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#15ott: Nascondersi dietro la dicotomia violenza/nonviolenza

Un intervento di L., dalla nostra mailing list, per la categoria delle “Memorie collettive” dove potrete trovare tutti gli interventi e i racconti che stiamo raccogliendo sul #15ott. Per inviarceli scrivete a femminismoasud[chiocciola]inventati.org. Buona lettura!

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—>>>Infiltrati

Mi dispiace vedere che si continua a ricadere sempre nel cliché dell’infiltrato (come se bisognasse aspettare un fascista per arrabbiarsi), che si sia arroccati nell’eterno e mai risolvibile dilemma violenza-non violenza e immagino sia inutile spiegare la differenza tra violenza (di stato che faceva il carosello con le camionette rischiando di investire le persone) e danneggiamento (di persone che esprimono la loro rabbia su simboli come le vetrine di banche o macchine da 40.000 €).

—>>>Italia vs resto del mondo

Sicuramente è un dato di fatto che l’Italia non è come il resto del mondo, o almeno dell’Europa, è sempre stato così. Le eredità scomode del passato cominciano solo ora ad intaccare, per alcune realtà (vedi la gestione creativa ed eterogenea nei metodi del movimento notav, che non ha condannato le violenze e non avrebbe MAI consegnato ai poliziotti i violenti), dinamiche di piazza trite e ritrite (parlo per il movimento, per i partiti e i sindacati dubito fortemente che ciò stia avvenendo).

Ho partecipato a diversi meeting e azioni internazionali in Europa e la orizzontalità ed il rispetto reciproco visti (sia da un lato che dall’altro) non sono assolutamente immaginabili da noi.

Questo tallone d’achille, di un evento internazionale in italia, probabilmente era già riscontrabile nelle riunioni preparatorie della manifestazione, in cui forse ci si è focalizzati di più sulla realtà italiana e sulle necessità politiche di un’area o di un’altra (vedi anche gli slogan diversi) piuttosto che sul contesto globale in cui si collocava la giornata e sugli obiettivi comuni da raggiungere con le altre piazze del mondo.

Se poi ci aggiungiamo gli appelli populisti che andavano a pescare nella massa senza costruire o alimentare una coscienza critica a monte, il calderone è fatto.

L’analisi di possibili azioni violente nel corteo (dubito che sia stata fatta se non in modo censorio, ma smentitemi se sbaglio) andava fatta a priori e andava analizzata come una opportunità e non come qualcosa da sedare, soffocare o nascondere. Il percorso che è stato fatto nel resto del mondo e che ha portato a decidere di attuare una modalità non-violenta secondo me non è stato fatto da noi.

Finchè ci si nasconderà dietro la dicotomia violenza/non-violenza, e le realtà istituzionali godono nell’alimentarla, e le realtà di lotta non si focalizzeranno invece sugli obiettivi da raggiungere succederà sempre così. Perchè ognuno ha la sua modalità di lotta e sicuramente non può essere un partito o un sindacato a sovradeterminare una realtà determinata e violenta chiedendogli quel giorno di fare i bravi ragazzi, e anche le dinamiche decisionali di una assemblea all’italiana dubito possano convincere tutti.

Ma del senno di poi sono piene le fosse…

—>>>Realtà locali vs movimento globale

Sicuramente molte realtà che conoscono solo la modalità violenta come opzione hanno rifiutato le idee nuove, quella dimensione più grande del movimento globale, con la malizia di chi voleva cavalcare l’occasione per imporsi (senza l’accortezza di garantire la sicurezza alle vittime di questo schema).

Hanno avuto la possibilità di farlo probabilmente perchè queste idee nuove (immagino più creative e non violente, delle quali ho visto l’efficacia in vari appuntamenti internazionali) purtroppo non erano ancora mature e autonome (in Italia o a Roma perlomeno), e hanno avuto l’alibi nel contrastare il tentativo da parte di realtà istituzionali, di cavalcare questa ventata di novità.

Il fatto che il corteo, manipolato dalle realtà istituzionali con la scusa del divieto della questura a quel percorso, non andasse a toccare le parti più importanti del potere ha messo di fronte alle realtà più determinate l’eventualità che questo corteo si trasformasse in una vetrina politica per le prossime elezioni e basta, e le stesse realtà si sono rifiutate di fare questo gioco.

Secondo me la spaccatura c’è stata dal momento che, prima del corteo, la parte determinata del corteo ha deciso che avrebbe raggiunto i luoghi di potere (cosa prevedibile, probabilmente la massa di persone arrivate lì per il tam tam dei network non l’ha capito).

Potevano esserci compagni che non sono votati alla violenza a tutti i costi (blocco pink, che rifuggono le logiche militariste e machiste), quindi erano aperti al raggiungimento dell’obiettivo (arrivare al luogo di potere) non per forza con la modalità violenta.

Spostare l’obiettivo della manifestazione che doveva essere quello di  portare la protesta sotto i palazzi del potere, secondo me, che comunque ricordo che non c’ero, ha fatto si che la situazione degenerasse, mettendo anche in pericolo il corteo.

Posted in Memorie collettive, Pensatoio, R-esistenze.