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Voglio la videosorveglianza anche dentro le mutande

Qualche giorno fa il nostro nuovo compagno di avventure Woodi Forlano ci segnala questa cosa accaduta in India (sul video dell’aggressione ad una ragazzina) e Valerio giustamente rifletteva sul fatto che la prima cosa che viene in mente di fare in questi casi è la richiesta di maggiore “sicurezza” e soprattutto “sorveglianza”.

Non è un caso se si comunica la notizia che facebook lascia spiare le vostre conversazioni private (come se ci fosse bisogno di saperlo da Repubblica, figuriamoci) osando dire in appena un rigo che spiare la conversazione di milioni di utenti avrebbe dato un grandioso risultato: l’arresto di UN pedofilo.

Ciò che penso di teknosorveglianza è più o meno è ben riassunto da questo racconto e non servono serie televisive come Person Of Interest a farmi cambiare idea.

Il Grande Fratello per quanto mi riguarda è sempre e comunque quello di cui parlava Orwell e davvero non capisco come possano esserci dei dubbi sulla destrosità di talune richieste di applicazione di dispositivi securitari che violano costantemente la nostra privacy  ogni qual volta si verifica una aggressione o si discute di stupri o cose del genere.

Di fatto ogni volta che viene sollevata una emergenza, terrorismo, stupri, pedofili, crimini vari contro soggetti xy, si usano questi argomenti per far soccombere l’intera umanità sotto una enorme quantità di sorveglianza, criminalizzazione preventiva e autoritarismo che viola la nostra privacy.

Lo vedi dalle conversazioni stesse che si hanno online dove per parlare con te pretendono una schedatura di tutto punto, nome e cognome e numero civico e codice fiscale, sono tutti felici di farsi violare la privacy senza problemi e demonizzano chiunque non faccia altrettanto.

A questo proposito, appena ho un po’ più di tempo, vorrei parlarvi con più impegno di un libro che ho letto, scritto da amici, compagni, compagne, una sigla collettiva conosciuta come “Ippolita” che dopo aver spiegato che Open non è free e parlato di Google ha deciso di andare a fondo sugli affari, le speculazioni economiche, il disegno autoritario, le imposizioni, le violazioni della privacy e la mercificazione degli utenti messa a punto da Facebook.

Nell’Acquario di Facebook è scaricabile e leggibile e acquistabile online da QUI. Vi dice cosa sia l’anarco/capitalismo, cos’è concretamente facebook, cosa siamo noi quando e se lo usiamo, e così viviamo quest’epoca in cui anche quelle che si definiscono femministe e le comunità glbt, o una parte di essa, vanno chiedendo in giro più telecamere, più possibilità di identificazione della gente, più invasività nel privato di ciascun@, più destra, più fascismo, più regali a chi ci spia e ci reprime, più regali a quello che è il Continuum, un’altra serie televisiva che parla di Shock Economy e di deregulation e di quello che fanno le multinazionali in giro per il mondo quando, come Facebook fa, diventano anarco/capitalisti perché le leggi dei governi gli stanno strette e sono loro che vogliono controllare i governi, le banche, i manutentori del mercato economico, un po’ come il nostro governo adesso che non è stato eletto da nessuno ma è stato piazzato lì dalla Bce, le banche, ed è il governo più anarco capitalista che ci sia.

L’anarco/capitalismo, per capirci, è quella cosa che – per fare una analogia azzardata con una materia che conosciamo più da vicino – potrebbe essere parallela all’anarco/maschilismo, una delle tante  forme di terzoposizionismo revisionista che vengono spacciate da antiautoritarismo, uno dei tanti finti libertarismi (c’è differenza tra libertarie come noi e libertarian*) diffusi tra individui che fingono di non volere regole, come tra quelli che si ribellano contro il presunto moralismo delle femministe per difendere accusati di violenze e per imporre le loro restrizioni morali, le loro imposizioni che parlano ancora oggi di donne che indurrebbero lo stupro con abbigliamento e comportamenti non a “norma”, quelli che denigrano la volontà di autodifesa di donne che si autodeterminano e che vengono definite in vari modi, uomini che vedi con chiarezza quanto spesso sono integralisti antiabortisti, nazisti, neofascisti e fedeli a ideologie repressive che vogliono mandare in carcere le donne e che usano la psichiatria autoritaria per criminalizzarle.

Insomma, tornando a grosse aziende come Facebook, il punto è che si tratta comunque è sempre di strutture – corporations – che vogliono massima libertà di azione svincolati dalle leggi e dalle regole morali e che per  “governare” comunque hanno bisogno di sorvegliare perché non nascono come luoghi di democrazia e di partecipazione dal basso. Dunque ogni spinta di ribellione e di dissenso va sedata.

Forse così vi sarà più chiaro perché su facebook vengono censurate le tette che allattano o le pagine femministe invece che le pagine di fascisti, razzisti e misogini. Ed è palesemente assurdo che esista chi rivolge a facebook la preghiera di esaudire un millimetro di giustizia esattamente come è ridicolo chiedere allo Stato di misurare la propria giustizia condannando a 3 anni e 6 mesi i responsabili della morte di Aldrovandi, a nulla i torturatori di Bolzaneto e gli assassini di Carlo Giuliani, a poco o niente i torturatori della Diaz e a 15 anni di carcere qualche ragazzo per una vetrina rotta.

Chiedere più “sicurezza” e “tutele” a chi ti schiaccia e ti sorveglia, a chi usa questi temi amplificandone la pericolosità per disporre di autorizzazione popolare al piglio autoritario, alimentando un clima complessivo da caccia alle streghe rispetto al quale tu puoi essere solo la vittima o la strega, è essere complici di questa gente, di assassini e torturatori, di speculatori e capitalisti, di pezzi di merda senza fine ai quali della nostra salute fisica e psichica non gliene fotte niente.

Gliene fregasse un minimo avrebbero disposto strumenti e diritti. Strumenti a garanzia della nostra capacità di autodifesa e diritti, di lavoro, vita, respiro, battito cardiaco, perché ora, sapete, ci contano anche i battiti, e tutti lì, scemi, ma dai, contaci i battiti e vienici vicino e stacci fin dentro le mutande perché io ho bisogno di uno Stato che moralizzi le mie scelte e le sorvegli e che moralizzi la mia sessualità e poi contempli l’opera con noi tutte quante e tutti quanti assieme al via a fare “bacio”, attente, non troppa lingua, perché altrimenti il mondo si dispiace e poi, alza la coscia, non troppa, perché i cattolici si turbano e i cattolici sono azionisti tanto quanto delle multinazionali.

Di fondo si, certo, se ho una telecamera sul culo possibile che io riesca a vedere di quanti centimetri sia la mia merda o quella di chi ha cagato prima di me, ma dalle mie parti mi hanno insegnato che è necessaria la vita di comunità. Non la “famigghia” in senso di mafiosità perenne, ma proprio di comunità, che è anche l’antimafia, la resistenza partigiana, dove ciascun@ si assume la responsabilità per tutti e tutte e dunque come reazione all’omertà se io vedo che lui è una merda te lo dico e si va insieme a resistergli, in piazza, da sole/i, cosa che facevamo quando i marescialli proteggevano i latitanti della mafia, quando, allora come ora, le vittime erano perseguitate e subivano la repressione e i carnefici facevano la bella vita.

Mi hanno insegnato che conta il senso di responsabilità collettiva e non la delega e l’affidarsi a gente che poi ti impicca alla prima occasione. Affidarsi, dalle mie parti, per chiedere protezione, equivale a pagare il pizzo agli estortori. Quelli che inducono bisogni ed emergenze, che se non hai problemi ti dicono che potrebbe incendiarsi il tuo locale dopo che a dartici fuoco sono loro. Quelli che di te se ne fottono e che quando hai uno sfratto esecutivo, un pagamento di qualcosa che non puoi pagare, la povertà che ti affligge, i bisogni gravi, ti massacrano e lo vedi lì quali sono gli interessi che tutelano. Quelli dei ricchi e non i tuoi.

Più sorveglianza? Per cosa? Io so difendermi da sola. E per quanto sappia che siamo nell’epoca della società dell’immagine comunque non accetto questa imposizione culturale autoritaria che mi strangola dalla mattina alla sera. Facciamo festa, prego, smettiamola di supportare questa politica della “paura” che tiene sotto scacco tutti quanti, e andiamo avanti, insomma, si, andiamo avanti, per evitare di crepare esalando l’ultimo respiro davanti ad una telecamera…

Posted in Anticlero/Antifa, Critica femminista, FaceAss, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze.