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Lettera ad un potenziale femminicida

[Dal presidio di ieri all’Aquila durante il processo per stupro in cui è stato ammesso il centro antiviolenza come parte civile]

Update: oggi, 20 ottobre, presidio indetto dal Coordinamento Antiviolenza 21 Luglio, alle ore 17.00 a Piazza Politeama. Contro il femminicidio. Per Carmela Petrucci.

Una ragazza morta e una ferita. Una sorella che difendeva l’altra. Si dice di lui che fosse l’ex ragazzo di una delle due. E la violenza inferta, quel femminicidio, è frutto di una cultura che conosciamo bene. Quella che respiriamo tutti i giorni, fatta di amore, amore, amore mio, e se mi lasci non vale, se mi lasci mi ammazzo, se non sei mia non sarai di nessun altro ed è così che la vita di queste tante persone è stata rovinata.

Una carezza a lei che è morta per la propria libertà, un’altra a questa sorella che è stata ferita e un pensiero a lui perché anche la sua vita è finita. E’ finita la vita di due famiglie mentre il mondo fuori ora si spaccherà tra chi cerca vendetta, chi vorrà giustizia, chi combatte una guerra per risarcire affetti resi orfani di altri affetti, chi si ritirerà a vivere pensieri intimi, chi si chiederà perchè, dove ho sbagliato e ci sarà la famiglia di lei che sarà sicuramente distrutta e quella di lui che non capirà come lui possa aver fatto questo. Poi ci saranno i vicini e i conoscenti, tutti a dire che lei era una bella persona e lui forse pure e che sembrava una così bella coppia e non si capisce come sia potuto accadere, così all’improvviso, perché queste cose vengono sempre descritte come fulmini a ciel sereno. E non ci crederete ma la tragedia sta un po’ in questo, nel fatto che si tende a rovesciare la faccenda e a imprimere la memoria nell’ultimo minuto quando invece bisognerebbe si interrogassero e si ponessero di fronte una responsabilità sociale che ci coinvolge tutti. Ci riguarda tutti/e. Coinvolge perfino noi che non conosciamo le famiglie e che seguiamo queste vicende sempre abbastanza arrabbiate, per non essere riuscite a fare nulla, per non essere riuscite a salvare tutte queste vite.

Per salvare la vita a tutta questa gente serve una mentalità e una cultura differente. Basta possesso, basta legami proprietari, basta legittimare queste modalità. La furia di una persona che colpisce perché non accetta il termine di una storia è cieca. Non sente ragioni. Chi intende ucciderne una ne può uccidere due così come può uccidere chiunque altro si trovi sul suo passaggio prima di completare il suo disegno. Ed è un progetto fatto di pulsioni irrazionali, di sentimenti che non si riescono a dominare. E’ crescere con l’idea che quella donna ti appartenga, che l’amore sia possesso, che la vita senza di lei non avrà senso, che non ce la farai senza di lei.

Parliamo spesso a quelle donne che sono piene di dolore perché tentano di salvarsi da situazioni violente. Sfuggono a drammi che potrebbero lasciarle senza vita e provano ad andare avanti come possono.

Vorrei parlare ora ad una di queste persone che in questo momento sta pensando all’altr@ che l’ha lasciat@. Con rabbia e amarezza.

Se stai pensando di cercarl@ perché non ti chiama più, fai un’altra cosa. Esci, vai con gli amici, studia, lavora, fai un lungo viaggio, trova il modo per renderti indipendente da quel sentimento. Rispetta la scelta di chi ha deciso di andare altrove e pensa che diversamente anche la tua vita finirà.

Scorda tutte quelle balle sull’amore conquistato, il corteggiamento, quel modo insistente che la retorica romantica ti dice sia perfetto per farl@ capitolare. Scorda qualunque cosa tu veda o senti in televisione, gli stranamore, i cioccolattini con le frasi idiote, i film di scrittori che riempiono la testa di ragazzi e di ragazze di un sacco di stronzate, le serie televisive in cui basta che tu lo dici nel modo giusto e l’altr@ ti dirà di si. Scordati questa cultura che istiga il pedinamento e la persecuzione delle persone che se dicono di No esigono che tu capisca sia un No.

Lo so che è difficile e che dovrai passare brutte notti, ti manca l’aria, a volte, i ricordi, lo stomaco si stringe, qualche momento buio, ma se sei in piedi e vivi e respiri devi sapere che quello che provi, questa cosa che non ti permette di rispettare la volontà dell’altr@, non è amore. E’ egoismo. E’ l’impulso di soddisfare un tuo bisogno. Per quel malessere profondo che pensi possa sciogliersi in un abbraccio e pensi sia stat@ l’altr@ a provocare. In realtà, ti giuro, che non è così.

L’amore va e viene e la fine di una storia non produce le stesse conclusioni per chiunque. Non perché si soffra meno ma perché diverso è il modo in cui ciascun@ reagisce. C’è tanta gente che riesce a vivere, a diventare altro, a continuare e migliorare e fare scelte belle per se stess@ e per gli e le altre. Se tu non riesci a distogliere l’attenzione, se è diventata questione di vita o di morte, se provi una ossessione, paranoia, se la tua vita sta andando in palla dietro una speranza e un sogno, ti prego pensaci, non fare una cazzata. Salvale la vita. Salvati la vita.

Da qui, io, altre persone, non possiamo far altro che dirti questo e dirti che se hai bisogno di essere ascoltat@ puoi scrivermi, se vuoi, perché io lo so, e non c’è dubbio, l’ho capito, che se non salvo te non salvo neppure l’altr@.

Rispetta le scelte altrui e prenditi una chance per ricominciare. A partire da ora. Per favore…

—>>>Tanta vicinanza, le nostre condoglianze e un abbraccio sincero ai parenti di Carmela e Lucia. E scusate il tono forse non troppo brillante ma sono veramente triste per quello che è successo a Palermo.

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio.


4 Responses

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  1. Alessandra says

    Io ho l’impressione che “non ce la farò a vivere senza X” sia un pensiero che attraversa più facilmente la mente di una potenziale vittima, e non autore, di femminicidio. I potenziali autori sembrano più propensi a “lei non vivrà senza di me” che è ben diverso. E comunque, non è che le vite degli aggressori siano da considerarsi finite: tutte quelle lagne sui raptus, i “non so cosa ho fatto” sono sempre funzionali ai processi. Molti se la cavano con un numero di anni assurdamente basso di fronte all’enormità di una vita cancellata, e hanno tutto il tempo e il modo di ricostruirsi la propria, di vita – spesso scegliendosi una nuova vittima.

  2. fasst says

    http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/10/19/occupymedia-smettete-di-usare-le-foto-delle-ragazze-uccise/

    ho messo la questione dell’uso delle foto delle ragazze in questo post

  3. fasst says

    Che storia tremenda. :(((

    Copio da fb una considerazione delle compagne:

    “Media Sciacalli. ‘sto brutto vizio di fregarsi le fotografie delle minorenni ammazzate da facebook. Venderebbero pure il cadavere del loro parente più stretto per racimolare qualche click in più sui loro siti. Mettete piuttosto foto con il numero del centro antiviolenza di Palermo per chi vorrà usarlo, che diamine. Fate un minimo di servizio pubblico. Questi media sono veramente pessimi. Devono smettere di fare diventare una occasione di svendita ogni femminicidio in cui c’è una ragazzina carina e con la faccia pulita. L’estetica del femminicidio è di una volgarità inaudita.”

  4. Dana says

    La ex fidanzata è quella che è sopravvissuta… la sorella morta non aveva niente a che fare coll’assassino: si è buttata in mezzo per difendere la sorella. Mi vengono i brividi alti così sulle braccia a pensare a questo orrore.