Skip to content


Gli appelli sul femminicidio: non in mio nome!

Da Abbatto i Muri:

A proposito di appelli. A proposito di introduzione di temi di femmine nel dibattito politico che le femmine le include solo in un senso. Dunque per evitare di sgarrare la dicotomia ecco che si propone subito anche nell’altro. Perciò da un lato si parla di puttane e turgidi capezzoli e dall’altro di martiri e sante.

A parte i temi sollevati, sui quali si può essere più o meno d’accordo, vorrei capire perché si scrive che le donne siano una delle chiavi per il miglioramento della società e addirittura la chiave di una ripresa economica. E affinché sia più credibile si dice che l’ha detto Onu che le donne sono “superiori” e più capaci (come la Fornero?) e dunque bisogna crederci. Attribuendo alle donne una capacità di “cura” e manutenzione dell’economia perché se sono così tanto braverrime da gestirsi la famiglia e figuriamoci se non hanno il gene matriarchesco della cura di un intero Stato. Non fosse che questi argomenti li butta lì l’Onu direi che a parlare sia la Thatcher. E quel che ha fatto per risollevare l’economia del suo paese lo sappiamo tutti/e. Mi sfugge davvero perciò come si possa dire che “le donne hanno una marcia in più … hanno la capacità umana di pensare all’altro“. Ed eccola ritrovata la teoria secondo la quale la differenza femminista consiste nella sua superiorità morale. E a declinarlo in questo modo il femminismo (della differenza? quello istituzionale?) si finisce per condannare le donne ai ruoli per i quali mostrerebbero “naturalmente” (in termini di riduzionismo biologico) delle presunte inclinazioni. Stereotipi sessisti, imho.

Poi mi sfugge il concetto di “tutelare le italiane“. Sorvolo sul fatto che i requisiti descritti per accedere alla suddetta “tutela” siano l’italianità e lo status anagrafico dell’assassino. Quelle non italiane e non uccise dall’ex marito, che so, una prostituta, invece non sono degne della nostra attenzione? E le trans non lo sono altrettanto? E chiedere “tutela” invece che strumenti da gestire in senso autodeterminato per le donne vittime di violenza è un modo femminista di procedere in questa lotta? Perché non chiedere reddito, per esempio, prevenzione in senso culturale, a partire dal fatto che si smetta di ribadire questa triste separazione dei generi: aula diversa, educazione differenziata, grembiulini di colore diverso, giocattoli per femmine e giocattoli per maschi, a lei il cicciobello da accudire e a lui diamo il pallone, “tutele” diverse, ruoli diversi.

Sorvolo anche sul fatto che più che di donne, si parli di “madri“. Donne da tutelare in quanto uteri e non in quanto persone. La stessa cosa che dicono taluni cattolici.

Dunque, facendo una analisi del linguaggio di questo appello, si sta dichiarando che le donne sono delle candy candy dall’umana empatia, innocenza, rivolta al mondo. Madri da tutelare, italiane, esposte ai traumi inflitti dall’ex marito.

Il punto è che non c’è nulla di male a chiedere diritti, se vogliamo chiamarli così e mi scuso se aborro la parola “tutela”, che richiama sorveglianze, autoapartheid e segregazione, controllo e securitarismo, legittimazione di tutori e dunque riproposizione della cultura patriarcale, per una sola categoria di donne o di persone. Ciascun@ sceglie di occuparsi di quello che vuole e di chi vuole. Però direi che allora l’appello o la lettera non doveva parlare di Femminicidio in senso generale perché il Femminicidio non mi pare sia una forma di violenza inflitta alle donne in quanto etero, in quanto utero, in quanto mamme, in quanto italiane. Poteva essere una “Lettera aperta a tutela delle madri italiane” o qualcosa del genere. No?

Ma delle criticità sul modo di intendere il termine Femminicidio avevo già parlato e duole sapere che di questo si chiede si debbano occupare i politici. Di questo e in questi termini. Non condividere questa formulazione del problema è doveroso, per me. Assolutamente doveroso.

La violenza di genere è una questione troppo seria per essere sintetizzata e descritta in questo modo. Mi permetto di dissentire, criticamente e con affetto, e mi permetto di rivolgere una richiesta pubblica a chiunque ritenga di fare partire questi appelli. Non fatelo in mio nome. Mai. Perché alle mie rivendicazioni penso da sola. E sono madre, sono italiana, sono biologicamente donna e non avevo mai, e dico mai, contemplato queste categorie come status privilegiati per esigere “tutele”. Perché le “madri” (italiane) non sono più donne delle donne. Io non sono una Madonna. Ecco tutto.

Leggi anche:

Femminicidio: in quanto etero, in quanto utero, in quanto italiane, in quanto mamme.
Antiviolenza: analisi antiautoritaria su stereotipi sessisti e ruoli di genere
Quel che è femminicidio
Per una comunicazione e una analisi antiviolenza in senso antiautoritario
Dell’obbligo di fare sesso nel matrimonio (la moglie è una puttana!)
Lo stupro, la negazione dei propri desideri e l’essere persona
Stereotipi sessisti: Inutile nascondere volantini, corpi, pensieri!
Pratiche femministe: fuori i fascismi da casa mia
Se si torna al femminile angelico e sacro (toccami!)
Web 2.0 antiviolenza e galere virtuali: siamo tutt* criminolog*! 
Mercificazione e speculazione sulla violenza sulle donne
La violenza economica è violenza di Stato
Violenza di genere: dove la mettiamo la questione di classe?
Violenza di genere: oltre i dogmi e i talebanismi
La violenza è maschile?
La lenta costruzione dello stereotipo
Lessico e semantica dominante (antiviolenza) del femminismo autoritario
Il corpo delle donne è delle donne
Se il femminismo non è più a partire da se’
Media e rappresentazione della violenza

Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista.

Tagged with , , , , .