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Sanità Cattolica S.p.A.: qui si rianimano feti!

Dopo aver tentato in tutti i modi di rianimare un feto mummificato che risale a più di quattro secoli fa, i medici di quattro università romane hanno deciso di fare un contro-documento a quello laico
che voleva stabilire una distanza tra le aree scientifiche, culturali e
didattiche da quelle rispondenti alla volontà della Cei, del papa e di
madre santa binetti del cilicio assieme a tutta la sua banda di nuovi
amici del PD
.


Lo scritto
risponde perfettamente alla necessità
attuale di certi uomini e di talune donne di seguire la propria
inclinazione lugubre, macabra e un po’ morbosa. Solo che invece di darsi
agli horror – e giuro che ne esistono di ben fatti – con tutti i
benefici che avrebbero potuto trarre dal loro valore catartico, hanno
preferito assumere essi stessi il ruolo di inquisitori del nuovo
programma "Italia nel nuovo medioevo: reality show!". Anzi di più: si
sono dati il compito di speculare sui feti e di fornire prove scientifiche (come facevano certi scienziati prestati al potere quando fornivano argomenti per dimostrare l’inferiorità scientifica delle razze non ariane o delle donne) affinchè i veri e
propri inquisitori riescano nella propria opera di pulizia del paese da
ogni figlia o figlio di satana.


Per farvi
capire però vi spiego
meglio: da un bel po’ di tempo vi sono pressioni fortissime affinchè il
feto venga riconosciuto come avente dignità di persona. Il valore
anagrafico – in termini giuridici – di un feto non è stato stabilito da
nessuna legge fuorchè da un articolo della contestatissima legge 40, a
proposito di un embrione, sulla procreazione medicalmente assistita.
Tale articolo però di fatto non ha modificato nessuna delle parti del
codice in cui è necessario, perchè vi sia una attribuzione di diritti
al feto, che lo si descriva a tutti gli effetti come essere vivente.


Al
di la’
di questa diatriba che coinvolge cattolici e laici alla stessa
maniera, resta il fatto che le donne sono materialmente quelle che
"contengono" e in fase di gestazione "fanno crescere" il feto. La
differenza tra laici e cattolici – sintetizzo e banalizzo evitando di descrivere
zone complesse che ovviamente esistono e che stanno a definire come non
vi sia in realtà una lotta tra fazioni così ben delineate – sta
sostanzialmente nel fatto che i laici ritengono che le donne hanno
diritto a scegliere della propria vita, del proprio corpo, della
maternità "responsabile" e che quindi non ci può essere un controllo su
di esse, mentre i cattolici esigono che si realizzi una aberrazione
giuridica che indichi nella donna un soggetto giuridicamente incapace,
che non dovrebbe avere voce in capitolo su tutto quello che riguarda l’embrione, la gravidanza, il
feto.

Si realizza, cioè, una specie di patto tra cattolici che
indicano l’esistenza di un diritto collettivo a
rappresentare un feto contro ogni parere delle donne che vengono relegate al ruolo di semplici contenitori.


Il problema
dei cattolici sta tutto nel fatto che
c’e’ chi ha detto loro che abortire è peccato. Il loro tentativo è
quello di fare in modo che un "peccato" diventi "reato".


La
correzione
dei provvedimenti funerari è già un modo per riconoscere
diritti del feto al di la’ della legislazione corrente secondo la quale si seppelliscono solo cadaveri, cioè persone nate, cresciute e poi
morte. Decidere per la sepoltura di un feto, ovvero riconoscergli lo
status di cadavere, equivale a dichiarare che quella è una persona, il
che significa che chi l’ha uccisa è una assassina e può essere punita
secondo gli articoli previsti dal codice penale.


Anche
la riduzione a 22 settimane del tempo per l’aborto terapeutico
è un modo per obbligare le donne a muoversi in zone di illegalità
complessa. Spiego: l’interruzione volontaria di gravidanza regolata
dalla legge 194 si fa entro le prime 12 settimane (tre mesi). Se una
donna decide di tenersi un bambino ma scopre che potrebbe morire
portando avanti la gravidanza e che il feto ha gravi malformazioni
allora entro la ventiquattresima settimana è autorizzata a interrompere
la gravidanza per ragioni terapeutiche. Qualche settimana fa abbiamo
sentito che in Lombardia – e non è l’unica regione italiana a volerlo
fare – hanno proposto una modifica sulla riduzione del tempo
disponibile a 22 settimane. Cosa grave è che questo tempo non è
sufficiente ad individuare i problemi che potrebbero indurre all’aborto
terapeutico. L’ecografia morfologica, ad esempio, come giustamente suggerisce Grexia, non rivela
malformazioni se non alla ventesima settimana e con i tempi della
nostra burocrazia e della nostra sanità è veramente poco plausibile
ritenere che si possa procedere ad aborto terapeutico nel rispetto dei
nuovi tempi proposti.

L’ultima chicca riguarda appunto questo accordo dei medici
di quattro università romane (compresa la sapienza) che sostengono
quanto sia possibile rianimare un feto nato già dopo la 22esima
settimana. Cinzia Caporale, del comitato nazionale di Bioetica, dice
che questa cosa va fatta anche contro il volere della madre. Nel
momento in cui il feto viene fuori dalla pancia della donna i medici,
secondo la sua opinione, devono soccorrerlo come farebbero con
qualunque altro paziente in pericolo (escluse ovviamente le donne che
vogliono fare interruzione di gravidanza rispetto alle quali la
omissione di soccorso è ampia e cattolicamente motivata). Questi medici
quindi vorranno "rianimare" i feti, anche senza autorizzazione della madre, provando a non superare la soglia
dell’accanimento terapeutico (e vorrò capire quali acrobazie oratorie tireranno fuori per dimostrare che quel feto lì che loro bombarderanno di farmaci, terapie, interventi chirurgici, il tutto a spese della sanità nazionale, ha espresso propriamente il desiderio di fare la cavia delle industrie farmaceutiche, dei baroni dei policlinici universitari in cambio di qualche prima pagina e dunque di parecchi finanziamenti in più) – .


Di questa
notizia due sono gli
aspetti veramente inquietanti: il primo riguarda sempre il fatto che si
insiste nella colpevolizzazione della madre per una scelta che lei e
lei sola dovrà prendere in assoluta libertà. Le donne vengono descritte
ancora come streghe, assassine e non meritevoli della capacità di
generare che le viene attribuita alla nascita. Il secondo riguarda il
fatto che in presenza di una società che sta discettando sulle capacità
mentali e giuridiche delle donne di disporre del proprio corpo e quindi
di poter scegliere della propria vita, c’e’ chi, come la dottoressa
Caporale si permette di affermare che: "[…] si può presumere lo
stato di abbandono giuridico del neonato da parte della madre, che
ovviamente può tornare indietro sulla sua decisione".

Vale a dire che se ancora le donne non possono essere arrestate, come lo erano un tempo,
perchè scelgono la interruzione di gravidanza o sono obbligate a
scegliere l’aborto per ragioni terapeutiche, potrebbero però duramente
essere criminalizzate per "abbandono di minore" nel caso in cui non danno autorizzazione alla
rianimazione di un feto con gravi malformazioni (e non stiamo parlando di un feto con una mano senza tre dita. parliamo proprio di gravissime malformazioni), per esempio. Non basta
dunque sollecitare in maniera criminale il senso di colpa delle donne.
Bisogna che esse siano messe alla gogna, schedate – come propone la
destra rispetto a coloro che fanno l’IVG – portate in pubblica piazza e
infine trattate come indegne, infami creature senza diritti giuridici
ne’ spazi di gestione del proprio corpo e della propria sessualità.


Siamo

a questo, mie care. Lo dico soprattutto alle ragazze più giovani che
per strada spesso rifiutano anche di prendere un volantino che parla di questo come fosse roba iniettata di veleno e sembrano non avere coscienza di quello che sta succedendo perchè, forse, danno
tutto per scontato solo perchè fino a ieri erano diritti acquisiti, non
messi in discussione. Lo dico anche ai ragazzi che di sicuro si sentono
più a loro agio nelle manifestazioni contro la repressione poliziesca
ma un po’ meno in quelle dove si parla di diritti delle donne, che poi si sintetizza nel concetto di autodeterminazione (che è anche degli uomini, dei popoli, etc etc). Questa
questione riguarda tutti noi. Se non lottiamo insieme non ce la faremo.
Prossimo appuntamento a Roma il 9 febbraio: No Vat!

NOTA BENE:


Riporto

dalla legge 194 che tutte dovremmo leggere prima di fare affermazioni
non obiettive su questa materia:

Articolo 6
L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi
a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un
grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

Articolo 7
I processi patologici che configurino i casi previsti dall’articolo
precedente vengono accertati da un medico del servizio
ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi
l’intervento, che ne certifica l’esistenza. Il medico può avvalersi
della collaborazione di specialisti. Il medico è tenuto a fornire la
documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al
direttore sanitario dell’ospedale per l’intervento da praticarsi
immediatamente. Qualora l’interruzione della gravidanza si renda
necessaria per imminente pericolo per la vita della donna, l’intervento
può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure
previste dal comma precedente e al di fuori delle sedi di cui
all’articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne
comunicazione al medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di
vita autonoma del feto, l’interruzione della gravidanza può essere
praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell’articolo 6 e il
medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a
salvaguardare la vita del feto.

Vale a dire che il provvedimento secondo cui si deve cercare di
salvare la vita di un feto sano qualora viene fatto nascere precocemente
perchè mette in pericolo la vita della donna c’e’ già.

La
legge
stabilisce già che per i feti nati
sani a seguito di un aborto che poneva a grande rischio la vita della
madre si presuppone un soccorso che però viene dato su autorizzazione
della stessa madre.

Ciò di cui stiamo dunque discutendo è relativo alla richiesta dei medici di “sveltire” le pratiche, accelerando le procedure e saltando a piè pari l’autorizzazione della donna. Per questa "sveltina" di pratiche secondo i medici bisognerebbe togliere alle donne l’abilità giuridica a decidere del feto.

Mi viene da chiedere: Allora perchè non far procedere ad interventi urgenti nei confronti
dei propri parenti senza che vi sia bisogno di firmare nessun consenso
informato e nessuna autorizzazione all’anestesia. Se si tratta di “sveltire” le pratiche ai dottori allora possiamo sveltirle in ogni senso, eh?

Perchè: "nella nostra Costituzione c’è anche un diritto a rifiutare le cure. E siccome il feto non lo può esprimere questo diritto, lo devono fare i suoi genitori che lo rappresentano. In quello stadio della vita poi devono essere applicate terapie
sperimentali che hanno bisogno di essere autorizzate: non può farlo il
feto, non può farlo il medico, solo i genitori hanno questo diritto." 

Io penso perciò che siamo di fronte alla ennesima prova di forza da parte
di corporazioni che agiscono nel nome di un principio che è cattolico e
che non tiene conto della mia vita, delle nostre vite.
L’accordo si
presta solo ad una speculazione disonesta che tende, ancora una volta
a criminalizzare le donne e con esse ogni cosa che è legata al
principio di autodeterminazione. 


—>>>La discussione su questo prosegue anche su Sorelle d’Italia!

—>>>Vi segnalo quattro post che secondo me vanno letti: "Aborto. Ma dove sono le donne Erode che descrivono i cattolici", "Rianimateli che li stiamo perdendo!", "Le cure perinatali & il copia e incolla", "La supposizione di vita!"

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


4 Responses

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  1. FikaSicula says

    existenz: grazie della creatività 🙂
    fino a che non ho finito di leggerlo non sapevo se ridere o piangere. poi ho riso moltissimo e mi sembra una magistrale interpretazione di quello che la repubblica ha pubblicato.

    chiunque voi siate
    brave e grazie!

  2. eXistenZ says

    In seguito alla presentazione del mirabolante Testo Congiunto dei direttori delle cliniche ginecologiche delle università romane in occasione della Giornata della Vita, anche noi Vedove Nere sentiamo il bisogno di schierarci ideologicamente e clinicamente dalla parte della vita.

    Se è quindi vero che in caso di aborto “un feto vitale, in estrema prematurità, va assistito anche se la madre è contraria”, è anche vero che l’uovo, cioè l’embrione della gallina, merita altrettanto rispetto.
    Per questo motivo abbiamo redatto il Testo Congiunto per la tutela dei diritti dell’uovo, che illustriamo qui di seguito nei suoi punti salienti:

    1. Un uovo vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente.

    2. Considerando a priori il concetto ontologico della covata, la legge attribuisce la pienezza del diritto alla vita e, quindi, all’assistenza sanitaria dell’uovo.

    3. Nell’immediatezza della covata, il medico deve agire in scienza e coscienza sull’opzione di rianimare l’uovo, indipendentemente dalla volontà del gallo e della gallina, a meno che non si palesi un caso di accanimento terapeutico nei confronti dell’uovo.

    4. L’attività rianimatoria esercitata al momento dell’interruzione della covata, dà il tempo necessario per una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva e delle possibilità di sopravvivenza dell’uovo, e permette di discutere il caso con il personale dell’Unità e con la gallina.

    5. Nel caso in cui un uovo ancora vivo venisse espulso prematuramente dalla gallina, noi Vedove Nere sosteniamo che i ginecologi dovrebbero avere il diritto di reinserire il suddetto uovo nel culo della gallina (se necessario pure a tradimento), anche se la gallina è contraria, perché prevale l’interesse dell’uovo.

    6. Nell’ipotesi in cui l’uovo sopravviva, non si ritiene doveroso chiedere il consenso della gallina, perché in questo caso si esercita un’opzione di garanzia con cui si tutela un individuo vulnerabile, qual è appunto l’uovo (basti pensare al suo fragile guscio), in una fase in cui non si hanno certezze cliniche.

    7. Non si può decidere di assistere un uovo solo in base ai tempi di maturazione della covata. Ad esempio un uovo alla coque messo a cuocere per meno di tre minuti ha delle aspettative di vita che oscillano tra il 30 e il 47%. Un uovo sodo ha tra il 14 e il 26% di possibilità. Un uovo strapazzato non sopravvive, ma in questo caso la gallina che ha appena effettuato un’interruzione di covata ha l’obbligo di firmare un modulo in cui può scegliere se seppellire lei stessa l’uovo con celebrazione del rito funebre o se permettere che venga consumato con un pizzico di sale, un bicchiere di vino rosso e del formaggio tagliato a scaglie.

    8. Lo stato di abbandono dell’uovo da parte della gallina si può anche presumere, e a nulla valgono le sue rimostranze, alle quali i ginecologi pertanto possono rispondere “gnè gnè”. Ma la gallina tuttavia può tornare indietro sulla sua decisione e continuare allegramente la covata, o in alternativa farlo covare dai ginecologi stessi o dal parroco del quartiere o da quelle comari di buona volontà che vogliano metterselo misericordiosamente nel culo.

    9. Oggi rispetto a dieci anni fa migliorano le aspettative di sopravvivenza dell’uovo, ma il problema della scelta dell’assistenza grava sul futuro del pulcino e su una sua eventuale disabilità, per evitare che cresca come Calimero che si sentiva brutto, nero e con scarsa autostima.

    10. Alcune galline preferiscono addirittura che le loro uova non vengano assistite e finiscano nel sistema di produzione della maionese.

    Difendi anche tu i diritti dell’uovo e schierati come noi dalla parte della vita!

    Firmato: vedovenere.com

    (rielaborazione liberamente tratta dall’articolo di Repubblica intitolato “Aborto, documento dei ginecologi “Il feto deve essere rianimato”, 2 febbraio 2008)

  3. darkblue67 says

    La dignitò di una donna in quanto madre ( e non viceversa) viene tutelata nel momento in cui le viene data la possibilità di scegliere. Nessuna donna sana di mente ricorre ad un aborto con leggerezza, chi lo fa è purtroppo costretta da motivi che sono così importanti da farle scegliere un’azione così devastante , soprattutto per la mente.
    MI interrogo su questi nuovi inquisitori che credono di avere le risposte giuste, dimenticandosi che Gesù, se proprio si vuole essere pignoli, non si è mai permesso di fare o dire alcunchè contro le donne.
    Non siamo incubatrici, anche se c’è chi la pensa così.
    ti abbraccio… e vorrei tanto scriverti..ma non so come fare..non vedo un indirizzo da nessuna parte..

  4. MiRcOv says

    Io penso che sulla faccia di questa terra ognuno abbia diritti e doveri.
    Questi diritti e questi doveri li conosciamo e la maggior parte li contiene la Costituzione in modo esplicito, la stragrande maggiornaza in modo implicito. Senza stare qui a fare giochetti di logica giuridica che penso non portino assolutamente a nulla esprimo la mia opinione “laica” (nel senso più lato del termine: senza alcun condizionamento di tipo politico, religioso o altro).

    Io penso che la natura ha regalato alle donne un gran dono: poter CREARE DAL NULLA UN ESSERE UMANO!

    E’ come la vita, non la chiedi, te la danno! Così la possibilità di generare non la si chiede, la si ha, punto e basta.

    E’ un dono ma è anche un grande potere. Ed un potere comporta responsabilità.

    E credo che il diritto/dovere di una donna sia quello di portare a termina la gravidanza a meno che ciò non comporti un grave pericolo per la vita della donna stessa. Solo in questo caso credo sia possibile abortire.

    Per il resto, io, mi sento in dovere di proteggere la creatura che le donne si portano dentro e che anche se magari ancora non si sente o ancora non si vede è cmq una persona che nascerà, vivrà, si riprodurrà e morirà. Il processo è iniziato e non credo sia giusto interromperlo.

    A meno che la donna non rischi la vita che motivo ci sarebbe di abortire (che forse è un modo più gentile per definire un omicidio?)?

    Penso che i miei diritti, i miei doveri, la mia libertà, finiscano quando cominciano quelli delle altre persone.

    Ce la sentiamo di non definire “persona” qualcosa che effettivamente ancora non lo è, magari non è in grado di “capire”, è costretto a stare attaccato ad un tubo per poter sopravvivere e sta nelle mani della donna che lo ha generato?
    Io no, non me la sento.

    Purtroppo, però, la morale corrente ci impone scelte di questo tipo: una ragazza di 16, 17, 18 anni incinta è qualcosa di immorale.

    Ma di immorale per chi? Vale la pena prendere in considerazione queste persone? Io penso di no.

    In conclusione credo sia giusto riconoscere i diritti delle madri (non delle donne!!! DELLE MADRI!!!) ma per contro vanno riconosciuti anche i diritti dei bambini, siano essi nati o soltanto generati.

    Perchè abortire? Non è possibile partorire e poi affidare il bambino? Penso sia una scelta molto più saggia, da genitore, da madre, da donna (anche se sono un uomo posso parlare come futuro genitore).

    Forse molte/i di voi non condivideranno quanto ho scritto e ciò che penso ma spero che possa servire comunque a ragionare intorno ad un argomento che ritengo essere molto molto delicato: stiamo disponendo della vita e dei diritti di qualcuno che non può esprimere le proprie opinioni, facciamo attenzione a ciò che facciamo!!!