Skip to content


Shock PariOpportunity: l’emergenza come occasione per imporre autoritarismi!

Oggi Lorella Zanardo scrive come secondo lei è andata la faccenda dell’appello sul femminicidio. Quello che lei dice è abbastanza chiaro e non sto qui a commentarlo, ma, pur rinnovandole la mia stima, continuo a dubitare che il gioco sia valso la candela, che valga la pena regalare contenuti a Snoq affinché Snoq ci metta il suo bel marchio sopra e li usi per trarne visibilità.

Per quello che mi riguarda non vale la pena ragionare di un sentire comune di tipo emozionale che indurrebbe a produrre un comunicato che in tante e tanti hanno criticato, pur sottoscrivendolo alcuni/e e prendendone, come abbiamo fatto noi, duramente le distanze in altri casi.

E’ proprio la spinta dell’emergenza che induce chi specula sul dolore e sull’emozione a fare cose orribili. Come è stato per le privatizzazioni e le speculazioni a seguito del terremoto in abruzzo, per esempio, e basterebbe leggere shock economy di naomy klein per capire come funziona quel meccanismo.

Nel nostro caso, in Italia, possiamo parlare di Shock Paraculy (trovate una dicitura che equivale e la cambio) e sto parlando di quella spinta autoritaria che non vede l’ora di sfruttare quel particolare stato emozionale che produce tutto quello che è successo nei giorni scorsi.

Lorella ha descritto quelle che per lei sono le positività e io argomento le mie critiche.

Ciò che di negativo è accaduto (a parte la vampirizzazione dei contenuti e l’invisibilizzazione di chi li produce):

Alcune cose sono scritte qui, qui e qui.

Visibilità per Snoq (gratis) con diffusione di contenuti non condivisi che hanno ancora una volta fatto ritenere che oltre Snoq ci sia il nulla.

Questa cosa, contrariamente a ciò che pensa mediocremente la Terragni non è un fatto di “invidia” (modalità di critica politica alla gne gne) ma riguarda proprio il concetto di spazio pubblico, partecipazione e rappresentanza.

In rete esistono fior di donne e uomini, noi inclusi/e che si fanno un culo così per autorappresentarsi e produrre rivendicazioni DIVERSE e vedersi invisibilizzare o meglio vedere che per l’universo mondo l’unico movimento e le uniche istanze che pare esistano siano quelle – di un presunto movimento che non rappresenta altri che se stesso – di Snoq è grave.

Le nostre posizioni politiche non sono quelle di Snoq. La nostra collocazione sociale non è affine. Noi non parliamo e non facciamo patti/digenere con le fasciste. Noi non ci sentiamo unite/i nel dolore e sull’onda dell’emergenza a quelle che sputano sulla nostra precarietà, invocano interventi autoritari sulle piazze quando andiamo a lottare per i nostri diritti e quelle che come unico risultano producono una legittimazione di donne di destra che useranno il termine “femminicidio” non per cambiare la cultura del nostro paese e per prevenire delitti ma per invocare leggi più dure che restringeranno ancora di più le libertà di tutte e tutti.

Se c’è una cosa che il web ha reso evidente è il fatto che le rappresentanze sono fatte del nulla, sono costruzioni mediatiche perché la gente e le donne hanno voce e si autorappresentano e dunque ogni furto di rappresentanza è un furto di democrazia. E’ violenza sulle donne pure quella, si.

Ed è con queste premesse che si immagina di voler costruire altro? Con questo gravissimo difetto di partecipazione che censura la voce di tante e tanti in nome di un interesse presunto superiore?

Davvero per le donne vittime di violenza cambia qualcosa se diamo a Saviano un altro motivo per consegnarci i suoi sermoni? Che giovamento ne trarranno le donne vittime di violenza?

Altri risultati negativi:

la disinformazione. Come più volte scritto la cifra è SBAGLIATA. Il conto tenuto dal blog Bollettino di Guerra è chiaramente riferito a donne, uomini, bambini vittime di violenza quando quella violenza coinvolge le donne. Bollettino di Guerra conta anche le vittime trasversali, i nuovi partner, i figli, quelli che ci vanno di mezzo, cadaveri degni di nota pure quelli nell’analisi di tutto ciò che si compone di reazioni di un ex partner contro la moglie, la fidanzata o chi per lei. Inoltre – altra cosa grave – se perfino il Corriere non aveva capito che Femminicidio non significa delitto che colpisce una femmina a tal punto che Barbara Spinelli ha dovuto spiegarglielo, come speriamo che questo sia stato compreso da altre persone e da tutti/e i/le firmatari/e? E che l’appello non sia servito a nulla lo dicono le Dumbles con una puntuale analisi della maniera in cui è stata trattata la notizia inerente l’ultimo delitto, il numero #56.

la legittimazione di personaggi – spesso di destra ma non solo – che emanano provvedimenti (o li supportano) che ledono fortemente la libertà di scelta delle donne. Cosa ci fa tra le firme quella di chi si oppone alla contraccezione, alla ru486, alla 194?

Circa l’impatto culturale, nullo, a parte il fatto che l’emergenza è stata immediatamente rivestita di abiti fatti di stupri commessi da stranieri tutti oculatamente telediffusi per fare campagna elettorale battendo ancora sul tasto della “sicurezza”, mi è bastato ieri vedere un pezzo della trasmissione di canale cinque con barbara d’urso in cui mi è toccato dare ragione a uno come paolo liguori che pareva l’unico ad avere la testa sulle spalle mentre la d’urso legittimava i toni da linciaggio (pena di morte e legge del taglione) contro l’assassino di Vanessa.

La deriva di questo paese è autoritaria. Se non si capisce in quale contesto si agisce e non ci si assume la responsabilità delle conseguenze che ogni cosa che facciamo produce finiremo per fare fiaccolate assieme a quelli/e che invocheranno la salvezza per gli assassini e io sarò tra loro con la fiaccola in mano.

Elisabeth Badinter nel suo libro “La Strada degli errori” (ed. Feltrinelli) parla del fatto che ad un certo punto il femminismo americano, quello conosciuto come femminismo radicale che di radicale ha solo la tentazione autoritaria, è diventato moralista, censorio, fascista, per l’appunto autoritario, nella maniera di trattare la violenza sulle donne.

Se l’è presa con il porno, per esempio, invece che incanalare la critica nel post porno, se l’è presa con le prostitute in un atteggiamento moralista da fare nausea, se l’è presa con le leggi che si presumevano blande e ha prodotto delle autentiche mostruosità che a parte la pena di morte contemplano la castrazione chimica, i braccialetti elettronici e il registro pubblico dei sex offenders. Tutte scelte incivili che nel nostro sistema, sedicente garantista, non dovrebbero stare.

Quando la Badinter traccia l’identikit delle femministe separatiste e giustizialiste, quelle nazionaliste che tengono tutte unite in nome di una emergenza e che riescono perfino a omettere dati sulle statistiche per acuire quel senso di emergenza (lo dice la Badinter e non gli antifemministi) e invocare così leggi più dure o canalizzare finanziamenti in alcune direzioni invece che in altre, quelle che stanno moralizzando la sessualità di tutti/e nascondendosi dietro l’alibi della lotta contro la violenza sulle donne, a me pare che a questo punto ben descriva alcune delle donne di destra (incluse quelle del Pd) sedicenti femministe (che femministe non sono e che il femminismo lucido, antiautoritario e libertario lo temono e lo denigrano tacciandoci di estremismo e perfino di tentazioni eversive) che in Italia, con venti anni di ritardo, stanno andando esattamente nella stessa direzione.

Sono le stesse che risolvono la questione della violenza sulle donne proponendo infinite immagini di donne con gli occhi pesti, per fare in modo che le donne appaiano come vittime bisognose di tutela (la tutela dello Stato che quei corpi di donna li possiede per regolare nascite, sessualità, vita, morte, eccetera) invece che come persone, soggetti senzienti che hanno si bisogno di strumenti che poi sapranno autogestire, innanzitutto lavoro, reddito, casa, cose concrete e non soldi spesi a rinforzare strutture poliziesche o intere sezioni di giustizia che intervengono sempre dopo e che quando ti trovano in piazza a manifestare ti pestano a sangue.

Sono le stesse che si indignano per l’ultimo femminicidio e poi partecipano allo show tv per raccontare una donna materna, con obbligo di cura, intrappolandoci in ruoli e in quel pensiero reazionario fatto di “natura” che è la radice di tante discriminazioni. Così come parlano in pubblico di una donna piccola, quasi bambina, che ha bisogno dell’intervento altrui, di un tutore perenne (padre, marito, militare, stato) di una persona non in grado di intendere e volere al posto della quale chiunque può decidere e parlare e dire.

Sono le stesse che sdegnate rifiutano di immaginare un mondo in cui gli uomini abbiano un ruolo diverso da quello che loro vorrebbero attribuirgli, ché non ci parlano, pare, e se ci parlano è per dire, come si scrive nell’ultimo libro di Marina Terragni, che sono tutti un po’ delle merde e che vanno presi e sostituiti in blocco dalle varie ministre Fornero e Severino che in quanto donne avrebbero davvero fatto la differenza. Si, come no.

E sono le stesse – patriottiche, fasciste e nazionaliste – che sono felici di avvolgersi nel tricolore, per dirla alla Terragni, tante belle Snoq a festeggiare il centocinquantesimo anno dell’unità di italia.

Tornando a quanto si diceva all’inizio: Zanardo parla di alcuni suoi obiettivi.

Corsi di educazione alla relazione nelle scuole
Gruppi di aiuto ai processi per stupro
Corsi di uso di linguaggio women friendly per giornalisti
Fondi per le Case delle Donne Maltrattate

Io rilancio. Serve lavoro e casa. Per tutti/e, donne vittime di violenza incluse. Perché l’indipendenza economica risolve tanti conflitti. Prima si smette di relegare le donne nei ruoli di cura e di delegare agli uomini il loro mantenimento e meglio è. Prima ci si decide a ragionare su ammortizzatori sociali, quali il reddito di esistenza, minimo garantito, e meglio è. Lo Stato deve restituire quello che diamo con le tasse e che certamente non è destinato all’acquisto di armi per fare guerre di merda al servizio di multinazionali di merda.

Servono corsi di educazione sessuale consapevole e consensuale. Serve stare accanto alle famiglie, come a quella di Stefania Noce attualmente sola ad affrontare un processo contro l’assassino della figlia, del nonno e il ferimento della nonna, nei processi.

Serve una Guida per i giornalisti che parlano di violenza sulle donne ed è quella alla quale stiamo lavorando. Servono più rifugi per donne maltrattate nei territori. Più luoghi che diano alle donne vittime di violenza gli strumenti per ricostruire la propria esistenza senza delegare nulla a nessuno. Ma ciò che serve più di tutto è davvero smettere di usare la violenza sulle donne per realizzare leggi autoritarie, contro gli immigrati, contro tutti gli uomini in generale, contro le donne stesse, contro chiunque. Bisogna smettere di insistere sul piano della moralizzazione/sorveglianza/lesione della privacy/repressione perché è INUTILE e perché la repressione aggrava il fenomeno invece che risolverlo.

Serve un Osservatorio sul fenomeno gestito in network giacché non è possibile che il contatore di Bollettino di Guerra sia improvvisamente diventato il conteggio ufficiale senza che si siano neppure premurati/e a verificare se in quel conto fossero compresi anche uomini e bambini e senza che nessun@ a parte noi si sia posto il fatto che mancano le Statistiche reali. Un osservatorio sul fenomeno implica una discussione su cosa sia il fenomeno e anche sul perché figli/uomini/passanti  siano da considerarsi pari merito alle vittime principali di quella violenza, per esempio.

Inoltre: la prevenzione è essenziale, comprendere i complessi meccanismi che producono violenza, la mentalità, e poi dare una risposta culturale che eviti di mettere tutti gli uomini spalle al muro pronti per la fucilazione perché questo vittimizzare le donne e colpevolizzare tutti gli uomini NON CI AIUTA ma è funzionale alla realizzazione di uno stato autoritario. Sulla nostra pelle. Contro di noi e non con noi. Serve ragionare di diritti, smettere di pensare come pensa una donna fascista, qualunque leghista di passaggio, bisogna sollecitare una presa di parola delle vittime, anche quelle che vogliono autogestire la propria idea di giustizia, non consegnare delega, esprimere indipendenza invece che restare passive ad aspettare che entità superiori risolvano il proprio dolore.

C’è tanto di più sano in una mamma che dichiara di non voler delegare il proprio senso di giustizia che in una barbara d’urso populista, nazionalista, che richiama l’attenzione di una politicante che poi propone leggi che legittimano e autorizzano il far west quando a realizzarlo sono gli stessi giudici o le forze cosiddette dell’ordine.

Quello che voglio dire è che l’emozione non è un buon metro di misura e che se dall’esterno possiamo riflettere e analizzare poi però dobbiamo restare a bocce ferme e produrre ragionamenti equilibrati. Informazione, analisi, lotta dal basso, un Movimento di Lotta contro la Violenza sulle Donne che metta in rete le realtà non istituzionali, innanzitutto, ovvero quelle che non vanno a prestare il fianco ai partiti, ai Bersani, alle Polverini, alle Perini e via così. Basta bandiere tricolore, nazionalismi, lessico delle donne fasciste. Parliamo di noi. Dobbiamo capire dove posizioniamo il nostro agire politico. Questo è il momento.

Posted in Comunicazione, Corpi/Poteri, Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio, Scritti critici.


3 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. Mancina says

    Condivido! analisi e critiche chiare e senza ipocrisie.
    Da diffondere 🙂
    I

  2. Chiara says

    Ciao a tutt*. L’analisi e’ bella e la condivido. Come femminista in Inghilterra, da poco felice di essere nella vostra lista, vorrei fare presente a chi ha scritto l’articolo che la Badinter e’ stata molto criticata qua da noi e secondo me giustamente. Le sue posizioni sono pericolosamente neo-liberiste, tesse gli elogi di femministe bianche accademiche di destra americane e attacca Mac Kinnon e Dwornik che invece sono di sinistra, si puo anche non essere d’accordo su alcune delle loro posizioni, ma certo non erano delle neo-fasciste come invece per esempio la Mac Elroy che e’ liberal. La e’ più’ dalla parte del femminismo liberale neocon che si oppone a quello di sinistra a cui io e il mio gruppo apparteniamo. Non condivido per niente la sua analisi tra l’altro con un’enfasi intollerabile sulla criminalizzazione del maschio (leggi bianco occidentale straight) non credo che un certo john (cliente di prostitute) abbia bisogno della difesa della Bandinter. Per la discussione posto un articolo che secondo me e’ interessante, cita il libro di Susan Faludi ‘Blacklash’, la Badinger secondo l’autore fa il gioco dei media sessisti con le sue argomentazioni ( più’ interessante invece era il suo discorso sul materno, quello in molte cose condivisibile). Tra l’altro il suo discorso non e’ applicabile alla situazione italiana, semmai invece e’ interessante l’analisi di Valeria Ottonelli sul femminismo moralista per esempio della De Gregorio e il suo ‘agghiacciante’ appello del 13 febbraio contro le ‘donnacce’ (giustamente Muraro ha deciso di non partecipare) . Ma Lorella Zandardo con cui sono felice di collaborare e’ fatta di un’altra pasta e chi eventualmente non l’avesse capito prenderebbe un grosso granchio. Al feminist blog camp avremo modo di confrontarci, il dialogo su questi temi e’ sempre emozionante, io ci saro’.
    http://sisyphe.org/spip.php?article720

  3. Elisabetta says

    Grazie a tutt* voi per l’accuratezza e la puntualità delle riflessioni, pienamente condivisibili.