Dopo il video del bambino “prelevato” dalla polizia non leggo che frasi-post-articoli pieni di indignazione. Mi sembra più che giusto. Vorrei però ricordare che questo non è un caso isolato (come ripetono i professionisti attraverso i media) e che anzi è la quotidianità. Cosa ci ripetiamo in questi giorni? I bambini sono persone la cui volontà va ascoltata e non prevaricata. Come non essere d’accordo.
Eppure basta guardarsi attorno per capire che l’intera società se ne sbatte dei desideri dei bambini, per non parlare di quelli degli adulti. Una cosa che si evince con chiarezza è che tutti siamo d’accordo nel considerare quello che è successo a Padova come un abuso, una violenza. Tutti critichiamo la violenza dei poliziotti, senza però ricordare che è la normalità. La polizia è autoritaria e l’autoritarismo è violento.
La frase che ci ha tanto scossi “io sono un ispettore, lei non è nessuno” da dove caspita credete che esca? Da una società che da quando nasciamo, in seno alla famiglia, fino a quando moriamo, ci insegna a dividere per categorie, a percepire la società come una piramide la cui autorità và rispettata. La famiglia come la scuola sono luoghi che ci insegnano a rispettare chi è “in alto” e ad esser puniti (e addirittura ad accettare la punizione come giusta) qualora ci si ribelli.
Ci insegnano ad essere dei perfetti cittadini/schiavi, portandoci a pensare che, solo delegando ad altri quelle scelte che competono solo a noi, potremmo esser liberi e al sicuro. Che l’unico modo per poter vivere è raccogliersi attorno ad un capo (che ci illudiamo di scegliere) ed accettarne le leggi vincolanti e limitanti, altrimenti ci sarebbe il caos, la violenza infinita, il disordine, la follia. Peccato che sia proprio questa società a generare ciò per cui dovremmo sostenerla.
Per me è evidente che si tratti di un cane che si morde la coda. Non credendo quindi nelle autorità e neanche in quelle cosiddette “giuste” (come può essere giusto un potere? Qualcosa che mi limita e che decide per me?) trovo indecente l’indignazione da parte di quelle istituzioni, di quei partiti e di quei professionisti che dell’autoritarismo fanno il loro pane quotidiano, e che adesso ne prendono le distanze solo perché si deve fare, per forma, perché è un atto così palese che non può essere giustificato, almeno non al momento.
Ma dategli tempo, se sono riusciti ad autoassolversi dalle tante stragi, dalle violenza di Genova, dalle cariche nei cortei, allora lo faranno anche in questo caso, sbattendosene di quel bambino e della sua vita.
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Io non sono totalmente anarchico, però penso che se non ingabbi lo stato con un forte controllo democratico questo riveli la sua anima più intima, che poi è quella di cui ci hanno parlato Machiavelli e Hobbes. In fondo lo stato è tale perché si arroga il monopolio della violenza. Il problema grosso è che passiamo da uno stato ‘sociale’ che si proponeva come erogatore e garante di diritti ai cittadini (e che non è stato una favola: senza di esso mio padre, ad esempio, sarebbe rimasto al medesimo livello sociale, piuttosto basso, dei miei nonni) a uno che in nome di una ragion di stato basata sul ‘rigore’ e il ‘merito’ prende senza dare granché in cambio. Lo stato si ritirerà forse dall’economia, ma comincia ad assumere un carattere sempre più ‘etico’ e invasivo della libertà altrui. Soprattutto quando si tratta di rapporti umani sarebbe il caso di lasciarlo il più lontano possibile, poi ovviamente esistono situazioni che richiedono il suo intervento.
Per rimanere più legato alle tematiche di FaS, nel recente dibattito sul sesso ‘supplicato’ trovo pericolosa l’idea di delegare allo stato il potere di decidere in merito, non perché non sia reale il problema ma perché se gli diamo autorità in questi campi allora è finita.