Skip to content


Femminicidio: la do a chi mi pare (e non mi puoi ammazzare)!

Dicono che parlare di donne morte non fa ridere. Non è abbastanza cool. Le donne devono presentarsi vive, desiderabili, disponibili e decorative perché altrimenti sai che noia. “E poi è estate – mi ha detto uno che ho incontrato – e dunque che vuoi che sia parlare di una morta se il mondo tutt’attorno è bello e siete “voi femministe” (mi ha chiamata proprio così dandomi del voi) che vedete tutto nero, e che noia, e che tristezza, e guarda me invece come sono felice e spensierato“.

Allora gli ho detto che la donna che è morta stanotte, ieri, stamane, non so, con un paio di forbici conficcate in corpo avrebbe voluto ridere anche lei e che fino a quando c’è anche un solo uomo che pensa che sia lecito ammazzare una donna perché la ritiene di sua proprietà non c’è proprio un cazzo da ridere. Ché noi ridiamo, eh, non c’è mica da aspettare i mattacchioni come te, ma il punto è che si ride di cose vive e non rimuovendo la morte che ci passa accanto.

Il femminicidio – quello che secondo l’Onu è in Italia un crimine di Stato, tollerato, coccolato dallo Stato – non è una cosa che ti capita se vivi di cattive abitudine, mangi e cachi male. E’ che qualcuno ritiene che in vigore esista ancora il delitto d’onore e tutti i media all’unanimità danno per buona la versione secondo la quale lei compiva un “presunto” (finezza paracula) tradimento e allora pensa sia corretto colpirne una per educarne cento perché sei con le spalle al muro.

Ci sono quelle che presentano chilometri di giustificazioni e pensano che per togliere legittimità all’assassino dovranno santificare colei che è morta dicendo che no, era tutta casa/chiesa/famiglia ché ancora in fondo anche tra noi si pensa che il problema sono le donne, si comportassero bene, come lui comanda, sarebbe servita e riverita, amata e custodita, tutelata e desiderata e invece ‘sta zoccola si permette di sputare sul virile compagno che ha le mani d’oro che sanno centrare il cuore con le forbici in un nanosecondo, ché ci vuole destrezza, che credete, e una capacità, un talento naturale che si affina con il tempo, con l’esercizio e con chilometri di educazione all’assassinio lecito di femmine, e questo capacissimo maschione sente addosso la responsabilità di rappresentare tutta la categoria e quando afferra l’arma sente il tifo, alè ohoh, una fila enorme di cazzi che lo acclamano e lo istigano e galvanizzati tutti a dire hop hop hop e fallo dai, dacci un brivido nostro eroe, mentre ella muore e loro dopo sono costretti ad abortire traumaticamente l’entusiasmo.

Perché la cosa che viene considerata grave in Italia è il dopo. ‘Sti cazzi, poveri uomini che non possono parlare della bellezza di quell’assassinio come vorrebbero. Se la dicono in branco, sottovoce, però anche lei, e cavolo, se l’è meritato, tutti intenti a dirla e non dirla, a trovare nuove modalità di legittimazione, s’era permessa di toccare un altro cazzo, ché non si può perché quando vai all’altare giuri fedeltà ad un pene e uno soltanto, e allora mi sono anche un po’ stufata e bisogna rivendicare il fatto che se anche una, non so lei, la donna morta ammazzata, che lascia due bambini piccoli, e tanto chissenefotte, ma le altre, vogliamo prenderci il diritto di dire che vaffanculo e che se scopo con un altro TU, brutta merda umana NON HAI alcun diritto di massacrarmi la vita con la tua esigenza di possesso?

O tua o morte? Ma fottiti, impiccati, sparati un colpo in testa, brutta merda che non sei altro ché ancora nel 2012 parli della mia fica come un accessorio che ti porti nel taschino da mostrare ai tuoi amichetti mentre dici “è mia”. Io posso scegliere. Noi possiamo scegliere e tu puoi scegliere di andartene ‘affanculo perché non camminiamo più con la cintura di castità e il corpo e mio e il sesso è sesso e tu sei frustrato e anacronistico e ancora fermo al medioevo e non è possibile che le donne paghino gli orgasmi con la vita.

Ancora oggi per insultare le donne dicono che con quello c’ha scopato, che non sei una “brava ragazza”, che non la dai solo a uno e sei un po’ troia.

Ma siamo felici di essere libere e non vogliamo catene e il tuo lucchetto mettitelo sul glande perché sulla mia vita non lo piazzi.

Non so alla fine cosa volevo dire, anzi si, a quell’amico che dice che “noi femministe” e bla bla bla ma tu, realmente, se una va con un altro cosa fai? L’ammazzi? Ti brilla ancora il mondo tutto attorno? Il mondo tuo fatto di privilegi e libertà che noi dobbiamo ancora conquistare?

E luima no, che dici, me ne fotto, passo avanti… non mi merita…io non tradisco“, ché è l’altra faccia del problema, colui che non ammazza e fa il superiore ma soavemente fa sopravvivere una cultura del possesso dove lei comunque passa per puttana. E dunque, chiedo, hai fatto un giuramento a lei e se ti tocca un’altra tu dici di no? Ma ti sei mai posto il problema che la monogamia è una minchiata inventata da chi sorregge la cultura patriarcale e il concetto di famiglia che fa bene alla chiesa e al welfare state?

Ok, ho deciso, per oppormi al femminicidio non devo piangere le vittime, bisogna invece promuovere il poliamore, scopo quando mi va e perché mi va, con chi scelgo di vivere e  solidarizzare poi è un’altra cosa. La mistica del corpo di proprietà di un@ ha da finire.

Leggi anche:

Se sesso corrisponde a possesso (che palle la monogamia)

Riflessioni sulle diverse alternative alla monogamia

Posted in Comunicazione, Corpi, Critica femminista, Misoginie, Omicidi sociali.


2 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. Francesca G says

    Ciao,
    secondo me sei un po’ OT con questa escursione sul poliamore e le forme alternative di relazioni sentimentali. Capisco però la tua indignazione e comprendo come le cose che ci feriscono di più tendano a mandarci un po’ fuori tema.
    Poiché l’articolo sul poliamore è chiuso ai commenti, e poiché mi hanno sempre incuriosito i modi di vivere la vita che non appartengono alle mie consuetudini, seguo il tuo “OT” postandoti una mia riflessione a proposito.

    Non credo che la monogamia sia un’innata caratteristica umana. Credo sia culturalmente determinata. Nel nostro caso, di persone aperte e pronte a mettersi in discussione, credo sia anche un fatto di scelta dopo un’attenta riflessione su se stessi e su quello che si vuole realmente.
    In realtà, personalmente, non riuscirei ad accettare una condizione di “poliamore” che mi coinvolgesse; prima di tutto perché dovrei “destrutturarmi” completamente dal punto di vista culturale (quasi etologico, direi) dal momento che certi schemi mentali monogamici fanno parte di me ab origine e non potrei abolirli come fossero estranei e semplicemente imposti. Seconda di poi non ho una libido sufficientemente esplosiva da portarmi verso lo scambio sentimentale con una pluralità di soggetti senza che questo susciti in me da un lato un profondo senso di angoscia, da un altro (sarà l’età che avanza) di spreco eccessivo di risorse. Riesco infatti a risparmiare per e concentrare energie sentimentali su una persona sola. Se poi si hanno figli si tocca con mano quanto le nostre risorse affettive (nel senso di riuscire a “dare affetto”, non tanto a provarlo) siano limitate, e quanto sia necessario organizzarsi per ben distribuirle. Certo è una questione di capire cosa si vuole dalla vita e di scegliere il modo migliore per costruirselo.
    Giusto per dare la mia opinione.
    FG

  2. vera says

    A proposito di poliamore, ecco un’iniziativa firmata UAAR a favore di matrimoni omosessuali, poliamore ed alternative alla famiglia tradizionale: http://www.verafamiglia.it/