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Lui mi piaceva possessivo giusto un po’

Da Finché morte non vi separi (un blog contro la violenza nelle relazioni):

Quando un uomo è prepotente con una donna pensiamo sia colpa sua. Deve capire lui qual è il giusto limite. Il limite richiesto tra l’essere passionale ed essere freddo all’occorrenza.

Le trasmissioni televisive abbondano di banalità e cliché, ci vuole un pizzico di gelosia, se ti prende con forza è meglio, se lotta per te è una meraviglia.

Una volta ad un tale chiesi cosa avrebbe fatto se ci fossimo lasciati. Mi disse “niente… non farei proprio niente”. Ci rimasi male. Pensai che non ci tenesse abbastanza a me. Perché uno che ci tiene, pensavo, dovrebbe lottare, compiacermi, lusingarmi con un minimo di insistenza. Come dire che un pizzico di stalking fa bene. Quando diventa troppo allora vaffanculo.

Uno che ci tiene si straccia la veste. Mi fa vedere che per me combatte. L’idea romantica è che dovrebbe essere pronto perfino ad uccidere.

Muoio per te, muori per me. Se mi lasci ti ammazzo. Cose che si dicono nelle canzoni e che ti entrano in testa e non solo in quella. Modelli di approccio relazionale introiettati che diventano modelli educativi ed è così che lui, quello che ho scelto un po’ di tempo fa, che ho scelto proprio perché diceva “io per te farei di tutto”, l’ho scelto perché era sufficientemente macho ma fragile al tempo stesso.

Era così bello sentire che lui avesse bisogno di me. “Senza di te non vivo” e dunque io lo sapevo. Dovrebbe essere un’avviso di allontanamento e non una dichiarazione d’amore.

Com’è successo che ho scambiato la dipendenza patologica per amore? Quando è successo che sono stata educata a pensare che mi piacessero uomini inclini alla violenza? Perché li ho considerati eccitanti?

E’ questa la domanda. Perché quando mi sono separata dal mio ex e lui mi ha fatto male, tolte le giuste distinzioni del caso, senza voler assolvere nessuno, mi sono chiesta se non vi fossero delle responsabilità sociali.

Puoi educare un uomo ad essere quello che ti possiede e che ti considera una proprietà e poi staccargli la spina all’improvviso?

Certo che puoi. Ed è per questa dichiarazione di libertà, per questa mia presa d’atto, è anche per questo mio cambiamento, è perché mi sono accorta che quel “romanticismo” non mi piaceva più che ho rischiato di morire.

Non so… qualcuno dice che pensare queste cose significa essere avviluppate tra sensi di colpa e vertigini che mi ritrascinerebbero nel “vortice della violenza”. Ma io sono sicura di esserne fuori, talmente sicura da dire che il principale lavoro che devo fare per evitare di ripiombare in una situazione di violenza è su me stessa.

Questa è e deve essere la mia prima forma di autodifesa.

Infine posso dire che uno così semplicemente non mi piace più. Ma sono cresciuta sulla sua pelle. E lui è cresciuto sulla mia.

Posted in Pensatoio, Personale/Politico, Storie violente.


5 Responses

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  1. Y says

    @Alessandra: è sicuramente una sfaccettatura della competitività femminile. Se si sta con un uomo forte, aggressivo ecc probabilmente ci si sente vincitrice rispetto alle altre, magari più protetta o semplicemente in possesso di un esemplare migliore.
    Infatti non è da dimenticare che la possessività maschile è, a mio parere, accettata e gradita anche per via del fatto che è speculare a quella femminile.
    Marcare il territorio, fra gli esseri umani, non è certo prerogativa dei soli maschi, ANZI…
    Basta vedere l’atteggiamento che hanno donne conoscenti ma non veramente amiche quando c’è di mezzo l’interesse per un uomo, occupato o meno.
    Tutto ovviamente in base alla mia limitata esperienza.

  2. Alessandra says

    Sono colpita dalle parole di Claudio. Anche io avevo notato, con sconcerto, diverse conoscenti parlare quasi con civetteria della gelosia del proprio ragazzo, facendone un punto di orgoglio. Alcune arrivavano a dire “E’ un gelosone, proprio come mio padre/mio fratello”. Che ci crediate o no, ho sentito – premetto che avevamo solo 15-16 anni – una compagna di classe parlare di una sua amica cui il fratello impediva di uscire: e, secondo lei, aveva ragione perché la sua amica era già uscita con diversi ragazzi e il fratello che le voleva troppo bene aveva deciso di vigilare su di lei. Parliamo di ragazze del liceo classico, teoricamente un minimo emancipate. L’idea del ragazzo-controllore terrorizzato o reso violento dai tradimenti è un cliché popolarissimo. Anche le ragazze si sentono in diritto di proprietà, ma è diverso, la mettono quasi più sul piano di competizione con l’ipotetica rivale.

  3. Veronica says

    Tra il “non fare niente” per salvare una relazione, ed il comportamento violento ci sono migliaia di zone di grigio in mezzo.

    Il mio compagno ha “lottato” per me, quando la nostra relazione andava male; nessuno strappamento di veste o minaccia di omicidio/suicidio: semplicemente lui ha parlato con me, ragionato per capire e risolvere il problema, e, cosa piu’ importante, non e mai sceso a compromessi con i suoi valori o la sua dignita’ pur di stare con me.

  4. Claudio says

    Uno scritto necessario.
    Quando parlo con qualcuna del fatto che ho una relazione che non prevede esclusività e fedeltà sessuale, che per me non è un problema se la ragazza con cui sto e che amo molto fa sesso con un altro o con un’altra, perché ho sempre concepito il sesso come un gioco e un piacere e non come un vincolo sacro e mistico, rimango sgomento quando sento spesso rispondermi con orgoglio: “Se io vado con un altro, il mio ragazzo mi ammazza!”.
    Non viene detto con timore: proprio con fierezza. E ciò mi fa rabbrividire.
    “Io sì che sto con un vero uomo che tiene a me: se lo tradisco mi uccide”.
    Sono poche le volte in cui sento dire: “Se facessi sesso con un altro, lo ferirei”. E quando accade, si avverte un certo senso di pena e compassione nel tono, nessuna stima, come se il ragazzo di cui si parla venisse guardato dall’alto in basso e considerato un bambolotto un po’ scemo, un poverello fragile e poco virile di cui avere cura ma che non merita ammirazione.
    “Se vado con un altro, il mio ragazzo mi ammazza”. Mi chiedo come si possa stare insieme a una persona di cui pensi, anche certo in maniera iperbolica, che possa toglierti la vita o diventare violento.
    Sorvolando poi sul fatto di come viene giudicata la mia storia non monogamica: “Se fate sesso con altri allora non siete veramente legati, non ve ne frega niente l’uno dell’altro, non state veramente insieme, è una trombamica e non una reale partner, etc.”.
    È sconfortante constatare come il possesso del corpo sia considerato l’unico parametro che sancisce un legame sentimentale.
    Il che la dice lunga su quanto sia malsana la visione più diffusa della sessualità.
    Se non sei geloso, alla maggior parte delle ragazze non piaci. Non si sentono apprezzate, non ti vedono come uno affidabile, come il leader a cui sottomettersi. D’altronde è stato insegnato loro a desiderare l’uomo guida, il maschio protettivo, che sia sempre un gradino più su rispetto alla donna.
    “Come, accetti che io scopi con altri? Non ti incazzi nemmeno un po’? Ma che razza di uomo sei!? Mi svendi, non te ne importa nulla di me!”.
    Già dire “la mia ragazza” mi dà fastidio. Neanche fosse “il mio motorino”, “il mio aspirapolvere”, “la mia scrivania”. Per questo preferisco dire “la ragazza con cui sto”.
    Lo dico sempre scherzosamente alle mie amiche: “Guarda che l’uomo romantico è il primo che ti diventa stalker”. Ma un fondo di verità c’è: monogamia e possesso sono alla base della violenza di genere.
    Non mi capacito di quanti guai si scatenino intorno a delle semplici trombate.

  5. Fab says

    Bellissima riflessione. Da maschio, spesso mi e’ capitato di vedere sollecitata quella che e’ immaginata come una indole alla conquista.

    Il carattere maschile, secondo me, ha solo una inclinazione a rassicurare con determinazione, che a volte si traduce in un atteggiamento ‘passionale’, che sta a dimostrare che dentro si ha una energia che nasce ed e’ alimentata dall’altro, o l’altra, che ti piace in quel momento.

    “Pretendere” questa dimostrazione passionale dal maschio, puo’ portare alla passione, quella de Cristo pero’.
    La passione non e’ una determinante maschile, e’ qui che spesso ci si sbaglia.

    Le ragazze con cui sono stato sono sempre state molto accoglienti, ma restie a dimostrarsi passionali. Passionale vuol dire che esprimi in maniera potente le tue sensazioni, col rischio che dall’altra parte ci sia una freddezza inaspettata, che ti fa sentire impotente.

    Ultimamente mi hanno fatto leggere questa poesia di Neruda http://goo.gl/hPKq8.
    Alla fine dice ‘mi amor se nutre de tu amor’.
    Anche la passione, deve nutrirsi della passione dell’altro, altrimenti si diventa troppo accoglienti da una parte e troppo assertivi dall’altra.

    Fate il conto con questo, a volte siete impotenti, come noi. Ci dovete stare, come ancora dobbiamo imparare a starci pure noi, senza sentirci meno qualcosa.

    Solo cosi’ si riesce a lasciarsi andare senza aspettative, godendosi solamente quello che ne viene.

    F.