Per ciò che vediamo da chi quanto meno lo rappresenta nel web parrebbe essere un movimento interclassista, trasversale a varie forze politiche, molto orientato a destra quantomeno sulle soluzioni.
Supportato da un’area sedicente libertaria in realtà sul web la parte che lo sostiene, quella più visibile, sembrerebbe essere di destra e raggruppa soggetti che prendono a pretesto la questione dei padri separati per imporre le proprie ideologie contro le donne, le lesbiche, le femministe.
La propaganda che hanno scelto è pensata in modo tale da alimentare un conflitto di genere abbattendo ogni possibilità di declinare invece un conflitto di classe.
Esistono, ne siamo certe, padri separati con molti problemi, soprattutto in ordine al reddito, che si sono affidati o ritengono di volersi affidare a persone che in realtà offrono soluzioni in pacchetto ideologico. O così o niente. Se non concordi con le LORO soluzioni, a prescindere dal fatto che tu riconosca il problema, allora dicono che sei “contro i padri”.
Da sempre questa è stata la loro impostazione. Ideologica. Dogmatica. Da integralisti catto/fascisti quali sono hanno imposto che non debba esistere alcuna mediazione sociale per arrivare ad una soluzione certa e che non determini ulteriori conflitti. Sto parlando di chi finge di occuparsi del problema soprattutto sul web.
Quando il padre separato li legge o arriva da loro con i suoi problemi e la sua disperazione gli propinano un abbecedario del perfetto padre separato da leggere per cui il padre separato doc dovrebbe essere contro le donne, le lesbiche, le femministe, contro l’aborto, l’autodeterminazione femminile (e delle persone in generale) in qualche caso perfino contro gli stranieri o chi professa religioni diverse da quella cattolica.
Sono catto/fascisti che strumentalizzano i padri separati e il loro dolore e li usano come mezzi per veicolare il loro odio contro donne, lesbiche, femministe. Sono antiabortisti. Impongono soluzioni assistenzialiste e autoritarie. A fronte della nostra disponibilità a parlare nel merito dei problemi per ragionare delle soluzioni ci dichiarano guerra e trovano pretesti per continuare la loro crociata contro di noi e contro quella area sociale che vogliono estromettere per pregiudizio politico e di genere. In realtà a loro non interessa che i padri risolvano i loro problemi. Interessa realizzare sulla pelle dei padri uno status sociale e/o professionale attraverso il quale poter continuare a diffondere le loro teorie.
Cari padri separati è a voi che rivolgo questi post perché riconosco il vostro problema come reale.
Mi rivolgo ai padri separati – e certamente ce ne saranno – che sono di sinistra e che per disperazione si sono affidati a persone fasciste che non li rappresentano adeguatamente.
Non so, ma non mi risulta, se esiste o meno un sindacato, una organizzazione di padri separati di sinistra. Ad ogni modo ecco alcuni punti per orientare la discussione nel merito delle soluzioni ai vostri problemi.
1) Chi gestisce la comunicazione che parla di voi usa un lessico che criminalizza tutte le donne e le femministe. Il loro lessico e il loro linguaggio, in special modo di quelli, incattiviti, che insultano e calunniano via web tante donne, ha allontanato me, ma non solo me, per esempio, per tanti anni dalla comprensione del vostro problema. Perché a loro non interessa che il vostro problema si capisca. A loro interessa usarvi, usare i vostri drammi, per veicolare la loro ideologia autoritaria, sessista, lesbofoba, fascista.
– Ciò che manca è una comunicazione semplice, chiara, che arrivi a tutte le persone sensibili ai temi sociali, noi incluse, e che cerchi punti di incontro e non di rottura. Se la comunicazione esistente istiga soltanto punti di rottura chiedetevi il perché e chiedetevi se questo giova alla soluzione dei vostri problemi.
[Faccio una parentesi per tentare io di sintetizzare i problemi di cui sono a conoscenza (suggeritene altri se ne ho dimenticati): 2) i padri non vogliono essere estromessi dal ruolo genitoriale; 3) i padri hanno un problema economico a fronte del mantenimento che non riescono a sostenere e della perdita della casa; 4) i padri si sentono minacciati da leggi autoritarie; 5) i padri non tollerano che i loro figli diventino degli estranei]
2) I padri non devono essere estromessi dal ruolo genitoriale. Affinché questo accada è certamente necessario che la figura del padre assuma un maggiore appeal, ma questo non implica la devastante opera di demonizzazione che viene fatta per far perdere prestigio sociale alle madri. Vedete che quello è l’unico modo che conoscono i fascisti che fingono di rappresentarvi ma in realtà istigano un conflitto di genere che non avrà termine. Costoro infatti non vogliono abbia maggiore consenso la figura del padre comunque voi in senso autodeterminato vogliate vivere quel ruolo. Loro vogliono, attraverso voi, ritagliare consenso per un padre antico, anacronistico, autoritario, fascista. Perché quel genere di padre abbia spazio è necessario ripristinare la patria potestà (come chiedono nel ddl. 957), il potere familiare consegnato al padre in senso assoluto. E’ necessario anche costruire una cultura in cui la donna torni ad essere sottomessa. Insomma non sanno andare avanti se non riportandovi indietro.
– Per creare consenso nei confronti dei padri basta che voi parliate del ruolo che intendete sostenere. Qualunque esso sia.
– Per esigere uno spazio sociale nei confronti dei padri è necessario certo che si rivendichi una redistribuzione dei ruoli di cura nella società. E’ necessario che la figura della mamma smetta di essere ammantata di santità. Non serve trasformarla in demonio. Basta solo lasciare la voce alle mamme che vogliono essere semplicemente umane e dunque imperfette. Umane, con necessità di spazio e tempo per se’, senza sensi di colpa che vengono puntualmente trasmessi da catto/fascisti che sul ruolo della madre imbastiscono una retorica che noi tentiamo di smontare, decostruire, analizzare e sovvertire pezzo per pezzo.
Noi siamo ben felici che i padri stiano con i figli. Io sono dell’idea che sarebbe necessario esigere la possibilità del congedo parentale, non obbligatorio, per i padri. Questo è quello che le femministe hanno sempre voluto. Che i ruoli di cura siano vissuti da ogni componente della famiglia e non solo dalle donne. E bisogna che siate consapevoli che la parte a destra che dice di promuovere il vostro ruolo invece che liberare le madri affinché si affranchino dal dovere sociale di realizzarsi esclusivamente nella maternità le obbliga ad una maggiore schiavitù perché partecipa pienamente alla costruzione di quella retorica che le mamme le vuole sottomesse, angeli del focolare, salvo quando si separano e dunque diventano improvvisamente demoni. La questione si risolve certo tentando di sovvertire la mentalità corrente, è innanzitutto un problema di ordine culturale, ma quello che i vostri presunti supporters di destra stanno proponendo non farà che farvi tornare indietro. Non risolverà alcunché. Non sovverte. Ripristina. Vuole rendervi interpreti di una nuova forma di restaurazione sociale in cui gli uomini dovrebbero tenere il guinzaglio in famiglia. E noi siamo certe che voi, forse, vorreste altro. Ci piacerebbe conoscere la vostra voce e sentire parlare voi invece che ascoltare copioni prefabbricati di chi in vostro nome stabilisce “soluzioni” che non vi rappresentano.
3) La povertà dei padri e delle persone che si separano è un problema reale. Quello che non torna è che persone ricche, quelle di destra, parlino di voi e dei vostri problemi fingendo di interessarsene. Come quando un ricco borghese si serve dei problemi dei proletari/minatori per tentare di ottenere qualche privilegio per se’. Le soluzioni fin qui poste: il mantenimento diretto, assistenzialismo presso enti religiosi che ricevono fondi pubblici per occuparsene, edilizia pubblica unicamente fornita ai padri separati.
– Io so per certo che le femministe, tante donne che conosco, sono soggetti autodeterminati, che vogliono lavorare, non chiedono alcuna forma di assistenzialismo, non vogliono dipendere economicamente, non vogliono elemosine e non chiedono tutele. Le femministe vogliono lavoro per tutti, reddito minimo di esistenza, vogliono strumenti per poter determinare la propria vita. Diritti e non favori. Diritti. Senza fomentare divisioni di genere o di etnia. Tenendo conto del conflitto di classe.
– Dov’è dunque la vostra autodeterminazione? Davvero siete felici all’idea che enti religiosi ricevano soldi pubblici per farvi l’elemosina? O che organizzazioni di non so che natura ricevano soldi per gestire abitazioni, un bene che dovrebbe essere comune e non privato, per qualcun@ di voi? Ma poi, in realtà, al di là degli spot televisivi, quanti ne hanno usufruito? E sono una soluzione reale? Dov’è la prospettiva di sinistra in questo genere di soluzioni? La capacità di autogestirsi, di autorganizzazione, di occupare uno stabile inutilizzato e farne un centro creativo e magari un luogo abitativo e di lavoro, di autodeterminare una soluzione senza aspettarsi “favori”, dunque “clientele” da politici di destra? E poi: perché chi dice di occuparsi del vostro problema economico si oppone alle lotte autodeterminate delle donne che non vogliono essere dipendenti da nessuno e che vogliono lavorare? Perché vi indicano giusto le femministe come nemico che sono da sempre quelle che più di altre esigono autonomia economica per se’? Perché per loro forse è necessario ribadire che questa, pensate un po’, sia una non verità se non per tenere in piedi una ideologia che vi incastra in speculazioni ideologiche che non vi riguardano. Non vi pare?
– Le nostre soluzioni nell’immediato: non vogliamo alcun mantenimento e non vogliamo neppure che il welfare poggi unicamente sul lavoro di cura delle donne. Questa battaglia va fatta insieme. Chi realizza il welfare esige che le donne dipendano dagli uomini perché a voi fa pagare il lavoro gratuito (di cura) che le donne svolgono e che è fondamentale per la salute pubblica dello Stato. Noi vogliamo sottrarci a quell’obbligo e non vogliamo dipendere da nessuno. Voi non volete avere la responsabilità di mantenere le donne. Dunque il lavoro per tutti, donne incluse, è una richiesta da fare con forza. Se la tua ex moglie lavora tu non la devi mantenere. E per i figli il mantenimento diretto va benissimo. Per chi non ha lavoro bisogna esigere il reddito minimo, per tutti/e. Anche la casa è un diritto e lo Stato deve provvedere a dare una mano a tutte le persone che ne hanno bisogno e non si può in questo senso privilegiare un genere, una categoria sociale, una etnia. Serve capacità di autorganizzazione. Come oramai fanno tutti. Prendere casa comune con altre persone, per esempio. E nel caso in cui una casa di proprietà viene assegnata in base all’affido bisogna esigere che nessuno dei due coniugi resti in mezzo alla strada. Si venda l’immobile o si assegni sulla base della necessità prevalente ove questo significhi che l’altro coniuge sa comunque per certo dove andrà a vivere.
Lasciatemi dire che l’immagine del povero reietto che fa la fila alla Caritas è una vittimizzazione comprensibile in una campagna di comunicazione democristiana o comunque di destra ma non rende assolutamente merito alla dignità di chi si sveglia ogni mattina, ricomincia da capo, e tenta di ricostruire la propria vita dopo che un tornado l’ha completamente distrutta. Alimentare il vittimismo crea rabbia, rancore, istiga odio, e non costruisce sicurezza e autostima nei soggetti. Noi questo lo sappiamo bene perché lo viviamo sulla nostra pelle quando ci occupiamo di violenza sulle donne e ci comportiamo di conseguenza. La sicurezza e l’autostima dei soggetti la realizzi quando li sottrai al ruolo di vittime bisognose di tutela di cui lo Stato ha bisogno per legittimare il proprio autoritarismo e la propria invadenza nella nostra sfera privata e li rendi consapevoli del fatto che sono perfettamente in grado di riorganizzare la propria vita in senso costruttivo. Servono strumenti e non favori. Servono strutture e servizi pubblici e non finanziamenti pubblici dirottati su enti privati. Servono diritti e non clientela. Serve far vedere quanto questi uomini sono in gamba mentre rimettono in sesto le proprie vite e non quanto sono piegati alla mercè di chiunque voglia sfruttare il loro dolore.
4) A proposito dei padri che si sentono minacciati da leggi autoritarie. L’autoritarismo è proprio di quello Stato che interviene nelle relazioni private, nella dimensione personale, sessuale, familiare, stabilendo norme entro le quali limitare i comportamenti. Più sono restrittive le leggi e più è autoritario uno Stato. Una visione libertaria della gestione della società implica una minore ingerenza dello Stato e delle Istituzioni forti nelle relazioni private. Lo Stato autoritario è quello che usa i servizi sociali per togliere i figli alle famiglie povere, alle mamme sole, ai padri che non godono di un grande prestigio sociale. Gli ci vuole poco ad uno Stato autoritario per intervenire ed estromettere gli individui dall’area dei diritti. In questo contesto cosa succede ai padri? Sono per cultura, talvolta per volontà propria, spesso per organizzazione del welfare, obbligati a fare da testimoni della crescita dei figli con il portafoglio in mano e il ruolo di cura delegato alle madri.
Premessa: Fino ai primi anni ’80 il padre era però il capo famiglia, aveva il potere dello ius corrigendi, la capacità economica e di mantenimento gli dava il diritto di gestione della vita di ogni membro della famiglia. La famiglia stessa veniva concepita come un nucleo sociale a costruzione autoritaria dove non c’era democraticità di gestione e i ruoli erano ben definiti. La riforma del diritto di famiglia alleviò quella stortura e con il divorzio la famiglia assunse una dimensione in cui i singoli individui avevano valore e agli uomini non fu più delegato il potere di vita o di morte dei membri della sua famiglia (con il delitto d’onore). Non si riuscì tuttavia a ottenere quanto necessario a ribadire l’autonomia degli individui. La componente cattolica e fascista del parlamento rese il divorzio complicatissimo da gestire, pieno di lungaggini e sostanzialmente privo di accorgimenti che ristabilizzero i ruoli in modo adeguato ed equo dopo la separazione. Questo lo si deve proprio a quella componente politica conservatrice che esigeva che il divorzio fosse un percorso ad ostacoli e che in realtà era incapace di ripensare una riorganizzazione sociale che non presupponesse che le donne svolgessero ruoli di cura e gli uomini compiti di mantenimento anche dopo la separazione. Piuttosto che ripensare immediatamente a dispositivi e ammortizzatori sociali, reddito minimo o accesso al lavoro, per gli ex coniugi in difficoltà hanno preferito conservare lo status di dipendenza economica delle donne e di responsabilità degli uomini lasciando che tutto si risolvesse in una guerra tra poveri.
Non esiste allo stato attuale un cambiamento né culturale né economico che modifichi questa assegnazione di ruoli. Quello che sta facendo chi promuove le proposte di legge in favore dell’affido condiviso è di forzare in direzione del disimpegno economico da parte degli ex mariti senza però cambiare alcunché per favorire l’accesso al lavoro retribuito delle donne distogliendole dal lavoro di cura, senza dunque fare alcun passo avanti dal punto di vista culturale, anzi lasciando aperta una contraddizione enorme: si esige che lo Stato intervenga a favorire l’indipendenza economica dell’ex coniuge compromettendo in modo autoritario l’autonomia della donna. Vale a dire che si torna alla logica che era propria della legislazione pre anni ’80 quando lui puniva e ripudiava lei se era adultera o se intendeva lasciarlo.
Si sta promuovendo perciò una legge che costituisce un precedente enorme che incrina l’autodeterminazione dei soggetti. Una legge che autorizza i giudici a stabilire l’obbligo di affido condiviso e di mediazione familiare anche quando non c’è nulla da mediare, anche in caso di violenza domestica acclarata. Una legge che autorizza i giudici addirittura a diagnosticare, loro e non i medici, una malattia falsa, che vive solo dentro i tribunali giacché non esiste negli albi medici di tutto il mondo, parlo della Pas, la cosiddetta sindrome della alienazione genitoriale, per realizzare una psichiatrizzazione coatta, in linea con la deriva autoritaria attuale, con una terapia detta della “minaccia”, la deprogrammazione e riprogrammazione del bambino (sono i termini usati), e tutto ciò fa accapponare la pelle perché evoca altre epoche in cui i manicomi e la psichiatria autoritaria venivano usati per rimuovere conflitti sociali senza risolverli. Una legge che autorizza i giudici a obbligare uno dei due coniugi a scegliere tra il proprio figlio e il lavoro, addirittura tra il proprio figlio e una nuova relazione. E non sto discutendo nel merito delle questioni ma del fatto che autorizzare i giudici a intervenire nella sfera privata delle persone, addirittura a tal punto da lasciarli decidere sul fatto che tu possa più o meno lavorare, amare qualcun altro, è un fatto che contrassegna questa proposta come assolutamente autoritaria.
Non c’è nulla di libertario nell’esigere punizioni prodotte da un pregiudizio di genere contro le donne o nell’esigere l’uso della psichiatria autoritaria. E’ quanto di più autoritario possa esserci. E muoversi in quell’ambito non farà male solo alle donne ma ai bambini e anche agli uomini perché fare entrare lo Stato, i giudici, i servizi sociali, in modo così pervasivo nella dimensione privata di ciascuno li legittimerà a estromettere chi gli pare e piace, non necessariamente donne. L’autoritarismo è pericoloso di per se’, lo sapevano bene coloro i quali hanno pensato alla Costituzione con la realizzazione di tanti organi di garanzia e nessun potere accentrato in un luogo particolare, perché i soggetti dovrebbero invocare maggiore autonomia decisionale invece che delegare ai giudici così tanto potere e il compito di restringere le libertà degli individui.
In questo quadro di insieme, dove soggetti di destra, a vostro nome, chiedono, anzi impongono nella loro proposta di legge, che si obblighi all’affido condiviso sempre, rendendo i giudici passivi rispetto alla richiesta di mera esecuzione del diktat legislativo, per definire una discrezionalità, nel caso in cui si presentassero dei problemi, saranno obbligati a esercitare una maggiore autorità per individuare motivi assolutamente indiscutibili di esclusione dall’affido.
Vale a dire che autoritarismo chiama altro autoritarismo, è un cane che si morde la coda. Se un giudice ritiene di tenere lontano dal figlio un genitore perché beve (sto ipotizzando) e ha maltrattato la madre e la legge gli impone di concedergli l’affido, questo innescherà un meccanismo che esporrà la donna alla violenza, la obbligherà a fare un’altra denuncia e poi un’altra ancora per tentare di ottenere tutela, il giudice riconoscerà delle aggravanti per le recidive e quell’uomo che in origine poteva si e no fare solo qualche mese di obbligo di distanza dal domicilio familiare finirà in galera nel giro di niente. E non serve neppure sminuire i problemi che possono derivare da un conflitto tra gli ex coniugi perché il giudice è obbligato per legge a tutelare la parte debole e se per farlo dovrà commutare una pena grave lo farà rovinando la vita a un uomo che poteva soltanto rassegnarsi alla fine della relazione, riorganizzare la sua vita, recuperare equilibrio esigendo semmai un sostegno psicologico ed economico, e poi tornare a viversi la propria genitorialità senza problemi.
Mi viene detto che lo Stato è già strutturato in senso autoritario e che favorisce le donne/madri. Che io ne sia certa o meno, giacché mi muovo in senso garantista, direi che il punto dirimente della questione sta sempre in ciò che si intende per violenza. A me dà molto fastidio che debba essere lo Stato a intervenire per tutelare le donne togliendogli di torno l’ex marito violento. Mi piacerebbe che le persone fossero dotate di più equilibrio e capacità di autodeterminazione e automoderazione. Ma così non è e dunque giacché da una parte si chiede l’obbligo – autoritario – di affido condiviso anche in caso di violenza domestica diventa dunque necessario, particolarismo per particolarismo, esigere che sia inserito un passaggio in cui si dica chiaramente che un genitore violento non ha diritto all’affido. Non perché lui/lei sia moralmente inferiore ma solo per preservare la vita delle persone più fragili, delle vittime. Esporre ex coniugi e bambini a persone violente è il modo più semplice per ottenere cadaveri. Di questo siamo certe. E siamo certe anche che non sia utile esporre un intero nucleo familiare alla fragilità di chi può fare male ad altri/e e a se stess@.
In generale, ed è una cosa che chi parla di padri separati da destra non fa, bisognerebbe ragionare su una cultura che rinnovasse la modalità di relazione tra individui. Non si può continuare a istigare odio, a legittimare lo stalking, a coccolare chi ritiene le donne di sua proprietà, a procedere in una restaurazione ed un rafforzamento della cultura patriarcale (backlash gender), per vedersi realizzati dei rapporti di forza tra donne e uomini che non potranno mai trovare un accordo sereno dopo la separazione.
Una cultura non autoritaria in cui si rivendichi il principio di autodeterminazione non è quella che autorizza ad ammazzare l’ex moglie. E’ piuttosto quella che lascia a lei la libertà di interrompere una relazione, a lui altrettanto e a entrambi la libertà di comportarsi da adulti e di rappresentare un punto di riferimento solido per i propri figli.
5) E in realtà discutendo del quarto punto ho discusso anche del quinto ovvero del fatto che i padri non vogliono diventare degli estranei per i propri figli. Se ci sono madri, ex mogli, che limitano il vostro rapporto con i figli, lo limitano per dispetto, ghiribizzo, laddove non esiste alcuna forma di violenza ma sono esse stesse a compiere un maltrattamento nei confronti dei figli privandoli della possibilità di vedervi e crescere fruendo del vostro affetto e della vostra presenza fisica, quelle donne non sono malate. La Pas è una invenzione di un medico, Richard Gardner, che viveva di consulenze nei processi a difesa di uomini accusati di aver commesso violenza nei confronti di donne e bambini. Non riconosciuta da nessuna organizzazione scientifica la Pas è una costruzione fantasiosa che non fa altro che definire un comportamento sociale rancoroso tipico in una separazione ad opera di entrambi i coniugi e della loro parentela. Un comportamento e non una malattia. Un comportamento che Gardner ha sentito la necessità, per suo pregiudizio di genere, di addebitare solo alle madri. Così attraverso la Pas Gardner adotta – negli anni ’80 e in alcune zone degli Stati Uniti – una soluzione che rimuove il conflitto ma in realtà – come testimoniano numerose organizzazioni di procuratori e avvocati – espone le vittime di violenza poiché fornisce un alibi strumentale a vantaggio di ex coniugi violenti quando i figli non vogliono vederli.
Voi sapete che un bambino che vede un papà che picchia la mamma ha paura di lui e non vorrà vederlo almeno per un po’. Sapete che un bambino picchiato, che è vissuto tra urli e strepiti avrà dei problemi a stare con il genitore che reputa responsabile della violenza e non può esserci nessun giudice o servizio sociale (e si torna alla legittimazione dell’intervento autoritario da parte dello Stato) che decide con chi deve stare quel bambino perché nella maggioranza dei casi – quando non ascolteranno la voce dei bambini o non la riterranno affidabile perché considerati malati di Pas – lo Stato e i servizi sociali si sbaglieranno nel definire la necessità che loro vivano con l’uno o con l’altro coniuge o con nessuno dei due.
Lo Stato e i servizi sociali che si intrufolano nel vostro privato sono entità deleterie e affidare loro tutto questo potere è poco lungimirante e racconta solo di un progetto di società in cui si ritiene che a comandare siano sempre gli stessi, i più forti, i più ricchi. Vincerà chi ha più soldi da spendere in avvocati e perizie e non chi ha ragione. I bambini non vinceranno mai.
Anche in questo caso nello stigmatizzare l’arroganza e la presunzione di certe madri che ritengono solo loro di poter essere il meglio del meglio per i figli decidendo per quanto/come/dove possono frequentare i padri, non vale inasprire le relazioni e demonizzarle. Culturalmente e nella pratica non serve a niente. Bisogna liberarle dall’obbligo sociale di cura che le ha compensate con un misero contentino: il potere/dovere di custodia nei confronti dei figli. Croce/merito. Arma e strumento. Figli che sono amori e ostaggi, per lei, per loro, per le mamme, per i padri.
In tutto ciò non è dunque di sinistra o libertario l’ingerenza dello Stato, figuriamoci della psichiatria autoritaria. Serve solo a produrre più CTU, più perizie, altre carte, altra burocrazia, in una costante restrizione delle libertà personali, dove l’obbligo di visita sarà determinato in modalità ancora più sorvegliate, perché costrette, dove il buon senso soccomberà alla ingerenza di gendarmi che andranno a prelevare i figli insegnando loro che i veri genitori non sono né la mamma né il papà perché entrambi sono figure socialmente adolescenziali che hanno preferito affidarsi allo Stato il quale Stato li ha periziati, derubati della loro autorità e ha fatto anghingò per assegnare loro chi può e chi non può aspirare all’età adulta.
In definitiva chi sta parlando a vostro nome in questo momento sta chiedendo misure autoritarie, psichiatria autoritaria e da chi lamenta la carcerazione preventiva e vuole la depenalizzazione di reati quali lo stalking e la violenza sulle donne arrivano richieste di pene carcerarie dure nei confronti delle donne che non adempirebbero all’obbligo di condivisione dell’affido.
E’ davvero questo che volete? Un impianto così costrittivo?
Non assumere come riferimento questi parametri e queste proposte non significa essere contro i padri, come ho già scritto, ma significa semplicemente che la questione non è un pacchetto chiuso, una religione, un dogma, che o lo prendi così o niente. Bisognerà pur discuterne nel merito e pare strano che la parte di destra che strumentalizza la questione dei padri separati sia stata ed è ancora così intenzionata ad inibire ogni forma di discussione che è necessaria quando si vuole ragionare su un qualunque progresso, se tale è.
Non siamo affatto contro i padri. Anzi. Ma da sempre non ci convincono queste proposte e continuano a non convincerci. Io sono qui disposta a discuterne nel merito. Non sono disposta a discutere dell’impianto ideologico che abbiamo fatto fatica a togliere di mezzo giacché inquinava tutta la discussione non permettendo che ci si capisse nulla. Non sono disposta a misurarmi con chi sa parlare solo per slogan preconcetti tipici della propaganda di destra. Voglio parlare delle questioni serie. I problemi veri e ragionare con un margine di buon senso di soluzioni. Soluzioni di sinistra e non soluzioni catto/fasciste/autoritarie.
E se avete letto fin qui allora posso suggerirvi le precedenti due puntate di questo tentativo di riflessione:
Le false accuse di antifemministi/fascisti che fingono di occuparsi di padri separati
Quegli antifemministi/fascisti che fingono di occuparsi di padri separati
Leggi anche:
Prevenire il femminicidio si può. No affido condiviso ai genitori violenti
Critiche a ddl.957 e Pas
Identikit del perfetto fascista
I paladini della bigenitorialità, che si definiscono numi tutelari dei minori, sul loro sito applaudono entusiasti quando l’affido esclusivo è concesso al padre ed è la madre ad essere allontanata dai propri figli, diffondendo il messaggio di una nuova primavera.
http://www.genitorisottratti.it/2012/06/trib-vicenza-una-rondine-fa-primavera.html
Mi sembra evidente, a questo punto, che non si persegue l’equità genitoriale ma l’impoverimento vendicativo nei confronti delle donne.
Avessi letto il post non l’avresti chiesto. Questo è uno degli emendamenti attraverso i quali si introduce la Pas, ovvero quella presunta sindrome di alienazione genitoriale, una malattia non riconosciuta in ambito scientifico, non contenuta nel DSM e che presuppone una soluzione autoritaria psichiatrica per dirimere conflitti che non si sa o non si vogliono risolvere diversamente. Quindi no (http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/06/14/parental-alienation-syndrome-una-bufala-scientifica-a-sostegno-dei-padri-violenti/). Una malattia non può essere ratificata in parlamento. Sono i medici che prima devono riconoscerla eventualmente e non i tribunali e sono i medici a dover “curare” nel caso in cui esiste una malattia e non il giudice. la Pas di fatto impone che sia il giudice ad attribuire una terapia e si chiama “terapia della minaccia”. La minaccia che viene fatta ad un bambino che non vuole vedere un genitore quando gli si dice che se non accetta di vederlo non potrà più stare con l’altro genitore o la genitrice.
una presunta sindrome che nasce con un pregiudizio di genere enorme (tant’è che si chiama sindrome della “madre” malevola) e che analizza un comportamento tipico delle separazioni, tipico anche dei padri che non sono da meno nel parlare male delle ex mogli davanti ai figli e lo etichetta come patologia per medicalizzare un conflitto.
è una soluzione autoritaria e di destra anzi chi è di destra ti dice che se non sei d’accordo (come fosse una religione) allora sei contro i padri o contro i bambini. nulla di più falso.
della Pas si può servire chi vuole negare che una violenza in famiglia sia mai avvenuta. se un bambino o una donna denunciano una violenza colui che quella violenza l’ha commessa attraverso la Pas può dichiarare che la ex sta dicendo il falso per allontanare il figlio. togliere credibilità a chi denuncia di aver subito violenza espone donne e bambini a pericoli gravissimi (http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/06/29/78-prevenire-il-femminicidio-si-puo-no-affido-condiviso-ai-genitori-violenti/)
e se mi parli di “false accuse” (l’abc propagandistico lo conosciamo a memoria) ti invito a leggere questo: http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/07/01/le-false-accuse-di-antifemministifascisti-che-fingono-di-occuparsi-di-padri-separati/
Piuttosto:
Motivo di esclusione dell’affido è la violenza nei confronti di qualunque membro della famiglia. Tu sei d’accordo che la violenza nei confronti di padre/madre e bambini sia motivo di esclusione dall’affido?
personalmente sono per il no all’affido condiviso ai genitori violenti e no alla Pas.
tutto il resto è scritto sopra. leggi il post se vuoi. grazie!
Ps: non si capisce davvero come mai se tanto vi importa di risolvere i problemi dei padri separati volete che passi tutto il pacchetto che voi proponete. un pacchetto, un progetto di società autoritaria e conservatrice, che rappresenta in termini di ruoli e soluzioni una parte politica, di destra, e non i padri in quanto tali. è un disegno sociale preciso e non un quadro di soluzioni di buon senso che aiutano davvero i papà a risolvere i loro disagi. Non dovrebbe interessarvi risolvere i problemi invece che impuntarvi sul riconoscimento di fantomatiche teorie non riconosciute dalla scienza? cioè: a chi giova? cercare motivi di rottura sociale invece che di soluzione? mentre i papà aspettano che si risolvano urgentemente i loro problemi? perché costoro (di destra) sembrano strumentalizzare la questione dei padri separati e i loro problemi per veicolare una precisa ideologia condita di odio misogino contro donne, lesbiche e femministe?
Il DDL 2454 prevede:
«Il comprovato condizionamento della volontà del minore, in particolare se mirato al rifiuto dell’altro genitore, costituisce inadempienza grave, che può comportare l’esclusione dall’affidamento».