Riceviamo e volentieri condividiamo questa riflessione:
di YellowFlate
Ogni giorno nel mio “lavoro” da blogger incontro tragiche storie di donne uccise per mano di colui che forse sino a qualche ora fa chiamavano “amore”.
E’ dolore quotidiano ma, talvolta, è il perpetrarsi di gesti indelicati e forse persino ulteriore violenza.
L’ultima vicenda avvenuta a Palermo, città che amo e conosco a fondo, mi lascia basita.
Il tam tam corre sulla rete. “Carmela uccisa mentre difende la sorella Lucia”.
L’orrida storia di sangue la conosciamo tutte e tutti, ormai. Riflettendo sulla vicenda mi sono trovata a combattere con l’ipocrisia della rete. Così è. Se da un lato anche attraverso fb ho l’opportunità di accrescermi e scambiare con tante di voi il mio parere dall’altra invece sento di dovermi difendere e difendere le donne. Perchè?
Nelle ultime 48 ore su fb è partito un nuovo tam tam macabro e a condurlo questa volta, sembrano essere tanti uomini, comunque anche le donne non scherzano. Partono così centinaia di condivisioni del giovane volto di Lucia e di quello della giovanissima Carmela. Tag su tag, ovviamente la foto in genere ha una breve descrizione che manco perdo tempo a leggere. Lo trovo ributtante, sembra quasi uno squallido martirologio di chi, una volta all’anno è convinto di lavarsi la coscienza in questo modo.
Un utilizzo macabro dei social network, a mio avviso, un modo utile forse per chi tagga? Dubitare è lecito ma il rispetto in questi casi è doveroso. Rispettare Lucia, massacrata e viva, passa dall’evitare di condividere, taggare e ritaggare la foto della sorella vittima di brutale violenza.
Ad una mia risposta piccata sul volermi escludere da quell’orrida catena, uno sconosciuto del web ha risposto “insensibile”.
E’ più insensibile chi cerca una via per cessare il proseguire di queste catene virtuali o lo è chi specula su quei volti, un giorno, magari vicino, ancora sorridenti?
Non si potrebbe usare la rete per cambiare cultura? Non si potrebbe usare la rete per far passare messaggi costruttivi? Non si potrebbero usare i social network per compiere una piccola rivoluzione civile in Italia? Forse sì, qualcuno di noi lo fa, ma siamo sempre troppo pochi e talvolta, come in questo caso, sembra che combattiamo l’ennesima donchisciottiana battaglia di una società che non vuole cambiare.
Io, donna di un’isola del Sud, quotidianamente combatto la piccola lotta mia per una società diversa, utilizzo la rete 16 ore al giorno e non di rado subisco attacchi che ad un uomo nessuno mai farebbe. Triste e amaro è ancora constatare che spesso simili attacchi sono pesanti come pugnalate, e sono anche compiute dalle donne.
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PAROLE SACRE. Da anni ormai cerco di diffondere questo messaggio. Il caso di Carmela e Lucia è solo uno dei tanti, su Facebook pare che se condividi la foto di un bambino o di una bambina malati di cancro questi potranno guarire. Che rabbia! Quale super potere consente a Facebook di guarire, onorare la memoria, dimostrare solidarietà in questo modo? Sembra uno di quei santoni truffatori!!! E’ solo un modo carino, travestito da buona azione, di impicciarsi, ficcare il naso, sguazzare nel dolore altrui. Grazie per il tuo impegno nel diffondere tale indignazione.
Giulia, Palermo