Ricordandovi il nostro appello “Mai Più Complici di Snoq” (sottoscrivetelo, personalizzatelo, integratelo e condividetelo) e riassumendo quanto è successo a Torino lo scorso fine settimana [1] [2] [3] vorremmo estrapolare pezzi tratti qua e là per raccontare ancora qual è il posizionamento politico che prediligiamo in rapporto a Snoq.
Da facebook qualcuno commenta che i motivi per cui Snoq si sarebbe arrabbiata per la contestazione alla Fornero durante il convegno di Torino sarebbero riassumibili con codeste questioni:
– è stato detto che i temi del lavoro e del reddito erano estranei al convegno.
– Il convegno era stato organizzato come un incontro chiuso – con tanto di pre-iscrizione valutata e confermata per email – e non prevedeva interventi “fuori lista”.
A parte dunque valutare che a Snoq è sconosciuta l’interdisciplinarietà che è necessaria per valutare le soluzioni preventive alla violenza sulle donne ci piacerebbe sapere secondo loro da cosa è fatta la violenza sulle donne e come vorrebbero risolverla. Forse che si tratta solo di uomini tanto cattivi che ci fanno la bua? E basta prendere il mostro cattivo per ottenere una catarsi collettiva e fare finta che sia tutto risolto? Anzi per ottenere una catarsi ancora maggiore quando prendiamo il mostro cattivo gli facciamo a lui una bua tanto grande così tutti quanti vissero felici e contenti nei secoli dei secoli (sedati con tanto psicofarmaco perchè se non sei strafatt@ di qualcosa è difficile che si possa pensare che tutto ciò sia plausibile).
L’assenza di lavoro è una delle cause principali della violenza sulle donne in famiglia e noi l’abbiamo detto tante volte dati alla mano. Se non hai lavoro non puoi lasciare la casa dell’uomo che ti picchia. Se non ha lavoro l’uomo che finisce per deprimersi e concepire idee suicide ammazzerà anche sua madre, sua moglie e i suoi figli. Questo (e non solo) è quello che ci è noto allo stato attuale e poi ci sono tante cose sempre dette e ridette ma che chi vuole solo spettacolarizzare e usare le donne per motivi elettorali non vuole neppure capire. Dopodiché c’è da sapere cosa sono gli interventi fuori lista e la preiscrizione controllata soprattutto tenendo bene a mente i tanti incontri fatti a Livorno al Fem Blog Camp in cui chiunque poteva giustamente partecipare e dire ciò che voleva per costruire cose serie anche a proposito di violenza sulle donne, ma vabbè. Non ci sforziamo neppure di capire la burocratizzazione di esercizi radical chic che si appassionano di problemi delle donne con un like su facebook e un “vota donna” come soluzione salvifica per tutti i nostri problemi. E invece no. Gli uomini non sono cattivi e le donne, e che donne, non sono le buone. Dunque il “vota donna” non è la soluzione per salvare il mondo. Qui bisogna che ci si salvi tutti e tutte, uomini e donne, insieme, dall’imbecillità, dal sessismo, e dalla strategia politica d’accatto per raggranellare voti cavalcando cause importanti per le persone.
Oltretutto vorremmo commentare un articolo di Luisa Betti che sul Manifesto riassume la due giorni chiarendo fino in fondo quale sia l’assoluta inefficacia di operazioni di maquillage bipartisan orientate a emanare fumo su questioni che andrebbero trattate diversamente.
Il fine dell’incontro era quello di “elaborare proposte per una legge nazionale sulla violenza”. Con un incontro chiuso tra soggetti evidentemente qualificati, osiamo pensare, dove cacciano via chi va lì a dire che il lavoro c’entra con la violenza e poi verificano via mail l’appartenenza di chi andrà. Gente che immagina di poter produrre una proposta calata dall’alto senza tenere conto di chi quelle violenze le patisce davvero e di chi va lì apposta a indicare soluzioni e obiettivi. Con tanti strumenti di partecipazione collettiva che esistono per ragionare di tutto e di più, avendo la possibilità di attivare forum su qualunque argomento per ragionare di proposte a più livelli, invece preferiscono, queste di Snoq, fare le riunioni a porte chiuse e con una elité selezionata di persone, donne, che non le disturbano o che si accontentino di vedersi stampare sulla fronte il marchio Snoq.
Bella l’intenzione, per carità, non fosse che dopo la sfilata di personalità politiche di vario genere, tutte note e riconoscibili, a legittimare amministrazioni cittadine e governo nazionale, poi nei fatti ci pare che la sostanza sia assolutamente nulla.
L’intervento di AlterEva e Rete Donne Fiom è stato recepito come abbiamo detto e raccontato. Dopodiché la Fornerò con piglio coloniale ha raccontato della comprensione per le donne nere d’Africa e che leggere un libro sia uno strumento per capire dove sta il problema. Poi c’è Comencini che pensa e scrive che la violenza sulle donne è “un impulso ancestrale” che fa il paio con chi dice che le donne fertili hanno l’impulso ancestrale di scannare le rivali con uteri troppo disponibili. Immaginiamo già dunque la serietà dell’approccio al tema della violenza sulle donne se il presupposto è che gli uomini sarebbero ancestralmente violenti e le donne, si deduce, sarebbero ancestralmente vittime. Diversamente Obber, che abbiamo conosciuto al Fem Blog Camp, tiene a chiarire che in queste storie non c’è un buono e un cattivo e che le dinamiche della violenza vanno ragionate e interpretate in modo differente e più complesso a partire dal fatto che “la violenza molte volte si costruisce insieme” e che questa costruzione avviene per inconsapevolezza e giustificazionismi e perché non si riesce a capire cosa c’è dietro la violenza senza sentirsene parte scindendo il piano della comprensione da quello della assunzione di una colpa.
Il tavolo sui Media e violenza però, dice la Betti, vedeva lì presente soltanto lei come giornalista. Dunque non si capisce di cosa abbiano parlato in realtà. E poi c’è questo frame continuo che avrebbe permeato tutta l’iniziativa nella ricerca di elementi che lasciassero dire che le donne “non devono mai essere considerate complici della violenza e che per combattere quello che subiscono occorre evitare “alleanze paternalistiche” e “atti pietistici” (telefono rosa)” il che vuol dire ancora che le donne dovrebbero allearsi solo con altre donne e che agli uomini al più, come ha fatto la Ravera, andrebbe rivolto un appello che dice loro assumetevi la colpa e fate i bravi.
Per fortuna che alcune donne presenti hanno detto che NON serve una legge sulla violenza sulle donne che agisca in termini repressivi e che bisogna usare le risorse che ci sono chiedendo solo l’istituzione di un “osservatorio nazionale” (e sarebbe ora così Bollettino di Guerra non sarà l’unico luogo dal quale attingere per le cifre dei delitti) e poi bisogna agire attraverso la cultura, nelle scuole e sensibilizzare sul linguaggio usato dai media.
“Le cose che più mi hanno impressionata in questo convegno sono state due, anzi tre – scrive Luisa Betti – ” la prima il modo in cui le organizzatrici hanno reagito pubblicamente e sotto i riflettori alla interruzione delle donne di AlterEva e Fiom; la seconda che al tavolo sugli stereotipi nei mass media – tavoli che ripeto dovevano servire a stendere una proposta per una legge nazionale sulla violenza e dove credevo di incontrare delle specialiste – l’unica giornalista ero io su una decina di donne per lo più insegnanti in pensione, compresa una simpatica fisica e un’attrice; e la terza è che molta speculazione di questo convegno mi ha fatto riecheggiare tutto il giorno nella mente lo stile, i modi e i concetti un po’ “filosofeggianti” della proposta di legge sul femminicido (bozza aggiornata a ottobre del ddl 3390 – Norme per la promozione della soggettività femminile e per il contrasto al femminicidio) fatta dalla senatrice Annamaria Serafini (Pd) le cui prime righe recitano: “La violenza oggi non è solo residuale. È piuttosto una nuova risposta a cambiamenti introdotti dalle donne”. Insomma, la violenza dipende da quanto noi ci facciamo violentare e succede perché gli uomini reagiscono al fatto che ci siamo troppo emancipate, e se la pensiamo così è ovvio pensare anche che siamo complici.”
Ed è così che siamo contente che la bocciatura di quel ddl/proposta fondata su questi presupposti con richieste di aggravanti per il femminicidio e di interventi a censura per controllare le trasmissioni televisive non sia solo una questione che riguarda noi.
Non serve una nuova legge. Non serve introdurre nuovi reati. Non serve la repressione. Serve analizzare la questione e cominciare a salvare la vita delle persone intervenendo sui disagi in maniera concreta. Repressione e autoritarismi sono palliativi inutili e fascisti. Serve prevenzione e possibilità di protezione per le donne che vivono violenza.