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Le mogli degli sbirri e i funerali

Non esiste un dolore più dolore di un altro. Non esiste un nero così nero e un bianco così bianco. E’ una abitudine maschile o quantomeno propria di una cultura al maschile. Quella di chi ha foga di individuare un colpevole. Subito. Adesso. Quella di chi immagina che stabilito dove inizia e finisce la linea di trincea sia più facile combattere la guerra e che a guardarsi negli occhi, umani contro umani, non si provi nessun dubbio.

Niente titubanze. Solo certezze. Un nemico lo si immagina come quegli affari del tiro a segno. Basta fare centro. Il gioco sta tutto lì. Di un nemico non si rispettano le lacrime, le relazioni. I nostri amori sono più amori di tutti. Le nostre lacrime sono eccellentissime lacrime da sofferenza d’hoc.

E invece ognuno ha i propri martiri, i propri santi e i propri eroi. Perché nessuno è veramente laico. Nessuno rinuncia davvero a semplificare la lettura degli eventi. In nome di questi eroi è successo spesso di mistificare situazioni, di ingigantire eventi, di far passare per eroi alcuni ragazzini in piena crisi adolescenziale.

In nome di questi eroi si sono fatti errori politici madornali e gravissime omissioni nei confronti delle generazioni che ci succedono. Perché svelare l’arcano non sarebbe utile, perché indebolirebbe il movimento, perché i compagni vanno difesi innanzi tutto. Soprattutto: come atto di fede non bisogna mai metterli in discussione.

Ho sempre guardato con grande disagio a tanti sfoghi di testosterone. Mille e più modi di stabilire a chi ce l’ha più lungo. Tanti cripto-maschilisti in azione. Ho sempre pensato che la guerra dentro gli stadi potesse essere combattuta ad altri livelli. Menarsi tra tifoserie non mi pare cosa intelligente. E non mi pare tale soprattutto perché sapere che quella tal curva nord è occupata dai fascisti che non aspettano altro che di guerreggiare sul finto espediente dello sport, dovrebbe far venire in mente che si potrebbero escogitare altre strategie.

Mi dicono che i palermitani sono stati rinchiusi dentro lo stadio catanese finchè non è finita la guerra. Poi dicono che Raciti è stato colpito da un corpo contundente che gli ha spappolato un po’ di cose. Ma era in macchina? Era fuori dal blindato? E’ stato colpito mentre era dentro il blindato? Da una cosa che ha trapassato lo sportello? Era un bastone, un tubo, una pietra, un razzo, un fuoco d’artificio, un lacrimogeno, un proiettile? Da cosa è stato colpito? Chi è stato?

In televisione hanno deciso che sono stati gli ultrà. Una entità astratta genericamente definita: ultrà. Cosa scandalosa è risultata essere che alcuni di questi vivaci tifosi siano fascistazzi figli di gente della Catania bene e uno persino figlio di un collega di Raciti. La cosa che a me sembra invece terribile è il fatto che ogni cosa abbia il sapore emergenziale dell’aggiustatina. Una ripizzata qua e una la’. Cambia tutto per non cambiare niente. Si concluderà con una legge speciale fatta di repressione e fascismo, pure quella. La applicheranno sul primo immigrato che opporrà resistenza, su chi farà anche il minimo errore – riproducendo schemi arcinoti – immaginando di vivere gesti unici di ribellione condivisa (quale tragico errore).

Arrestare quattro fascisti non vuol dire agire sulla cultura fascista. Quella stessa cultura che a Catania è sempre stata ben visibile ovunque (dai Pride in giù e in su) e che certamente non si può combattere con una retata che subirà ulteriori aggiustatine o che, peggio, porterà ad individuare come responsabile del delitto un custode dalla mente diabolica e la sua famiglia.

Al momento si cercano prove: una mazza segata, un mocho vileda inspiegabilmente sopravvissuto al tessuto raggrinzito, una dose eccessiva di prezzemolo e qualche resto di osso di agnello dell’ultima pasqua.

Siamo all’atto di condanna del padre di famiglia che porta a spasso i figli a vedere la festa di sant’agata invece che rimanere imprigionato in casa a morire di commozione.

Riconosco il valore catartico della cinica satira ma non posso passare avanti come se la cosa non mi turbasse. Non riesco a starmene zitta vergognandomi del fatto che – posizione impopolare ma alquanto liberatoria e mi consentirete anche non omologata e assimilabile ad alcunchè – mi dispiace.

Perdere qualcun* è un fatto doloroso. Quella donna – parlo della moglie – è rimasta vedova e madre in una terra difficile. L’ho vista oggi e mi ha fatto tenerezza: era lì a sostenere un ruolo, a portarsi addosso la responsabilità del dover dare un messaggio alla nazione, a sostenere l’incarico ufficiale di moglie e madre perfetta agli occhi dell’universo perché moglie di un eroe, madre dei figli di un eroe.

Lei non c’era. Non esisteva. Il suo dolore, quello reale, condito di conflitti e complessità, non glielo lasciano vivere. E’ comunque una donna dalla crescita individuale compromessa. Il suo dolore è un fatto pubblico. Lo deve al mondo, non a se stessa.

Accade spesso che i pregiudizi ci impediscono di guardare al di là del nostro naso. Io provo a guardarci – per mia serenità, per coerenza con me stessa e non perché penso che le mie verità siano migliori di quelle di altri – e ci vedo questa donna e poi tutte le donne mogli di operai e muratori morti di “incidenti” sul lavoro.

Ci vedo tutte le donne conosciute in Sicilia con parenti in carcere per ogni possibile reato. La moglie del poliziotto eletto ad eroe nazionale sarà risarcita economicamente, qualcun* le darà un buon lavoro, forse lo daranno ai figli. Forse faranno una legge regionale apposta per lei e lei godrà di tutta una serie di benefici che apriranno spiragli per altre donne rispetto alle quali nessuno ha mai fatto niente.

In Sicilia è così. Se ti ammazzano qualcun* lo stato paga. Come se comprasse i morti al mercato, uno ad uno. Le altre donne invece tirano a campare. Nessuno le risarcisce. Nessuno le aiuta. Lo stato paga se si sente responsabile o se ci guadagna in ritorno d’immagine.

Da un manovale morto perché caduto da una impalcatura non a norma non ci guadagna niente. I morti sono di serie A e di serie B. Quello poi diventa il discrimine per giudicare il dolore lecito, quello dignitoso, quello puro e quello che invece non ha diritto d’essere.

E dato che ho perso l’occasione di stare zitta su questa faccenda allora continuerò dicendo il perché a me pare che gli arresti d’emergenza non servano a niente.

E’ una storia lunga. Inizia nel 1992. Con i funerali degli uomini di scorta di Borsellino. Cosa c’entra? C’entra – mi dice una amica stamattina mentre mi invita a guardare bene le facce di chi sta partecipando ai funerali di Raciti.

Quegli uomini morivano dopo la brutta faccenda di Falcone. Il reparto scorte era inferocito perché era più o meno certo che sarebbe morto in malo modo qualcun altro e nessuno aveva preso i “provvedimenti necessari” per evitarlo. In poche parole: questi uomini continuavano a dire di essere trattati come carne da macello.

E’ strana la Sicilia. E’ forse il luogo in cui le divisioni appaiono in tutto il loro grigiore. Mezzi toni decisi, effetti cromatici che non stanno ne’ qua ne’ la’. Voler definire a tutti i costi queste sfumature è una forzatura che prima o poi restituisce tutto il senso di disorientamento proprio di quei teatri che modificano scenografie e palcoscenici prima che tu ti sia abituat* a stabilire familiarità con le scene passate.

Tutto in uno. La vita in saldo. In Sicilia l’anarchico più anarchico, oppure – per non offendere l’anarchia vera – lo pseudo-anarchico più puttana è il figlio del popolo dalla cultura mafiosa. Lo stato è merda, gli sbirri sono merda e se quello di forza italia vuole i voti della mia famiglia mi deve pagare almeno 100 euri a voto. Il putt-anarchico è anche mediamente antifascista (certo ora i fascisti si sono fatti abbondantemente perdonare la calata del prefetto mori e dei suoi ommini).

Per cui in Sicilia, almeno in passato, è stato complicato stabilire quali fossero gli uomini dello stato morti perché volevano fare un lavoro decente e quelli che sono morti per altri motivi. Era un periodo un po’ complicato durante il quale (sempre per affidarsi al valore catartico del sarcasmo) non finivi di dire che quel tale si era fatto l’attentato da solo per avere più gloria che dopo due giorni moriva (e non si poteva essere tanto egocentrici da dire che il tipo si faceva esplodere solo per fare un dispetto a te).

Passavi il tempo a dire che non bisognava fare politica a suon di leaderismi e esibizione di eroi e ti ritrovavi con un attentato fatto ad arte sulla tua persona e una bella scorta assegnata prima che tu potessi esprimere la tua opinione in proposito.

Nel 1992 l’ufficio scorte della questura di Palermo era pieno di gente incazzata. I palermitani erano tutti in piazza perché quei poliziotti li sentiva come figli suoi, gente del popolo che veniva scannata per salvare il culo a borghesi, snob, maleducati, irriconoscenti personaggi d’ogni risma che spesso si facevano assegnare le scorte solo per evitare il traffico.

Gente che abusava del tempo e delle vite di quegli uomini portandoseli appresso a tutte le ore, facendogli fare ore e ore di straordinari non pagati, facendogli assumere responsabilità così grosse senza ripagarli neppure di una parola gentile.

Erano figli di quella città triste che non avevano il tempo e quindi neppure il diritto di viversi una vita propria. Non so da dove venissero. Non so neppure se quegli uomini avevano mai fatto servizio d’ordine pubblico per manganellare qualcuno. So quello che veniva detto in quelle particolari giornate.

Riassumiamo: al funerale degli uomini di scorta di Borsellino (la famiglia di Borsellino rifiutò i funerali di stato), dentro la cattedrale c’erano politici, rappresentanti istituzionali. Fuori, tutt’attorno, erano stati chiamati a fare cordone molti militari del nord-est il cui compito era quello di impedire il passaggio a colleghi incazzati dei morti e ai palermitani.

La questione ha un precedente: durante il funerale di Falcone un gruppo di persone cominciò a urlare “Assassini, assassini” e tentò di colpire a suon di pugni Spadolini e altri papabili presenti.

I funerali degli uomini di scorta di Borsellino divennero quindi – di conseguenza – un paradosso in uno scenario surreale: militari friulani bloccano palermitani che non potevano avvicinarsi alla cattedrale; uomini dell’ufficio scorte che sfondano il cordone (pistole in pugno) e assieme un po’ di amici dei defunti arrivano fino all’ingresso della cattedrale e sferrano pugni e calci in direzione di Scalfaro, Amato e Parisi.

Lo stato contro lo stato. La gente contro lo stato. L’intervento di una delle mogli dei poliziotti a dire chiaramente che sapeva che i responsabili erano lì, dentro quella chiesa e finiva con un “lo stato… lo stato” che era una accusa precisa a contrastare la retorica degli uomini che darebbero la vita per lo stato, appunto.

Tutti a riconoscere in quelle personalità presenti il simbolo o i colpevoli (in termini di responsabilità istituzionali) di morti che si potevano evitare. Tutti a denunciare una cosa che mai come in quel momento fu sentita in quanto vera: la connivenza dello stato con la mafia.

Poi la Sicilia fu invasa da quegli stessi militari. Li chiamarono i Vespri. Erano stati mandati per tenere a freno l’incazzatura che serpeggiava tra la gente, per reprimere il dissenso, per normalizzare. Si inventarono la minchiata che questi soldati (che hanno figliato e arricchito la varietà di razze presenti nell’isola) per tutto il tempo che rimasero impalati a fare da portieri delle case dei giudici e delle personalità varie sparse per l’isola, nel frattempo ebbero anche il tempo di far diminuire gli scippi. Certo: la mafia si combatte a partire da una cosa così tanto fondamentale. Chissà perché non c’avevamo pensato prima…

Ma torniamo a noi: i funerali di Raciti. Come è spesso accaduto in Sicilia: pareva che i colpevoli fossero presenti a fare le riverenze alla vedova.

Le facce visibili stimolavano vari quesiti: cosa ci facevano Amato e la Melandri? Cioè: cosa ci facevano due rappresentanti del governo nazionale in una situazione in cui non hanno alcun potere, alcuna autorevolezza? Sembravano fantocci, colpevoli di aver sdoganato culture fasciste, senza nessuna credibilità,  moderati, guerrafondai, assertori della applicazione di sistemi uguali ai peggio inciuci della vecchia democrazia cristiana. Cosa ci facevano costoro in una situazione in cui regnavano tronfi i Cuffaro e i Fini, i Musumeci e svariate altre personalità fascisteggianti che a Catania hanno un elettorato potente, se non per tenergli il velo? Come si fa per le spose quando le si accompagna all'altare…

Cuffaro, Fini e Musumeci presenti a raccogliere voti dei delusi, degli illusi, di quelli che vogliono essere protetti, degli ultrà che si sentono orfani di leader di Forza Nuova che non sono in grado di sostenerli. Tutti a ribadire il loro potere, a ristabilire ordine nel disordine, a pisciare sul territorio, a cagare cultura fascista dove per un paio di giorni si è fatto finta di arrestare fascisti.

C’era poi l’invisibile per eccellenza: cosa ci faceva Rita Borsellino? Non ha voluto i funerali di stato per il fratello e si mette a partecipare in prima fila a quelli degli altri? Ma non si sentiva mortificata, stretta anzi stritolata tra tanto governo siciliano e mafiosità presenti? Essere candidabile l’ha fatta ammalare di rutellismo presenzialista?

Ma soprattutto: cosa cazzo ci faceva il principe Emanuele Filiberto di Savoia? Assieme a vescovi, preti, monache, eunuchi e tesauri. Tutto bene dunque: la Sicilia è tornata ai vecchi equilibri. Stato, chiesa, monarchia, colonia sabauda. Peccato non ci fosse anche un aristocratico spagnolo e l’effige di Federico II di Svevia. Gli arabi, quelli no: li recupereremo in questo ripasso vivente della storia in tempi più tranquilli. Per ora lasciamoli a fare couz couz e kebab.

La Sicilia ha ritrovato se stessa, che gioia: duce, papa e monarchia. La mafia sarà contenta, ora poi che i fascisti sono passati dalla loro parte. Gli ultrà avranno sofferto perché gli è stato proibito di esserci. In questa situazione certamente l’unico motivo per cui incazzarsi era che la festa di sant’agata (come santa rosalia a palermo, celebrazione sacra per i palermitani, cui non rinuncerebbero neppure se si verificasse una strage) non si doveva fare. Complimenti, davvero.

A me viene solo in mente che in Sicilia gli equilibri sono cambiati, anzi si sono pienamente ristabiliti. Che tanti anni di governo di destra hanno dato i loro frutti, che è stato cancellato ogni segno di contraddizione e dissenso. Che quelli che dicono di essere portatori di una cultura differente (leggasi rappresentanti di sinistra) non esistono. Non incidono: culturalmente, fisicamente. Sono stati abbattuti, cancellati, risucchiati. Sono fantasmi che si regalano alternanze ipocrite di sindacature egualmente colluse o egualmente incapaci di distinguersi per l’originalità.

Siamo alla Sicilia con le belle folle assuefatte e ossequiose, come usava ai vecchi tempi. Con le vedove e riverire gli assassini dei propri mariti. Si ritorna alle origini. Chissà che ne direbbe Tomasi di Lampedusa…

E' la Sicilia dove si muore di asfissia da contorsioni politiche, da ambiguità relazionali, da grigiore delle battaglie, dalla vigliaccheria di certe persone che a parole sono l'antimafia per antonomasia e nella pratica tentano solo di alzare il prezzo per contrattare una posizione sociale migliore (Non tutti per fortuna, non tutti…).

E' l'11 settembre siciliana. Una mazzata sulle gonadi di tutti gli/le abitanti dell'isola che da una storia come questa difficilmente si potranno rialzare. Il dopo Falcone e Borsellino per questioni di svariati disallineamenti è stato tremendo ma non come potrà essere il dopo Raciti. La guerra è scesa ai livelli bassi. Non più i giudici ammazzati dalla cupola mafiosa. Robe lontane, "di lusso". Ora è un poliziotto-figlio del popolo che dicono ammazzato da un ultrà.

Nel 1992 la gente se la prendeva con i potenti. Ora invece è bastato un morto per restituire tutta la gente ossequiosa a quegli stessi potenti – nessuno escluso – e metterla contro i vandali, gli ultrà, ragazzi, deficienti, fascistelli, coglionazzi, tifosi…

Il potere non è più quello dal quale guardarsi e del quale diffidare, (sebbene sia responsabile del livello culturale nel quale ci ha ridotto). Il potere ora è solo quello che ci libererà dai cattivi. Il potere è giusto.

I processi per Genova 2001 non sono ancora finiti e tutti i poliziotti sono già assolti. E' finita! Non c'e' più un morto da opporre agli abusi. Ora il morto ce l'hanno loro. Perciò quello che è avvenuto è di una gravità inaudita…

Mi sono commossa vedendo le scene del funerale. Mi sono commossa perché si celebrava la definitiva morte di una utopia che abbiamo condiviso in tanti e tante. Ci vorranno forse altri trenta anni per ridare alla Sicilia una faccia presentabile. Ci vorranno tantissimi anni per convincere un po’ di brave persone a fare politica e cultura in quella terra senza che anche loro finiscano per considerarla soltanto un bacino elettorale. Ci vorrà troppo tempo prima che si potrà proferire parola e pensiero politico senza scontrarsi con l'arroganza dei tanti che si faranno scudo di questo lutto.

 

[e.p.]

 

Approfondimenti:

Verità per Renato 

Fascisti, stupri e violenze 

Destra romana

Forza Nuova in Toscana

Easy London

Forza Nuova, i nazisti e gli ultrà

Forza Nuova in Sicilia 

Contro tutti i fascismi

 

 

Posted in Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio.


12 Responses

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  1. FikaSicula says

    Che bello che finalmente ti sei firmato con il tuo VERO nick. 😉
    Millantare conoscenza delle sensibilità femminili mentre si usano e sbrodolano termini sessisti (spacciati per moderna ricerca concettuale) firmandoti come se fossi mezza femmina e mezzo uomo non è una cosa carina. Eh?

    Posso dirti AMan che non hai capito quello che ho scritto e che ti sei lasciato accecare dall’astio?
    L’articolo discorreva soavemente proprio per svelare le visioni ideologiche. Il mio italiano forse fa difetto ma se uno c’ha un po’ di stizza e pregiudizio certo non è aiutato alla comprensione delle cose. (non vorrai mica avere il cattivo gusto di finire in rissa perchè non ti cago, ve’? Però capisci che vorrei parlare con quella santa donna della tua compagna che tu dici grandiosamente disposta a fare scambi e riscambi manco fosse un binario delle ferrovie.)

    In ogni caso su una cosa non sono d’accordo: la visione binaria del mondo (bianco o nero, buono o cattivo) secondo me è una visione patriarcale che certo può essere adottata da uomini e donne. Anche se l’astio assertivo, universale e distruttivo al momento è il tuo…
    Bravo. Ce l’hai più lungo! Hai vinto qualche cosa?
    😀

    E per la cronaca io non mi ostino ad affermare niente. Qui si discute… A partire dal fatto che sia chiaro che è la mia opinione e non una visione universale (cosa che invece tu non esprimi, mon dieu).

    cazzo, che grandi verità che hai scritto. solo quello che dici tu è reale e vero? però se sei dio mi saresti pure simpatico. un dio scambista, un po’ vastaso e piuttosto presuntuoso sarebbe rivoluzionario ahahahah

    Non hai dimenticato di dire: “secondo me…”?

    Bah. Divertiti. Te lo dico per chiarezza: A me piace poco confrontarmi con persone false che non sono in grado di misurarsi
    con le proprie mistificazioni e debolezze.
    Pace.

  2. AWoman.AMan says

    > E’ una abitudine maschile o quantomeno propria di una cultura al maschile.

    Non mi risulta che la signora Zani, affranta per la morte della sorella, abbia speso una delle sue lacrime per la morte di decine di persone nelle alluvioni indonesiane.
    E neppure A-Woman, neppure la mia collega.

    Hai scritto una cosa ideologica e falsa.
    Uomini e donne condividono molto di più di quanto tu non ti ostini ad affermare.

    I tuoi morti sono molto più morti degli altri.
    Sempre e ovunque.
    E’ umano.
    Non sessista.
    AMan

  3. FikaSicula says

    Ciao notears 😉
    bello essere pensate quando si parla di vagine 😀
    comunque si, il post è piaciuto anche a me. Grazie per avermelo suggerito.

  4. notears says

    Siamo all’atto di condanna del padre di famiglia che porta a spasso i figli a vedere la festa di sant’agata invece che rimanere imprigionato in casa a morire di commozione.
    – invece che rimanere imprigionato in casa
    – invece che rimanere imprigionato in casa
    – invece che rimanere imprigionato in casa
    proprio così, è l’optimum della separazione.

    PS: assolutamente e sgarbatamente OT:

    Ho letto questo e ti ho pensata.
    Cioè, a me è piaciuto assssai.

  5. FikaSicula says

    Grazie Caro Monsieur Legrand :*
    Per leggere gli eventi del presente il passato torna utile. Mentre noi dimentichiamo c’e’ gente che salda debiti o che pretende crediti che risalgono ancora a trent’anni fa. figurati!
    Ci proverò a colmare altri vuoti di memoria, almeno questo…

  6. Monsieur Legrand says

    Grande articolo, carissima…
    soprattutto la parte di ricostruzione storica. Fondamentale memoria collettiva.
    Che non c’è.

  7. FikaSicula says

    Il mare e gli amici: anch’io. Poi c’e’ montagna longa e un po’ di matti che insistono nel fare utopie. su rita sono d’accordo. sulla divisione dei siculi per sommi capi, pure. perchè io conosco quelle fasce intermedie di gente che vota rita ma lotta per esistere ed è eroico ciò che fa, ogni giorno. conosco quelli che delle cose le fanno ma restano impigliate nel magma di quelle non fatte. Magari dovremmo cominciare a raccontare di ciascuno di loro… o di noi che siciliani lo siamo fino alla fine.

  8. nto says

    sul pupazzo rita
    il futuro: proprio uno degli aspetti che il futuro fa allontanare; il futuro non ci sarà, si immagina corrotto o lo si importa dall’alto delegando chi? rita
    non avrebbe manco comandato niente, solo un simbolo neutrale, uno slogan a forma di persona.
    diciamo pure che questo simbolo da persona viva ha dato parecchio per l’antimafia: adesso però ha perso di credibilità; quindi sti siciliani o son ladri o son spie, o son neri o rossi, o mafiosi o poliziotti: chi esce dal circolo, di solito, va via.

    io torno spesso, dopo un po’ che vivo fuori faccio di tutto per tornare. poi sto male, litigo, mi incazzo con le persone, ma ho anche bisogno dello stereotipato mare e anche dei miei amici anziani.

  9. FikaSicula says

    Oi Nto,
    l’ho letto il tuo post e mi è anche piaciuto. E’ catartico, irriverente, libertario. 😉
    A me però è venuta fuori la tristezza perchè quello che ho visto non mi è piaciuto e perchè quello che ora tanti stanno chiamando come l’11 settembre del calcio io lo vedo come una mazzata sulle gonadi di tutti i siciliani e le siciliane che da una storia come questa difficielmente si potranno rialzare. Come si riemerge da una cosa di questo genere?. Il dopo Falcone e Borsellino per questioni di svariati disallineamenti è stato tremendo ma non come penso sarà il dopo Raciti. La guerra si è calata ai livelli bassi. Non più i giudici ammazzati dalla cupola mafiosa. Robe lontane, a livelli “di lusso”. Ora è un poliziotto che dicono ammazzato da un ultrà. Quando descrivo come il poliziotto viene visto in Sicilia non dico una novità. E’ una cosa che sai anche tu. La sanno tutti quelli che di Sicilia ne capiscono. E quando dico che la gente si incazza se gli toccano un poliziotto=figlio del popolo ho fatto la somma di quello che ora sta succedendo.
    Nel 1992 la gente se la prendeva con i potenti. Ora invece è bastato un morto per restituire tutta la gente ossequiosa ai potenti – nessuno escluso – e metterla contro i vandali, gli ultrà, ragazzi, deficienti, fascistelli, coglionazzi, tifosi… chiamali come ti pare. Manca il riferimento utile: il potere non è più quello dal quale guardarsi e del quale diffidare, quello che si reputa responsabile per il livello culturale al quale ci ha ridotto. Il potere ora è solo quello che ci libererà dai cattivi. Quindi il potere è giusto. In quella parte che descrivevo sul rapporto popolo/sbirro- conflittuale e complesso quanto vuoi – c’e’ il tentativo di spiegare la gravità di quello che è avvenuto. Di quegli uomini della Palermo che fu davvero la gente pensava che erano poveri diavoli (in fondo venivano da famiglie sicuramente non aristocratiche) che stavano sacrificando la vita per ricconi fetenti e aristocratici ingrati. Non hai mai visto la gente incazzarsi contro i ricchi per qualche ragione? Ecco: quello fu allora l’espediente, la scusa. Di Pasolini io amo tante cose ma certamente lui aveva un poco la nebbia annebbiata dai suoi amori di periferia. Però io amo interpretare le cose cercando di guardarle intere o quanto meno fino a dove la mia vista mi permette di guardare. censurare degli aspetti mi impedisce di vederci chiaro. Non mi basta. Io capisco la tua opinione e la condivido anche. Ma manifesto il legittimo punto di vista di chi non sente il bisogno di censurare la lettura dele cose per farsi una opinione altrettanto legittima. Tutto è funzionale a ragionare di politica e con la politica. Rita è stata una speranza che per molti è valsa la pena seguire. Sbagliato puntare su un nome e un simbolo. Io sono d’accordissimo. I nomi e i simboli in Sicilia sono buoni se fanno rima con provenzano. Ma l’alternativa era non votare, non fare niente, dichiararsi succubi della mafia vincente e padrona… Io penso che a volte in Sicilia le battaglia vanno fatte anche solo per stabilire confini, distanze. Per appropriarsi di vite che tutti dicono non esser più proprie. Per darsi la libertà di fare i folli, gli anarchici, i comunisti, gli antimafiosi. Per darsi la chance di essere se stessi a partire da un NO grande quanto una casa alla più grande delle prevaricazioni che ti consuma dentro e fuori il corpo ogni giorno e ogni notte. Poi penso anche che dovremmo cominciare a capire che alcuni schemi di comportamento che giudichiamo sbagliati in alcuni posti noi invece li riproduciamo interi. Funziona tutto per eserciti. Rifiutarsi di fare i soldati con le regole altrui non è un atto di libertà? Stare ingabbiati nei dogmi di qualunque genere non è forse una schiavitù?
    Per la Sicilia: come ti ho detto… il futuro io lo vedo nero. Si è consumato tutto… Anche per me troppi ricordi, delusioni e denunce…
    Dimmi se un futuro lo vedi e come lo vedi…

  10. FikaSicula says

    Pippi &Luisa: la storia della guardia d’onore chiude il cerchio. Una bella folla assuefatta e ossequiosa, come usava ai vecchi tempi. Con le vedove e riverire gli assassini dei propri mariti. La Sicilia è proprio tornata alle origini. Chissà che ne direbbe Tomasi di Lampedusa…
    Non lo so che sensa ha lottare ancora. Certo io so solo che in Svezia mi annoierei a morte. So che la sicilianità io ce l’ho nel sangue e può essere che la stessa cosa è per voi. E’ difficile restare in Sicilia. Lo è ogni anno di più. Io vago per il mondo e la Sicilia l’ho guerreggiata per secoli ma da un po’ di tempo – esausta, sfinita – mi concedo anche qualche pausa. Vado in tournèe da cause utopiche. In giro ce ne sono tante. Boccate d’ossigeno che talvolta, poche in realtà, regalano un po’ di ossigeno per chi come noi ha rischiato o rischia di morire da asfissia delle contorsioni politiche, delle ambiguità relazionali, del grigiore delle battaglie, della vigliaccheria di certe persone che a parole sono l’antimafia per antonomasia e nella pratica tentano solo di alzare il prezzo per contrattare una posizione sociale migliore. Ammiro chi resta. Ho un rispetto profondo per tutt* coloro che si consumano in quel tragico andirivieni, nella fatica abnorme di uscire dall’isolamento che l’isola procura, di chiedere soccorso ai compagni del nord che hanno troppo pochi soldi e troppe battaglie da fare per potere occuparsi di un’isola così vicina e allo stesso tempo così distante. nella costante attesa di altri colonizzatori che portino speranza, aiuto, energia. Perchè anche nella sinistra un po’ in sicilia è così: ci si consuma di guerre intestine, non ci si sostiene mai a vicenda. ci si scanna per una briciola di pane e poi si preparano tavole imbandite e preziosi souvenir per quell* che ogni tanto ci degnano di attenzione politica. nel frattempo in Sicilia si soffoca. Muore il sogno, l’utopia, persino la rabbia. Tutto viene sostituito dal sarcasmo, dall’ironia. per sopravvivere. Si Pippi e Luisa, forse tutti dovrebbero abbandonare la Sicilia a se stessa. Il problema è che te la porti dietro come una zavorra che non puoi lasciare mai. Però possiamo sempre occupare un’isola, una di quelle minori e tenercela tutta per noi. da lì possiamo costruire un avamposto speciale e poi facciamo progetti per allargare i confini. Almeno avremmo una roccaforte dalla quale partire. Il problema sta lì. Siamo deboli alla base. Fanno a gara per minarti la base. E se non c’e’ quella almeno in Sicilia non esisti. Un po’ scherzo e un po’ no. Stasera l’amarezza è assai…

  11. nto says

    umm
    sono un po’ confuso forse perchè non ho la televisione. io, nel mio noblog, ho scritto un paio di cose molto diverse dalle tue su questa storia.
    l’unica cosa che non ho compreso molto (forse ti è venuta ‘na botta di sarcasmo) è quella degli sbirri figli del popolo, di “pasoliniana memoria”, io ho scritto forse una cosa opposta ma non riesco a non condividere in parte le tue parole, anche se ho un’opinione mooolto diversa e anche sul futuro della politica iin sicilia.
    trovo la sicilia l’avanguardia d’italia, un esempio da “salire” in continente; il fatto che la mafia da noi ormai sia IL POTERE, senza più mediatori, pian piano sta salendo anche sopra roma.
    la rita ha sbagliato a candidarsi, hanno sbagliato gli studentelli a organizzare il trenino per andare a votare e hanno sbagliato molti compagn* che ho mandato affanculo perchè l’ultima alitata di movimento l’hanno buttata appresso a rita e gli altri rosa spento.
    smetto, troppi brutti ricordi e delusioni e denunce…

  12. pippi*luisa*open says

    “cosa cazzo ci faceva il principe emanuele filiberto di savoia?”
    —a quanto pare il poliziotto ucciso era membro della Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon.—
    si è celebrata la definitiva morte di una utopia come hai detto tu..
    ha ancora senso restare in questa amata terra di sicilia, se tutto resta immobile? è solo una lotta con i mulini a vento, che senso ha lottare ancora?