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Nell’acquario di Facebook: Marzia Vaccari intervista Ippolita

Pubblichiamo con piacere l’intervista realizzata da Marzia Vaccari per Server Donne ad Ippolita, collettivo di scrittura conviviale, sul libro “Nell’acquario di Facebook. La resistibile ascesa dell’anarco-capitalismo

Buon ascolto!

Facebook si avvia ad avere un miliardo di utenti. È uno straordinario dispositivo in grado di mettere a profitto ogni movimento compiuto sulla sua piattaforma. Nell’illusione di intrattenerci, o di promuovere i nostri progetti, lavoriamo invece per l’espansione di un nuovo tipo di mercato: il commercio relazionale. Nell’acquario di Facebook siamo tutti seguaci della Trasparenza Radicale: un insieme di pratiche narcisistiche e pornografia emotiva. Ci siamo sottoposti in maniera volontaria a un immenso esperimento sociale, economico, culturale e tecnico. L’anarco-capitalismo dei right libertarians californiani è il filo conduttore che ci permette di collegare Facebook ai Partiti Pirata europei, a Wikileaks. Gli algoritmi usati per la pubblicità personalizzata dai giganti della profilazione online, i nuovi padroni digitali (Facebook, Apple, Google, Amazon) sono gli stessi utilizzati dai governi dispotici per la repressione personalizzata. Nel nome della libertà di profitto. Tranquilli, nessun complotto: è solo il

FAR WEST DIGITALE.

Posted in Autoproduzioni, Omicidi sociali, Scritti critici.

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7 Responses

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  1. lafra says

    ah ovviamente hai sprecato l’occasione. chiudo i commenti al post perché il post è mio e lo gestisco io. 🙂

  2. lafra says

    ti passo il commento onde evitare che poi si gridi al complotto della censura. ma liberissima io di non sprecare altro tempo a rispondere a te che evidentemente sei nella fase tra i 3-5 anni dei perché? perché? perché?
    immagino tu sia adulta e capace di darti anche delle risposte. e cmq alla mia di domande, semplicissima, non hai risposto. vuoi dialogare o fare interrogatori? mannaggia a fb che ha rincretinito le conversazioni.

  3. Ariaora says

    Ciao Lafra, scusa ma non riesco a capire la tua risposta:
    – quale sarebbe la “sterile polemica”? (se vuoi ti fornisco la dimostrazione che qui è stato usato lo stesso comportamento descritto nel libro).
    – cosa intendi per “caciara”? e cosa intendi per “sciacalla” dei lavori altrui?
    Se me lo spieghi posso cercare di capire il tuo punto di vista.

    Se vuoi posso anche esprimere il mio pensiero su facebook e il tema del libro segnalato. In realtà, avevo scritto anche su quello, ma poi mi è sembrato importante chiarire questo punto ancora più urgente di qualsiasi ragionamento riguardo a Facebook:
    – Che significato ha criticare un comportamento d’uso in ambienti gestiti da altri (facebook) se poi si ripete pari passo lo stesso comportamento criticato negli ambienti che si gestiscono in proprio?

  4. lafra says

    ahhhh ma lo potevi dire subito! e io che mi sono pure sforzata di risponderti perché mi sembrava una domanda interessante. invece no! era solo l’ennesima sterile polemica contro il fantomatico essere “blog”. vabbé che dire. sciacalla pure dei bei lavori altrui. visto che a citare e rinfacciare siamo tutte brave perché i neuroni non li usi per argomentare cosa ne pensi te del tema, o te li sei fritti definitivamente? te la faccio io la stessa domanda e vediamo se riesci a rispondere senza buttarla in caciara.

  5. Ariaora says

    Ciao Lafra, ho interrogato i neuroni e credo, da quello che ho capito, che, in particolare, l’affermazione che ho citato, estratta dal libro consigliato nel post:

    “L’obiezione più comune è: se non ti piace, non andarci, in rete c’è tutto e sei libero di scegliere quello che ti piace.”

    li abbia mandati in cortocircuito perché in questo blog sono state usate affermazioni praticamente identiche a quelle descritte nel libro.

  6. lafra says

    ciao. io posso rispondere per me. a chi stai chiedendo l’opinione? 🙂
    cmq personalmente sono curiosa di sapere perché questa affermazione ti ha mandato in corto circuito. secondo me è vero che è una affermazione che viene fatta. il problema è contestualizzare. il contesto di cui parla ippolita è fb. mi sembra lineare il pensiero che dice che se lo strumento è fatto per essere assertivi sia altrettanto ovvio che le critiche non possano avere spazio. o meglio quello che su fb avviene è la creazione di una dicotomia di pensiero su un potenziale argomento di conflitto che per la modalità esclusivamente assertiva diventa una netta contrapposizione autistica. io penso una cosa e vado dritta per la mia strada, tu un’altra e vai dritta per la tua. lo strumento non favorisce il dibattito in maniera logica e costruttiva. un esempio? di fronte ad una lunga serie di commenti ad una affermazione che crea conflitto è impossibile avere lo spazio per fare ordine, quotare, riagganciarsi ad un discorso per ampliarlo. è appunto una modalità unidirezionale in cui ognun* segue il proprio flusso di pensiero senza riuscire a trovare lo spazio di creare connessioni. quindi si. se scegli di stare su fb è inutile che pretendi di farci politica, a meno che non ti contorni di persone che la pensano come te. non dico che sia sbagliato farlo, dico solo che è oggettivamente l’unica cosa meno entropica da fare (se proprio ci vuoi stare). perchè dovremmo affrontare una critica e un tema serio di dibattito in uno spazio che è costruito per impedirtelo di farlo in maniera costruttiva? in quel caso davvero meglio cercare qualcos’altro. in generale, fuori da fb, io penso che si chiacchieri assai, con la sindrome da commento compulsivo, ma si costruisca poco rispetto alle energie impiegate, per questo la gente si appiccica a personaggi stile guru da adorare o al contrario a demoni da sconfiggere. per cui il web è grande ma è normale che si creino piccoli ghetti per interesse, che ben presto diventano stretti se non sfociano in qualcosa di propositivo. per cui la critica, il dibattito, anche lo scazzo ci vogliono, ma sempre con la testa libera pronta per andarsi a fare una passeggiata nel web mentre si aprono le finestre e si cambia l’aria viziata della stanzetta dello scazzo quotidiano.

  7. Ariaora says

    Ciao, ho iniziato a leggere il libro. Molto interessante, sono arrivata ad un certo punto e mi sono arenata. Il punto è questo:
    “Il concetto stesso di opporsi, criticare, cercare alternative, diventa obsoleto. L’articolazione del pensiero viene risucchiata dalla velocità della mutazione, una velocità di fuga necessaria per mascherare l’inconsistenza della socialità che si sta creando. Vedremo nella prossima parte come questa socialità sia parte di un progetto ideologico preciso, l’estremismo anarco-capitalista, che ben si coniuga con la visione della tecnologia salvatrice e liberatrice. La superficialità del mito della partecipazione online è denunciata anche dalle espressioni utilizzate per descrivere l’esperienza della rete. Mi piace, primo link, clicca qui, dì quello che pensi: sono reazioni a stimoli nemmeno binari, ma addirittura monodirezionali. Su Facebook si può essere assertivi a proposito dei propri gusti, ma criticare non ha senso. L’obiezione più comune è: se non ti piace, non andarci, in rete c’è tutto e sei libero di scegliere quello che ti piace.”

    In particolare, la frase che ha mandato in cortocircuito tutti i miei neuroni impegnati nella lettura e comprensione del testo è:

    “L’obiezione più comune è: se non ti piace, non andarci, in rete c’è tutto e sei libero di scegliere quello che ti piace.”

    Cosa ne pensate della suddetta affermazione? anche voi pensate che sia davvero così diffusa come obiezione?

    Ciao e grazie in anticipo per la risposta eventuale e per l’approvazione del commento.