Skip to content


Femminicidio: perché parlarne entra in conflitto con le rivendicazioni dei padri?

Il post in cui critico quanto scritto da Mazzola su DonnediFatto, e grazie a Gomez per aver aperto questo spiraglio “rosa” su Il Fatto Quotidiano, dove permette finanche alle donne di argomentare circa le cause di un fenomeno di cui Mazzola ha dichiarato la non esistenza, ha ovviamente suscitato un dibattito rispetto al quale i punti nodali sono sempre più o meno gli stessi che si ripropongono ciciclamente nelle discussioni online.

Quella che copio qui è una parte di una risposta ad altri commenti che può essere spunto per una nuova discussione.

>>>^^^<<<

Non siamo noi ad aver fatto un passo indietro.

Ci sono persone che muoiono ogni giorno per ragioni diverse. E non c’è, almeno per quel che mi riguarda, nessuna scala di priorità. Ho eguale attenzione verso una persona che muore per mancata sicurezza sul lavoro che per una vittima di femminicidio. Ma Le due cose sono diverse e diversamente vanno trattate e risolte. A monte ci sono cause differenti.
Il femminicidio è una modalità sistematica di ammazzare le donne perché le si reputa di proprietà di qualcuno, inferiori, controllabili, alla mercè di chi decide per te cosa devi fare nella vita. E’ frutto di una mentalità che considera i corpi delle donne di proprietà di uomini che non pensano che quei corpi siano guidati da volontà propria.

E’ una mentalità che in Italia si chiamava dal punto di vista legislativo “delitto d’onore” ma si chiama anche in altri modi e continua a perpetuarsi anche oggi con il potere di vita e di morte che un uomo, ex fidanzato, marito, compagno, esercita sulla ex compagna o sulla compagna attuale.
Capisco che per la maggior parte degli uomini questo non venga riconosciuto come un problema perché probabilmente chi scrive e interviene in queste discussioni non ha proprio di questi problemi, non ha mai ritenuto di possedere una donna né di fare l’atroce scelta di obbligarla a stare con lui perché non era in grado di accettare la fine di una storia ma esistono situazioni, e ne esistono tante, in cui queste modalità ripercorrono le relazioni e tale mentalità legittima questi delitti che non sono motivati da altro che dal possesso.

Se non risaliamo alla causa non possiamo stabilire che si tratta di una modalità barbara di sancire un diritto proprietario, mia o di nessun altro, che non è uno slogan, non si tratta dell’ennesima statistica di cui personalmente me ne frego, ma si tratta di una mentalità diffusissima che comunque vogliate definirla va combattuta. E per combatterla bisogna capirne l’origine, stabilire un obiettivo e tentare di prevenire.

Questo è il lavoro che facciamo anche noi ed è un lavoro che in termini di responsabilità sociale non può assolutamente essere trascurato. Se a voi non interessa occuparvene perché avete altri delitti di cui occuparvi e altre priorità nessuno viene a dirvi e allora occupatevi anche di femminicidio perché altrimenti ci offendete con il continuo riferimento ad un unico problema. Semmai siamo noi a interessarci di quello che fate e a tentare di capire se e come possiamo dare una mano. Qui nessuno, fino ad ora, ci ha mai detto però, a prescindere da come vuoi chiamare questo fenomeno, che vuole collaborare e proporre per fare in modo di trovare soluzioni comuni.

Perché la soluzione per prevenire un delitto commesso dalla criminalità organizzata non può essere la stessa che per un femminicidio. La soluzione che adoperi per prevenire un delitto a seguito di una rapina non è la stessa che trovi per un femminicidio. E se disturba che le donne decidano di autonominare autodeterminandosi una cosa che succede, che ci succede, affinché sia riconoscibile quando invece viene culturalmente confusa, mischiata, dimenticata, io non capisco cosa si proponga in cambio. Qual è la controproposta. Perché è troppo semplice andare a pescare il dato numerico per cui le donne morte sarebbero più in Svezia che qui, il che mi pare strano dato che i dati europei dicono esattamente il contrario ma tant’è. Ma in generale, se anche fosse vero, è un dato che può servire a me per dire che non basta una legislazione repressiva per risolvere e se è verosimile io assumo quel dato e ne faccio tesoro ma questo vuol dire che le donne che qui muoiono devono continuare a morire?

Ripeto che davvero non capisco il punto. Io sono d’accordo sul fatto che non si debba farne motivo di richiesta di provvedimenti repressivi e autoritari ma questo non impedisce a me dal punto di vista culturale di cercare di prevenire. E la faccenda culturale, qui in italia, si compone del fatto che siamo ancora fermi e ferme ad una mentalità in cui se un marito ammazza la moglie i media dicono che lui era geloso e che l’amava tanto.

Sono certa che chi critica il termine femminicidio su questo non sia d’accordo e che come me consideri la maniera in cui vengono trattati questi delitti assolutamente anacronistica. E dunque ditelo, bisogna dirlo. In italia accade questo e siccome vogliamo migliorare, si spera, dovrà accadere altro di diverso e migliore.

Occuparsi di questo non toglie dignità ad altre lotte e altri bisogni. A noi non interessa che il tema sia mainstream oppure no. Qui non guadagniamo nulla se vive o muore una donna per mano di un uomo violento. Ma è una necessità di cui sentiamo di occuparci, dal personale al politico, esattamente come fanno i padri separati che dal personale al politico staccano un fenomeno dagli altri e lo fanno emergere per tentare di trovare una soluzione ai loro disagi.

La prospettiva per guardare alle soluzioni per i femminicidi è di genere perchè sono delitti con una chiara connotazione di genere così come lo è lo stupro. La connotazione di genere si inserisce nella scia di delitti compiuti e direttamente discendenti dalla cultura patriarcale che unisce odio di genere e controllo per le donne, i gay, le lesbiche, le trans e gli uomini che non sono fedeli ai ruoli assegnati.

I padri, per esempio, sono tra questi perché non si rassegnano a fare i genitori come si voleva un tempo, con esclusiva responsabilità di mantenimento ma vogliono occuparsi della cura del proprio figlio. E il fatto che a loro sia così difficile raggiungere lo scopo deriva proprio da una cultura patriarcale che ha insignito alle donne e lo impone ancora il ruolo di madre/cura e agli uomini quello di riproduzione/mantenimento. Chi poi veicola quella cultura, donne, uomini, chiunque, non ha importanza. Ma tutta la nostra struttura sociale è attraversata da problemi derivanti da una cultura che discrimina i generi, tutti i generi, se non aderiscono ai ruoli assegnati.

In tutto ciò chi ha rivendicazioni di genere da fare, per sganciarsi dai ruoli imposti, gay, lesbiche, trans che segnano e nominano per distinguerli i delitti di stampo omofobico, lesbofobico o transfobico, non viene qui a dirmi che il femminicidio non esiste perché i delitti che vedono come vittime alcune donne sarebbero identici a quelli che vedono come vittime gay, lesbiche, trans, perché è identica la radice ma diverse le cause, diversa la soluzione, diverso il ragionamento culturale a monte e diversa la battaglia da fare.

Lo stesso vale per gli uomini, i padri. Non siamo noi a dire loro che le vittime di cui parlano, di qualunque genere, siano da confondersi con tutte le altre perché ogni problema ha una sua specificità, c’è una battaglia culturale da fare e dunque una soluzione da individuare.
Perciò davvero non capisco perchè tanta ostinazione nel cercare, tra tutti e tutte, di ridimensionare, banalizzare ed escludere dalle battaglie di genere un fenomeno così ampio e deleterio quando riguarda le donne.

Sono le donne il problema? Perché se il problema sono le donne, giusto quelle, allora il ragionamento che sta a monte è quello si un passo indietro. Un enorme passo indietro perché cercare e trovare spazio per una rivendicazione di genere che finalmente riguardi gli uomini, inclusi quelli etero, non significa dover invisibilizzare le rivendicazioni delle donne. In special modo se le due cose non sono in conflitto.

Combattere contro il femminicidio è in conflitto con le rivendicazioni di genere degli uomini? e se si, perché è quello che ha detto Mazzola e di quello parlo, se la lotta contro il femminicidio opprimerebbe la lotta dei padri e per un diverso diritto di famiglia in che modo questo accade? Perché la mia lotta per non fare morire ammazzate per possesso delle donne dovrebbe inficiare la lotta di un padre che vuole stare con suo figlio?

Questo è il punto. In concreto. Dunque parliamone ma parliamo di cause e soluzioni.

NB: se volete seguire anche l’altra discussione sta qui.

Riporto però un altro commento che mi pare esplicativo di una ragione politica per cui Mazzola ha compiuto un grandissimo errore:

Del timore che una campagna che parla di stragi porti a soluzioni autoritarie avevo parlato QUI.
E in generale abbiamo affrontato e stabilito nuovi metodi di comunicazione politica perché abbiamo perfettamente colto il rischio che si alimentino pericolosissime derive autoritarie che sono già in atto e quindi proponiamo continuamente una riflessione che rimetta in discussione una serie di cose, legislazione inclusa, proposte, campagne mediatiche. Il rischio di una generalizzazione nell’accusa ad un intero genere lo abbiamo affrontato e spero risolto.
Mazzola, dunque, per i pochi spunti di discussione seria che propone è superato ma lo è nei fatti. Lo è per qualunque riflessione inclusa la nostra. Lo è dalla nostra pratica politica e che dunque quel minimo di ragionamento, espresso per quel che mi riguarda in modo offensivo perché mi ferisce personalmente oltre che in senso politico, perché mi relega, a me, a interpretare un ruolo che non è mio, perché offende e svilisce la mia lotta, questo ragionamento di Mazzola non ha più senso. Non lo ha non solo per noi ma non lo ha per gli stessi che lui ritiene di rappresentare.
Culturalmente e politicamente è solo deleterio. E’ quello il passo indietro che obbliga noi a tornare a puntualizzare cose imprescindibili. E’ quello il passo indietro perché obbliga ad un corpo a corpo che io pure in qualche modo respingo e rifiuto sempre in un’ottica costruttiva. E’ lui che vuole la rissa, che costringe a dividersi in schieramenti, lui che vuole la guerra tra i generi e non noi. Questo deve essere chiarissimo.
E’ lui che ha superato il perimetro della barricata, si è piazzato in mezzo a chi discute e ha ordinato di fare la guerra. E’ lui che con una bordata testosteronica via Media ha offerto spunti e motivi a chi si sente ferito per una ragione e per un’altra per ricominciare una guerra senza senso perchè è senza senso. E questa per me è una grave responsabilità politica che va anche molto oltre la questione in se’ o le sciocchezze che ha scritto. Quello che ha fatto Mazzola è provocare lo scontro e dare più forza a chi si erge per dire che il femminicidio è gravissimo e che merita una legge apposita. Mazzola ha fatto un grave errore perchè con quell’attacco ha semplicemente legittimato chi oggi con più forza può rivendicare percorsi autoritari. E in questo: vorrei capire davvero a parte che dare soddisfazione viscerale ad alcuni uomini feriti quale sia l’obiettivo politico di una uscita come quella di Mazzola. E non mi riesce di capirlo.
A chi legge: vi pare quello un modo per stabilire un confronto? Chiamare “ciance” le cose dette e scritte? Perché se quello vi pare un modo di buon senso per parlare di conflitti tra uomini e donne dove le donne ciancierebbero e gli uomini condurrebbero battaglie legittime e sofferte allora io non so davvero più che dire. Ecco.

Posted in Critica femminista, Pensatoio.


One Response

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. marco says

    io penso che articoli come quelli di Mazzola fanno parte di un giornalismo che “parte dal cielo”. Cioè non descrive dinamiche reali, sono conflitti interni al cervello del giornalista o della sua redazione o di una lobby che gli sta dietro, non so. Non molto di più

    la sensazione che avevo anch’io leggendo il suo articolo è che Mazzola non colpisse realmente chi analizza il femminicidio … diciamo che andava a vuoto, ma – un po’ come con Berlusconi o con Grillo – se sono molti ad ignorare dei parametri d’analisi intelligenti … allora anche Mazzola diviene un’opinionista di qualità
    La sua “qualità” è data dal fatto che il suo uditorio è impreparato… quindi magari per un anno o due ancora si passerà di bocca in bocca quelle analisi prive di fondamento perché appunto come dici tu costruite su conflitti che non sussistono

    cmq credo un po’ di danno lo fa pure un certo femminismo di maniera … cioè quello stesso femminismo che poi dei conflitti ed urla tra i generi un po’ alimenta
    e siccome il femminismo di maniera sui media grossi – col fatto che non crea veri problemi e pone domande che poco smuovono – ci arriva … probabilmente Mazzola (e il suo pubblico) a quel “femminismo” rispondono … anche perché credo solo quello hanno presente … non credo che sia gente che si occupi di questioni di genere …hanno voluto semplicemente sparare un’opinione … per altro credo contro delle femministe “di maniera” che a loro volta opinioni sparano

    un dialogo tra sordomuti più o meno, il che però non impedisce una buona dose di applausi… cosa c’è di strano? nulla, di tragico sì, ma non sono tragedie nuove. E’ roba storica