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Violenza sulle donne è… dover leggere che c’è chi ti considera “inferiore”!

Violenza sulle donne e tutela.

Mi viene in mente, ogni tanto, giacché di questo tema mi occupo da un sacco di tempo, che chi parli di violenza sulle donne in realtà voglia poco bene alle donne. Perché è un tema complesso, sul quale molti e molte si buttano a capofitto perché è politically correct, perché la violenza sulle donne suscita indignazione, certo, e mi interesserebbe comprenderne le ragioni.

Analizzando le tante risposte, le reazioni, relative questo tema trovo che molte sono assolutamente affini e coerenti alla cultura patriarcale. Anzi la consolidano. Si parla di interventi paternalisti, di difficoltà a riconoscere nelle donne una propria, autonoma, capacità di difesa, si parla di “tutele”, si tende sempre a descrivere le donne vittime di violenza in quanto fragilissime, indifese, quasi che fossero dei bambini o non fossero in grado di intendere e volere.

Non si orienta il dibattito circa le possibili soluzioni ad un capitolo che riguardi il fenomeno che parli di strumenti sociali, di soluzioni a lungo termine, di visione complessiva del problema, di analisi approfondita che porti a immaginare innanzitutto soluzioni preventive. Soluzioni che tolgano le armi dalle mani di chi vorrà usarle prima ancora che ciò accada. Soluzioni che restituiscano alle persone offese strumenti di liberazione e di ricostruzione della propria esistenza.

So molto di violenza sulle donne. So veramente tanto. Ho toccato il dolore, la sofferenza, di chi ha subito violenza, ho incontrato l’anima di chi l’ha inflitta. Conosco l’impotenza e la rabbia dei parenti delle vittime e so perfettamente che le persone che subiscono violenza non possono essere argomento di conversazione sul quale disquisire come fosse un pretesto di esibizione intellettuale al tavolo di annoiate radical chic. La violenza io l’ho vista davvero. E la riconoscerei ovunque fosse celata. Fosse anche nei commenti di chi immagina di togliere alle donne dignità, capacità di azione, attribuendo loro lo status perenne di vittime, martiri, canonizzate per appartenenza ad un genere.

Come si fa ad uscire fuori dalla trappola dello stereotipo di genere quando chi dice di volerti difendere fa di tutto per ricacciartici dentro? Come faccio io ad apparire umana, vera, arrabbiata, anche aggressiva se è il caso, imperfetta, se c’è chi ama intrappolarmi nel ruolo della versione esasperata delle Signore protagoniste della letteratura Petrarchesca?

C’è chi dice di occuparsi di violenza sulle donne e scrive sostanzialmente che le donne sono inferiori. A queste donne succederebbero, altrettanto inferiori, in una scala gerarchica che va dai tutori, alle vittime, ai mostri, tutti inevitabilmente uomini, solo i mostri.

Solo io sono infastidita dal fatto che si insiste nel dire che fare violenza su una donna sia più grave che fare violenza su qualunque altro essere umano? Non è forse questo un prosieguo di antiche filosofie che definivano le donne incapaci, senza anima, con un utero ballerino, prive di capacità di costruzione del proprio futuro, troppo frivole o troppo idiote per poter conseguire un qualunque successo nella vita professionale e negli studi?

Quale può essere l’obiettivo nel definire le donne di una perfezione assoluta se non quello di consolidare uno Stato patriarcale che usa le donne per realizzare società dirette a suon di autoritarismi?

Si chiama Shock Economy il libro di Naomi Klein, ve ne avevo già parlato, lo rifaccio con una maggiore convinzione, laddove l’allarme sulla violenza sulle donne agisce esattamente come agiva la minaccia del terrorismo sugli Stati Uniti D’America. Dopo quella minaccia le corporations ebbero spazio per lucrare e fare i propri sporchi affari e la fragilità dei cittadini e delle cittadine fu il pretesto innanzitutto per fare una guerra, una delle tante, che servì a consolidare un potere nella gestione economica delle fonti energetiche gestite nei paesi mediorientali e poi servì, ed il riflesso di questo colpisce tutti/e noi, a realizzare come prima cosa il Patriot Act, un insieme di norme speciali che parlavano di controllo, censura, repressione, arresti indiscriminati di persone sulla base della loro etnia d’origine, torture a soggetti ritenuti affini a Bin Laden di cui poi si scopriva altro, persone detenute ingiustamente e anche in Italia tanto è servito a mettere in discussione possedimenti economici a nome di soggetti “islamici” non meglio identificati, quote azionarie di banche, impedendo la libertà di culto e commettendo talmente tante atrocità che sono davvero lunghe da riassumere.

La logica del terrore porta sempre al terrore. Quando su di te, vittima, si erge qualcun altro che vuole decretare, per legge o attraverso qualunque strumento, la tua debolezza, certificandola come fosse un fatto imprescindibile, di fatto sta scrivendo nero su bianco che il tuo status è quello di donna vittima e dunque di donna “inferiore”. Donna=vittima=inferiore=malata=da curare=da rinchiudere?

Ad una donna “inferiore” che è sempre bisognosa di tutela non si riconoscerà mai il diritto all’autodeterminazione. E se una donna “vittima” viene usata e viene riconosciuta tale solo al prezzo di una assoluzione a priori di tutte le donne – donne di potere e ministre incluse – c’è una scelta opportunistica tale della quale personalmente non voglio essere complice. Ché a quelle come noi non ci riconosceranno mai il diritto ad andare per le strade a ribellarci per la nostra disoccupazione, la nostra precarietà, per tutti i problemi che derivano dalle decisioni di persone potenti che lucrano sulle nostre vite. Non riconosceranno mai ad una NoTav di avere il diritto di ribellarsi ad una violazione della sovranità territoriale. Le donne che scenderanno in piazza, che rialzano la testa, che rifiutano lo status di vittime, che lottano, saranno sempre e solo classificate in quanto terroriste, violente, cattive.

Mi chiedo e vi chiedo, a fronte del fatto che questa mi pare sia la direzione presa dalle donne che attorno a Snoq dicono di interessarsi di violenza sulle donne, è davvero questo il futuro del femminismo? Un movimento che avalla di fatto la fragilità e l’inferiorità delle donne al punto da classificarle come più bisognose di “tutela” di qualunque altro essere umano suo pari?

Ps: cercavo una immagine a corredo di questo post con una donna che viene salvata da un “tutore” vs una donna che lotta e si risolve la vita da sola. Difficile trovarla.

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Posted in Corpi/Poteri, Critica femminista, Pensatoio, Scritti critici.


One Response

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  1. isoke aikpitanyi says

    Non bisogna dimenticare mai le donne vittime della tratta
    Isoke Aikpitanyi