrispondono al volere di quel medico.

Tu dici questo e allora sei malato. Dici quest’altro e allora sei guarito. E se non è la piena realizzazione di una società autoritaria questa allora mi chiedo che cos’è? Chi può mai volere che si torni indietro così tanto, cancellando la storia di psichiatria democratica e poi di Basaglia e poi della psicoanalisi?

Foucault lo diceva che la psichiatria era e resta lo strumento di controllo sociale in assoluto. Il potere o chi sta al potere stabilisce le regole e la psichiatria le applica. Dopodiché è terribile che lo scontro tra due adulti sia mediato da due psichiatri. Quello nominato dall’ufficio e quello di parte e a pagamento. A pagamento, il che significa che chi non ha soldi in queste cause perisce sotto i colpi di chi ce li ha. O chi non ha soldi attende anni e anni prima di vedersi risolvere un problema. Dunque sappiamo anche che l’autoritarismo – la cui faccia non è detto che sia quella dei soggetti più evidenti – si realizza meglio dove c’è differenza di classe.

E pur comprendendo tante cose, scusate, ma mi chiedo se davvero si può intervenire nelle cause di affido, per tentare di vincerle, introducendo un altro strumento di potere da affidare agli psichiatri, e parlo della Pas, che oggi può essere usato da alcuni genitori e domani da altri, oggi dai padri e domani dalle madri, non una malattia, dicono, ma un abuso e l’abuso non può essere risolto con un reset e con un intervento così grave.

Fai una terapia ai genitori che non hanno dimostrato di essere adulti, se proprio vuoi rinchiudi loro in una casa famiglia, ma i figli bisogna che li lasci stare.

Diversamente c’è da prevenire, con la mediazione, facendo in modo che ‘sta legge in discussione diventi una cosa accettabile per il bene dei bambini, perché se davvero la Pas diventa prassi nei tribunali e nella cause di affido, dato che l’Italia è mammona e non cambia dall’oggi al domani, quando le madri impareranno a usarla, si ritorcerà contro i padri senza dubbio.

Poi volevo dire un’altra cosa. Sempre sul resettare.

Mi occupo del blog Bollettino di Guerra e mi affatico a cercare di inserire dati per documentare un fenomeno, che è quello della violenza sulle donne, sui bambini, ultimamente sto inserendo dati sulle vittime maschili che restano vittime della stessa cultura ma credo che amplierò il raggio d’azione e di attenzione perché la violenza è fatta di mille cose. La violenza commessa su chi non viene ascoltato va documentata. E mi piacerebbe documentare altre violenze ma non sullo stesso blog perché è tematico o cambierà faccia e allora si. Non so. Quello che so è che per chi come me analizza tutti i giorni la cronaca della violenza è semplice riconoscere la violenza dove sta e la violenza risiede in ogni forma di autoritarismo espressa da uomini, donne, professionisti, istituzioni, persone che a vario titolo privano del diritto alla vita e all’ascolto e alla libertà di scelta qualcun altro. E se crediamo nel diritto all’autodeterminazione questo vale per donne, uomini e a maggior ragione per  i bambini.

Lo so che non è una opinione condivisa ma io la esprimo lo stesso con tanto rispetto per chi non la pensa come me, perché credo che sia comunque uno spunto di riflessione dal quale partire per tentare di fare meglio. Perché oltre il dolore c’è l’intelligenza e dato che noi non siamo sommerse dal dolore dobbiamo continuare a ragionare e stare lucide, come cerchiamo sempre di essere, senza cadere nella tentazione di dare ragione agli uni o alle altre, perché noi siamo sempre noi.

Una delle cose che mi ha insegnato Femminismo a Sud è che avere una propria idea su come dovrebbe essere il presente ed il futuro non è una debolezza. E’ un punto di forza. La solitudine nelle scelte, risultare certe volte impopolari, conservando la schiettezza che ci ha sempre contraddistinte, senza accettare ricatti emotivi da nessuno e neppure ritorsioni, sono tutte cose che conosciamo bene.

Ammiro e stimo le persone che seguono un proprio percorso, che in perfetta solitudine seguono una intuizione, un’idea, che aprono la strada ad altre, che si beccano insulti da una parte e un’altra. Che tutti vorrebbero un po’ più questo e un po’ più quello quando in effetti una persona che ha la forza di seguire una intuizione senza preoccuparsi di essere popolare non vuole essere né questo e neppure quello. Vuole solo essere se stessa. Qui siamo così. Ciascun@ di noi lo è. E siamo anche un po’ stanche di sentirci strattonare da tifoserie di vario genere ma siamo anche preoccupate di non deludere nessuno e di non ferire quando vorremmo che chiunque ci dicesse, in questa epoca dai legami liquidi, che ci stimate nonostante tutto e a prescindere da come la pensiamo. Che siamo libere di dire qualunque cosa senza che ci venga inflitto un ricatto o un insulto perché è semplice davvero stare in branco. Quello che non lo è è restare saldi in una posizione a osservare con obiettività tutto e a tentare di andare avanti.

In questo senso, per me, FaS è e continua ad essere un percorso di libertà in cui siamo libere/i di ragionare, manifestare dubbi e obiezioni, portare avanti una dialettica ricca e piena di diversità, confliggere e crescere senza dover limitare il percorso altrui. C’è posto per tutte le opinioni. Incluso la mia. E questo mi premeva dirlo in omaggio a FaS perché se non esistesse io che contribuisco a costruirlo probabilmente la voce per poter confliggere neppure ce l’avrei.

Qui non si resetta, dunque. Siamo ciò che siamo. Diverse/i, tanti/e e varie. Lo dico perché il reset non è un modello di richiesta di quello psichiatra in particolare in relazione ad una diagnosi applicata ad un bambino, ma sembra essere una regola sociale per cui o sei con me o sei contro di me. Per cui esiste maggioranza e opposizione, in uno Stato che si dice democratico e in realtà proprio non lo è. Esiste un pro e contro, in un modello di relazione che è come quello che hanno inventato i vari Santoro in tv. Tutto fa audience. Siamo animali sociali e se non socializziamo i pensieri si muore. La socializzazione non è più scambio come avviene qui da noi. La esprimi con un like o un vaffanculo. O sei d’accordo o non lo sei. O ami oppure odi e manifesti rancore, ostilità. O ti prendo o ti abbandono.

Si ha perfino paura della differenza di opinioni. Il che è un effetto dell’autoritarismo che imprime l’uso di piattaforme come facebook. Banni chi non la pensa come te, vai a sfanculare chi ha detto una cosa che non ti corrisponde. Ci si esprime solo per calunnie e diffamazioni. Diversamente non si può fare una critica che viene interpretata come fosse un insulto quando non lo è. Smetti di autorappresentarti e finisci per imporre a qualcun altro deleghe che non sono mai state accettate. L’inerzia e l’incapacità di iniziativa diventano il motivo per cui tu chiedi un reset ad altre persone.

E siamo ancora al verbo resettare. Perché la violenza certe volte sta nelle parole. Se vuoi stare con me devi resettare. Se dici di pensarla come me devi resettare. Se mi vuoi bene devi resettare. Io non resetto. Noi non resettiamo. E giuro, per davvero, non siamo condizionate da nessuno. Siamo solo noi.

—>>>Linee guida per parlare di Pas

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Posted in Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio.


12 Responses

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  1. akarho says

    @Pietro Berra, hai frainteso =) : io ho detto che le affermazioni PERSONALI della Carmen Pugliese sono spammate da chi sostiene la tesi “falsabusista” e che i dati non ci sono (quale fonte statistica? Istat? Quale istituto di ricerca e quale metodo di indagine è stato usato?).
    Dati raccolti sulla base delle impressioni personali di chicchessia rimangono IMHO chiacchiere.

  2. diana says

    Sulla Pas vorrei sottoscrivere akarho, senz’altro.
    Non inventiamo nuove malattie per vincere in tribunale. Diventeremmo come chi ci calunnia inventandosi abusi che non ci sono.

    Ai maschi: stateci più attenti a chi vi sposate. Una donna capace di fare quello che alcune donne fanno ai figli e ai mariti in sede di separazione non diventa così da un giorno all’altro. Alle donne: idem.

  3. maralibera says

    @Pietro

    scusami ma io non ti conoscevo. mi dispiace. 🙂
    forse fikasicula sa chi sei, io non avevo idea.
    comunque si, se per favore mandi questi dati scannerizzati mi interessano molti.
    puoi mandare tutto a FaS a fikasicula@grrlz.net che è il nostro indirizzo mail collettivo.
    E poi casomai ti chiedo altre cose e approfondiamo la discussione.
    Quello che io vorrei capire è se queste denunce insorgono dopo la separazione o prima. Qual è più o meno il procedimento e quanti anni ci si mette per tirare fuori una persona da una accusa che poi risulta infondata.
    Non trovo ancora il dato completo sulle separazioni giudiziali e tra queste quante sono conflittuali per contestualizzare meglio.
    Dimmi quello che sai e io approfondisco per favore.
    Grazie!

  4. Pietro Berra says

    E sì che sembra un dialogo tra sordi, Maralibera . Mi chiedi: “stabiliamo una relazione di reciproco riconoscimento. tu riconoscimi che le donne subiscono violenza e io ti riconosco che ce ne sono di perfide e stronze e poi, senza guardare i numeri, dato che a me non interessa chi più o chi meno perché è ugualmente grave, dando per scontato che nessuno vuole ledere la credibilità dell’altro genere, io non voglio rappresentare gli uomini come delle merde e la stessa cosa mi aspetto si faccia nei confronti delle donne, dunque poi stabiliamo quali sono le necessità”.
    Perdonami, forse io seguivo i tuoi post (qui e altrove) e tu non hai mai seguito i miei (e non è certo una colpa ) Ma questo reciproco riconoscimento (il termine al limite mi sta un po’ stretto: personalmente mi piace riconoscere non eguale credibilità a femmine e maschi, ma eguale dignità a ogni essere vivente su questo pianeta e, soprattutto, rispettare questa dignità con i fatti e fare la mia piccola parte per diffondere una cultura in tal senso… Nello specifico della violenza sulle donne che tu citi, e più in generale delle discriminazioni subite dalle donne negli ultimi duemila anni, il mio contributo è stato ed è quello di aver collaborato alla fondazione dell’associazione il Senato delle donne, a tutti i numeri e al sito della rivista Geniodonna, nata da un’ulteriore sinergia con la Federazione delle associazioni femminili svizzere, e a tante iniziative correlate) era la premessa per cui ho postato qui, e non su altri siti, queste ultime considerazioni, così come le precedenti sulla divisione dei compiti di cura, sugli effetti (anche sui maschi) dell’educazione sessista, ecc ecc. Ma a pensarci bene trovo quasi divertente la tua richiesta di reciproco riconoscimento: genera un simpatico paradosso con l’accusa di essere femminista (che per loro deve essere un insulto ) che non smettono di rivolgermi, di solito sulla bacheca del Movimento femminile per la parità genitoriale, quelli di movimenti come Ragioni maschili e affini.
    Sulla forma di violenza derivante dalle false denunce di abuso, però, non mi sento di fare mezzo passo indietro. Piuttosto sarebbe utile che anche qualche altro collega giornalista facesse un passo in avanti, dentro i sevizi tutela minori e i consultori familiari, per farsi raccontare il fenomeno e magari qualche storia individuale, che davanti ai bambini violati è difficile voltare la faccia dall’altra parte, negare l’esistenza di un problema.
    L’unica analisi statistico-epidemiologica mi risulta essere quella pubblicata nel 2007 dal dipartimento di Neuropsichiatra dell’Università di Moderna e Reggio Emilia e poi approfondita in un saggio uscito sul numero 77 della rivista scientifica “Psichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza” nel 2010. Sono 10 pagine, te lo posso scansire e inviare come allegato in pdf. Dove? Mail, Fb? O c’è un modo per creare un attachment qui?
    Ti anticipo che nei casi di denunce di abusi in separazioni conflittuali (53 con 62 minori coinvolti), quelli risultati infondati in questa indagine sono stati il 92,4%. E il 100% delle denunce era ovviamente stato fatto da donne nei confronti di uomini. Per cortesia, non attribuite l’”ovviamente” a un pregiudizio di genere. Soltanto mi pare ovvio che ci siano condizionamenti delle più varie provenienze (sociali, culturali, giuridico-economici, sicuramente anche biologici, ma io come voi credo che gli esseri umani si possano sempre evolvere e le affermazioni apodittiche di qualche scienziato su tare più o meno genetiche mi riportano sempre alla memoria il manifesto della razza del ’38) che spingono gli uomini e le donne a esercitare la violenza e il disagio in forme diverse: vedi i femminicidi, ma anche i suicidi dei maschi quadrupli rispetto a quelli delle femmine (avevo postato già su FaS il rapporto Istat di agosto con una retrospettiva dal ’93 al 2009: da un rapporto mille a 4mila l’anno – numeri da paura, su cui dobbiamo interrogarci, o no? – siamo scesi a 800-3000), il bullismo nelle scuole che un tempo era terribile prerogativa esclusivamente maschile e oggi “contagia” anche qualche ragazza…

  5. maralibera says

    @pietro
    così però sembriamo due sordi che non si stanno a sentire e si parlano addosso 🙂
    si, tu riconfermi il dato che io ho bisogno di contestualizzare perchè se non lo contestualizzi, al di là del fatto che viene pronunciato da un procuratore, uno, un avvocato (e mi dica da dove ha preso i dati) e da una paginetta di una rivista in cui non si citano numeri, niente, io posso non crederci. mi insegnate voi che i dati si prendono e si studiano e si cerca di capire da dove vengono, come sono stati assunti, su che base, con che metodo.
    la procuratrice dice che nella sua procura su un tot separazioni giudiziali, perchè di quelle stiamo parlando e non dela totalità delle denunce per violenza, giusto? e allora su quel tot di separazioni lei dice che 8 denunce su 10 non vengono portate a compimento. non mi pare di leggere, o sono cieca io, che ci sono state 8 assoluzioni, ma 8 denunce che sono state lasciate lì e si sono perse. e anche fosse che ci fossero otto assoluzioni comunque il dato dell’80% rispetto al totale delle denunce per violenza che si fanno è sbagliato, è propagandistico, generalizza e queini è un falso.
    siccome a me come ad altre qui la questione interessa ma di sicuro non siamo veicolo di notizie false e non verificate né di criminalizzazioni che arrivano da un grave pregiudizio di genere, lo stesso che viene rimproverato a noi ma che noi non pensiamo di avere, allora dato che ci interessa o questo dato viene riportato alla sua interezza (da dove viene, come, dove è stato assunto, che rigore scientifico, su quali percentuali di gente è stato assunto, di che città parliamo, di che situazioni e quante sono le separazioni giudiziali in tutta italia con gravi conflitti rispetto ai quali si misura quel dato) o dunque viene reso in modalità credibili affinché noi ci si possa veramente rendere conto di dove sta il problema e perchè oppure facciamo a meno di quel dato, stabiliamo noi che può essere così ma che per quel che ci riguarda succede nei casi di cui veniamo a conoscenza. ovvero non possiamo certamente demolire, se è questo l’obiettivo e credo di no, la credibilità delle denuncianti che spesso sono loro che non vengono credute e ascoltate e vengono lasciate a marcire per poi subirne le conseguenze un tot di tenmpo dopo (mentre i quotidiani si chiedono “perchè lo stato non ha fatto nulla se già sapevano? già… perchè?).

    stabiliamo una relazione di reciproco riconoscimento. tu riconoscimi che le donne subiscono violenza e io ti riconosco che ce ne sono di perfide e stronze e poi, senza guardare i numeri, dato che a me non interessa chi più o chi meno perchè è ugualmente grave, dando per scontato che nessuno vuole ledere la credibilità dell’altro genere, io non voglio rappresentare gli uomini come delle merde e la stessa cosa mi aspetto si faccia nei confronti delle donne, dunque poi stabiliamo quali sono le necessità.

    la Pas, come dicevo, e su questo non mi pare tu mi abbia risposto, non può essere la soluzione alle accuse vere o false, perchè se lo è allora si dà ragione a chi lo scrive e certamente la “falsa accusa” non è un sintomo per quella che si pretende essere una malattia. la falsa accusa è una calunnia e come tale va riconosciuta.

    mettere in fila un po’ di cose per fare in modo che sia riconosciuta la bigenitorialità in senso burocratico certo, perchè no. non è il mio campo di competenza e non saprei da dove cominciare ma quello che possiamo fare qui è recepire istanze riconoscibili e prive di premesse opinabili e veicolarle. se c’è una proposta di documento in cui si esige sia riconosciuta la presenza di un padre passacene un esempio e si discute. così come a noi tempo fa dissero che se vai negli ospedali e una mamma partorisce lì da sola e il padre non si conosce nella certificazione viene fuori sempre come figlio illegittimo. nel 2012.

    ma l’altra cosa che per noi può essere utile fare è una battaglia culturale in cui i genitori abbiano pari funzioni e pari ruoli, come abbiamo sempre voluto e pensato, e questa cosa va favorita in ogni senso per consentire a tutti di avere eguali funzioni e spazio.

    infine c’era un’altra cosa che riguardava il ddl 957 ma ora non mi viene in mente. ma forse per quello bisognerà chiacchierare con fikasicula che ne sa di più. 🙂

  6. Pietro Berra says

    Per il resto, Maralibera, sono d’accordo con te su tutto. “Tu/voi credete che esistono padri che fanno sciocchezze e che possono mentire spudoratamente per non rispondere delle proprie responsabilità?”, mi chiedi. E’ il problema capitale di tutte le leggi attuali sulla genitorialità, e soprattutto di come vengono applicate, quella di favorire gli irresponsabili: lo ha scritto mille volte anche Marino Maglietta, l’estensore del testo della legge sull’affido condiviso, che l’invenzione del genitore collocatario e di quello visitante (e pagante) favorisce solo le madri prepotenti e i padri assenti.
    Ma quanti post ho pubblicato anche qui su Femminismo a Sud per dire che la genitorialità va condivisa dalla nascita, anzi dalla gestazione del figlio, che bisogna affrontare e rivendicare la divisione dei compiti di cura sempre, e insieme uomini e donne, perché farlo solo dopo le separazioni è a dir poco paradossale? Quante volte ho scritto che è un problema innanzi tutto educativo, di cui ci dobbiamo ricordare quanto cresciamo i nostri figli, evitando di cedere ai pregiudizi di genere o addirittura di spargerli a piene mani: voi non avete amiche (e amici, ovviamente, ma in Italia la presenza maschile in casa e nella scuola è purtroppo residualissima: ho pubblicato anche tutti i dati nei precedenti post su questo gruppo, confrontandoli con quelli europei, e non posso fare ogni volta un replay del già scritto) che credono che le femmine debbano ancora giocare con le bambole e i maschietti con le pistole e che dicono al figlio maschio “non piangere, mica sei una femminuccia”? Ma che danno fanno ai figli e alla società: così si formano bambini empatiche e accuditive ma alla lunga frustrate e bambini che non sapranno mai esprimere e gestire le emozioni.
    Se vuoi vado a fare una ricerca e un copiaincolla di tutti i miei post, con i documenti correlati, e anche i “sono ‘d’accordo” che Femminismo a Sud ha puntualmente risposto a ciascuno.
    Ma proviamo a passare, come ho auspicato ogni volta, dal pensiero e dalla sua condivisione a un’azione altrettanto condivisa.

    Visto che ora stiamo parlando nello specifico di separazioni, ripropongo qui una proposta che avevo già lanciato ai primi di febbraio dal sito del Fattoquotidiano, rispondendo a un articolo dell’avvocato Adriano Marcello Mazzola (anche lui, peraltro, mi rispose dicendo che era d’accordo, che questa iniziativa andava intrapresa, ma poi non si passa mai all’azione positiva e costruttiva. Rilancio l’appello: arriviamoci insieme)

    PREMESSA
    Da troppe separazioni derivano situazioni di disagio sociale che investono innanzi tutto i minori coinvolti, ma non soltanto loro. Ed è un problema che si può risolvere solo collaborando tra donne e uomini, promuovendo un modello di società fondato su una vera parità tra i generi (che deve cominciare dalla nascita dei figli e anche prima, e non può certo venire meno con la separazione: sono perfettamente d’accordo con chi si batte per i congedi parentali obbligatori; quando nacque mio figlio e non mi fu possibile usufruirne soffrii esattamente come le tante donne cui è stato negato il part-time). Non comprendo come una donna – o un uomo, ma il caso in Italia è tremendamente raro – possa volere il figlio “tutto per sé” dopo la separazione: significa accettare il modello maschilista della donna all’acquaio, quello contro cui si sono meritoriamente battuti tutti i movimenti femministi. Non comprendo perché il legislatore e, soprattutto, il sistema giudiziario italiano continuino a favorire un sistema (quello dell’affido esclusivo o del condiviso con collocamento altrettanto esclusivo) che il mondo scientifico internazionale ha dimostrato essere dannoso per la salute dei nostri figli. Lo scorso 8 novembre, il Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi, durante un’audizione in Senato, ha sancito la “totale inidoneità di un modello che preveda che un solo genitore (quello collocatario o prevalente) sia il permanente punto di riferimento dei figli, provvedendo a ogni loro necessità e assumendo ogni decisione e compito di cura, mentre l’altro si limita ad erogarli il denaro avendo con i figli solo contatti sporadici”. Affermazione tratta dall’analisi di tre studi internazionali sui figli di separati, studi statistici ed epidemiologici che sono stati condotti e pubblicati sulle principali riviste e che hanno ispirato legislatori come quello francese, ma che in Italia, sottolinea lo stesso Ordine degli psicologi, rimangono lettera morta anche dopo l’entrata in vigore della legge sull’affido condiviso. Ci sarà un perché? Esiste o no un problema culturale nel nostro paese che investe la genitorialità e le pari opportunità? Per me sì e dobbiamo darci da fare per risolverlo rapidamente, perché danneggia milioni di bambini e ragazzi di oggi, disgrega la società e incide inevitabilmente sul futuro del Paese.
    Qui il link da cui scaricare il documento completo dell’Ordine degli psicologi:
    http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm02/documenti_acquisiti/957%20Ordine%20degli%20psicologi.pdf
    Alle stesse conclusioni arriva peraltro anche l’associazione Figli per i figli, composta da figli di separati, basandosi sulla propria esperienza:
    http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm02/documenti_acquisiti/957%20FIGLI%20PER%20I%20FIGLI.pdf

    PROPOSTA
    – se guardate sul sito del Tribunale per i minori di Milano (e di certo varrebbe la pena estendere l’indagine anche ad altre latitudini), cliccando sulla voce “Modulistica” si trova una pagina dedicata ai genitori più savi che intendono presentare un’istanza congiunta per l’affidamento dei figli, evitando le guerre di cui lei ci scrive e che fanno male a tutti. Bene, i moduli da stampare, compilare e consegnare ai giudici per la “vidimazione” sono quattro: affido condiviso con collocamento presso la madre, affido condiviso con collocamento presso il padre, affido esclusivo alla madre, affido esclusivo al padre. Apriteli e – sorpresa, ma solo per chi è nuovo della giustizia familiare italiana – i quattro moduli sono tutti uguali, con l’unica aggiunta, su quelli del condiviso, della frase secondo cui “le decisioni di maggiore interesse per i_ figli_ relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità,dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni de___ figli_”. In questa frase, evidentemente, si esaurisce l’applicazione della bigenitorialità da parte dei tribunali italiani. Per il resto, solo un genitore continuerà a fare il genitore, l’altro avrà solo un diritto di visita e passerà un assegno all’ex per provvedere ai bisogni del minore cui lui, vedendolo poco non per scelta, non può sopperire.
    – leggendo la pagina introduttiva, che spiega ai genitori non litigiosi come procedere prima di scaricare i suddetti moduli, si trova scritto che “Nell’accordo, salvo che le parti optino per il c.d. “collocamento alternato”, si deve indicare quale sia il collocamento prevalente” (quest’ultimo evidenziato in neretto, sic). Allora esisterebbe anche in Italia la possibilità del “collocamento alternato”, potremmo ridurre anche noi da subito i traumi per i nostri figli senza attendere una legge più chiara come quella che fece Segolénè Royal (madre separata, tra le altre cose che così intese, parole sue “rendere meno inique le seprazioni, perché ai figli si insegna con l’esempio quotidiano”) in Francia nel 2002 (nota, per l’appunto, come “residenza alternata”). Peccato sia nascosta tra le righe e sul sito del Tribunale per i Minori non esista un modulo relativo. Predisponiamone uno ad hoc, con l’aiuto di chi tra noi ha competenze giuridiche specifiche. E poi chiederemo a tutti i genitori di buona volontà di bombardare i Tribunali di richieste di pubblicarlo sul loro sito.

  7. Pietro Berra says

    Concordo pienamente, e l’ho già scritto lo scorso febbraio (sulla prima pagina del quotidiano dove lavoro, “La Provincia di Como”, dopo che 3 bambini rischiarono di fare la stessa fine di quello di Cittadella), sul fatto che le false denunce, così come le altre storture del sistema che gestisce le separazioni in Italia, non possano essere semplicemente segnalate, da chi avrebbe invece il dovere, e anche il potere, per tentare di porvi rimedio: vale per le procure (e i dati della Pugliese non sono spam, ma li comunicò la medesima all’inaugurazione dell’anno giudiziario nel 2009: qui la scansione dell’articolo che uscì su L’Eco di Bergamo http://4.bp.blogspot.com/_sX6G8kdRfQI/SxLGxdmWwBI/AAAAAAAAAKY/ihj9qoSNIuo/s1600/L%27Eco+di+Bergamo+-+31.01.2009.gif ), vale per gli avvocati (Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti italiani, che credo sia la più numerosa associazione di categoria, ha parlato in tv del 75% di false denunce strumentali da parte delle madri) e ancor di più per la polizia, che segnala il fenomeno delle false denunce di abusi sulla sua rivista (http://www.poliziadistato.it/poliziamoderna/articolo.php?cod_art=2375) ma invece di perseguire quello che per l’appunto è un reato (la calunnia) lascia correre e poi magari va a prendere anni dopo a scuola i bambini manipolati, che pagano le colpe dei genitori…

    I primi ad avere il diritto a non essere resettati dopo una separazione sono proprio i figli: salvaguardare il rispetto, il dialogo, la collaborazione tra genitori, e non versare ettolitri di fango e benzina sulla storia vissuta, che è storia di entrambi, e da cui il figlio è nato, mi pare un dovere fondamentale sia di mamma che di papà (ovviamente in assenza di reati). Penso possano dare un apporto al dibattito anche il comunicato “post Cittadella” del Movimento femminile per la parità genitoriale, con cui vedo che FaS ha stabilito da qualche tempo un costruttivo e democratico confronto. Lo potete leggere qui: http://www.donnecontro.info/
    Soprattutto, credo sia fondamentale prendere visione e coscienza della relazione depositata da più di un anno in Senato dall’associazione Figli per i figli, che raccoglie chi le separazioni le ha vissute, appunto, da figlio. Chi l’ha scritta, peraltro, è una donna e fa l’avvocato. http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm02/documenti_acquisiti/957%20FIGLI%20PER%20I%20FIGLI.pdf
    Mi sono accorto che sia i senatori che i giudici spesso non hanno voglia (o tempo, ma il tempo per queste vicende così delicate va trovato) di leggere i documenti. E immagino che chi non è “addetto ai lavori” ne abbia ancora meno. Mi permetto per questo di estrapolare due passaggi: “Abbiamo preso visione degli interventi di OUA, Aiaf e UNCM – fortunatamente non rappresentativi dell’intera categoria degli avvocati – e abbiamo constatato che la divergenza di valutazione tra noi e loro non riguarda dei dettagli, ma il cuore stesso del problema, ovvero la scelta del modello. E’ chiarissima la loro preferenza per il vecchio sistema. Dire che l’avverbio “pariteticamente” deve essere cancellato equivale a dire che si vuole che la gestione dei figli sia squilibrata. Altrimenti che fastidio darebbe? Sostenere che il sistema migliore per organizzare le nostre giornate è che si stia sempre – o quasi – presso un genitore e che l’altro gli dia del denaro per provvedere alle nostre necessità significa non avere minimamente compreso le nostre esigenze e i motivi più profondi del nostro dolore. Significa ragionare da adulti e da adulti che hanno una visione di tipo aziendale della famiglia separata”

    “E non ci stupisce, ma non siamo certo d’accordo, che ad alcuni operatori del diritto, abituati a giocare in tribunale con la “verità processuale”, dia fastidio che si vogliano censurare e sanzionare le manipolazioni dei figli, in modo da scoraggiare i genitori dal tentarle. Noi, invece, siamo stanchi di essere assediati dalle polemiche degli adulti, alcuni dei quali si sforzano di convincerci che l’altro genitore è un mostro; in qualche caso riuscendoci, cosa che poi ci distruggerà per il rimorso”. E due righe sotto l’associazione “sposa integralmente” il ddl 957 eternamente in esame in Parlamento.

  8. akarho says

    @Pietro Berra sai che quella di Carmen Pugliese è una dichiarazione personale senza rilevanza statistica e viene spammata ovunque da coloro che promuovono inserimento PAS nel ddl. L’intervento di Carlo Ioppoli rappresenta appunto l’ANFI – Associazione Nazionale Avvocati Familiaristi Italiani, che a suo dire sono “impotenti”, da fuori si potrebbe dire che invece di aiutare affossano. Inoltre se ci sono dati vogliamo fonti chiare e anche capire il metodo d’indagine. Dopodichè certo che il mondo è pieno di stronze/i. Mica siamo sord* e ciech*. Ma questo sposta il discorso. Parlare di PAS è una cosa. Parlare di conflitti relazionali e stronzaggine è un’altro. Infine Calunnia e plagio sono reati, dobbiamo inventarne altri con malattie immaginarie? Teniamo fermi i punti, senza parlare di tutto e niente insieme.

  9. maralibera says

    Ciao Pietro 🙂
    ti ringrazio per il tuo commento anche se stento a capire perché prima di parlare di alternative o fasi preventive agli psichiatri bisogna valutare le dichiarazioni di pm e varie soggettività che stabiliscono dati, che posso anche valutare con attenzione, ma che generalmente vengono diffusi con quell’integralismo che dici essere antipatico anche a te.
    Giusto per capire: la psichiatria diventa necessaria per riparare questi danni di cui mi parli? Quindi dovrebbe riparare situazioni di grande conflittualità? E se quella conflittualità si risolve in situazioni di violenza poi – giacchè sei tu che metti sullo stesso piano o violenza (denunciata) o pas – non c’è da sorprendersi se qualcuno dice malignamente e in modo calunnioso che la Pas può essere utile a difendere genitori violenti.
    Io lo terrei proprio fuori questo discorso dal ragionamento che tento di fare perché intanto per capire mi serve un dato, quello reale. Ovvero quante sono le separazioni giudiziali. E in rapporto a quelle, che non sono un numero così enorme, si valuta la percentuale del 8 su dieci di accuse che decadono di cui parli tu. In quanto ai centri antiviolenza io al posto della procuratrice sarei prudente a parlare di “istigazione” perché è altamente lesivo della reputazione di tante volontarie e operatrici che in quei centri sono fondamentali per salvare la vita a tante donne. servono dati e non generalizzazioni. perchè altrimenti è solo diffamatorio e non va bene.
    Nessun problema a parlare di situazioni critiche e non mi sorprenderebbe sapere che ci sono genitori, di ogni sesso, che avendo chiaro che non possono ovviare al condiviso che non gli fa comodo usano una accusa che mettono in piedi lì per lì per causare l’allontanamento. vale per le donne e vale per gli uomini. Ma se una donna si separa dopo aver denunciato, quindi fa una denuncia prima di tutte le questioni dell’affido, si presume agisca in emergenza e se ci sono chiari sintomi di una violenza con una denuncia che decade solo perché una donna non è in grado di continuare una battaglia in tribunale o perchè si appianano le cose e lui si rasserena, non si può parlare di un falso. So di molte situazioni in cui ci sono donne che denunciano e poi lasciano perdere perché la distanza aiuta, perché lui smette di perseguitarle e perché una causa è comunque una rogna che avendo mille cose complicate e difficili da fare nella vita difficilmente riesci a portare avanti avendoci un figlio da gestire, forse un lavoro, difficoltà. Perciò è un dato che va analizzato e mi chiedo se dall’altra parte si può smettere di manifestarlo in chiave propagandistica per analizzarlo veramente e dare anche a noi, a me che mi occupo di violenza sulle donne, l’opportunità di valutare come si svolge il fenomeno e perché.
    Voglio dire che la prevenzione deve passare dalla disponibilità di tutti ma anche dalla fine in assoluto di tutta quella serie di pregiudizi di parte per cui si stabilisce che tutti i padri sono necessariamente buoni e tutte le madri sono cattive. te lo dico senza ipocrisie, come tu hai ben notato, perché la mia intenzione è costruttiva e non ho intenzione di tapparmi gli occhi.
    Vedo il problema ma ho bisogno di vederlo in termini concreti.
    Poi: comunque l’alternativa della psichiatria autoritaria alla calunnia, che è un reato già di per se’, come potrebbe evitare un trauma ai bambini? Posto che c’è un problema tra gli adulti perché ci va di mezzo un bambino?

    In concreto: bisogna risolvere un problema per volta. come dice qualcun’altra tra noi non si può caricare per esempio il ddl di troppe aspettative. i diritti dei minori, la soluzione alla calunnia, la sconfitta del femminismo, la soluzione alla discriminazione che gli antifemministi chiamano antimaschile.
    Un punto per volta.

    Per cominciare: La violenza sulle donne e sui bambini c’è o no? Come si fa a distinguere una denuncia vera da una falsa? Come si fa a stabilire che un rifiuto diagnosticato come Pas sia frutto di condizionamento o sia la reazione ad una violenza e la manifestazione di un disagio?

    E queste domande non possono essere eluse insinuando che esiste una percentuale X di donne che mentono e accusano falsamente i padri e che siano per dna portatrici di Pas. Il pregiudizio di genere che sottende questo ragionamento non può essere una risposta. Fosse anche un genitore, madre o padre, che fa violenza, come facciamo a capire che quel bambino dice la verità? Il principio per cui un bambino deve essere ascoltato è valido o no? E prima di arrivare al bambino come facciamo a fare ragionare i genitori? Come facciamo a fare in modo che non si rovinino a vicenda la vita se qualcuno di loro ha un comportamento molesto?

    Non mi interessa che chi fa violenze finisca in galera ma si può immaginare un periodo di allontanamento distensivo e terapia familiare di riavvicinamento? Si può immaginare un percorso seriamente alternativo alla psichiatria per cui due genitori che si odiano possano andare un minimo d’accordo senza arrivare a esempi di violenza intollerabile? si può immaginare che la terapia riguardi gli adulti invece di medicalizzare il conflitto e psichiatrizzare un bambino?

    Cerchiamo una soluzione, insieme, senza negare i fatti concreti. Soluzioni che parlino di ogni tipo di bisogno, di tutti e di tutte. Senza pregiudizi nei confronti di chiunque.
    Io ci credo che esistano donne che inventano sciocchezze per ottenere degli obiettivi. Tu/voi credete che esistono padri che fanno sciocchezze e che possono mentire spudoratamente per non rispondere delle proprie responsabilità?

    In entrambi i casi: che si fa con i figli?
    perché il rischio vero è che i figli, alla fine, mandino a quel paese tutti quanti, ogni soggetto adulto nei dintorni, e se ne vadano per la loro strada mentre i genitori mentono, tutti quanti, perché non hanno altri modi per parlarsi.

    Noi siamo adulti e non siamo coinvolti in faccende di questo tipo. Parliamone in modo chiaro e senza ambiguità ma anche con un minimo di obiettività. Questa dovrebbe essere la premessa per dirsi delle cose. Spero che tu sia d’accordo con me su questo.

  10. Pietro Berra says

    Maralibera, apprezzo il tuo stile e non mi ritrovo minimamente in questa tv del dolore e dell’audience (anzi, sono sei anni che non la vedo proprio), come non mi ritrovo in tutti i contesti dove il dialogo non riesce a trovare spazio, sopraffatto dall’insulto, dalla rabbia, dall’integralismo di qualsivoglia natura e origine, dalla spettacolarizzazione dei sentimenti. Per questo, al contrario, apprezzo molto Femminismo a Sud o un’altra esperienza simile di confronto e impegno “di genere” (e di generi) fatta qui a Como, dove vivo, con la rivista Geniodonna e l’associazione il Senato delle donne. Per questo, credo sia giusto cominciare su questo blog, con te, con FikaSicula e tant@ altr@ persone che non hanno perso la loro umanità, una riflessione e un’analisi su una forma di violenza che è sottesa a un numero sempre maggiore di separazioni. Non voglio aggiungere alcun commento, non adesso: mi limito a citare stralci di tre documenti che contengono dei dati che, assieme a diverse storie e testimonianze che ho potuto ascoltare personalmente da chi in questi numeri è “contenuto”, mi hanno fatto pensare. Leggeteli anche voi e poi parliamone assieme, con rispetto e senza ipocrisie, come è ormai una caratteristica rara e nobile di FaS. L’ultima parola, concordo, non dovrebbe spettare agli psichiatri, ma iniziamo a parlare noi di certe problematiche, a farcene carico come società, se no il destino di tanti bambini coinvolti in separazioni malate rischia di essere senza vie d’uscita come quello dei presunti matti pre Basaglia (e scusa, ma mi permetto di aggiungere che nei manicomi hanno subito l’elettroshock anche migliaia di uomini: 894, ci cui ho letto personalmente le cartelle cliniche, furono solo quelli che vennero spediti dalle trincee della Grande guerra al manicomio di Como per “eccesso di emozione”, cioè per non aver ferinamente ammazzato il nemico o giù di lì…).

    «I maltrattamenti in famiglia stanno diventando un’arma di ritorsione per i contenziosi civili durante le separazioni…», «…è appurato che le versioni fornite dalle presunte vittime sono gonfiate ad arte. Solo in 2 casi su 10 si tratta di maltrattamenti veri, il resto sono querele enfatizzate e usate come ricatto nei confronti dei mariti durante la separazione…». «una tiratina d’orecchi ai centri antiviolenza, che istigano a denunciare senza fare la dovuta azione di filtro, ma poi si disinteressano di come va a finire…».
    Carmen Pugliese, Sostituto Procuratore c/o Trib. di Bergamo – inaugurazione anno giudiziario 2009, previa autorizzazione del Proc.Gen Addano Galizi, 29/1/2009

    “Al termine di una ricerca condotta su 70 bambini italiani, 50% vittime di abuso sessuale e 50% coinvolti in denunce di falso abuso sessuale (Carnerini, Berto, Rossi e Zanoti, 2010), gli autori hanno concluso: «I procedimenti penali sono in grado di incrementare i fattori di stress dovuti al rapporto con il sistema giudiziario e con i servizi sociosanitarì in entrambi i gruppi; nel gruppo delle denunce infondate aumenta significativamente la probabilità di sviluppare veri e propri sintomi psicopatologici nei bambini coinvolti»”. (Anna Oliviero Ferraris, “Psicologia contemporanea”, n. settembre-ottobre 2012)

    “Ormai da anni noi avvocati che trattiamo la materia assistiamo, quasi impotenti, all’ormai abituale opera di demolizione che uno dei genitori separati pone in essere con irresponsabile determinazione nei confronti dell’altro genitore; né può nascondersi che in genere il genitore autore di tale opera di deprivazione genitoriale è quasi sempre la madre.
    La madre è infatti il genitore che in gergo viene detto prevalente, cioè il genitore presso il quale, nonostante il cosiddetto affido condiviso, viene di solito collocato il minore; in pratica il genitore collocatario potrà quindi, consentendo formalmente, solo formalmente, una frequentazione del minore col padre, resa ogni giorno sempre più difficile quasi a divenire teorica, trasferire nel piccolo con lei convivente, tutto l’astio che prova nei confronti del padre”.
    (Avvocato Carlo Ioppoli
    Presidente Nazionale ANFI – Associazione Nazionale Avvocati Familiaristi Italiani – comunicato dopo il caso di Cittadella)

  11. Rita says

    Lo ricopio qui, da facebook:
    “Basta. Non vogliamo sapere più niente del “bambino conteso”. Se volete fare informazione, rivolto ai media, spiegateci come diamine funzionano gli affidi e perché in queste cose devono entrarci gli psichiatri. Perché a stabilire l’idoneità di un genitore deve esserci uno psichiatra? da quanto la psichiatria è diventata specializzata in genitorialità? Eravamo rimaste al fatto che la psichiatria usava sedativi e faceva l’elettroshock per cambiare il carattere delle persone che non si sottomettevano alle norme stabilite dal potere. Così è stato per le donne nei manicomi e per i gay e le lesbiche e per le trans e per le persone povere. Perché uno psichiatra deve certificare se siamo “giusti” o “sbagliati”?”