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Donne in rivolta: in Tunisia costruiscono il futuro!

Come dicevamo stiamo seguendo la situazione nei paesi arabi tentando di tradurre quello che arriva in inglese o francese su Twitter. Potete seguire il nostro monitoraggio (grazie a LadyLosca) arricchito di traduzioni simultanee dei tweet stranieri sul nostro account.

La situazione è sempre più in evoluzione. I luoghi in cui donne (tante donne) e uomini manifestano per avere più democrazia sono tanti. La foto che vedete sopra  (altre potete vederle qui) arriva dallo Yemen e una di noi sta seguendo l’evoluzione della rivolta Yemenita.

A margine, anche se parrebbe essere una cosa molto diversa vi segnaliamo l’articolo di Evangelisti su Carmilla che parla di altre ribellioni passate sotto silenzio in almeno due stati americani.

Jo’ continua il suo monitoraggio sulla Tunisia per capire cosa succede dopo la crisi del regime, nel frattempo però, a proposito di donne in rivolta, ha beccato una intervista sul sito dell’NPA francese a Alhem Beladj delle donne democratiche tunisine. E’ una intervista che risale a metà febbraio, quindi prima che Ghannouchi e molti dei suoi ministri si dimettessero, ma l’ha tradotta ugualmente perchè chiarisce bene quali fossero i diritti acquisiti prima della rivoluzione e cosa stanno rischiando ora. Buona lettura!

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La rivoluzione tunisina in corso non si occupa per il momento delle ineguaglianze tra gli uomini e le donne che si organizzano quindi per conservare le loro acquisizioni e conquistarne altre. Alhem Belhadj, membro dell’Associazione tunisina delle donne democratiche, spiega la situazione.

Qual è la condizione delle donne in Tunisia attualmente? Ci sono stati dei cambiamenti con il processo rivoluzionario?

Non so se possiamo dire che ci siano stati dei cambiamenti, in tutti i casi le donne hanno veramente partecipato a questa rivoluzione. Erano presenti durante tutto il processo della rivoluzione, nelle strade, nei comitati di quartiere, nei comitati d’auto-organizzazione, nei sindacati, erano tra i martiri, tra i feriti…Ci sono state delle donne vittime di stupro, di aggressioni
sessuali…
E’ rassicurante che le donne siano presenti politicamente ma la loro situazione attuale non rassicura del tutto. Infatti devono mobilitarsi realmente per salvaguardare le conquiste che hanno ottenuto finora e soprattutto averne di più. Io sono un po’ inquieta, bisogna vigilare in base a ciò che sta per accadere.
La situazione delle tunisine è un po’ particolare rispetto al resto del mondo arabo. Nel 1956, subito dopo l’indipendenza, il codice statutario era quasi rivoluzionario per l’epoca e in rapporto al contesto della regione: interdizione della poligamia, diritto al divorzio, diritto all’aborto (a partire dal 1961, prima della Francia, della Svizzera e della maggior parte dei paesi), diritto di voto. Le donne erano considerate uguali a livello delle pratiche politiche poichè hanno partecipato attivamente alla lotta perl’indipendenza. Ma c’era ugualmente una volontà politica: Bourguiba era molto aperto e modernista, egli contava molto sulla partecipazione delle donne per lo sviluppo economico, difatti partiva dall’idea che una società non si può sviluppare realmente se le donne restano analfabete, sotto il giogo delle tradizioni e della disuguaglianza. Era molto aperto su tutto questo ma la lotta delle donne per l’indipendenza ha pesato molto.
Al contrario, il codice statutario era ben lontano dall’essere ugualitario al cento per cento. In rapporto alla situazione precedente era quasi rivoluzionario ma il principio di diseguaglianza era mantenuto. Le leggi del codice furono una reale conquista per le donne ma l’intenzione originaria era di costruire una società moderna, non necessariamente a favore dei diritti delle donne. Ad esempio, il diritto all’aborto. Noi siamo tra i primi paesi , praticamente il solo nella regione, ad avere l’aborto ma le tunisine non l’hanno avuto per la libertà di disporre liberamente del loro corpo. Non è un diritto acquisito per i diritti sessuali e riproduttivi delle donne, è stata semplicemente la politica di limitazione delle nascite: ci sono state delle leggi a favore dell’aborto perché bisognava limitare le nascite al fine di invertire un po’ la demografia della Tunisia. Per Bourguiba, sfamare troppi bambini era controproducente. Bisognava dunque che le donne smettessero di avere dei bambini ed è per questo motivo che abbiamo avuto l’aborto, la contraccezione gratuita, il planning familiare che cambiava a seconda della regione e associato a una politica mediatica sulla limitazione delle nascite.
Ma non è stato fatto tutto questo nel rispetto dei diritti delle donne, anzi, talvolta si obbligavano le donne a farsi chiudere le tube, l’obiettivo finale era sempre e solo la limitazione delle nascite. Dunque, in questo senso, non è uno spirito egualitario che regnava ma uno spirito di sviluppo del paese e le donne erano strumenti indispensabili per questo cambiamento.
Le tunisine hanno approfittato di queste leggi, della politica dell’educazione, perché in tutti i casi, questo ha cambiato la mentalità. Anche se le intenzioni non erano buone le donne hanno fatto evolvere le cose. Con l’apparizione del movimento islamista negli anni ’80 si è avuta la chiara percezione che queste conquiste non erano affatto definitive. La prima richiesta del movimento Ennadha fu un referendum per il codice statutario nel1985. In quel momento il movimento delle donne ha sentito che le conquiste ottenute rischiavano di essere minacciate. L’uguaglianza a livello legale non era ancora riconosciuta e ancor meno la pratica, poiché anche quando la legge è stata sviluppata le pratiche hanno stentato a seguire. Inoltre c’era la
rimessa in discussione delle conquiste e il movimento delle donne si è dunque organizzato.
Abbiamo avuto ben due organizzazioni di donne autonome costituitesi per ribadire che non c’era affatto uguaglianza, che bisognava smettere di strumentalizzare la causa delle donne. La vetrina democratica del modernismo tunisino era proprio la presunta uguaglianza tra uomini e donne e l’emancipazione di queste ultime veramente un “alibi”.
L’uguaglianza non era riconosciuta essenzialmente in tre punti. Innanzitutto nella famiglia. L’uomo era sempre il capofamiglia, la donna non aveva diritto alla tutela che era solo paterna, la supremazia patriarcale restava effettiva sia in teoria che in pratica. Nel 1993 si sono apportate delle modifiche e in certe situazioni le donne potevano avere la tutela dei figli, ma solo in casi
eccezionali. E inoltre c’è un articolo del codice che sostiene che (dopo il 1993) “le relazioni uomini-donne sono rette dagli usi e costumi” e quando si parla di usi e costumi, si sa a cosa si fa riferimento. Il secondo punto è l’uguaglianza nella successione. Anche lì, le donne ereditavano la metà, nonostante la legge di successione ereditaria non sia retta completamente dalla legge musulmana e ci siano degli articoli non conformi. Per esempio, una figlia unica aveva il diritto di ereditare tutto, secondo la legge musulmana no. Questa parte è stata modificata nel 1974 da
Bourguiba ma è stato preso in considerazione il fatto che le donne ereditano la metà rispetto all’uomo, nonostante le leggi siano cambiate in un senso di maggior responsabilizzazione delle donne ossia spendere solo quando hanno a disposizione del denaro in famiglia e prendersi in carico i discendenti e gli ascendenti. Nella charia tutto questo non è obbligatorio quindi si è mescolata la charia con le leggi, e chiaramente non in favore delle donne.
Il terzo punto riguarda la nazionalità: le donne davano sistematicamente la nazionalità ai loro figli. Questo punto è stato però riveduto recentemente e inoltre possono dare molto difficilmente la loro nazionalità ai loro mariti stranieri. E’ più facile avere la cittadinanza per la moglie di un tunisino che per il marito di una tunisina: ci sono delle evidenti discriminazioni a questo
livello.
D’altronde nella convenzione per eliminare ogni forma di discriminazione, la Tunisia ha emesso delle riserve a questi 3 livelli, nel nome dell’articolo 1 della costituzione dove si esplicita che la religione della Tunisia è l’Islam. Quindi quando si vuole toccare l’argomento dell’islam, il problema esiste, quando lo si vuole dimenticare, si può superare senza difficoltà. Ma in rapporto alle donne c’è sempre l’argomento dell’islam: in un sacco di altre cose l’argomento “islam” non è utilizzato o strumentalizzato, lo è essenzialmente per le cause delle donne.
C’è un aspetto legale ma anche un aspetto sociale. Ci sono un sacco di altre differenziazioni nei confronti delle donne. In ambito lavorativo, nonostante il codice del lavoro postuli un’eguaglianza uomo-donna, le donne sono pagate meno, accedono molto meno a posti di responsabilità. Inoltre sono più povere, a parità di qualifica rischiano di essere disoccupate più a lungo, anche se la disoccupazione dei laureati è un grosso problema in Tunisia (ci sono 200 000 laureati disoccupati che hanno giocato un ruolo molto importante in questa rivoluzione). La situazione delle donne è dunque segnata dalla discriminazione ed è per questo motivo che ci siamo trovate in piazza, per dire che bisogna continuare ad agire. Anche se la nostra situazione è migliore del resto del mondo arabo, non è per questo motivo che dobbiamo stare zitte. In più, vi è la questione della violenza sulle donne, il potere costituito non ha preso delle misure sufficienti per lottare contro queste violenze.

Nelle rivendicazioni della rivoluzione vi sono rivendicazioni femministe ? Ci sono stati dei consigli di donne, delle discussioni tra i partiti e gli islamisti, comprese quelle sul femminismo, la laicità, ecc. Che accade oggi?

E’ lì il problema. Per il momento, non ci sono che le femministe a portare avanti queste rivendicazioni, anche gli alleati con i quali si è lavorato durante gli anni pensano che non sia il momento. Come d’abitudine, c’è sempre una priorità e le donne vengono dopo, è stato così in tutte le rivoluzioni. Ciò che mi inquieta per il momento è che al governo ci sono due donne e una
segretaria di Stato quindi siamo molto lontani dalla parità. Non c’è nessuna donna tra i governanti, prima vi era uno sforzo un po’ più considerevole, ora durante la prima o la seconda riunione di questo governo si sono prese delle misure in rapporto alle convenzioni internazionali dei diritti umani. Sono stati adottati dei protocolli, abbiamo aderito alla Convenzione di Roma ma la sola convenzione dove è stato detto «bisogna discuterne» è stata proprio la convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW).
Nella società civile la questione delle donne è molto poco presente. La laicità è una rivendicazione molto importante per noi e non è stata ripresa da nessun partito. Alcuni partiti di estrema sinistra ci hanno accompagnato quando è stata organizzata la manifestazione delle donne ma siamo state molto poco sostenute, anche dai collaboratori più vicini alle nostre idee, come la Lega
tunisina dei diritti dell’uomo che ha tenuto durante gli anni parecchie riunioni nei nostri locali e con i quali abbiamo condiviso moltissime cose. Non è stata una delle organizzatrici della manifestazione nonostante i suoi membri fossero presenti.

Chi ha organizzato la manifestazione?

Tre associazioni di donne e la commissione sindacale delle donne, c’era molta gente, molte donne. C’erano pochissimi membri di questi partiti e associazioni che non si sono espresse ufficialmente in favore o in solidarietà di questa marcia. In più, alcuni partiti hanno stretto alleanza con gli islamisti e come d’abitudine la questione delle donne rischia di essere messa da parte. E’ dunque veramente il momento per le donne di essere più presenti e di interrogare i partiti politici affinché si esprimano chiaramente sulla questione femminile.

Prevedete delle azioni prossimamente?

Sì, ci stiamo organizzando. Abbiamo lavorato a lungo per esempio sulla costituzione che vogliamo. Prepareremo un manifesto delle donne tunisine da sottoporre all’attenzione di tutte le parti politiche interessate. In questo manifesto si affermeranno i nostri principi e le nostre rivendicazioni. Le tunisine sono imbevute di questi diritti, hanno vissuto con essi ed è molto difficile che siano abbandonati. Ma le cose non si presentano molto bene per il momento.

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