Si capiva dalla manipolazione della notizia sulla manifestazione di ieri contro la violenza maschile sulle donne, femministe, lesbiche e trans che oggi sarebbe venuto fuori un altro pezzo del puzzle che compone parte – al momento egemonica – della realtà femminista italiana.
Com’era prevedibile oggi sull’unità si legge che nella assemblea indetta dalle "donne nella realtà", che nel desiderio di piacere a tutt* non disdegnano di parlare con le finiane dell’ugl, che chiedono che i media trattino le donne senza usare stereotipi sessisti, un gruppo di giornaliste che viaggia all’unisono con la definizione di uso dei corpi femminili che è stata sposata dallo staff di repubblica e de l’unità da quando hanno scoperto che il gossip fa vendere salvo quando riguarda uno del pd, dicevo che sull’unità si legge che "delle donne che non sono veline nè transgender non parla nessuno".
Ecco perchè la manifestazione delle femministe più votate al queer è stata spacciata per una fiaccolata pro-trans. Ora è tutto chiaro. Siamo di fronte alla rivolta delle donne biologiche, quelle che prima ancora di esprimere solidarietà nei confronti delle trans rivendicano una differenziazione per se’. Non sono mica quelle le donne "della realtà"… Quindi non sarebbero nè veline nè trans. E al di la’ del fatto che penso che le veline siano una realtà culturale ma anche soggettiva oramai enorme con la quale bisogna avere a che fare, basta guardare le ragazze che vanno in giro per le strade dall’età di dodici anni in poi, perchè mai le trans non sarebbero "donne della realtà"? Come mai l’unità riferisce una frase che per giorni ho sentito in tivu’ in ogni programma in cui preti, donne del pdl e pettegole ricordavano che però "basta parlare di trans perchè non è quella la *normalità*, perchè la *normalità* sono le famiglie, le donne normali con figli, responsabilità, etc etc", separando le difficoltà delle donne in lecite e illecite, buone e non buone, normali e anormali. Le prostitute, per esempio, non sarebbero donne reali?
Parlare di trans, parlarne come se ne sta parlando in questi giorni, ovvero parlare di persone aggredite, uccise, perseguitate, massacrate dall’indifferenza e dall’isolamento sociale, non è parlare di donne della realtà?
Parlare delle donne, femministe, lesbiche, trans che traducono in iniziative politiche la loro impostazione antisessista, antirazzista, antifascista, post-identitaria, post-gender, queer, comprensiva delle donne biologiche e non, non è parlare delle donne reali?
Parlare delle trans, precarie tra le precarie, confinate in una condizione che non permette loro neppure di cercare un lavoro con contratto co.pro, relegate nella doppia spirale di criminalizzazione a causa del loro genere e spesso anche della loro nazionalità, non è parlare delle donne reali?
Cosa sono le donne reali? Le giornaliste con scaffali pieni di libri dell’ultima femminista sdoganata dall’editoria vicina al pensiero del femminismo della differenza? Quante differenze tollera questo femminismo della differenza?
Cosa sono le donne reali? Quelle che gongolano in un crescendo di iniziative autocelebrative, dicendo cose ovvie e sdoganando moralismo e separazione tra femminismi giusti e quelli non giusti?
Quelle che continuano a dire, anche in questo articolo de l’unità, di aver rotto un silenzio delle donne senza riuscire a dire che erano proprio loro ad aver smesso di parlare e giusto quando hanno ricominciato a farlo lo hanno fatto usando l’unico metodo politico che conoscono: l’accentramento, l’egemonia. Sarebbero loro le donne reali?
Donne stipendiate, ricercatrici che compensano il nostro provincialismo e la nostra tendenza esterofila ad apprezzare le donne solo quando sono passate dalle capitali europee, come facevano le aristocratiche d’altri tempi, in una concezione del femminismo accademico e baronale. Sono loro le donne reali?
Miriam Mafai, che è quella che ha chiamato cretine le ragazze che nella manifestazione del 2007 hanno impedito che si usasse quella giornata come passerella per politicanti e ministre di destra e di sinistra ed è anche quella che ha detto che le donne che hanno accolto giuliano ferrara e la sua campagna pro-life a colpi di verdura erano prossime all’uso della p38. Giusto lei, insomma, sarebbe una "giovane" donna reale?
Di cosa si beano queste donne privilegiate che usano l’informazione non più per informare ma per orientare, rappresentare (persino), dirigere idee e manipolare lotte, come fa la famiglia berlusconi, queste donne che vogliono formare comitati di lotta redazionali per sostituirsi ai movimenti "reali". Donne che danno vita ad una lobby che si confronta con altre donne che non la pensano come loro a colpi di titoli travisati e di notizie manipolate, di siti e forum tv sostenuti dal maggiore partito "d’opposizione".
Sono donne irreali che cancellano le donne reali in un pericolo sempre crescente che vede quotidiani rappresentativi di una corrente politica o di una guerra tra poteri cui le donne tutte sono assoggettate.
Sono questi i nuovi stereotipi e il nuovo uso delle donne che l’informazione fa e per farlo usa le donne stesse.
Cosa c’è di meglio in un momento in cui basta apparire per essere che creare un gruppo di donne coalizzate nelle redazioni per criticare – certo – l’esecrabile uso che viene fatto delle immagini del corpo delle donne senza però scalfire di un millimetro anzi rinvigorendo l’uso che delle donne, della loro testa, della loro dignità, viene fatto?
Cosa sono queste donne in fondo se non persone che sperano che alla prossime elezioni IL segretario di partito, LUI, un uomo, le candidi in una lista qualsiasi per offrire loro una posizione, un lavoro meglio retribuito e la responsabilità del "settore donna e immagine" di qualunque organizzazione o governo?
Quali equilibri cambiano queste donne nella politica nazionale? Nessuno, perchè sono perfettamente integrate al sistema anzi sono utili al sistema e reclutano o zittiscono altre donne perchè il sistema non sia minimamente intaccato.
C’è qualcosa di più grave che usare il corpo di una donna ed è l’uso della testa delle donne. Non possiamo puntare il dito sulla luna e accettare che alcune donne ci dicano che la battaglia da fare va solo in direzione di quel dito.
Noi vogliamo la luna e non qualche altro spazio sociale con baretto e giardino da usare come palcoscenico per consumate attrici, le professioniste del femminismo. A noi interessano le donne, tutte le donne, trans incluse.
—>>>Il video realizzato da Aurelia Longo ricorda Ornella Serpa, una sorella trans che se fosse ancora con noi in questo momento sicuramente direbbe cose tanto più intelligenti di quelle che vengono dette da tant*.
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