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Una questione di riconoscimento: la violenza negata nel caso DSK

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Ancora a proposito della denuncia di stupro che ha fatto emergere il fenomeno del negazionismo sulla violenza sulle donne come un grave problema rispetto al quale non si può non reagire. Giusto sulla denuncia avevamo condiviso il comunicato di Choisir la cause des femmes di solidarietà alla donna.

Questo pezzo lo prendiamo in prestito da Senza Soste. Buona lettura!

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Caso DSK. Probabilmente in Italia queste parole non hanno un grande impatto mediatico, anche se quello che è successo a Dominique Strauss-Kahn è passato comunque nelle prime pagine dei maggiori quotidiani. In Francia è un vero caso, un caso politico.

In che senso? Questo signore, Dominique Strauss-Kahn, di nazionalità francese, è, o meglio era, alla direzione del Fondo Monetario Internazionale, nonché principale candidato alle primarie socialiste in vista delle politiche che avranno luogo nel 2012 in Francia… Nell’immaginario e nelle speranze di molte cittadine e cittadini francesi, futuro Presidente della Repubblica. Un uomo “dall’intelligenza raffinata”, “dallo spirito delicato”, sempre “attento all’altro” (Serge Hefez, psicanalista, Le Monde, 18/05/11), “un uomo che ha modificato profondamente lo spirito e la natura dei programmi del FMI […] preservando il potere d’acquisto dei più deboli” (Le Monde, 16/05/11), “qualcuno che ha saputo dare un impulso di stabilità a un sistema finanziario che sta vivendo una crisi senza precedenti”, ci dice il Financial Times del 16 maggio, e ancora “una persona che ha un ruolo fondamentale nel difficile panorama del debito greco” (The Economist, 15/05/11).

Non soltanto questo, non soltanto un difensore dei più deboli, un Robin Hood contemporaneo (anche se con un patrimonio di milioni di euro, Porsche e suites in hotels di lusso…), ma anche un amico, un compagno di lotta (tra un bicchiere di champagne e una tartina al caviale in Place des Vosges, a Parigi, dove si trova la sua residenza); un amico per il quale si versano lacrime di solidarietà e compassione quando una donna (dall’identità sconosciuta al momento dei fatti, ma sicuramente di dubbia moralità…bisbigliano le voci di corridoio), fa cascare sulla sua testa quasi coronata un’accusa di piombo: tentativo di stupro, aggressione sessuale e sequesto di persona! E questa notizia, affilata quanto una lama, giunge in Francia come un boomerang: il 14 maggio 2011, in una suite di lusso, del Sofitel Hotel di New York, Dominique Strauss-Kann avrebbe aggredito, sequestrato e tentato di violentare un’impiegata, una cameriera addetta alla pulizia delle camere.

Impossibile, ecco la reazione della stampa e della classe politica francese, sopratutto quella della “gauche caviar”. Le prime dichiarazioni dei dirigenti del partito socialista sono di stupore, negazione, “non è un criminale”, ma un “presunto innocente”; subito si fa strada la teoria del complotto : l’hanno incastrato, il Fondo Monetario, la Grecia, la destra, le prossime elezioni… una trappola! Le immagini che lo mostrano in manette sono definite “di una crudeltà insopportabile”, “perché quando uno degli uomini più importanti della terra è mostrato vulnerabile, dato in pasto ai media, subisce già una violenza che gli è specifica”, possiamo leggere sull’editoriale di Le Monde del 17/05/11. Perdere il potere è impensabile, è una violenza simbolica inaudita: mostrare il suo sguardo perduto, mostrare uno degli uomini che ha nelle proprie mani le trame del mondo messo a tacere e incapace di agire, in attesa delle decisioni altrui, è come mostrare la terribile fine di un’epoca democratica, proclama Christian Salmon (ricercatore del Centro di Ricerca sulle arti e i linguaggi di Parigi), commentando su Le Monde le immagini di DSK agli arresti.

Con il passare delle ore il discorso mediatico cambia, cambiano le reazioni, il dubbio inizia a insinuarsi anche tra gli amici e i sostenitori, forse qualche piccola cosa è successa in quella camera, ma sicuramente è il puritanismo made USA che rende i fatti più gravi di quanto non lo siano in realtà. J.-F. Kahn, ex presidente del settimanale Marianne, durante un’intervista alla radio dichiara in tono compiacente e bonario che al limite si può parlare di una piccola imprudenza, di “troussage de domestique” (“relazioni sessuali con il personale di servizio”, riferimento alle pratiche tollerate e in uso un secolo addietro nelle case dell’alta borghesia); e ancora, Jack Lang, politico di sinistra, più volte ministro dell’Istruzione e della Cultura, appartenente al Partito Socialista, nota che alla fin fine nessun “uomo” è stato assassinato! Altri cominciano a scherzare sugli appetiti sessuali del signore in questione, vigoroso per la sua età; la moglie, Anne Sinclaire, si dice fiera della fama di seduttore che ha suo marito. L’uomo che amava le donne, forse troppo esuberante nel farsi avanti, dicono a corte, ma non per questo da stigmatizzare, perchè i fatti non sono avverati, resta comunque “presunto innocente” (Le Monde 16/05/11).

Il dibattito si sposta poi su un altro piano: privato e pubblico. Dalla Francia si fa sapere che quello che sta succedendo è un fatto privato che in nulla diminuisce la stazza dell’uomo politico, mentre i giornali anglosassoni rispondono con aria saccente che i politici devono essere integri, non devono ostentare una sessualità debordante. La loro vita privata è un esempio.

Nella bolgia delle dichiarazioni una voce esce dal coro, quella della ministra spagnola delle finanze, Elena Salgado, che sposta l’attenzione su qualcosa che è stato dimenticato nella narrazione collettiva, la donna che ha denunciato la violenza ! Così si esprime Salgado: “I crimini di cui è accusato sono di una gravità straordinaria. La solidarietà, almeno la mia, è per la donna che ha subito l’aggressione se questo è il caso”. Con lei altre persone, soprattutto donne, femministe, cominciano a rompere il silenzio. Se Strauss-Kahn è “presunto innocente”, la donna che lo accusa è possibile che sia una vittima di stupro. Invisibile, come la maggior parte delle donne che ogni giorno subiscono violenza e a cui “è necessario portare un po’ più di rispetto, anche in nome di tutte quelle vittime di violenza sessuale che non riescono a parlare”, dichiara Clémentine Autin, militante femminista, copresidente dell’associazione Mix-Cité; alla sua voce si aggiunge quella di Caroline de Haas, portavoce dell’associazione Osez le fémminisme: “quasi mai, finora, abbiamo sentito parlare della querelante, del suo punto di vista, di quello che sente. Capisco che le donne vittime di violenza si sentano scioccate dal modo in cui questo caso viene trattato mediaticamente”.

Pian piano la donna abusata inizia ad esistere all’interno della narrazione, i giornalisti cominciano a cercarla e di lei arrivano le prime informazioni: 32 anni, immigrata di origine africana, vive in un alloggio popolare del Bronx con una figlia adolescente. Le viene dato un nome: Nafissatou Diallo. Finalmente una frattura arriva all’interno del racconto, l’altro punto di vista comincia ad affermarsi, ma ancora la narrazione si serve delle forme egemoniche del discorso: per aver valore di verità, la parola della vittima deve scaturire dalla bocca di una donna che corrisponde a un profilo di casta femminilità. Le testate giornalistiche scrivono che di lei, i vicini e i datori di lavoro ne parlano come di una persona bella, sorridente, calma, onesta lavoratrice e buona musulmana. L’uomo politico, l’uomo con il potere, come sappiamo bene noi italiani, è più che giustificato, quale che sia il suo comportamento, se ad attrarlo sono ambigue sirene ammaliatrici… ma se si tratta di un agnellino immacolato il lupo ha il vizio e pure il pelo.

In tutta questa storia, il fatto in sé, colpevole o innocente, non è fondamentale. Quello che sconvolge, il motivo per cui la scorsa domenica 22 maggio molte donne e associazioni femministe sono scese in piazza a Parigi è il discorso apertamente sessista che ha animato la scena mediatica in questi giorni.

La questione è di rilevanza politica, non tanto perchè la caduta del grande uomo si ripercuote inevitabilmente sulla politica internazionale e sull’economia mondiale, ma perché l’azione di questo uomo, come quella di tanti altri, se avverata, è un crimine e come tale avrebbe dovuto essere considerata. Un tentato stupro, uno stupro, lo stalking, sono forme di violenza, violenza di genere, grave e specifica. È una violenza degli uomini sulle donne, una violenza trasversale alle classi sociali e all’origine. Lo stupro è uno strumento della dominazione patriarcale.

Il messaggio che invece è stato mandato dai media e dalle elites dirigenti è un messaggio confuso: simpatia, solidarietà, indulgenza verso l’uomo di potere, silenzio e omertà per la donna che ha denunciato la violenza. Le battute compiacenti e misogine sono state incessanti. Una grande confusione è stata fatta tra violenza sessuale, costumi e morale.  Non si tratta di “avances”, “corteggiamento”, ma violenza di un uomo su una donna! E non è un fatto nuovo che istituzioni, giornali e televisioni tendano a banalizzare questo problema. Sporgere denuncia è difficile, perchè in caso di crimine sessuale, la parola delle vittime viene sistematicamente messa in questione, ciò non accade quando sono altri crimini ad essere denunciati. Ogni anno in Francia 48.000 donne sono vittime di stupro e i casi di denuncia sono un decimo (ENVEFF, Enquête Nationale sur les Violences faites aux Femmes en France).

Un altro messaggio è inoltre passato a gran voce: la parola di chi ha potere conta di più. Quindi è una questione politica, perchè questa storia rimette in causa i rapporti di dominazione classici: classe, origine, sesso. Non sono parametri casuali. Il fatto di essere l’addetta alle pulizie di un hotel di lusso, un’immigrata, una sconosciuta che vive nel Bronx e portare una tale accusa ad uno degli uomini più potenti della terra, non è neutro. È forse un atto di coraggio, e come tale va rispettato, anche se la donna in questione fosse stata meno gentile, buona, sorridente, lavoratrice e credente.

Credo sia necessario che il dibattito politico e sociale torni ad affrontare la questione della violenza di genere in modo più serio e rigoroso, come in Spagna dove nel 2004, dopo lunghi dibattiti, è entrata in vigore una Legge integrale contro la violenza di genere che permette di affrontare questo tema nella sua complessità, perché banalizzare e ridurre al silenzio comportamenti sessisti, discriminatori e violenti non fa che amplificare e ripetere l’oppressione di genere.

Inviato a Senza Soste da Mamma Cianci

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