Qualche giorno fa Lorella Zanardo ha pubblicato la segnalazione di un articolo che parla del caso Dsk e di uomini di potere. L’articolo è stato pubblicato non su un blog qualunque ma nientemeno che sul Time. La riflessione aperta da Lorella parla di giornalismo e di censura. Del fatto che in Italia non si può parlare di certe cose o se ne può parlare solo stretti da recinti precisi. Dentro uno di questi recinti deve essere rimasto incastrato Sergio Di Cori Modigliani che aveva scritto un articolo che parlava di violenza sulle donne e della maniera in cui in Italia si sta affrontando il caso Dsk. Il suo articolo non è stato pubblicato dal Corriere perchè giudicato “inappropriato” e dunque eccolo sul blog della Zanardo e poi della Lipperini e noi ci prendiamo il lusso di prenderlo in prestito e farlo girare ancora perchè non c’è nulla di inappropriato nel parlare di violenza sulle donne e sicuramente non è inappropriato se a parlarne è un uomo. Buona lettura!
>>>^^^<<<
Sono uno scrittore professionista e giornalista, ritornato in Italia da qualche mese dopo una permanenza di 22 anni all’estero, in California, per la precisione, dove lavoravo come corrispondente estero.
Ho incorporato quindi un modello culturale difficile da comunicare in Italia, oggi divenuto un paese regredito.
Qui di seguito un articolo che doveva uscire sul corriere della sera ma è stato definito “inappropriato”. Mi hanno spiegato che di questo argomento “è meglio non parlarne” e soprattutto “è meglio che non sia un maschio a parlarne”.
Mi piacerebbe sapere il perchè.
Sergio Di Cori Modigliani
Una tragedia italiana: il lusso che non possiamo permetterci.
(in calce all’intervento di Maria Laura Rodotà)
Roma. 23 maggio 2011.
Sex, lies, arrogance: “Sesso, bugie a e arroganza: che cos’è che trasforma i maschi, quando diventano potenti, in porci?”. Questo è il titolo in copertina di un numero speciale dell’autorevole settimanale americano Time, oggi in edicola. Affronta di petto un tema che da molto tempo è diventato centrale nel dibattito sociale in corso nelle democrazie occidentali più evolute, dalla Germania alla Gran Bretagna, dai paesi scandinavi agli Usa e alla Francia: come affrontare l’aumento spaventoso di aggressioni sessuali, violenza contro la persona, e abusi personali contro le donne che –ed è questo il tema dell’articolo e del dibattito oggi in prima pagina su tutti i media statunitensi- si sta diffondendo come moda perniciosa tra gli uomini potenti, la maggior parte dei quali appartiene e proviene da un ceto sociale privilegiato e da un censo superiore?
In Italia, la notizia è stata pubblicata e diffusa da tutti i media, nessuno escluso, che hanno scelto di destinargli un ruolo marginale rispetto alle telefonate tra Bossi e Berlusconi, gli indici di ascolto di Sgarbi, o gli ormai triti e ritriti commenti sui festini ad Arcore. Ma qualche giorno fa, una scrittora italiana di origine spagnola, Carmen Llera Moravia, ha pubblicato sul Corriere una breve lettera, davvero encomiabile nella sua cifra sentimentale, quanto pericolosa nella sua irresponsabilità sociale dal lieve ma palpabile taglio gossip, che non ha suscitato eco alcuna, sostenendo che Strauss Kahn è un gentiluomo dolce, generoso, incapace di atti come quelli che gli sono stati imputati.
Dopo qualche giorno, sempre su questa testata, è apparsa una risposta a quella lettera, firmata Maria Laura Rodotà. Tutt’altro stile e motivazione. L’intervento della Rodotà, infatti, conteneva diverse enunciazioni forti –vere e proprie esche pepatissime- presentate con garbo, con solida argomentazione, e con una qualità di raziocinio che offrivano un’ottima scusa per dare inizio a un dibattito sulla violenza sessuale da parte dei maschi potenti sulle donne che occupano un ruolo socialmente e professionalmente subalterno.
Dopo aver letto con estremo piacere intellettuale la lucida argomentazione della Rodotà, immaginavo già (nella mia fantasia utopistica) che sul tavolo del direttore si sarebbero rovesciate una valanga di lettere, commenti, interventi, provenienti dai settori più disparati della nostra società civile: dalla Santanchè alla Finocchiaro, dalla Bonino alla Polverini, dalla Marcegaglia alla Camusso, dalla Maraini alla Murgia, dalla Perini alla De Gregorio, dalla Moratti alla Mafai, e così via dicendo. Un’ottima occasione per essere testimone di un bel confronto trasversale destinato a discutere su un argomento ostico –ma reale- che riguarda l’intera società occidentale. Fino a quindici anni fa sarebbe stato così, non ho alcun dubbio al riguardo. Esattamente come da dieci giorni sta accadendo in tutte le democrazie occidentali, sulle prime pagine dei loro quotidiani, in tutti i loro talk show televisivi, per radio, sulla rete, su facebook e su twitter.
Invece, non è accaduto nulla.
Da noi, la stimolantissima miccia innescata dalla Rodotà non ha preso fuoco perché nessuno ha voluto accenderla. Mi sono chiesto, naturalmente, il perché. Soprattutto in un paese come il nostro dove basta poco o niente (e spesso per motivazioni risibili e irrilevanti) scatenare polemiche e zuffe tra intellettuali e pensatori di sponde opposte.
Ho girato questa mia perplessità a diverse persone, di cui alcune membri eccelsi della ricca pattuglia di opinionisti, e ne ho ricavato –pur nella loro differenza- una agghiacciante quanto tragica similitudine, questa sì drammaticamente trasversale, che sintetizzata dovrebbe suonare pressappoco così: “parlare dell’affaire Strauss Kahn e delle implicazioni che esso comporta è un lusso che noi non possiamo permetterci”.
Perché la nostra norma si è ormai abbassata, appiattita, e siamo quotidianamente obbligati ad occuparci di aspetti, fatti e accadimenti che –in verità- poco hanno a che fare con delle realtà psicologiche e sociali che invece appartengono alla collettività nazionale. Hanno anche aggiunto, in molti, il fatto che “in questo momento è meglio non parlare di quest’affare perché il rischio che finisca per riaprire la questione di Ruby & co. è troppo alto” (e questo davvero non riesco a comprenderlo.
A questa tragica considerazione va aggiunta la penosa marea di idiozie da vera e propria leggenda metropolitana sub culturale che identificherebbe Strauss Kahn in una vittima di un complotto anti-semita internazionale. Come intellettuale ebreo pensante protesto vivamente per queste stupidate che –e sia questo molto chiaro- disonorano chi le diffonde, chi le sostiene, chi le evoca. Sono scempiaggini pericolose. Si tratta di tutt’altro e di ben altro.
Il silenzio e la latitanza di risposte allo splendido intervento della Rodotà è invece il sintomo chiaro e inequivocabile che identifica la nostra società attuale come una società borderline, ovverossia squilibrata nelle sue facoltà di esercizio razionale.
Talmente abituati a vivere sull’orlo di una continua debacle, di catastrofi socio-politiche annunciate e di emergenze costanti e continue quotidiane, da essere ormai inconsciamente assorbiti da questa enorme pattumiera mediatica al punto tale da essere andati a finire completamente fuori dal dibattito mondiale delle società che contano.
Penso che sia questo, invece, “il lusso che davvero non possiamo permetterci” pena l’esclusione per sempre dalle palestre, circoli e ambienti che davvero contano. Dobbiamo ritornare a seguire l’autentica quotidianità, approfittando degli spunti che la cronaca ci offre per parlare dei problemi veri. Non è certo un caso che nel programma elettorale dell’avvocato Giuliano Pisapia e in quello della signora Letizia Moratti non vi sia neppure un rigo destinato a spiegare come intendano affrontare lo spaventoso aumento della violenza sessuale sulle donne nella città di Milano e nel suo hinterland, dove i dati ufficiali ci spiegano che nell’ultima decade sono aumentati del 456%. Neppure una parola. L’evento, non è neppure menzionato.
Come se, invece, accadesse soltanto a New York, Parigi, Berlino, Londra e non anche da noi.
E’ l’atroce silenzio degli italiani e delle italiane che pensano, questo è il lusso che non possiamo più permetterci.
E’ necessario manifestare la propria opinione. Perché su questo argomento ci si giocano, ma per davvero, le possibilità di aderire o non aderire al consesso delle società avanzate che a pieno titolo potranno domani sostenere di poter essere definite evolute.
Leggi anche:
Una questione di riconoscimento: la violenza negata nel caso Dsk
Stupratore di classe (e di razza) – di Marginalia
Caso Dsk: solidarietà per la donna che l’ha denunciato per stupro!
Donne che subisconono violenza e il ricatto: ti credo e ti appoggio solo se mi sei utile!
Travaglio e le sue battute sullo stupro
Repubblica e la compassione per un accusato di stupro
Su Repubblica si sollecita la *comprensione* per un accusato di stupro
Test: scopri il falsabusista e negazionista che è in te!
Comunque scrittora non si può leggere, ma l’articolo è più che valido.