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Palermo, oggi, ore 17.00, Piazza Politeama, contro il femminicidio

Il Coordinamento Antiviolenza 21 Luglio convoca tutt* ad un presidio. Iniziativa che anticipa la fiaccolata organizzata dalle compagne di Liceo di Carmela Petrucci per la sera di lunedì prossimo alle 21.00 davanti la sede del Liceo, in Via Parlatore 1. Quello che è successo a Carmela, uccisa dall’ex fidanzato della sorella mentre lei tentava di difenderla, poteva succedere a ciascuna di noi, dice Bianca, una delle compagne di Liceo di Carmela che annuncia in una breve lettera la fiaccolata organizzata per lunedì. Già da ieri ci sono iniziative, un presidio davanti all’ospedale in cui l’altra sorella sopravvissuta, Lucia, è ricoverata.

Fanno bene le coetanee di Carmela a interrogarsi e a dire forte che così non va bene. E’ da loro principalmente che deve venire una opposizione a questa cultura che scambia un brutale assassinio con l’amore. Intollerabile che si continui sui giornali a parlare di raptus, perché noi sappiamo che un femminicida non è un mostro, che troppo spesso è la persona più vicina a noi e che per la mentalità comune si tratta solo di una persona che le voleva bene. Ma non è amore quello di chi rivendica il diritto di possesso su di un corpo. Non è di certo amore quello di chi si reca armato di coltello ad un appuntamento. E non è di raptus che si tratta se l’intenzione è di fare male. E non lo diciamo perché vorremmo pene gravi perché il nostro commento prescinde da quello che succede nelle aule di giustizia. Lo diciamo per amore di verità e deve esserci consentito dire che è la cultura che imprime una attenuante a questi gesti che si ripetono alla fine delle storie già concluse quando più spesso, ed è impossibile non riconoscerlo, lei viene uccisa da lui che non accetta che la storia sia conclusa.

Queste ragazze a scuola hanno un grande compito. Quello di ragionare tra di loro, con i compagni e le compagne, affinchè non si ripeta più. Perché tutti e tutte capiscano che bisogna rispettare la decisione di chi ti dice basta e di chi ti dice No.

Non c’è giustificazione alla persecuzione. Non si può insistere, ricattare, minacciare per tentare di riconquistare una persona che ti ha detto no. Perché la “riconquista” deve passare sempre per una linea di consensualità. Se l’altra persona non vuole vederti, se ti dice di No allore è No. E’ una cosa semplice da capire. Tutto il resto è l’assurda pretesa che l’altra si pieghi al tuo volere. Che dica di si davanti al tuo pianto, alle tue urla, ai tuoi ricatti, ad un coltello che viene fuori quando tutto sembra perduto e neppure la tua vita parrebbe avere più senso.

Ed agli amici (o amiche) che suggeriscono ad altri amici di andare e insistere, di chiamare e provare, dite per favore che si facessero i gran fatti suoi e che questa cultura che passa di voce in voce e di mano in mano, chiunque la veicoli, deve essere interrotta. Con forza, senza indugi, perchè produce vittime.

Sono così tante le vite interrotte con violenza che altrimenti avrebbero avuto un grande futuro.

E alle madri ai padri, per favore, dite a figlie e figli di seguire regole diverse nell’amore. Smettete di educarli a suon di porta i fiori e ti dirà di si o dille che l’ami e ti dirà di si. Perché di mezzo c’è sempre la volontà dell’altra e se l’altra non l’ama non dirà di si e quella risposta non si può sovvertire né fraintendere.

La volontà dell’altra, la libertà dell’altra, perché quando parliamo di femminicidio c’entra la violazione del diritto a decidere della propria vita. C’è la prevaricazione di chi vuole obbligarti a fare una cosa che tu non hai scelto. C’è che ti si vuole imporre a stare con una persona con cui non vuoi stare. Vieni considerato un oggetto, un corpo senza volontà, le cui parole e desideri vengono negati. Vieni considerata niente, solo uno psicofarmaco sociale che deve alleviare le pene di un uomo che “senza di te non può più vivere”. Vieni considerata una persona priva della libertà di decidere con chi stare e cosa fare nella vita.

Non è un raptus ma una intera cultura che condanna le donne ad essere private della propria libertà, del proprio diritto all’autodeterminazione, a scegliere se vivere o morire, studiare o lavorare, fare un figlio oppure no, e il femminicidio si compie ogni volta che ad una donna viene proibito di desiderare e scegliere e non solo quando c’è di mezzo una persona morta accoltellata.

Si deve intervenire e presto su tutto questo ma non con aggravanti che aggravano soltanto l’impotenza di istituzioni che sanno operare solo in senso repressivo. Bisogna intervenire in altro modo:

– serve che i media smettano di perpetrare una cultura che legittima questa mentalità e collude con il femminicidio.

– serve che nelle scuole si parli di questo e si educhi al rispetto per tutti i generi e per l’autodeterminazione di ciascun@.

– serve che si dica chiaro che le donne non sono un oggetto e che pubblicità e spot e qualunque cosa oggettivizzi il corpo delle donne culturalmente riproduce quella cultura che fa ritenere le donne non umane, prive di decisioni proprie, accessori della casa, della vita di altri, senza poter decidere alcunchè.

– serve che i centri antiviolenza possano agire meglio e bene sui territori, che siano più di quelli che sono e che rappresentino dei punti di riferimento reali per discutere di soluzioni.

– serve che si discuta di prevenzione e dove possibile serve un intervento serio che ipotizzi luoghi di sostegno e recupero per uomini in difficoltà che devono poter immaginare di poter avere altre prospettive che non siano morte, persecuzione e maltrattamenti. Luoghi in cui possano avere l’opportunità di crescere e studiare, lavorare, ampliare lo sguardo in altre mille direzioni, perché se non salviamo lui non salviamo neppure lei.

– serve lavoro, per lei che altrimenti non può lasciare un uomo violento dal quale dipende economicamente e per lui che altrimenti si deprime e sfoga in casa, con moglie e figli, la pressione e la frustrazione che traduce spesso la depressione in istinto omicida e suicida.

Non obblighi ma possibilità e queste cose vanno discusse e immaginate al più presto perché è la prevenzione che salva le vite. Della repressione possiamo fare a meno.

Leggi:

Lettera ad un potenziale femminicida

Smettete di usare sui media le foto delle ragazze uccise

 

Posted in Fem/Activism, Iniziative, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze.