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Sessualmente parlando

Update: la discussione a proposito di questo post ne ha stimolato un altro: "Sessualmente parlando – II°"

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Ci sono uomini che se gli chiedi che ne pensano di quello o di quell’altro è come se li mettessi sotto torchio. Si sentono sotto interrogatorio. Cominciano a sudare freddo, si toccano la faccia, mordicchiano le dita, rannicchiano le gambe. Tutto del loro corpo dice che stanno chiudendo la comunicazione e che soffrono come bestie.

La prima domanda che decisi di fare in tempi non sospetti fu a proposito dell’uso che intendevano fare del pene. Qual era la differenza di destinazione d’uso tra un pene grande e un pene piccolo?

Un pene grande veniva sempre descritto come se avesse proprietà terapeutiche, un affare taumaturgico che viveva di vita propria e bastava toccarlo per fare avverare desideri e richieste. La notte del 10 agosto non era necessario concentrarsi sulla caduta delle stelle per esprimere utopie. Bastava aspettare la caduta dei peni vaganti. Ecco perché si fa coincidere quella notte con i falò in spiaggia a base di incontri sesso-centrici in attesa del sorgere dell’alba.

C’era quello pronto ad offrire visite guidate dei centimetri del proprio pene e raccontava episodi di conquista di territori lontani. Un lucchetto per aprire cancelli, una testa d’ariete per sfondare fortezze, un trapano elettrico per perforare una parete, una macchina scavatrice per creare gallerie, un martello pneumatico per rovistare flussi sotterranei, un’avvita e svita alla ricerca di punti solidi sui quali piantare le mensole.

Un attrezzo per fare i lavori di casa? Ma no. E’ riduttivo, mi dicevano. Un po’ come un pezzo d’ortofrutta? No, perché si muove. Allora è un attrezzo telecomandato? No, devi pensare a qualcosa di più. Più di un attrezzo telecomandato? Allora è un alieno, un visitors, una roba che si installa e cresce dentro. Ecco si, ci sei quasi.

Il pene piccolo sembrava nessuno ce l’avesse. Come si trattasse di un animale da salotto. Niente a che fare con i dobermann che venivano addestrati in lingua tedesca. Il parametro di valore era sempre la superficie di sfondamento. Se parti dal presupposto che ciò che puoi trovarti davanti non è una persona ma un buco allora su quello formi una opinione. Un pene piccolo viene paragonato ad un punteruolo. Niente a che fare con gli attrezzi poderosi che servono a conquistare il fortino.

Cioè: il pene non è un organo sessuale ma un’arma. La vagina è la meta da sconfiggere. La spinta di partenza è il dominio, il possesso. L’effetto è il piacere.

Come può il piacere maschile essere reso autonomo dalla foga di conquista? Come può una donna etero o bisessuale sperare di vivere un rapporto sessuale paritario se viene comunque considerata terreno di appartenenza, tuttalpiù di contrattazione?
Qual è la nostra scelta a parte l’accettazione o il rifiuto?

Molti dei problemi di relazione sessuale tra donne e uomini derivano da questo.
Sbagliato il punto di partenza, sbagliata la conclusione. E le varianti non sono poi così vantaggiose.
Pensate ad un uomo che non si lascia intimidire dalla vostra capacità di iniziativa. L’averlo sedotto basterà a fargli cambiare atteggiamento? O vivrà l’avventura secondo la filosofia di “ogni lasciata è persa?”
Perché in qualunque modo voi la mettiate non potrete fare a meno di sentirvi un po’ più usate. Niente di reciproco. Al limite il sarcasmo e un po’ di disprezzo perché chi la da’ con facilità non è degna di onori. Il conquistatore apprezza solo le mete difficili da raggiungere. Quelle a portata di mano servono da scarico per liquidi.

In realtà poi non è neppure sempre così. C’è una giovane generazione di “vergini” che non vengono svezzati dalle prostitute il giorno della visita militare come si faceva un tempo. Uomini che scambiano fluidi e sensazioni chimiche in modo dinamico senza tuttavia cambiare molto gli schemi di relazione.

Se tu gli piaci continuano comunque a considerarti roba loro. Mettono paletti, ti circondano di segnali di proprietà, parlottano con amici e compagni per avvisare della monogestione del vostro corpo. Si rendono disponibili a dialoghi e sperimentazione.

Succede però che puoi parlare tre ore di sesso con un uomo “nuovo” ma finirai comunque per assistere al riciclo intellettualizzato di vecchi schemi.
Con i compagni di lotta ci puoi discutere di sessismo, puoi anche parlarci di sesso, di dettagli della loro vita, sono aperti, disponibili al confronto, ma nei fatti capita che siano simili a tanti altri. E parlo di quelli sobri.

Se si sono fatti un po’ di canne già hai a che fare con una puntata di un film che sta a metà tra zombie e risvegli. Fasi intermedie tra guizzi passionali e stati comatosi, infine: il sonno. E tu non sei venuta.

Il compagno ‘mbriaco o strafatto non è certo qualcuno che scegli per l’auspicio di incontri selvaggi, a meno che non ti riferisci al vomito che dovrai raccogliere a fine serata. Si tratta piuttosto di una dimensione platonica/impegnata che soddisfa intellettualmente il bisogno di stare con uno che nei fine settimana è in grado di tenere uno striscione e smaltisce grazie ai chilometri di corteo.

Con i compagni non parli di sua grandezza e sua efficienza il pene. Loro sono individui superiori, nel senso che tutto ciò che li guida è l’istinto. Puoi esserci o meno, non cambia nulla. Sei sempre parte dell’arredo e ti va già bene se becchi uno sguardo di gratitudine dopo che hai rollato una canna.

D’altronde non va bene neppure trovarsi di fronte a quegli individui marziali, che se hanno problemi di erezione celebrano funerali neanche si trattasse di caduti in guerra. Il massimo sono quelli che non si ergono e sono fumati fino alle orecchie. La tristezza si trasforma in dimensione onirico-surreale. Basterebbe poco a comporre un film sul senso delle disfatte della specie umana al quale si dedica lars von trier.

E poi ci sono quelli precisi, fighetti ben vestiti, profumati e con la camicia stirata dalla mamma. Aria da grandi amatori e capacità di seduzione modello tronista. Zero senso dell’umorismo e zero ripresa post eiaculazione precoce. Vorrebbero interpretare il ruolo di rocco siffredi e si ritrovano a fare la parte di lino banfi nei film con Edwige Fenech.

Insomma è una gran tristezza e l’unica cosa che ci salva è l’ironia, se ne siamo dotate i rapporti con gli uomini saranno più facili e piacevoli. Se aspettiamo che siano loro a imparare a ridere di se’ possiamo vedere passare secoli senza che questo avvenga mai. L’ironia e l’intelligenza vi fanno raggiungere la possibilità di avere relazioni soddisfacenti. In caso contrario sarete soltanto delle cose, oggetti privi di valore. Oggetti lo siete anche quando sarete descritte da vittime, in ogni caso non in grado di determinare la vostra vita sessuale.

La sessualità delle donne a noi non è sconosciuta, stiamo cercando di capire di più ma è una ricerca che resta fine a se stessa se gli uomini non fanno la stessa cosa e non confrontano con noi le loro magnifiche scoperte, le intuizioni, niente di universale ma conclusioni finalmente soggettive su percorsi personali.

Cosa sanno i maschi della propria sessualità? Quanto e come sanno sganciarsi dal modello viagra dipendente? Come si fa a spostare l’attenzione su cose diverse che non siano l’imposizione di una virilità standardizzata fatta di eiaculazioni precoci, ansia da prestazione e modelli sessuali normati dai film della tivu’?
Su cosa fondano la propria sicurezza o insicurezza? Come è possibile rivolgersi a loro chiedendo di superare la logica dello stupro senza aver approfondito questo aspetto delle relazioni tra i sessi?

Perciò è fondamentale: non mi interessa sapere come ti vesti, che macchina usi, che lingua parli, che partito voti, se voti, quanto sei compagno, quanto sei antifascista, quanto sei virilmente soldato o leader nelle azioni rivoluzionarie che compi, cosa leggi e che film guardi. Mi interessa sapere che sesso fai e se non me lo dici non ha senso andare avanti nella conversazione.

Non mi serve sapere che pontifichi sulla solidarietà di genere e che sei dalla parte delle donne se non parli di te a letto con una donna (o con chi ti pare). Non mi serve sapere se ritieni più o meno giusto che una donna ti abbia accusato di stupro se non mi racconti qual è la tua idea di sesso consensuale.

Voglio sapere di che sesso sono, fanno, vivono e respirano gli uomini prima di qualunque altra cosa. Voglio conoscere le tue fragilità. Voglio vederti nudo. Voglio leggere di te per come sei davvero o quanto meno per come credi di essere, e sarebbe già un inizio.

Voglio una discussione diretta, nessuna generalizzazione, bisogna scendere sul personale, roba privata, la più pericolosa tra tutte, quella che a toccarla davvero causa rivoluzioni autentiche. Voglio che in assemblea, riunione, pubblico consesso, incontro di autocoscienza tu ti spogli dalla patina di ipocrisia che avvolge tutto e tutti e contribuisci a mettere in piazza sensi e sesso, perchè il parlarne diventi una normalità e perchè questa normalità vinca sulla imposizione al silenzio dettata dalla chiesa, dai fascisti votati al "decoro" e dai perbenisti. Perchè il parlarne diventi la sconfitta dell’omertà, della rete di complicità, un nuovo modo di mettere in piazza altri stili, altri modelli, altri linguaggi, a partire da se’.

Da un compagno di lotta, di confronto, di percorso, voglio almeno un accenno di tutto questo.
Altrimenti sono tutte menzogne. Altrimenti tutto resta nella teoria. E nulla cambia mai.

Mettete in gioco il vostro privato, insegnate alle pettegole e ai pettegoli che sappiamo discutere di personale/politico senza trascendere nel gossip. Mettetevi in gioco per davvero. Noi lo facciamo da decenni. E che noia crescere da sole mentre tutto il resto del mondo resta all’età della pietra…

—>>>immagine da hardcore Judas

Posted in Corpi, Pensatoio, Scritti critici, Sensi.


12 Responses

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  1. sara says

    In un modo o in un altro si finisce sempre per parlare di uomini e dei loro peni e celebrare entrambi, anche qua. Sembra ci sia bisogno di ripartire dagli uomini e dagli uomini ripartiremo se saranno tanto sinceri da mettersi a nudo. Forse servirà. Mi sarebbe piaciuto che anche, e soprattutto, le donne parlassero della propria, vera sessualità, di eccitazione e sensazioni, per vedere sotto quanti strati è sepolta.

  2. anna says

    grazie D-K!ho apprezzato molto il tuo sforrzo e la sincerità. Sono sicura che certi sforzi aiutano a vivere la sessualità in modo pieno e libero.

  3. d-K says

    Certo che puoi, altrimenti non l’avrei scritto questo commento. 😉

    Ammetto che mi fa piacere l’abbiate trovato interessante e mi auguro ne possa nascere un dibattito fecondo (anche per me stesso…).

    A presto!

  4. fikasicula says

    d-k
    quello che hai scritto è un esempio di discussione a partire da se’. posso ripubblicarlo su un post “sessualmente parlando II°”?

    perchè è un post su cui si può iniziare un’altra fase di dibattito e può essere spunto per altri che leggono.

    :))
    grazie!

  5. d-K says

    Mi spiace di averci impiegato tanto tempo, ho avuto un po’ da fare e, soprattutto, da riflettere su quanto avete scritto.

    “Partire da sé”, bene, lo faccio.

    Seguo da tempo il blog e mai come in questo caso durante la lettura di questo post sentivo crescere dentro di me una certa insofferenza finché non ho realizzato che l’insofferenza era dovuta all’aver centrato in pieno l’argomento. Parlava di “me”, scendeva nel “mio” personale.

    “Voglio spere di che sesso sono, fanno, vivono, respirano gli uomini”

    Vorrei saperlo anch’io. Non è facile riflettervi e tutt’ora mi chiedo se riuscirò a essere sufficientemente chiaro visto che non sono sicuro di esserlo neanche con me stesso. Ho cominciato a chiedermi cosa provo, quali sono le mie sensazioni quando faccio sesso, quando ho a che fare col mio sesso: potere, vigore, forza.
    Lo stringo con la mano e provo questo. Confesso che alle volte tra le mie fantasie erotiche immagino di stringere altri peni provando le medesime sensazioni, non provo attrazione per altri uomini eppure trovo eccitante questa immagine. Sono, però, falli anonimi, attaccati a un corpo ma senza un viso che ne renda riconoscibile il “possessore”, in sostanza poco più che “dildo”.

    Nel momento subito precedente la penetrazione l’ebbrezza sale, la sensazione di potere è massima (uguagliata solo da quella coincidente con l’orgasmo e l’eiaculazione), eppure… Eppure, appena il mio pene è completamente all’interno della vagina la percezione di ciò che lo circonda mi scorre dentro fino al cervello facendomi avvertire un straordinario senso di fusione, di unione, difficile da descrivere; posso solo dire che vorrei durasse a lungo, ben di più di quanto dura in realtà. Ma le prime spinte lo scacciano e… Cala il buio. Da quel momento ai brevi istanti precedenti l’orgasmo non so cosa accade, sono lì, sono presente, ma non riesco a ricordare le sensazioni, non riesco a definirle… Sto bene, meravigliosamente, ma non riesco a ricostruirne un ricordo, né a fissarlo quando accade.
    Nient’affatto stranamente Lei ha notato questa mia condizione: partecipo, non sono morto, cerco di essere attento a me e a Lei, alle sue reazioni e ai suoi movimenti ma il mio mutismo e qualcosa nel mio sguardo le danno l’impressione (così m’ha detto) che io sia assente o che non mi piaccia.
    Sono lì, sono presente, mi piace (e tanto) ma qualcosa dentro di me è inceppato, impedisce alle emozioni di scorrere fuori e di lasciare traccia nella mia memoria. E ne soffro.

    Vorrei provare più a lungo la sensazione “di fusione, di unione, difficile da descrivere”, ma non vi riesco, vorrei liberare le emozioni dalle catene cui sono costrette ma non ne trovo la chiave. Sento il suo corpo contro il mio, tra le mie mani, il suo sapore sulle labbra, il suo odore, i suoi gemiti, tutto questo mi eccita incredibilmente ma vorrei poter sentire di più, vorrei lasciarmi travolgere e mettere da parte il controllo di me stesso.

    Il sesso lo vivo (lo viviamo?) in parte come una performance, ne sono cosciente e non mi sta bene, sono convinto non debba essere così ma tra un bacio e un altro, tra una succhiatina di capezzoli e l’altra torna a farsi vivo ciò che ho appreso attraverso la socializzazione: sono maschio, devo dimostrarmi capace di prestazioni sessuali perfette, per farlo ho bisogno di tenere tutto sotto controllo, me stesso per prima cosa. Non posso lasciarmi andare del tutto. Non posso.
    Forse è per questo che adoro quei momenti, prima o dopo il sesso, in cui si sta nudi e stretti in un abbraccio, prima che il pene s’intrometta, quando ciò che si prova può fluire liberamente e tutto ciò che desidero è fondermi con il corpo di Lei.

    Per ora mi fermo qui, non ho scritto tutto perché molte cose ancora non le ho chiarite a me stesso, so solo che sto cercando di sfuggire ad un certo modello di genere ma la strada è lunga e la riflessione non sempre troppo chiara. Spero di aver scritto qualcosa d’interessante e non essere andato OT, ogni commento sarò ovviamente il benvenuto, e magari mi darà una mano a tirare fuori dell’altro.

    Ciao

  6. Serbilla says

    Bello! mi piace! le penso pure io tutte queste cose, le voglio pure io, ma loro niente, la maggior parte quando apre bocca, quando riesci a tirargli fuori due parole, racconta sempre la stessa sotria!

  7. fikasicula says

    d-k certo che lo capisco che è difficile ma da qualche parte bisognerà pur cominciare. e si, questo è un luogo dove poter parlare a partire da se’, senza generalizzare. io lo faccio tutti i giorni. puoi farlo anche tu 🙂

  8. d-K says

    Bello ‘sto post!

    Fika, ma tu lo sai quanto è difficile parlare di tutto ciò…? Che ci si trovi tra compagni o gente comune, sembra sempre di piombare in un film con Alvaro Vitali (e parlo per esperienza).

    Questo può essere il luogo per “una discussione diretta”, senza generalizzare, scendendo “sul personale”?

  9. barbara says

    bellissimo post, ho riso tanto perchè…è così, non sanno guardarsi/guardarti allo specchio con ironia, curiosità, complicità. E quando trovi uno ce è in grado di farlo, beh, non c’è pericolo che ci si perda di vista, è l’incontro perfetto 🙂

  10. fikasicula says

    grazie lorenzo 🙂
    noi ci proviamo, ma da tanto!
    continueremo a provarci. di certo non ci manca la tenacia.
    ciao

  11. Lorenzo Gasparrini says

    (applauso)
    Basterebbe sentirsi fare questo discorso da ogni donna e assisteremmo allo squagliarsi di iceberg d’ipocrisia – e di ipocriti. Vi prego, insegnatelo, fatelo recitare a memoria a ogni appuntamento, a ogni festa, a ogni incontro, che diventi il richiamo del muezzin, che si senta sempre e ovunque…
    (ri-applauso)

Continuing the Discussion

  1. Il Vento e L'Anima linked to this post on Novembre 12, 2009

    Le femministe sono felici, anzi felicissime da http://femminismo-a-sud.noblogs.org/ (clicca) Gira voce che le donne siano infelici per colpa delle femministe, anzi che le femministe siano propriamente infelici e contagiose. La notizia parte da una ri