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Il mito del Padre autoritario che evita le “devianze”!

[Rapunzel di Dina GoldStein, tratta dalla serie di magnifiche immagini “Fallen Princesses”]

Federica segnala questo articolo dicendo che non sa se è più imbarazzante il suo contenuto o il fatto che a scriverlo sia stata una donna. Chissà.

Io arrivo da una settimana di giri per l’Italia a dibattere di comunicazione, media, violenza, corpi lesbici, precari (a proposito: il report e le slides sull’appuntamento sui corpi lesbici arrivano a breve, le slides sui corpi precari e su donne, media e violenza sono già online).

Dopo tutte queste belle cose, ancora in giro per riprendermi da questo tempo di iperattivismo, con aggiornamenti sul terremoto da parte della falange (disarmata) emiliana/nordica di FaS, con qualche libro da leggere e recensire, con il Feminist Blog Camp da organizzare, mi ci voleva proprio un articolo da decostruire, alla maniera di Lorenzo, tanto per tenermi in esercizio.

Suvvia, fatelo con me.

La fonte è L’Avvenire.

Rubrica sull’educazione. Titolo: “Ragazze, c’è papà di guardia.”. 

E già rabbrividisco perché se il target educativo è la consegna della illibatezza delle fanciulle al “padre” (padrone dei nostri corpi?) mi pare di sentire l’eco della mia trisavola. E si che perfino da noi, in Sicilia, le cose sono un po’ cambiate.

E vado all’analisi del testo:

Lei ha 16 anni, la sera esce con gli amici. Ma se all’una e un quarto di notte – 15 minuti dopo il tempo stabilito – non è ancora tornata, un padre «come si deve» non aspetta inerte in salotto, ma sale in macchina e la va a cercare.

[non fa una grinza. ella vuole che si spacchi il minuto e dopo solo 15 minuti c’è da allertare i pompieri e i militari tutti. senza parlare di questa figura mitologica del padre-salotto, testa e torace d’uomo e poltrona incorporata, che se ne resta lì seduto in gran silenzio e possibilmente al buio, ad aspettare la donzella per poi effettuare pluricontrolli e regalare bollini di congruità sulla verginità mantenuta]

E quando lei uscirà con un ragazzo – perché capiterà, prima o poi: le figlie non vanno alle elementari in eterno –, lo stesso padre non permetterà che lui l’attenda in strada: pretenderà invece che entri in casa, che si presenti e, guardandolo negli occhi, gli farà capire che lo ritiene responsabile di quello che succederà alla sua bambina.

[Siamo alle istruzioni guerresche. L’interprete della cultura patriarcale assegna all’uomo un incarico di utilità, quello dell’orco (ma perché non lo fai tu invece di assoldare un cecchino e far passare lui per il cattivo?). Insomma lei avverte (e grazie) che le bambine crescono (ma va?) e ‘sto padre dovrà fare il sorvegliante del corpo della figlia e poi anche l’intimidatore di professione di tutti coloro che oseranno frequentarla. Un po’ come nei film americani anni ’50, in cui il father guarda lui e gli fa intendere che lei non è in grado di difendersi da sola, è un corpo inerme, privo di autonomia, le cui decisioni nulla contano, una specie di fantoccio debole e indifeso e dunque avviene una specie di passaggio di proprietà, sicché lui l’affida all’altro affinché la “difenda”. Non viene in mente che lei potrebbe voler mandare a quel paese entrambi. e vabbè.]

[Biancaneve, di Dina Goldstein]

Bambina, sì, perché a 16 anni (ma anche a 18 o a 20) le ragazze hanno bisogno ancora e sempre di una guida. Quindi, padre (spesso confuso) di un’adolescente, occorre restare sul campo di battaglia. Proteggerla. Difenderla. Intervenire. Alzare barriere intorno a lei. Non lasciarla sola, alla mercé di sé stessa e di una società che la vuole far crescere prima del tempo.

[Si ribadisce che la sostanza di questa donna è di essere una eterna bambina che non è in grado di intendere e volere, un po’ da coccolare, da controllare, sorvegliare, da internare, ma fa più figo ed è tanto più politically correct dire che sia da “proteggere”. Il padre, ancora lui, ché ci fa bene ribadire che gli uomini devono aspirare al ruolo di cattivi della genitorialità, hanno da trasformarsi in cavalieri senza paura, guerrafondai e discretamente competenti in questioni edili, giacché alzar barriere e torri in cui rinchiudere le principesse (che dovranno essere “salvate” da altri uomini?) deve essere un lavoro duro, e poi restare sempre con lei, e isolarla dal mondo intero, vietarle di andare a scuola, guardare la tivvù, leggere i giornali, farsi contaminare da questa sporchissima società che ogni tanto, tra varie sconcezze e superficialità, può dire che lei è un soggetto autodeterminato e che – volendo – può anche scegliere di farsi crescere i capelli, fare una lunga treccia, e poi fuggire dalla sua torre dorata dicendo addio mamma e addio papà e pensate voi che per andarmene non ho avuto bisogno di un uomo ma mi sono laureata o sono andata a fare la cameriera ad Amsterdam.]

Una prospettiva rivoluzionaria, in tempi di disimpegno educativo come quelli che viviamo. In tempi in cui padri (e madri) si dedicano a spa e massaggi, running, free climbing e bungee-jumping, convinti (o, meglio, speranzosi…) che il loro compito termini quando i figli sono alle superiori. Che, dopo essere diventati degli assi a cambiare pannolini e a preparare pappe – i giovani papà questo l’hanno imparato, ed è già stata una conquista – beh, adesso tocca a loro giocarsi la partita. Soprattutto se femmine, perché quando crescono la delega alla madre diventa in bianco: i padri, semmai, si limitano a un ruolo «di spalla», perché donna con donna ci si capisce di più. Sbagliato, sbagliatissimo. È vero esattamente il contrario: il bello, per padri di figlie femmine, viene proprio con l’adolescenza. Sono loro a costruire il modello di uomo a cui in futuro le figlie si avvicineranno. È sotto lo sguardo del padre che una bambina diventa donna. Dunque, come non si può disertare al ruolo di padre accanto ai figli bambini, questo vale ancora di più con i teenager.

[Qui la editorialista o rubrichista che dir si voglia immagina che i genitori siano tutti di rango superiore, ché dei disoccupati e dei precari che  non hanno un soldo neppure per campare è chiaro che non ce ne frega niente. Loro non esistono e tanto basta. Dopodiché insiste sul ruolo del padre padrone e del recupero dell’autoritarismo genitoriale “soprattutto se femmine” perché i “maschi” li lasciamo scorribandare come pare a loro, ché tanto non hanno futuro, possono tranquillamente essere deresponsabilizzati quando fanno sesso, ed è importante leggere di questa madre alla quale i padri lascerebbero delega in bianco (???) per istigare la centralità di un ruolo (quello paterno) che dovrebbe essere quello di costruttore (ancora l’edilizia! è giornalismo o è il manuale del perfetto geometra?) del modello d’uomo al quale le figlie si avvicineranno. Immagino che la manualista del bon ton per le fanciulle d’altri tempi sarebbe oltremodo sconvolta all’idea di sapere che le ragazze non sono tutte etero, che ogni tanto pomiciano tra loro, che quando scelgono un tipo con cui fare sesso non cercano un “modello” standard (quello lo recuperi al supermercato) ma vogliono quello che piace a loro e che immaginare di volere per la propria figlia il modello d’uomo “protettore” (che fa tanto magnaccia o in alternativa di uomo con diritto proprietario che al primo vagito di libertà della donna te la accoppa in men che non si dica) che insiste con lo sguardo di sorveglianza (peggio del grande fratello… brrrr), una specie di genitore stalker dal quale, per fortuna, oggi ci si può difendere, è proprio sperare il peggio per lei. La meraviglia dell’essere genitori è quella di sperare che le figlie e i figli sappiano difendersi da soli/e, che siano autonomi/e nelle proprie decisioni e che abbiano sufficiente autostima da mandare a quel paese anche i genitori se questi sono deleteri per la sua esistenza.]

La chiamata dei padri alle armi arriva da una pediatra americana di lunga esperienza, Meg Meeker, madre di quattro figli. Nell’ultimo decennio ha visto il suo studio riempirsi di quattordicenni depresse, anoressiche, bulimiche, con il cuore a pezzi. Colpa della libertà in cui vivono e anche del fatto che nessuno dice loro con fermezza e autorevolezza quali sono le regole della casa e, soprattutto, che le facciano rispettare. Cari padri, chiede la Meeker in Papà sei tu il mio eroe (Ares, pp. 256, euro 16), volete questo destino di infelicità per le vostre figlie? Volete chiudere un occhio quando passerà le notti in bianco in discoteca? Volete che all’università passi il tempo a imbastire “storie” perdendo di vista l’obiettivo? Volete vederle uscire di casa a 12 anni in minigonna e top? I padri possono impedire tutto questo, sostiene con piglio tutto americano la Meeker. Lo possono fare perché proprio da loro – gli uomini di casa – le figlie cercano l’autorità, la fermezza. Non l’amicizia, non la complicità: proprio le regole. Li odieranno, ma li rispetteranno. E sapranno che c’è qualcuno che le ama.

[E da dove poteva venire questa “chiamata alle armi” per i padri se non da una americana che dall’alto della sua cognizione scientifica decide di attribuire la responsabilità dei disagi delle adolescenti alle madri e di riconsegnarle all’autoritarismo di un padre padrone per risolvere? Tanto varrebbe dire che bisogna chiuderle in carcere, privarle del loro diritto a scegliere e poi evitare di porsi troppe domande quando c’è da analizzare la complessità sociale dei contesti nei quali le ragazze sono obbligate a crescere. E quella complessità sociale include anche personalità un po’ distorte e bacchettone che immaginano che privare le ragazze della propria volontà di agire e medicalizzarle (o, in alternativa, criminalizzarle) sia una cosa sana invece che quella cosa morbosa che poi in realtà è.]

Però occorre rimboccarsi le maniche e capire, come scrive nella prefazione Mariolina Ceriotti Migliarese, «qual è la parte che compete loro nei confronti delle meravigliose piccole donne di oggi, così sfrontate, così vulnerabili, così esigenti, così belle…».  L’adolescente, spiega la Ceriotti Migliarese, «ha bisogno che iI padre, primo rappresentante per lei del mondo maschile, ottenga la sua stima e le insegni cosa può e deve aspettarsi da un uomo; che le insegni il rispetto di sé stessa attraverso il rispetto che lui le dimostra». Una donna che è stata amata e rispettata dal proprio padre «non ha bisogno di lottare contro il maschile perché può riconoscerlo complementare a sé».

[C’è anche una pre-faziosa (e rubo il termine dal libro di Autistici/Inventati che potete scaricare online) e a parte il fastidio nel leggere di “piccole donne” e di sfrontatezze e vulnerabilità da chi supporta moralismi di questo tipo proprio non capisco come una figlia possa riconoscere il “maschile” come complementare a sé se quel “maschile” agisce il ruolo di sorvegliante autoritario della sua esistenza. E’ un ruolo infame e c’è da essere certe/i che quella figlia, al passo successivo, come minimo fugge e si va a cercare un tipo sbracatissimo, che ciuccia alcool da mattina a sera e che si spara in vena overdosi di qualunque cosa. L’austerity familista è una politica perdente perché ne sono state vittime in tante/i e quel recupero di relazione con il “paterno” si è avuto solo quando i padri sono stati osservati e visti come umani comprensibilmente spaventati nella gestione di un ruolo difficile stracolmo di responsabilità. Ci vuole equilibrio nella gestione della genitorialità e ci vuole corresponsabilità, per cui non può essere il “padre” a insegnare il “rispetto per sé stessa” che poi significa metterle una cintura di castità culturale e pratica per arrivare vergine fino al matrimonio. Rispetto per sé? Una ragazza ne avrà tanto quando sarà in grado di fare sesso solo perché lo vuole e perché le piace, quando esigerà rispetto mentre dice no senza curarsi della morale, senza avallare regole bigotte che le impongono di dire no quando vuol dire si, di aspettare che l’altro faccia la prima mossa, di non darla mai subito perché altrimenti sei poco seria, e bla bla bla…]

Sembra facile, ma per stare accanto in modo consapevole a una teenager bisogna attrezzarsi. Nella pratica, occorre dimostrare affetto e accoglienza ma nella fermezza. Niente pigiama party a 13 anni, niente discoteche fino a 16, niente vacanze «solo ragazzi», orari ferrei per il rientro alla base. Se da un’amica, durante un ritrovo, la piccola ha bevuto troppe birre, be’, in quella casa non ci entrerà più. Se c’è bisogno di una punizione, nessuna paura a darla. Nessun imbarazzo a dirle che il suo corpo esige rispetto, che deve aspettare e non cedere alle pressioni dei ragazzi. Sono le regole di casa, dovrà rispettarle. Ma perché deve essere proprio il padre a sobbarcarsi il «lavoro sporco»? Perché la sua presenza attiva in famiglia è una buona assicurazione contro la devianza, l’abbandono scolastico e, per entrare in ambito di comportamenti sessuali, la promiscuità, i rapporti e le gravidanze precoci. E poi perché quella del padre è l’immagine di uomo con la quale la figlia crescerà. Se sarà autorevole e determinato, cercherà un compagno di vita autorevole e determinato. Se sarà distratto e superficiale, menefreghista e poco affettuoso, è probabile che anche lei si accontenterà di un marito così, andando incontro a disastri sentimentali. Potrebbero sembrare semplificazioni all’americana, ma queste considerazioni sono supportate da una gran mole di ricerche. Regole, controllo, severità. Ma il padre di una teenager sa come può essere duro tutto questo, quali scenate e pianti e urli e ricatti emotivi si scatenano in casa. L’importante è non arrendersi e accompagnare le regole con il dialogo e con le giuste motivazioni. Ne vale la pena. I padri che sogna la Meeker sono gli stessi che immaginava Barack Obama quando in un discorso in campagna elettorale (era il 2008) disse: «Padri, siate migliori».

[A parte che queste equazioni mi sembrano veramente tratte dalla matematica più spicciola, roba da sillogismi dei primordi storici per cui se a vuol dire a e b vuol dire b allora a e b vogliono dire ab, direi che questo padre, un po’ come il dio di certi cristiani, padre padrone e tutto, tutore, Stato, benevolo e autoritario, che ti punisce, vieta, ti insegna a resistere “alle pressioni dei ragazzi” (mai pensato che le ragazze abbiano una sessualità propria e che siano loro a scegliere quando fare sesso?), con questa retorica mistica un po’ da resistenza delle sante maria goretti del rispetto per il corpo ove “rispetto” sta per “orgasmo mai”, più che un genitore responsabile è solo uno che assume un potere di controllo e l’agisce alla maniera più vecchia del mondo. La verginità delle figlie sarebbe una “regola di casa”? Come portare giù l’immondizia e rimettere il succo di frutta in frigo dopo averlo bevuto? Come mettere il tappo sul tubetto del dentifricio? Ma LoL. Ecco perché le figlie un tempo scappavano con il primo stronzo che capitava. Senza sapere cosa fosse il piacere, confondendo la passione e il sesso con l’amore. E dire, senza mezzi termini, che le ragazze in mano alle madri o ai padri NON autoritari siano prossime alla “devianza”, all’abbandono scolastico, alla promiscuità (???), alle gravidanze precoci (e no, quelle sono di chi non ha la più pallida idea di cosa siano i contraccettivi), è una sciocchezza enorme. E questa cosa che per effetto di qualità traslate la donna se ha un padre stronzo si becca un uomo stronzo e se ha un padre buono si becca un uomo buono è una banalissima leggenda che fa ridere i polli.]

Un richiamo giusto, soprattutto se cade in una società come quella americana, in cui il 70% dei giovani non vive con il proprio padre naturale. A maggior ragione, essere un padre efficace vuol dire togliersi del tempo per stare con le figlie, concentrarsi su di loro, mettere a punto un piano educativo fin da quando sono piccole, non mettere al primo posto né carriera né sport né vita sociale ma proprio loro.  Dell’importanza della figura del padre si parla ormai da anni, anche in Italia non mancano studi (anche se, per la verità, concentrati sui figli piccoli), ma quel che conta, alla resa dei conti, è la pratica: e questo libro insegna come un padre può tornare a essere, come è sempre stato, quello che detta le regole in casa. Con una nuova amorevolezza, certo, con un nuovo coinvolgimento affettivo, ma pur sempre con autorità e fermezza.

[Arriviamo al punto, infine, si tratta di padri che non vivono con i propri figli e che teorizzano la necessità autoritaria della presenza paterna immaginando che senza un padre non sei niente e finisci a fare il serial killer o la baldracca da quattro soldi (in spregio al sacro valore dell’imene). Ma che bisogno c’è di diffondere ideologie così prive di senso, catto/conservatrici per dire che i padri hanno diritto a stare con i figli e che i figli hanno diritto a stare con i padri? Bisogna ragionare: la maggior parte delle violenze avviene in famiglia per mano di genitori “presenti” e se i padri non sono stati presenti nella vita dei figli – e prescindeva dalle separazioni proprio perché i padri, indotti a esercitare doveri di lavoro produttivo fuori casa, estromessi dal lavoro di cura – lo si deve proprio a questa logica perversa per cui se vuoi essere padre devi lasciarti assegnare un ruolo autoritario o altrimenti niente.
C’è un libro bello, di Luigi Zoja, si chiama “Il gesto di Ettore” che parla di padri normali e non di padri mostri. E la normalità del padre è di cura e attenzione, di comprensione e quiete, di responsabilità, senza sollecitare divisioni di genere, senza immaginare la paternità come occasione per agire ripicche contro l’altro sesso, senza piegarsi alle imposizioni distruttive di uno Stato/Clero che gli impone il ruolo di aguzzino. Il padre, come la madre, è quello che ti insegna in primo luogo la libertà, che valorizza la tua indole, che ti regala le parole per aiutarti a produrre rivendicazioni, che non si pone da sorvegliante, che non si lascia vivere come un proprietario/dittatore che limita le tue esigenze e la tua ricerca di relazioni, che è presente qualunque cosa accada e che evita di essere paternalista. Insegnare ad una figlia che non può contare sul proprio buon senso e che senza un uomo che la tutoreggia e la sorveglia non è niente infonde insicurezza e aggrava la mancanza di autostima. Un genitore aiuta una figlia (e un figlio) a stare a spalle dritte e a saper fare da sola. Questo fa un padre. Questo fa una madre. E per le “devianze” diciamo che leggere articoli del genere ne produce parecchie. Tipo che io, ora, mi sento davvero tanto “deviata” e ho proprio voglia di un orgasmo all’unisono con tutte le figlie sorvegliate del mondo. Così, tanto per dire.]

Posted in Critica femminista, Misoginie, Pensatoio, Satira, Scritti critici.


11 Responses

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  1. Paolo84 says

    “Mi piacerebbe sapere se si immagina anche una madre onnipresente e invadente per il figlio maschio (e non sarebbe certo più giusto)”

    cioè mi piacerebbe sapere se la immagina come una cosa positiva

  2. Lorenzo Gasparrini says

    Ci mancavano le regole d’ingaggio per i padri. Davvero complimenti alla Antonella Mariani e alla sua visione poco poco classista, com’è stato fatto notare giustamente. La cosa che mi ripugna di più è la fine tecnica retorica (del tutto involontaria, dato che è introiettata da anni e anni di addestramento alla cultura maschilista) che mescola sentimenti comuni a luoghi comuni per accoppiarli ai vecchi paradigmi fascisti di controllo dell’uomo sulla donna e di gerarchia familiare, del padre sulla figlia. Non a caso in tutto questo articolo che vorrebbe dire qualcosa sul rapporto tra padre e figlia non c’è la parola amore, se non in un vago accenno all’ultima riga, per mettere “l’amorevolezza” ben dietro “autorità e fermezza”. Ancora complimenti.

  3. Paolo84 says

    “ma insistere sul ruolo del “padre guardiano” in maniera così pressante non mi piace”

    ovviamente guardiano solo della figlia! Mi piacerebbe sapere se si immagina anche una madre onnipresente e invadente per il figlio maschio (e non sarebbe certo più giusto)

  4. Fede85 says

    come detto anche su fb quando l’ho letto ho riso e non poco..mi piacerebbe sapere il parere della giornalista(o pseudotale) che l’ha scritto se questi fantastici consigli sono applicabili anche ai preziosi figli maschi oppure no

    e comunque ribadisco che un articolo del genere firmato da una donna è per me una cosa assurda..il maschilismo portato avanti dalle donne è il vero male (secondo me)

  5. fikasicula says

    @uomoinpolvere

    intanto benvenut@ (anche noi ti leggiamo spesso!)
    sono così d’accordo con te che ieri, a Firenze, il mio intervento è iniziato proprio dicendo che non ci possono essere patti interclassisti e che quando di parla di precarietà da un punto di vista di genere bisogna che le lotte siano antirazziste, antifasciste, antiautoritarie e antisessiste. Non ci sentiamo accomunate/i alle donne in quanto donne e neppure ai precari in quanto precari:. 🙂 http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/06/02/corpi-precari-e-di-servizio/

  6. Mary says

    La teoria che poi le donne sarebbero eterne bambine c’è appunto in quei paesi dove nemmeno possono votare e prendersi la patente perchè sotto la protezione del padre e del marito (quando poi la cedono a lui) che diventa una gabbia per lei. Io ho 24 anni e i miei genitori mi considerano un’adulta giustamente, io spero che questa signora non abbia mai figlie femmine perchè le poverette avranno le mutande in ferro ( o cintura di castità). Se poi frequentare un ragazzo significa per lei che lui sta facendo del male alla ragazza e il padre dovrebbe salvarla secondo me questa ha avuto brutte esperienze con gli uomini o i ragazzi.

  7. uomoinpolvere says

    “È sotto lo sguardo del padre che una bambina diventa donna.”

    Agghiacciante. E questi parlano di “devianza”.

    E’ agghiacciante ovviamente anche per i padri. Provo a esprimere il mio punto di vista di maschio (non ancora padre), sperando di non far male. Quando leggo “A maggior ragione, essere un padre efficace vuol dire togliersi del tempo per stare con le figlie, concentrarsi su di loro, mettere a punto un piano educativo fin da quando sono piccole, non mettere al primo posto né carriera né sport né vita sociale ma proprio loro.” lasciando inizialmente perdere la carriera e lo sport, che significa “No vita sociale”? In pratica il modello proposto sarebbe un disadattato totale, che rinuncia totalmente alla propria non dico “realizzazione” ma alla propria esistenza tout-court, per sfogare poi questa rinuncia tutta in famiglia. Il marito alcolizzato con cui la figlia scapperebbe non è effettivamente molto diverso dal padre che si teorizza, in questo assurdamente potrebbe aver ragione! Questa è la strada maestra per il femminicidio in senso lato e nei casi tragici in senso proprio.
    Ed è anche un bel progetto di annullamento delle istanze di riscatto sociale ed egalitarie: se non devo far carriera né curarmi di me (no sport = posso anche dimenticarmi di avere un corpo) non devo neppure preoccuparmi del perché, eventualmente, la carriera mi è già negata di suo. Tanto ho una figlia a casa che m’aspetta, da sorvegliare e punire. Fate notare giustamente che il quadro tracciato sembra dimenticare i “disoccupati e dei precari che non hanno un soldo neppure per campare”, io penso che più che dimenticarli imponga *proprio a loro* un modello che, oltre a tramandare il patriarcato più deteriore, neghi la loro appartenenza di classe, cucendogli addosso obiettivi tutti e solo “privati”, *deviandoli* a tutti gli effetti, negando anche loro (“essere un padre efficace vuol dire togliersi del tempo” – un padre *efficace* – *togliersi* – aargh).
    Io credo che gli obiettivi di classe e le istanze femministe siano inscindibili, se intesi correttamente, nella nostra società biocapitalista, e con ciò non voglio tanto dire che le istanze femministe “debbano” essere anti-fasciste e anti-autoritarie, ma che proprio quelle di classe non possano prescindere da quelle femministe, perché non possono prescindere dal fatto che il potere a cui si oppongono sia *essenzialmente* un biopotere.

    Leggo spesso il vostro blog ma questa forse è la prima volta che lascio un commento, o una delle prime: spero di non aver scritto troppe castronate.

  8. Mary says

    Ma dove vive questa? Comunque l’Avvenire è lo stesso giornale talebano che giorni fa diceva che se gli uomini ammazzano è colpa delle donne che sono adultere…quindi non c’è da stupirsi più di tanto visto che sono giornali abbastanza misogini appunto per la loro ispirazione cattolica.. Comunque però due righe le vorrei scrivere anche io perchè è vergognoso che la stampa riproponga questi modelli patriarcali che poi sono la causa dei femminicidi e i delitti d’onore.
    Che lo abbia scritto una donna è ancora più schoccante, nemmeno le donne dei paesi arabi si vantano così tanto delle loro catene..

  9. Paolo84 says

    sì l’articolo pare anche a me un po’ antiquato, è normale che i genitori (padri e madri) si preoccupino dei figli (maschi e femmine) adolescenti e le loro frequentazioni, ma insistere sul ruolo del “padre guardiano” in maniera così pressante non mi piace, strano poi che l’articolista non si preoccupi del fatto che la figlia di un padre autoritario potrebbe scegliersi un compagno autoritario…non è automatico, ma può succedere così come può succedere di diventare violenti/e o di scegliersi un partner violento se hai avuto genitori (padri o madri) violenti. Non si possono stabilire automatismi in queste cose.

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