Skip to content


Come “naturalizzare” il diritto dello spermatozoo per evitare conseguenze a chi commette violenza su donne e bambini

Io non ho paura di morire. Semmai ho paura del dolore di una perdita. Voglio morire prima di tutte le persone che amo.

Mi chiamo Annalisa e un anno fa sono morta. Poi sono tornata, più forte di prima.

Ho lasciato mio marito dopo che per colpire me ha rischiato di rendere cieca mia figlia. Se fino a quel giorno avevo pensato che quell’uomo potesse essere almeno un buon padre da quel momento ho capito che dovevo lasciarlo per non fare crescere mia figlia in costante pericolo.

Litigavamo frequentemente. Lui aveva sempre un motivo per picchiarmi. Io non ero in grado di reagire. Non ne ho parlato con nessuno finchè la mia famiglia non ha visto i lividi e non ha cominciato a fare la ronda per sorvegliare che andasse tutto bene.

Erano visite apparentemente casuali, per non fare arrabbiare mio marito. Mio padre passava a portarmi qualche chilo di buona frutta di stagione, un pensierino per la bambina, faceva finta di venire a chiedere il mio parere su sue cose burocratiche.

Quando non poteva passare lui mandava mia sorella e mia madre. Sembravano due malandrine. Mia sorella guidava la macchina e veniva a proporre una gita, una passeggiata, un gelato, una scampagnata. Cose normali che fa una famiglia normale.

La mia famiglia è composta da belle persone. Mia sorella si sta laureando. Mio padre e mia madre lavorano insieme e sono sempre andati molto d’accordo. Io ho vissuto una vita serena. Prima di sposarmi.

Sono rimasta assieme al mio ex marito per due anni. Poi, con la faccia piena di lividi e il corpo a pezzi, ho preso la bambina e sono tornata a casa dai miei.

Anche la bambina aveva dei lividi. Perchè per colpire me suo padre ferì alla testa anche lei.

La famiglia, molto spesso, è l’alternativa al centro antiviolenza. Dove sto io non c’è niente per una come me. Se hai una famiglia che ti appoggia, bene, se non ce l’hai sei completamente sola.

Quando tornai dai miei andai in ospedale. Refertarono le mie ferite e quelle di mia figlia. Il giudice decise che la bambina fosse affidata a me e che lui poteva vederla solo sotto stretta sorveglianza. 

Lui non ha mai voluto vederla. Non gli interessava. Gli interessava solo perseguitare me, chiamarmi, aspettarmi sotto casa, minacciarmi, inseguirmi con la macchina accellerando e quasi venendomi addosso. 

Ho tentato di parlargli per il suo bene, perchè speravo si convincesse a lasciarmi in pace senza rischiare di farsi arrestare. E ho conosciuto tante donne "pietose", e sbagliano, che per non "rovinare" i loro ex non li denunciano e quando lo fanno è troppo tardi.

Non mi ha ascoltato. Io e mio padre siamo andati dai carabinieri e l’abbiamo denunciato. E’ rimasto tranquillo per qualche mese, poi si è ripresentato più arrabbiato di prima.

Ha aspettato che fossi sola in casa, i miei erano andati in campagna, si è fatto aprire con l’inganno. Quando ho capito chi era l’ho lasciato sul pianerottolo provando a chiamare aiuto. Non c’era nessuno che potesse aiutarmi e lui ha sfondato la porta. Non so come abbia fatto.

Mia figlia piangeva, era terrorizzata, mi stringeva cercando protezione e io provavo a calmarla sebbene fossi terrorizzata anch’io.

Il mio ex marito era determinato a farmi del male. Mi ha sfidato dicendomi che se avevo coraggio dovevo smettere di farmi scudo di mia figlia. E io che quello scudo non l’avevo mai usato l’ho allontanata da me mentre lei restava tenacemente attaccata al mio maglione.

Come si fa a dimenticare una cosa del genere? Non si può, infatti.

Ho convinto mia figlia ad allontanarsi e lei restava lì vicino, vigile, attenta, arrabbiata, che gridava "basta papà".

A quel punto lui era soddisfatto. Mi ha solo spinta in un angolo e ha cominciato a stringermi la gola.

Mia figlia urlava. Ancora terrorizzata. Ricordo che la morte arrivò serena. Più serena dell’inferno che stavo vivendo. Ho visto tutti i miei ricordi in un rewind di pochi secondi, un flash alla fine e poi più niente. Buio. 

L’unica mia preoccupazione era per mia figlia che stava assistendo a quell’orrore e che non avrebbe mai dimenticato. L’unico mio pensiero era per chi restava. Io non soffrivo più.

Descrivere la morte è un fatto privato ma è anche una cosa pubblica. Se non vi parlo della morte non posso dirvi perchè non ho paura di morire.

Io so com’è la morte. L’ho vista. L’ho vissuta. E se sai com’è la morte non hai paura di niente tranne che di quello che può accadere ai tuoi cari.

Quando mi sono risvegliata c’era mia figlia che mi accarezzava il viso. Mia madre le diceva che stavo dormendo e che il riposo mi avrebbe fatto tanto bene. Mio padre era seduto di fronte al letto d’ospedale, con la testa tra le mani, piegato in avanti, distrutto per non essere riuscito a difendermi.

Quando mi sono svegliata mio padre si è messo a piangere e mi ha chiesto perdono, non so perchè. Poi ha voluto dire a voce alta che lui mai e poi mai avrebbe fatto del male a sua moglie e alle sue figlie. E in effetti era così. Al massimo gli ho visto dare un pugno sul muro quando era proprio fuori dai gangheri. 

Ho letto le cose che state scrivendo, anzi me le ha fatte leggere mia sorella che vi segue da tanto tempo. Per questo ho voluto raccontarvi la mia storia.

Anche il mio ex marito ha minacciato di chiedere l’affido di mia figlia. Per ora sta vivendo i suoi guai e se si avvicina riesce solo ad aggravare la sua situazione. Il suo avvocato deve avergli detto che chiedendo l’affido può contestare parte delle accuse che gli sono state fatte.

Sta dicendo nel paese che ha fatto quello che ha fatto perchè non gli facevo vedere la figlia. So che c’è qualcuno che potrebbe credergli e sono preoccupata del fatto che lui riesca davvero ad ottenere l’affido della bambina.

La piccola di lui non vuole saperne. Non perchè io le abbia detto qualcosa. Non ce n’è bisogno. Non esistono le madri che condizionano i figli contro i padri. Esistono i padri che fanno cose ignobili davanti ai loro figli.

E i figli non sono ciechi nè stupidi.

Mia figlia non vuole vederlo perchè quello è l’uomo che voleva uccidere la sua mamma. Perchè urlava, strepitava, minacciava, la terrorizzava. 

Mia figlia non vuole vederlo perchè lui non si è preoccupato di ferirla, traumatizzarla mentre avanzava il suo diritto di proprietà su di me come ora vorrebbe avanzarlo su di lei.

Chi dice il contrario sbaglia e se c’è perfino una legge che forza i bambini che non vogliono stare con i padri e li costringe a vederli, addirittura li toglie alle madri finchè i bambini non cedono al ricatto e non accettano di vedere gli uomini che odiano, siamo in uno Stato che odia profondamente i bambini.

Mia figlia non vuole vedere suo padre e io non posso mentirle. Era lì quando lui ha tentato di uccidermi. Era sempre lì ogni volta che mi ha aggredita. Cosa dovrei dire a mia figlia? Che quello è il modo "normale" in cui gli adulti si parlano? Dovrei insegnarle a non distinguere cosa è violenza e cosa non lo è? Dovrei dirle che si sbaglia? Indurla a non fidarsi delle sue sensazioni?

Questo è quello che la legge mi chiede in questo momento. Mi chiede di essere omertosa per coprire le cattive azioni di quell’uomo. E io non voglio essere sua complice e non cedo al ricatto del silenzio, tradendo la fiducia di mia figlia. Lei deve poter contare su di me. Deve sapere che sua madre le dice sempre la verità.

Perciò lo dico di nuovo: io non ho paura di morire. Come me di madri che sono sopravvissute alla morte ce ne sono tante. Forti, determinate, che non possono accettare che le loro figlie e i loro figli finiscano nelle case famiglia o in mano a uomini con i quali non vogliono stare.

Mia figlia una famiglia ce l’ha già. Ci sono io, mio padre, mia madre e mia sorella.

La famiglia non si può "naturalizzare" per diritto di uno spermatozoo. La famiglia la scegli, te la devi meritare, è una rete di affetti sulla quale puoi contare. Se la famiglia, la moglie, la figlia, non ti vuole non puoi rivendicarne la proprietà, non puoi dire che è "tua". Se una famiglia la vuoi solo "dominare" inevitabilmente la perdi e non c’è nessun giudice che possa restituire la stima, la fiducia, l’affetto di una figlia che hai perso nel momento stesso in cui le hai mostrato di essere una persona violenta della quale bisogna aver paura.

La verità sta tutta qui. Non c’è altro.

—>>>Noi abbracciamo Annalisa e speriamo che tutto si concluda per il meglio!

Leggi anche:

Di cosa parliamo quando parliamo di violenza domestica

La sindrome di alienazione genitoriale (o parentale) non esiste

Da un anno non vedo mio figlio. Ancora non ho capito il perchè

Neo-maschilismo italiano? Solo una brutta copia del neo-maschilismo americano

L’affido condiviso è un danno anche per gli uomini!

In senato si discute di affido condiviso: la genitorialità dei padri brandita come un’arma contro donne e bambini!

In senato si discute l’affido condiviso bis. Bambini e donne oggetto di barbarie legislativa

Latina, bimbo conteso: otto anni. Obbligato da 14 poliziotti a lasciare la madre. Trattato come un boss

Posted in Fem/Activism, Misoginie, Omicidi sociali, Storie violente.