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13 febbraio: donne=nazione? Anche no!

Della manifestazione del 13 febbraio sapete tutto. Noi ci saremo. Con gli ombrelli rossi. Saremo una massa critica che racconta una differenza, anzi più d’una. Alcune le abbiamo ribadite in questi giorni. Altre saranno espresse nelle piazze, con striscioni, volantini e corpi che raccontano altri motivi e un modo differente di rivendicare diritti.

Oggi leggiamo che sul blog principale che pubblica l’appello rivolto alle “donne italiane” (quelle straniere non ci riguardano?) è stato inserito un vademecum in cui si spiega che non si intendono fare distinzioni tra donne perbene e donne permale. Questo ci sembra bello e non c’è alcun dubbio sul fatto che ogni critica rivolta è comunque sempre politica e tiene sicuramente conto delle reciproche posizioni e della buona fede di tutt*.

Però continuiamo a sentirci schiacciate da concetti che non ci piacciono e ancora è necessario raccontarvi il perchè.

Alla fine del vademecum vengono elencati alcuni degli slogan scelti (dalle organizzatrici?) e tra questi ce ne sono due che ci procurano una generalizzata orticaria:

La dignità delle donne è la dignità della nazione
La dignità della nazione è la dignità delle donne

Generalizzata perchè il disagio viene da donne, uomini, tutte le soggettività che più o meno compongono la nostra community (grazie a Lucha per aver lanciato la discussione in mailing list).

Provo allora a raccontare, dal personale al politico, perchè questi due slogan a me non piacciono in modo definitivo.

E’ un concetto che evoca dei passaggi cruciali della mia esistenza, traumi personali e culturali che immagino di poter condividere con molte altre donne e anche molti uomini.

Il concetto di “dignità” per le donne è una specie di recinto, una prigione. Espresso assieme al termine “nazione” ricorda quel delitto contro la morale comune che obbliga le donne ad agire con “dignità” per non intaccare la reputazione del branco di appartenenza. Comunità, famiglia, stato.

Un mio parente, un signore vecchio stampo che ha sentenziato circa l’inutilità del cyberfemminismo quando prese atto che non poteva dirsi una attività remunerativa (fai solo ciò per cui ti pagano… consigliava… ovvero prostituisci il tuo cervello, scrivi cose che non ti piacciono, svendi le tue idee ma non “sprecare le tue energie” per fare cose che non realizzano la tua “carriera”), mi diceva talvolta che era mio dovere comportarmi con “dignità”. Mi sfugge come nella sua mente fosse rappresentata la figura della prostituta salariata ma dignitosa e dunque non offensiva per la morale comune.

In quel caso lo slogan poteva essere:

la dignità delle donne è la dignità della famiglia

la dignità della famiglia è la dignità delle donne

Una donna dignitosa secondo l’immaginario comunemente diffuso è quell’essere un po’ stitico di desideri, emozioni, rivendicazioni, della quale si può dire “però!!! Nonostante tutto, guarda che dignità…”.

La parola “dignità” viene associata spesso alla parola “pudore”. Avere il senso del “pudore” sarebbe qualcosa di molto dignitoso. Essere indecorose invece no.

Una donna che mostra il proprio disagio in pubblico non esprime dignità. Lo stesso vale per una donna che reagisce ad una violenza, uno stupro, le botte, le aggressioni, rifiutandosi di diventare invisibile, imponendo invece la propria ingombrante presenza. Rifiutandosi di edulcorare la narrazione della violenza subita.

E’ per tale ragione che per alcuni sarebbe più “dignitoso” lavare i panni sporchi in famiglia. Per una questione di dignità e in definitiva di “onore” della famiglia.

E giusto quelli che amano le lavanderie segrete sono gli stessi che temono la “vergogna” di dover mostrare agli altri una situazione di violenza e sollecitano l’omertà dove sarebbe necessario incoraggiare la denuncia.

Personalmente ritengo di voler essere una donna senza “dignità” ove per dignità si intende quella trappola che sintetizza la serie infinita di convenzioni sociali, abitudini e regole che una donna avrebbe l’obbligo di seguire.

Soprattutto mi rifiuto di pensare che la mia dignità possa corrispondere a quella della Nazione e viceversa. Il che sembrerebbe sostanziare gli appelli alle “donne italiane” richiamandoci tutte all’ordine in nome della dignità della nazione.

Il corpo delle donne appartiene dunque alla nazione?

Se viene offesa la donna viene offesa la nazione? Ma non si era già detto che una offesa alla donna riguarda la persona? Quando potremo dunque esprimere qualcosa che riguardi le donne senza definire una appartenenza ad una struttura maschile?

Padre, marito, stato, nazione.

Cosa c’entro io con il patriottismo machista evocato dallo slogan? Perchè dovrebbe riguardarmi? E cosa c’è di diverso tra lo slogan in questione e quell’altro di stampo chiaramente fascista e razzista che intimava agli stranieri di “non stuprare le NOSTRE donne”?

E se una manifestazione indetta da donne si esprime con slogan che ci impongono una appartenenza al patriarcato, come posso sperare che gli uomini mi considerino un soggetto autodeterminato?

Io mi rifiuto di vincolare i miei comportamenti in nome della “dignità della nazione”.

Perchè una frase del genere mi ricorda più la propaganda di guerra.

Perchè io non sono patriottica.

Perchè, come diceva Virginia Woolf “io in quanto donna non ho patria. in quanto donna la mia patria è il mondo intero” (grazie Skybia per la citazione.).

Perchè è una fregatura che finisce per limitare ancora una volta soltanto me. Perchè io voglio ridere, vivere, amare, godere, gioire, soffrire, in modo “poco dignitoso”. Perchè le parole sono importanti e quando le pronunciamo è necessario ripensarle in rapporto alla nostra vita.

Perchè la “dignità” è una di quelle sovrastrutture arcaiche e vittoriane che viene evocata quando c’è di mezzo il sesso. Come per quelli che dicono che i gay sarebbero più “dignitosi” se non mostrassero in pubblico il proprio orientamento sessuale. Come per quelli che stabiliscono la misura della “dignità” attorno al proprio ombelico.

A nessuno di certo verrebbe in mente di parlare di “dignità” ricordando i politici condannati per mafia.

Anzi, giusto per ricordare un fatto recente, se ne è parlato a proposito di Cuffaro, condannato per favoreggiamento aggravato a cosa nostra. Di lui si è detto che meriterebbe rispetto perchè uomo che avrebbe reagito alla condanna con “dignità”.

E con questo mi pare di aver detto tutto. Altre suggestioni e riflessioni, se volete, potete condividerle attraverso i commenti. La discussione è aperta.

—>>>Mi raccomando: Il 13 febbraio seguite gli ombrelli rossi e troverete anche noi.

—>>>Segnalo una intervista a Pia Covre, da leggere!

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Fem/Activism, Pensatoio, R-esistenze.


12 Responses

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  1. lina says

    non sono una persona che è addentro al movimento delle donne, nel senso che non faccio parte e non frequento partiti o associazioni che se ne occupano. avevo letto l’appello sull’unità e non mi era piaciuto quel”accenno a mamme, nonne e figlie che mi sembrava davvero riproporre un modello stantio, e che mi pare adesso sia sparito, non so. però io non ho sentito nell’appello del 13 questa divisione tra sante e madonne, sarà un mio limite culturale, io ho capito che la differenza si pone tra stare zitte, e assecondare un modello di acquiescenza ai desideri altrui, e parlare, dire a voce alta che non si è asservite, esternare i propri bisogni, ecco è come reclamare il diritto alla cittadinanza civile. la dignità per me è non stare in silenzio ed accettare.

  2. Margherita says

    Gianni: non sono d’accordo quando dici che chi fa marchette perde la dignità. Mi sembra che le marchette le facciamo tutti, sex workers, avvocati, commessi, impiegati, etc. non vedo che differenza c’è tra sopportare un cliente o il capufficio e fornirgli (anche) servizi sessuali. O meglio, la differenza c’è, ma riguarda lo schifo che ti può (eventualmente) fare un determinato lavoro – ma allora può farti schifo anche fare l’infermiere o il medico – e, soprattutto, la poca sicurezza personale in cui lavorano i sex workers.

    E con questo rispondo anche a Aguita, che dice che ci sono tante donne che si fanno il culo quando poi “se aspiro a una carriera da modella presentatrice politica etc etc devo solo rifarmi le tette e agganciare un politico”. SOLO? Ma voi veramente preferireste rifarvi le tette, tenervi tiratissime con trucco, trattamenti estetici, etc. curare l’abbigliamento, per poi andare a strisciare di fronte a un lele mora che potrebbe forse procurarvi un incontro preliminare con emilio fede, incontro in cui probabilmente dovrete fargli un bel servizio?? E se avete fortuna e riuscite a lavorare, comunque dopo i 25/30 non vi fila più nessuno.

    Io personalmente preferisco fare un altro lavoro, in cui non credo di farmi più culo di una puttana: mi vesto come voglio, non devo truccarmi, lavoro di giorno, devo sì stare ad ascoltare i clienti anche quando magari non mi piace però non rischio la pelle ogni giorno; è vero, lavoro più ore, ma potrò andare avanti fino a 65 anni o più. Ma è una scelta personale, null’altro. Non mi permetto di giudicare chi fa un altro mestiere.

    Gianni, forse Sara Tommasi e la d’Addario non sono due persone, come dici tu, “da additare come esempio”, ma allora può parlare e manifestare solo chi costituisce “un modello di moralità e dignità”?! Cioé ci sono solo modelli, positivi (la donna che si fa il culo etc. etc.) e negativi (la puttana), e non PERSONE?

    Mi dispiace, ma io non avallo questi discorsi in nome di un’unità contro Berlusconi, non mi interessa.

  3. Gianni says

    domanda al mio conterraneo Loddo: “allora, se arriva Sara Tommasi alla mnifestazione, tu la accetti ?”, Lei ha usato il suo corpo, come dite voi, come merce di scambio, per fare successo, per sfondare nella società. La sua dignità l’ha buttata direttamente nel cesso, non trovo che sia una persona da additare ad esempio. Moralismo ? Può darsi…io voglio essere libero di giudicare e il sistema inventato da Berlusconi ad Arcore o sulle sue TV è un sistema infernale. Altro esempio: arriva la D’Addario alla manifestazione, che si fa, è libera di partecipare ?
    Cara Paola, per dirla all’antica stai spaccando il movimento.
    Care compagne, state sbagliando, io questo genere di discussioni purtroppo le ho già viste negli anni ’70, si faceva a gara a chi era più di sinistra, più duro e puro, più aderente alla linea. Pochi anni dopo la destra ci ha fatto il “bunga bunga”. Ci siamo dovuti sorbire 16 anni di sessismo, berlusconismo, machismo e oggi le donne sono più schiave di prima.
    ma ce la facciamo una volta ad essere unite e uniti , cavolo ???

  4. Aguita says

    Mi sembra che qui si faccia solo retorica mentre da sempre sono solo i fatti a cambiare lo stato di cose! Da ciò che ho letto mi pare siamo solo davanti a un grossolano fraintendimento, ma siccome non mi va di stare al gioco delle parole, di cui siamo bravi a riempirci tutti, invito caldamente a rileggere l’appello, nonchè la petizione.Quando si sparano sentenze, quando si giudica o quando si critica bisogna sempre tenere in considerazione la realtà dei fatti, quali sono i fatti?
    I fatti li sappiamo tutti, il nostro Presidente del Consiglio lede la DIGNITA’ del paese, in svariati modi, fra cui, quelli che più saltano all’occhio nei media esteri il suo vizietto per le donne. E’ di questa dignità che si sta parlando!!! Perchè si associa a quella delle donne? A me è sembrato ovvio sin da subito, ma evidentemente non è stato così per te, ma perchè in Italia ci sono tante donne che si fanno il CULO (scusando il termine), dalle casalinghe, a quelle in carriera, dalle puttane come dici tu, alle perbeniste, addirittura dalle più stupide alle più intelligenti!!! E per che cosa? per capire che se aspiro a una carriera da modella presentatrice politica etc etc devo solo rifarmi le tette e agganciare un politico? Tu stessa hai detto che ognuno deve sentirsi libero di fare ciò che vuole ebbene in questo modo non siamo libere affatto!!! Ed è di questa DIGNITA’ che bisogna riappropriarsi!! Tu ti aggreghi a una manifestazione organizzata da altri ma alla quale partecipi comunque solo per criticare!Siamo tutti bravi a sparare a zero ma mai a rimboccarci le maniche!

  5. Roberto Loddo says

    Condivido. Finalmente un ragionamento laico. Non ne posso più della retorica moralista che differenzia le sante dalle puttane. Io il 13 Febbraio scenderò in Piazza. E se proprio devo scegliere, sto con le puttane.

  6. lucha says

    paola, io ti voglio bene, ma qui si fa il gioco delle tre carte.

    se le donne che vendono le loro le loro prestazioni sessuali per i motivi che elenchi (che fondamentalmente sono: per qualunque motivo) sono obiettivamente complici del sistema patriarcale, tout court, senza possibilità di appello, senza vedere le loro condizioni materiali, senza chiedersi “cosa pensano, cosa vogliono”, allora dovremmo ricordarci che sono ugualmente complici:

    . gli uomini (tutti, senza esclusione, da Bersani fino al sottoscritto)
    . tutte le donne che hanno preso nella loro vita una tessera di partito
    . tutte le donne che hanno lavorato per un quotidiano od una televisione generalista in italia (da Repubblica a Concita de Gregorio)
    ….
    e così via fino a rendersi conto che viviamo in un sistema patriarcale e che è dura alzare le mani e dire “io sono pulit* ed intons*”.

    allora diciamolo chiaro: il problema qual’è? è ruby, è berlusconi, è concita de gregorio, è la redazione di repubblica.it, sono io, sei te?

    ma soprattutto, questa “esaltazione” del ruolo della prostituta, dov’è, chi la sta facendo? io non lo vedo, sinceramente. vedo solo la solita vecchia commercializzazione dei corpi, nessuna esaltazione dei ruoli. a parte chi si rivendica di essere “donna italiana onesta che produce e bada alla famiglia”, intendo.

  7. Margherita says

    Ma sì, questi slogan e l’impostazione della manifestazione (guardando la loro home) stanno a dire “se non sei una puttana come Ruby & C., se sei una donna perbene che studia, lavora, fa volontariato, si occupa di figli mariti e anziani, va a messa tutte le domeniche, ha a cuore la dignità della Nazione e della stirpe, etc., DEVI venire a manifestare contro Berlusconi”. E’ un po’ come dire: da oggi, chi sta con Berlusconi è troia (ovviamente IL peccato n. 1 per una signora), quindi se troia non sei contro Berlusconi devi stare.

    Purtroppo mi sembra che quando si vuole organizzare qualcosa di “oceanico” si debba sempre ricorrere a questi sistemi… però che non si spaccino per femministe!!! Trovo osceno e molto pericoloso questo ribaltare la frittata e mascherare da “femminismo” il maschilismo e il fascismo più odiosi. Avete presente Angeles Mastretta?

    Insomma cybergrrlz, fai benissimo a sottolineare la cosa. Ancora complimenti, ti leggo da poco tempo ma sono (stranamente) sempre d’accordo su tutto quello che dici e su come lo dici! (interessantissimo il riferimento al tuo parente, rispecchia perfettamente la mentalità italiana…)

  8. cybergrrlz says

    ecco una intervista a pia covre che tutte dovrebbero leggere
    http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/8234b5b9fa35d8fcd9df5535d810f0ef.pdf

  9. cybergrrlz says

    paola, qui non si tratta di esaltare i ruoli, che ciascuna sceglie come e quando vuole, ma di non creare gerarchie che fanno comodo alla cultura patriarcale.

    nel senso proprio di chi dice “fiere di essere puttane” e “ne vittime ne colpevoli”.
    http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/04/08/fiere-di-essere-puttane-il-documentario/
    http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/03/10/fiere-di-essere-puttane-2/
    http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2011/01/22/comunicato-stampa-del-comitato-per-i-diritti-civili-delle-prostitute/
    http://www.ngvision.org/mediabase/652

    chiediamoci piuttosto perchè c’è chi scende in piazza esaltando il ruolo di ragazza perbene, moglie, madre, schiava del patriarcato. davvero ti illudi che le donne smettano di vendersi quando i loro ruoli sono codificati nei recinti che il patriarcato ci impone?

  10. paola says

    E’ ovvio che nessuna donna consapevole scenderebbe in piazza per giudicare una rotellina del sistema “patriarcale” o, se vuoi, maschiocratico. Non è questo il punto, anzi, penso che questa discussione ci porti fuori strada. Quello che intendo dire è che entrambi i ruoli sono stati da tempo immemorabile codificati dalla cultura “patriarcale”, e non vedo perché esaltarne uno, oppure entrambi, se questa cultura la stiamo combattendo. Il mio obiettivo è una società in cui le donne non debbano né stabilire un prezzo di vendita, né accettare vivere in stato di schiavitù permanente. Non penso di pretendere troppo.

  11. cybergrrlz says

    paola, quindi scenderai in piazza esprimendo un giudizio contro quelle donne? è per questo che si scende in piazza? per dare un giudizio di merito sulla parcella di una prostituta?
    e perchè mai devo immedesimarmi nella nazione, che è quanto di più patriarcale possa esistere, per ribadire che le donne hanno il diritto di ottenere un lavoro senza essere obbligate a darla a nessuno?
    in un modo o nell’altro qualche pezzo del mio corpo devo darlo?
    cos’è meglio: stabilire un prezzo di vendita o dichiarare uno stato di schiavitù permanente in nome della nazione?

  12. paola says

    No no no, scusate, lasciamo stare la “dignità” della “mater familias” che è speculare e funzionale a quella del “pater familias”. Torniamo a noi: per me, le donne che vendono le loro prestazioni sessuali per: un seggio in parlamento o in consiglio regionale o altro, oppure un appartamento, oppure un mantenimento a tempo determinato o indeterminato, oppure una parcella oraria, sono, obiettivamante, complici del sistema patriarcale e ad esso funzionali, che lo vogliano o no. Collaborano per la perpetuazione della società maschiocratica, basata, come sappiamo, sui due ruoli “madonna/puttana”. Si adeguano a questo assetto della cultura e della società. Perché dovrei identificarmi in uno dei due termini del binomio? No, io sono una ragazza degli anni ’70, e mi ricordo ancora che non sono né madonna né puttana, sono una donna, e non entro nei ruoli che i maschi hanno costruito per me e nei quali tante donne si trovano bene. Non rivendico nessuno dei due, ne sono proprio fuori. Con affetto per l’importanza del lavoro che svolgete.