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#Genovanonfinisce: Buon anniversario. Carlo Giuliani. Ragazzo!

E niente. 11 anni fa ero a Genova. Tra una cosa e l’altra ci si preoccupava pure di essere carine. Ma dopo i primi lacrimogeni e le prime macchie di sangue a terra la fisima del culo grosso un po’ ti passa. Potremmo dire che in mezzo alle legnate ti senti una bellezza. Giovedì migranti, sera riunione, sistemazione, terra, media center, poi fu mattina e la partenza dal Carlini era già confusa.

Un momento prima da qualche parte c’era un tizio vestito da astronauta che fece brillare una scatola, una borsa, non ricordo, c’era il tam tam dei quotidiani che dicevano che Genova era piena di delinquenti e criminali e io mi guardavo in giro e vedevo solo il mio amico che di criminale aveva poco e niente, giusto un ciuffetto criminale, forse, se non ricordo male, ma potrei sbagliarmi. Un’altra di criminale aveva l’ingenuità. Io di criminale avevo il braccio sinistro con l’abbronzatura da camionista perché avevo guidato fino a Genova o quasi.

Fu una bella cosa arrivarci attraversando la penisola. Ma quel venerdì, che poi sarebbe domani, l’anniversario della morte di Carlo Giuliani, di cui meglio e bene vi dice Wu Ming, ce lo siamo vissuti tutti un po’ diversamente. Non eravamo certo nello stesso posto. Chi cercava una via di fuga, chi vedeva i pestaggi, chi soccorreva l’altr@ che non riusciva più a vedere un cazzo o a respirare, chi piangeva e urlava. Di colpo la guerra. Quello che successe lo ricostruimmo dopo e così si seppe che quel corteo non doveva essere interrotto, che fecero una gran stronzata, bloccarono un corteo autorizzato e crearono ogni pretesto per dare legnate e buttavano pietre e si lanciavano sulla gente e ti tiravano addosso di tutto.

Era così, vi giuro. Io non l’ho visto morire Carlo. Ero nell’altra strada, poco lontano da lì, eravamo tutti da qualche parte. Stavo correndo, scappando forse, portando il corpo al media center e poi lì arrivarono le foto, terribili foto che non si capiva bene cosa fosse successo, un corpo, due, quanti ne hanno ammazzati queste merde?

Poteva esserci chiunque. E’ capitato a lui. Ricordo la rabbia, il senso di nausea, poi c’era un baretto all’angolo, l’unico rimasto aperto con tutti gli altri a fare la serrata, e c’era la televisione accesa sul tg dove dicevano di scontri e criminali e gente che aveva fatto male alla polizia. Avete idea di come ci si possa sentire quando guardi qualcuno che parla di te mentre tu sei lì e vivi tutt’altro? Come se al tg dicessero che il nostro cielo è rosso e invece è tutto completamente nero.

La stampa. Sempre alla ricerca di un NoGlobal o un anarchico da crocifiggere. Poi tutto il mondo venne definito indistintamente black bloc. I NoTav sono black bloc, la signora che resiste allo sfratto è una black bloc e c’erano i quotidiani, già merde pure allora, come sempre, che creando allarmismo e legittimazione alla violenza della polizia vendevano più copie. Quanto ha guadagnato ogni media in pubblicità e vendita di quotidiani? Quanto hanno guadagnato sulla pelle di Carlo Giuliani?

Da prima di Genova avevano cominciato a raccontare balle. L’emergenza, l’attacco alla zona rossa, stanno arrivando criminali da ogni parte del mondo, e strategia della tensione e piccoli stratagemmi di avvicinamento, con la città terrorizzata e vuota, i cassonetti pieni di carta, buoni per bruciarli, saracinesche abbassate, era un palcoscenico già pronto, silenzio irreale, una trappola. Volevano la guerra e chi sapeva che sarebbe stata una cosa così dura. Così dolorosa e traumatica, di quelle che non te la scordi più per tutta la vita.

La stampa continuò anche dopo e collaborò pienamente ai depistaggi dove solo qualche giornalista onesto, per fortuna, di quelli che si sono anche presi le botte, fece il suo dovere, e le botte, si, come ce le siamo prese noi, che se ti vedevano la scritta “Press” addosso ti facevano più male, ché non volevano testimoni di alcun genere, fotografi, tutte quelle telecamere, non c’erano abituati quei fottutissimi stronzi, pensavano di poter fare il cazzo che gli pareva, e comunque l’hanno fatto, ma noi l’abbiamo visto e raccontato.

La stampa, dicevo, e  scusate se mi perdo, continuò a dire stronzate e fornivano le prove, inquadrature, fotografie di chi si difendeva, ma le fotografie dei poliziotti armati in modo anomalo, con quelle tante cose gravi che facevano, non erano del grande media, no, erano della gente come noi, era la stampa indipendente, o di pochi fotografi onesti, per lo più stranieri.

La nostra stampa, sappiatelo, durante le manifestazioni riprende sempre e solo te che molli una spinta al poliziotto e manca l’attimo in cui il poliziotto t’ha sputato, trafitto, colpito, massacrato, senza alcun motivo, perché è quello che fanno, io lo so, tu sei tra la folla, arrivano e ti picchiano, perché sei gialla, rossa, blu, zecca comunista, perché li guardi dritto negli occhi, troppo sfrontata e la sfrontatezza si paga, con il sangue, non puoi stare dritta e fiera, non puoi essere persona, devi stare piegata in due davanti a quella gente, folle, assetata di sangue, oppure solo fanatica e formata in chissà quale scuola di fascisti.

Mi ero messa una maglia blu. Manica lunga nonostante il caldo perché mi dissero “copriti per i lacrimogeni che non si respira una bella aria“. Gli urticanti mi presero uguale. La sera arrabbiatissima, assieme a tanti altri e altre, bilancio: un morto e troppi feriti e arrestati. Le bolle in faccia. E bisognava scrivere e raccontare a chi non c’era. Bisognava fare quello per cui eravamo lì. Lottare e informare. Lottare e non tacere.

Trascorsi tanto tempo alla ricerca di amici persi chissà dove. Preoccupata per la loro sorte. Poi fu buio. Mezzo panino. Acqua naturale. Altra riunione al media center. Un paio d’ore di sonno a terra. E ci fu il sabato: ancora botte, sangue, ed eravamo sempre più numerosi, con il Pd, stronzissimi, allora pds, che dissero che c’erano i “violenti” e che bisognava stare a casa. Invece in tanti e tante vennero e il pds se ne andò ‘affanculo. Avevo accanto i compagni di rifondazione toscana e i compagni anarchici stavano prima e saluti, baci, hai visto ieri? No, non ho visto, Carlo è morto, e noi si pensava a sopravvivere e andare avanti. Siamo in piazza anche per lui. Guarda quanti. Ci sono i preti compagni, che si beccano la scomunica perché non ubbidiscono alle norme consacrate, e poi ho visto facce note, perché quel sabato venne giù il mondo. Per Carlo che era morto, per quelli e quelle che avevano combattuto, perché eravamo là anche per chi non c’era, per i figli e figlie che generazioni avanti forse avrebbero avuto un po’ più di quello che era destinato a noi. Cose da idealisti che vogliono sconfiggere un carro armato con una piccola pietra. Per garantire sopravvivenza a noi stess* e alle prossime generazioni. Per non arrivare a quello che avevamo già previsto e che ci ha portato a tutto quello che vedete oggi. La crisi, i soldi in tasca alla gente ricca, i poveri che vanno in piazza in mutande e continuano ancora a prendere legnate.

Quel sabato…ad averci avuto più tempo si sarebbe visto che era proprio una gran bella manifestazione. Si concluse di merda. Come il giorno prima senza il morto. Per culo. Credo.

La sera, non paghi dello schifo che avevano fatto per due giorni, vennero alla Diaz, e quella ve l’ho già raccontata. Bilancio? Un morto che ancora oggi se non pisciano sulla sua lapide non sono contenti, qualche sbirro condannato sostanzialmente per minchiate, c’era non c’era, cose simboliche, le mele marce di un albero avariato. Dieci ragazzi che finiscono in galera per decenni per una fottuta vetrina rotta. Colui che dicono aver sparato a Carlo – ché poi dissero che non ci stava con la testa – fu congedato, pagato, riverito e ora pende su di lui una accusa di violenza sessuale nei confronti di sua figlia. E perché qualcun@ abbia voluto proteggere una tale testa di minchia e assieme a lui tutte le forze dell’ordine si può capire. E’ finita che ancora noi oggi paghiamo il prezzo di una grande sconfitta.

E la cosa che mi fa incazzare più di tutto è vedere ancora gente di merda che continua a ripetere a pappagallo le parole di fascisti contro Carlo, gli arrestati, contro tutti/e noi. Vorrei sapere se le loro vite sono meglio di come le volevano, se hanno avuto tutto, se quel G8 non abbia rubato anche a loro qualche cosa, se non sono gli stessi che ora fanno tanti bla bla bla contro le banche, e se i loro figli possono studiare, se possono permettersi un futuro, perché quello che chiedevamo allora, come oggi, erano diritti, grandissimi idioti, diritti anche per voi. E dovreste piangerlo quel ragazzo morto perché qualcuno sparava pallottole insieme alla merda, ché quella merda è piovuta addosso a tutti voi, sappiatelo, capite? Non esistono aree di privilegio. O siete lì a fare la guerra solo contro gli immigrati che secondo voi vi rubano il lavoro così come dicono quei minchioni di leghisti o i fascisti? Non sono i poveri come voi il nemico, sono quelli che decidono sulle vostre teste l’economia del mondo, decidono chi crepa e chi sopravvive, e se ancora non l’avete capito, voi, non meritate neppure di nominarlo uno come Carlo. Ragazzo. Che così giovane aveva già capito tutto.

Vabbè: Ciao Carlo. Scrivo ‘ste cose più che altro per mi@ figli@ che in quel periodo manco c’era e che se vorrà capire avrà di che leggere quando ne avrà voglia…

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Posted in Memorie collettive, Narrazioni: Assaggi, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze.


4 Responses

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  1. Irene says

    La tua testimonianza mi ha fatta riflettere ancora di più di quanto io non stia già facendo in questi giorni, mi ha portata a capire ancora di più proprio perchè il tuo scritto è vivo (e io ne 2001 avevo solo 8 anni e ho bisogno di qualcosa di vivo per comprendere quei fatti lontani eppure vicinissimi). Grazie anche perchè mi hai fatto emozionare, anche se credo il tuo intento principale non fosse quello.
    Carlo non è morto. Carlo vive in persone come me, come noi, che ancora lottiamo e scendamo nelle piazze per i nostri ideali perchè chissenefrega se ce li pestano, l’importante è saperli incerottare per bene e farli saltare in aria di nuovo! Carlo, assieme a tutti i fatti tragici della Diaz e alle persone che come te c’erano, ci insegnano a non mollare mai.
    Carlo è il simbolo della lotta, è il simbolo di tutto e di tutti. Carlo vive e vivrà per sempre in noi e nella nostra Resistenza.

  2. sara says

    grazie a voi, grazie a Wu Ming, grazie a tutt@ quell@ che portano avanti la Memoria Collettiva.
    Sono passati 11 anni, ma questa giornata resta una brutta giornata. Quest’anno ancora di più.

  3. Manu says

    GRAZIE!

  4. Elisabetta (Julie Vignon) says

    Grazie di cuore.