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Di #aborto e #mammane: quante prigioni morali per le nostre figlie!

Da Abbatto i Muri:

Questo Documentario è stato realizzato nel 1992 da Dorothy Fadiman sul tema dell’aborto. Tradotto e sottotitolato in italiano da Feminoska.

In Italia attualmente c’è chi sta tenta di introdurre le Pro-Life/No-Choice dentro i consultori pubblici, c’è chi continua a boicottare la Legge 194, a impedire che le donne trovino facilmente contraccettivi di emergenza e abbiano accesso alla ru486, c’è chi addirittura ritiene che una donna che realizzi questo contesto per altre donne possa dirsi “contro la violenza di genere“. La pratica degli aborti autoindotti in questi anni è diventato un gran problema, basti pensare agli intrugli a base di cytotec (farmaco che sostituisce gli infusi di prezzemolo) che usano a volte le immigrate o altri sistemi che somigliano molto al ferro che infilza l’utero. E’ una barbarie che nel 2012 dovrebbe non più avvenire.

La questione è relativa al fatto che sul corpo delle donne passa una morale normativa che viola qualunque diritto all’autodeterminazione e che immagina di poter lasciare senza cure, assistenza medica, garanzie, diritti, quelle donne che scelgono di abortire. Di quando cioè quel che è giusto per alcune persone diventa legge per tutte, con relativa mole di divieti, censure, punizioni, nel caso in cui si trasgredisse.

D’altronde sono le stesse persone assolutamente contrarie all’aborto che spesso impediscono che si ragioni di prevenzione. Educazione sessuale nelle scuole e contraccezione, perché la sessualità esclusivamente riproduttiva e l’astinenza sessuale non può essere plausibile.

Di questa emergenza i collettivi femministi parlarono nel primo FemBlogCamp ed è una emergenza che coinvolge per la maggior parte le donne immigrate che trovano “spacciatori d’aborto” fai-da-te perfino in metropolitana e che talvolta muoiono d’aborto e di razzismo.

Racconto questa cosa perché la notizia di oggi è quella di una ragazzina che ha rischiato di morire a causa di un aborto con mammane, farmaci per l’ulcera, perché aveva paura di dirlo ai suoi e perché l’Italia è diventato questo.

La prima domanda è: perché una ragazzina di 17 anni nel 2013 resta incinta? Ha avuto la possibilità d’accesso alla contraccezione, inclusa quella d’emergenza?

Perché aveva paura di rivolgersi alla mamma e alla nonna? Di quale cultura è infarcito un contesto in cui una ragazzina rischia di morire affidandosi a estranei e alle mammane? Che genere di divieti morali teme? Perché mai una diciassettenne teme di rivolgersi ad un consultorio che dovrebbe aver rispetto della sua privacy?

Perché se non rispondiamo a queste domande c’è poco da immaginare una lotta per arginare l’aborto e prevenirlo.

Non so voi che ne pensate ma quel che so è che di retorica su questo argomento ne abbiamo sentita troppa. Da tempo in tante denunciamo il fatto che stiamo tornando indietro.

E’ anche vero che certe volte nonostante l’informazione accade comunque che una ragazza resti incinta, ma anche lì, se non ci sono le condizioni culturali che consentono reali opportunità per una libera scelta ad una ragazza di quella o altre età, di che parliamo? Se mentalità vuole che non ci sia almeno una figura genitoriale, una persona adulta, alla quale una ragazza può rivolgersi sapendo che non la lascerà mai sola e mai in mano a macellai di questo tipo, davvero, di che parliamo?

Sono genitore e sapendo che bisogna essere presenti, senza obbligare scelte, così chiedo agli altri genitori di figlie: se nel tempo aveste capito che temevano di dirvi delle cose per paura delle vostre barriere morali, così esponendole al rischio, alla solitudine, non avreste mai avuto neppure la tentazione di rimettervi in discussione?

Posted in AntiAutoritarismi, Corpi/Poteri, Critica femminista, Omicidi sociali, R-esistenze.

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