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Repubblica, la non violenza e gli uomini violenti

La mia è sempre stata una resistenza creativa. Per esempio col mio ex c’ho provato a essere non violenta. Lui mi pittava la faccia di lividi e io ero ferma e decisa, pacifista fino all’alluce. “Non si combatte il padrone con gli stessi strumenti del padrone” e ‘sti cazzi, il fatto è che io non ce li avevo i suoi strumenti. Un peso massimo contro un peso piuma, non c’è confronto.

Al massimo potevo scansare i pugni, quando li vedevo arrivare, perché non è che li vedi sempre. Ti colpiscono a tradimento, quando sei un po’ per cazzi tuoi che ti stai lavando le ascelle e ti viene lui da dietro che ti chiede perché te le lavi, che motivo c’hai, proprio mo’ che non ce n’è bisogno, per chi ti improfumi le ascelle? E siccome di rispondere tu non hai voglia allora parte la prima e poi la seconda e poi la terza e a guardarti attorno cerchi cose per ripararti ma se stai vicino al cesso che fai? Lo fermi con lo scopino?

Attento, caro, ti scopicchio tutta la faccia. Sai che paura. Quella cosa degli strumenti del padrone che la capisco pure ma alla fine mi fa ridere a crepapelle. Oggi che non sto sotto le grinfie di nessun padrone posso progettare, perché a quel tempo a parte lo scopino c’era il phon e un’asciugata mi andava proprio di dargliela, a temperatura massima così riuscivo almeno a disinnescare gli sputi che gli uscivano di bocca. E poi? Che altro c’era?

Avrei potuto mummificarlo con la carta igienica, ma in una casa precaria non ce l’hai mai quella con triplo velo e sicuro che lui la strappava con un mignolo. Poi c’era il dentifricio, all’eucaliptolo, potevo spalmarglielo sull’occhio, ché non potevo mai raggiungerlo perché lui, il “padrone”, il suo occhio se lo teneva sempre riparato.

E’ così, compagni e compagne, non c’è niente da fare, e non mi tirate fuori la storia delle scelte assembleari, delle progressione rapida in movimento, dell’evoluzione delle modalità di resistenza perché se c’è un energumeno che ti salta addosso e ti sequestra il collo per quei due o tre minuti che gli servono a spaccarti la trachea hai poco da assembleare.

Mi andò di culo, giuro, che feci una prova tecnica di morte prima di morire per davvero e allora lui convinto di aver finito il lavoro, si rilassò un minuto. Che c’era lì vicino a me? Niente. Neppure un san pietrino del cazzo. Non c’era niente. Le mani, avevo solo quelle e me le feci bastare per sgusciare, scappare, che alla fine noi femmine siamo educate alla passività e gli strumenti del padrone sono troppo brutti e allora c’è da allenarsi e correre.

Diteglielo a una qualunque di quelle che subiscono violenza tutti i giorni a casa di essere non violenta e di ricevere colpi in testa a mani alzate, in segno di resa. Diteglielo che non c’è diritto all’autodifesa. Parliamone di questo perché a parte tutto ‘sta storia che la violenta in una condizione di oppressione e di aggressione sarei io mi fa scordare anni e anni di pratica antimachista e femminista.

Sapete cosa dicono i maschilisti quando si parla di donne che sono sfuggite alla violenza di un marito? Che sono aggressive. Ci sono quelli che le denunciano e quelli che vorrebbero farlo. Ci sono quelli incazzati a morte perché le femmine non si sono fatte ammazzare senza problemi. Poi ci sono i giudici che quando una femmina resiste e non se le fa dare allora giudica lui innocente perché una donna che si sa difendere non deve ottenere nessun premio. La regola è questa: lui ti picchia e tu ti devi fare picchiare, immobile con un sorriso stampato in faccia.

E quando c’è da resistere alla violenza del padrone non ci sono differenze di classe. Quel genere di padrone lo abbiamo subìto o lo subiamo tutte, ricche povere, belle brutte, alte basse, magre spesse. Sapete che vi dice il padrone per controllarvi? Per esempio: se lui ti picchia e hai un’amica che ti vuole bene e ti vuole salvare la vita lui ti dice che lei è brutta o che è più di te o che è ricca e tu sei povera, perché i padroni provano sempre a ribadire differenze per disunire, frammentare, separare, isolare.

Ti prendo, ti isolo e ti comando a bacchetta.

Sai che cazzo me ne frega della differenza di classe quando sto in fase di emergenza? Sono dettagli che mi risolvo dopo, se questo è il tema, perché se il tema è come difendersi dalla violenza del padrone in generale allora il ragionamento è un altro. E io non mi faccio convincere del fatto che quella ce l’ha più di me o che non è della mia razza perché le femmine sono della mia razza tutte quante e io devo cercare di capirle e farmele sorelle perché sono le mie alleate, loro e non il padrone.

Questa cosa ve la volevo dire a prescindere dal fatto che io sia d’accordo o meno con le scelte di alcune. Io sono una che ti guarda dritto negli occhi perché così l’ho sconfitto il mio padrone che smise di picchiarmi quando i miei occhi non ebbero più paura. Determinata e fiera, convinta di essere nel giusto e convinta di avere già vinto a prescindere da come sarebbe andata a finire. Dal personale al politico.

Ve la volevo dire perché trovo l’articolo di repubblica, quella che s’è inventata una mia twittata tanto per scatenarmi addosso le forze del “bene”, veramente orrendo, come tutti gli articoli scritti da quella testata in questi giorni. Quel ritagliare dettagli sulla vita privata delle donne che stavano in piazza. Il gossip, il curtigghio di tendenza, come oramai repubblica fa da quando conta solo scopate altrui e poi ci fa vedere la coscia sdrucita della modellona a destra del suo sito. La morbosità e poi gli insulti, uno dopo l’altro, stereotipati, bugie e fango, peggio che Il Giornale, sulle femmine che tanto gli sta bene spararci addosso ogni mattina così per sport e tenersi in allenamento e quell’insistere sulla differenza di classe come se de benedetti e il clan di repubblica fosse gente povera, figli del popolo, con le toppe al culo. Ma per favore, mi fate ridere, metodi da strategia della tensione e controllo dei corpi e dei ruoli delle donne che manco negli anni settanta erano così sgamati.

Violenza, non violenza, non m’interessa questo piano di discussione, da giorni nella mailing list discutiamo di cose serie, e nel blog raccogliamo interventi veri e non minchiate inventate. Bisogna capirle le cose e ascoltare le persone e chi dice di voler fare informazione dovrebbe fare cronaca senza sodomizzare i soggetti in base al genere.

Lo sapevamo, ora lo sappiamo meglio, Repubblica è lo strumento finto/democratico per la caccia alle streghe. Da vomitare. Perché le femmine che non gli vanno a mettere la firmina alle petizioncine per fargli fare bella figura con il clan antiberlusconiano non meritano niente. Strumentalizzate o sodomizzate in pubblica piazza. Con stile, certo, e senza pentimento.

C’è del marcio a Repubblica. Ve lo dice una Fikasicula, con la kappa, che la sa lunga. Il resto ve lo dico un’altra volta che di quelli lì non mi importa parlare. Mi interessano le donne e questo è quanto.

Ps: Grazie a tutt* per i dildi di solidarietà. Sarò felice per il resto dell’anno! 😀

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Posted in Anti-Fem/Machism, Critica femminista, Memorie collettive, Misoginie, Narrazioni: Assaggi, Omicidi sociali, Pensatoio, Personale/Politico, R-esistenze.


2 Responses

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  1. claudia mancosu says

    Fika sicula con la cappa sei cattiva e violenta i La Repubblichina sarà marcia però è utile: io oggi l’ho comprata per incantarci i bicchieri, ha una carta bella spessa che vale più di quel che ci è scritto sopra ma costa meno della carta da pacchi.
    😀

  2. Arguzia says

    A parte il fatto che è scritto da cani, mi viene il vomito.