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SexWorkers/Badanti: la schiavitù della “cura”, la scelta di appagare il desiderio!

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Da Abbatto i Muri:

Provo a mettere in ordine quel che ho scritto nel corso di una discussione a proposito del paragone tra prostituzione e altri lavori di cura, uno tra tutti, il ruolo di badante. Contro la forzatura che esige in senso paternalista/autoritario decifrare la prostituzione accostandola (per criminalizzare chi la realizza e chi ne ragiona senza moralismi e in senso laico) sempre e comunque alla violenza anche quando si tratta di una scelta di modo che si imponga tutela anche a quelle che non vogliono essere tutelate. Per svelare una ipocrisia che viene esplicitata soprattutto da chi si oppone alla regolarizzazione della prostituzione. L’elaborazione precedente, con ricostruzione e notizie su quello che succede nei mondi proibizionisti in giro per il mondo, puoi trovarla QUI.

Il ruolo di cura è un rapporto di scambio schiavitù/profitto, a prescindere dal genere di profitto, se in ambito familiare o statale, al quale ci riferiamo. Lo si ritiene utile ma è comunque una mercificazione fortemente genderizzata a carico delle donne che in quanto ammortizzatrici sociali, dentro e fuori la famiglia, non possono sottrarsi ad un ruolo che è “necessario” al capitale.

Tra i ruoli di cura individuo quello della badante la quale impiega sentimenti e uso del corpo mentre ripulisce il culo di un anziano incontinente. Tale lavoro viene considerato lecito. Diverso invece è l’atteggiamento nei confronti di chi vende una prestazione sessuale.

Teoria vorrebbe che il sesso si debba fare solo gratis e la cura invece si possa mercificare. Così chiedo: il sesso in vendita non è ruolo di cura? Non è ruolo che implica lo stesso coinvolgimento fisico/sentimentale che deve impiegare una badante quando ha a che fare con il corpo estraneo di un anziano?

A chi è orientat@ in senso abolizionista e proibizionista nei confronti della prostituzione, contro la richiesta delle sex workers di regolarizzazione della loro professione, chiederei di immaginare uno scenario in cui si realizza la tratta delle colf e delle badanti (che di fatto c’è tuttora con i vari decreti flussi per migranti ai quali nessuno si oppone), i movimenti di clandestine che scelgono di lavare culi delle quali si dirà che sono complici del patriarcato e gruppi di persone che si solleveranno per salvarle dalla mortificazione del lavaggio di culi che giustamente alcune diranno di non aver voglia di toccare. Immaginate questo in un contesto in cui tanti anziani  vorranno comunque ricevere la cura di qualcun@ che anche solo per un attimo finga di amarli mentre pulisce i loro culi.

Pensate al fatto che la sessualità non si risolve in un atto meccanico e si parla di contatto, desiderio, pelle, emotività, e dunque di un bisogno che non si può lasciar soccombere in senso militaresco, perseguendo un ordine costituito in cui si invita alla continenza, con approccio normativo, integralista, decisamente mistico, con venti preghiere al dì per espiare desideri impuri e trattenersi dal lasciarsi tentare dai peccati.

A fronte di questa necessità – che tutti/e abbiamo – quel che va perseguita è la consensualità e il rispetto per l’autodeterminazione senza entrare nel merito delle modalità di relazione che ciascun@ sceglie.

Nel caso in cui quella necessità viene appagata con l’acquisto di prestazioni sessuali che persone adulte scelgono di vendere quello che dovrebbe preoccuparci sono le condizioni di lavoro di queste ultime, esattamente come mi preoccupano le condizioni di lavoro di ogni altra persona che realizza una professione senza grandi garanzie che la tutelino.

Di fatto, allo stato attuale, c’è una divisione ipocrita del lavoro di cura in ruoli morali e immorali. Una donna che non vuole compiere lavori di cura viene comunque obbligata. Le badanti sono obbligate a pulire il culo dei vecchi con stipendi decisamente striminziti e una sorta di riconoscimento sociale che dovrebbe gratificarle. Affinché le badanti lavino i culi di estranei ricevono pressioni moraliste/religiose, con ricatti e sensi di colpa conseguenti perché si tratterebbe di soccorso e stato di necessità, con ricatto economico di tante donne straniere alle quali non viene riconosciuta cittadinanza e titolo di studio perché altrimenti temo che non svolgerebbero affatto quel lavoro.

In un discorso privo di moralismi, laico, che non distingue tra bisogni fisico/emotivi/personali quel che non si capisce è perché sia considerato morale e necessario vendere la cura e il lavaggio/culo per un anziano e si consideri immorale e superfluo soddisfare la richiesta di una prestazione sessuale. E dato che non mi pare vi siano i presupposti per cui domanda e offerta in quel settore possano cessare chiedo se sia il caso di lasciare in stato di clandestinità e senza alcuna regolarizzazione le prostitute, cosa che le sovraespone a condizioni di schiavitù e sfruttamento, alla totale assenza di garanzie e sicurezza, data oltretutto dalla criminalizzazione cui sono sottoposte, che si verificano in ogni situazione non riconosciuta.

Per capirci: mantenere in stato di clandestinità gli stranieri e le straniere è un regalo al capitalismo e alimenta lo sfruttamento e la schiavitù. La mancata regolarizzazione dei migranti diventa terreno di sfruttamento per chi vuole mantenerli in stato di subordinazione utile a poter imporre loro forme di schiavitù che altrimenti non sarebbero obbligati ad accettare.

Tornando al paragone tra badante/prostituta mi viene in mente la serie televisiva Legit. C’è un disabile che si affida ad un amico e va a stare con lui. Ha dei bisogni, incluso quelli sessuali, l’amico un bel giorno lo masturba perché l’altro non lo può fare da solo. Necessità ignorate dalla madre del disabile che reputa la cosa oscena e immorale mentre l’amico non ha alcun problema perché il ragazzo glielo chiede. Quel che l’amico svolge si chiama “cura”. Se al posto suo ci fosse stata una donna di quella scena si sarebbe detto che era rappresentativa di una violenza o una oggettivazione del corpo femminile.

Chiarisco che la scena non era intrisa da nessun tipo di mistica religiosa e di promozione del missionariato. L’azione non si svolgeva infatti in una dimensione retorica fatta di buoni sentimenti quanto piuttosto in termini trasgressivi, dove si dissacrava la morale ipocrita che esiste su questi argomenti e attribuendo al disabile una veste finalmente umana e sessuata. Secondo alcune forme di misticismo paternalista una azione del genere potrebbe definirsi in quanto “dono”. In realtà c’è chi quel dono se lo fa pagare – per scelta – (come non ricordare Irina Palm) esattamente come è pagabile il lavaggio culi. Perché si tratta comunque di soddisfazione di un bisogno che non è affatto solo “maschile”.

Bisognerebbe ricordare qualcosa anche a proposito della relazione “carnale” che si stabilisce tra donne, una disabile e l’altra che assiste, dove vedi perfettamente che la componente emotiva/sessuale non può assolutamente essere archiviata. Dunque, a meno che non fai voto di castità e non immagini una dimensione, peraltro come si vede assai fallimentare, di rinuncia al desiderio, come è per i preti, il sesso, il contatto tra corpi, è fondamentale e archiviare la propria sessualità, così come altre necessità, è perfino ragione di problemi psicologici e molteplici somatizzazioni.

Vorrei poi sottolineare il fatto che in relazione alla “cura” per una donna non si può neppure parlare di scelta. Sappiamo che è contemplata come dovere “naturale”, addirittura ci viene detto che avremmo un istinto particolare a realizzare quel determinato ruolo. Se non ci prendiamo cura di bimbi e anziani, se non abbiamo voglia di fare figli o se reputiamo la cura non decisamente una nostra priorità siamo considerate anormali, siamo biasimate, colpevolizzate. Perfino chi si preoccupa, come è giusto, di sollevare dall’obbligo le donne da svariate forme di mercificazione alla fine non si pone minimamente il problema di organizzare la società in modo tale che nessun@, per ruolo imposto, debba fare alcunché. Perché la chiave di tutto è la possibilità di scegliere senza che mi sia ricucito addosso un ruolo sociale perché la mia biologia dice che sono una donna.

Fondamentale è rilevare come anche in vari contesti femminil/sti la discussione sui ruoli viaggia infatti su un doppio binario. La cura sarebbe un nostro obbligo, una predisposizione, al punto da delineare politiche di perenne conciliazione lavoro/famiglia, invece la prostituzione sarebbe mercificazione, svilimento, asservimento ad un disegno etero/patriarcale che rende la donna oggetto delle necessità maschili.

Chiarendo che per me qualunque costrizione è grave e che nessuna donna dovrebbe mai fare nulla sulla base di un ruolo imposto, mantenendo la discussione sul piano della libera scelta, dove io posso voler fare la badante così come la prostituta, serve chiarire che trovo che lavare il culo di un estraneo e masturbarlo sia esattamente la stessa cosa. Posso scegliere di fare l’una e l’altra cosa o può disgustarmi l’idea.

Lavare il culo di un estraneo implica asservimento ed è un ruolo di servizio tanto quanto vendergli un servizio sessuale. Serve anche spiegare che quando parlo di sessualità non mi riferisco alla sessualità “maschile”. Parlo di sessualità in generale, di necessità di intimità e carnalità per chiunque. Non per teorizzare l’erogazione, con tanto di retorica della compassione, di un servizio a carico della mutua ma per dire che ogni lavoro di cura, che non avviene certo sempre sulla base di una relazione consensuale, è dato da domanda e offerta. Possiamo indagare sul perché le donne non siano così esplicite nella loro richiesta di soddisfazione di un bisogno e lì si capisce che c’è un problema culturale, di subordinazione del femminile e di mistificazione nel momento in cui si reputa la sessualità femminile “diversa”, attribuendo alle donne angelicità asessuata di sapore medioevale. Se le donne non fossero state inibite e se avessero potuto indagare la propria sessualità senza doverla concepire come espressione di oggettivazione io sono certa del fatto che la richiesta sarebbe stata analoga. Una richiesta che comunque c’è sempre stata, si è realizzata nelle relazioni private, si è espressa più spesso tra donne, in legami che sono fatti di carne e cura anche quando il mondo vuole definirli in modo diverso.

Si è realizzata anche in termini più espliciti e mi viene in mente il film Histeria e il libro “La tecnologia dell’orgasmo“, che consiglio di leggere, dove si racconta come i medici prendessero fior di parcelle per masturbare le donne colpite, secondo la mentalità dell’epoca, da Isteria. Per l’isteria, che infine era pura insoddisfazione sessuale, venivano immaginate terapie che andavano dal rapporto sessuale (se la “malata” era sposata), con tanto di coinvolgimento dei mariti che di sesso ne sapevano ben poco, alla stimolazione della clitoride con getti d’acqua potenti nell’inguine, alla masturbazione manuale che dapprincipio facevano solo le infermiere perché i medici uomini avevano delle riserve quando si trattava di toccare le vulve, fino ad arrivare alla scoperta del vibratore che si è evoluto negli usi e nelle forme attuali. Lì è la mistificazione culturale in cui la necessità etero/maschile veniva assunta come istinto mentre quella femminile semplicemente come patologia. Così, purtroppo, anche nelle discussioni che si realizzano attorno alla sfera della prostituzione, si pensa ancora adesso, vibratore sdoganato a parte, proprio nella misura in cui si immagina una donna in rapporto alla sessualità maschile sempre e comunque come elemento passivo. Lui predatore e lei preda. Condannate alla angelicità, alla colpa, con carico moralista da portare sulle spalle nel caso in cui non si declini la sessualità in senso sentimental/romantico finalizzato alla riproduzione.

Dopodiché mi preme fare capire come e perché la cura di una persona possa “non” essere una scelta e possa diventare un obbligo talvolta assolto con disgusto. Se non si coglie il fatto che una donna non sempre sceglie la “cura” abbiamo a che fare con la mistica religiosa, la cultura patriarcale, un certo femminismo che aderisce alla visione delle differenze naturali, che immaginano le donne per “natura” portate alla cura. Solo ad un certo tipo di cura. In realtà non è detto che lo siano. Non è detto che abbiano istinto materno, che abbiano voglia di lavare culi ai vecchi. Eppure la retorica che viene usata, che finisce per fare diventare la necessità di cura nei confronti degli anziani una virtù sociale e individuale, dibatte ancora oggi, nel 2013, fissando stereotipi sessisti che ci inchiodano a quei ruoli.

Sarà per questo che si rimuove una categoria di delitti che avvengono nell’esercizio dei lavori di cura (i maltrattamenti agli anziani da parte di alcune badanti) così come si rimuove il fatto che le badanti soddisfano “sollazzi” che non riguardano certamente soltanto le necessità primarie di vecchi moribondi. Ci sono donne che provano disgusto nel fare quel mestiere che pure è sponsorizzato, promosso ed elevato a magnifica sorte, destino di utile redenzione, per le donne, incluse le prostitute, che vengono “salvate” dai vari Don/Filantropi di turno. Ci sono quelle a cui piace molto farlo.

Se battaglia di liberazione, nel rispetto di ogni autodeterminazione, deve essere dunque bisogna dare alle donne gli strumenti affinché facciano quello che vogliono, quando vogliono, con tutte le garanzie del caso. Dopodiché mi si spieghi perché giusto dai contesti più rigidi che addirittura confondono volutamente la tratta con il sex working volontario non arriva una proposta che liberi le migranti dall’essere oggetto di produzione e consumo al servizio di società occidentali capitaliste. In Italia, ad esempio, se togli la Bossi/Fini, togli i Cie, riconosci i titoli di studi dei migranti, smetti di mantenere alcuni soggetti in stato di subordinazione e schiavitù, lì determini davvero le condizioni affinché chi vuole lavori nel sex working, nei ruoli di cura, faccia la badante.

E’ quello il principio che libera anche tante prostitute, clandestine, che stanno per la strada e che sono vittime di tratta. Il problema va affrontato alla radice e non in termini ipocriti e paternalisti, con tutele ipocrite e sovradeterminanti che vittimizzano tutto il genere femminile e divisione tra schiavitù lecite e quelle illecite. Via la Bossi/Fini, riconoscimento titoli di studio dei e delle migranti e regolarizzazione per chi vuole fare il mestiere che vuole. Diversamente è solo fumo negli occhi. A legittimazione del patriarcato/capitalismo.

Sarebbe utile, poi, ai fini di una riflessione approfondita su questo tema, indagare circa l’economia della prostituzione, ovvero come quel che un tempo era un privilegio per monarchi che mantenevano concubine oggi sia alla portata più o meno di tutti. Fossi maliziosa direi che a margine di un certo modo di praticare proibizione, al di là della discussione attuale, stia il fatto che si vuole continuare a tenere in vita, per le classi meno abbienti (quelle destinate a varie forme di schiavitù economiche e sociali) l’istituto del matrimonio (che è un contratto di prostituzione in esclusiva a tutti gli effetti che ci assolve in quanto puttane di Stato), le relazioni ammantate di connotazione sentimentale (baci perugina e bla bla melensi tutto il tempo) a scopo riproduttivo affinché non si realizzi un calo della natalità, affinché non venga a mancare la famiglia come ammortizzatore sociale, invece che lasciare che donne e uomini si relazionino in rapporti di chiaro interesse, senza riprodursi se non per scelta e senza realizzare istituzioni convenienti per l’assetto del welfare. Diversamente non mi spiego come mai in certi contesti conservatori va bene la lotta dura contro la tratta delle prostitute e non si fa un solo passo per lottare contro la tratta delle straniere da impiegare come colf, schiave e badanti.

Infine, parlando di libertà di scelta, tenendo conto del fatto che in tema di prostituzione ci sono sicuramente orientamenti differenti: faccio l’esempio dell’aborto. Possiamo discutere mille anni di come si concepisce l’aborto e tutti gli argomenti connessi ad esso. Possiamo pensarla in mille modi diversi così come le prostitute possono vivere per se’ ciascun@ una soluzione differente. Il punto è che quel che dovrebbe fare il legislatore è di dare tutte le garanzie per ogni scelta possibile. Dunque tutelare le donne che soffrono della schiavitù e della tratta e dare garanzie di altro genere per quelle che vogliono svolgere il sex working.

Diversamente si decide in senso abolizionista o proibizionista ed è vigliaccheria istituzionale e autoritarismo di chi impone il proprio punto di vista su chiunque altr@. Io ascolto le sex workers e quello che hanno da dire. Ascolto le vittime di tratta e quello che hanno da dire. Non vedo come inconciliabili leggi differenti che regolino situazioni totalmente differenti. L’esistenza delle donne che pensano che l’aborto sia un omicidio e che legalizzarlo significherebbe legittimare un assassinio dovrebbe significare che dovremmo evitare di offrire assistenza sanitaria e garanzie a quelle che scelgono di farlo?

Non può funzionare così in nessun caso. Uno Stato che vieta o “abolisce” (e bisogna conoscere la Legge Merlin per capire quanto sia terribile e retrograda) è intrusivo della gestione della sfera privata dove interferisce con la gestione del corpo. La morale del singolo o della singola non può diventare legge. Quel che è legge dovrebbe garantire chiunque, in senso laico, qualunque decisione prenda, perché non esista nessuna persona, quando non crea un danno per nessun@, che sia considerata fuorilegge per le proprie scelte.

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