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La dissuasora dall’uso degli uteri vecchi

Tenterò di essere gentile.

Irene ci segnala questo articolo pubblicato su un sito che si chiama “Cronache Laiche”. E per fortuna che sono “laiche” ché se erano – che so – “religiose” chissà cosa avrebbero potuto pubblicare.

Poi approfondisco e vedo che l’articolo arriva da un altro sito che tra l’altro ospita un altro articolo dedicato alle childfree.

Potrei farglielo dire da Malafemmina che parla bene della sindrome della madre mancata che ti impone la società anche se sei precaria. Ma glielo posso dire anch’io.

L’articolo, cara Emanuela, è istigazione allo spaccamento o allo spaccaggio della mobilia dei dintorni. Sollecita l’urlo che t’arriva anche se occupi l’altra dimensione. Ti stimola la volontà di cibarti del cartaceo, se l’articolo è in stampa, o del monitor, se lo vedi lì sul desktop.

Conosco tante donne che un figlio l’hanno fatto dopo aver ottenuto l’ambito contratto a tempo indeterminato. Una utopia per tante. Impossibile meta per la maggior parte. Alcune fortunate ci riescono e quando hanno il pezzo di carta, che grazie alla Fornero ora non vale manco più, cioè non vale neppure quello, mettono in cantiere un figlio.

Si chiama maternità responsabile, di chi si assume la responsabilità di fare un figlio quando lo vuole e non quando ci scappa, ché la storia è piena di figli partoriti in gioventù, benedizione per alcune e profondo limite per altre, e non si tratta come ella esprime di una questione di “natura” ma molto più spesso di preservativi bucati, pillole prese in coincidenza con antibiotici, coiti interrotti che si sono interrotti male, uomini possessivi che fondamentalmente inseminavano la femmina per appropriarsene e farsi scudo di quel figlio.

Ci sono tanti esempi di figli fatti anche per scelta, certamente, ma è proprio lì la differenza: nella scelta, in quel concetto di autodeterminazione che fa la differenza tra le passive vittime che soggiacciono alla volontà degli dei, gli eventi, tuoni e fulmini o le rughe e tra quelle che determinano la propria vita e fanno un figlio solo quando lo vogliono e non quando decidono altri per lei.

Due cose mi preme dirle, sempre con estrema gentilezza, e riguardano le due faccende che lei tira in ballo. Una di ordine estetico, ché per essere madre bisogna essere a quanto pare presentabili perché essere “vecchie” non va bene, e l’altra è di ordine morale dove lei impone una sua personale convinzione che diventa strumento di giudizio e di condanna contro tutte le altre donne che non la pensano come lei.

Volontà di far carriera dice? Ma davvero? Di quale carriera parla di grazia? Quella precaria che obbliga tutte a pietire uno stipendio in ogni dove per supporre di poter contare su un minimo di indipendenza economica?

L’alternativa è il welfare che ci condanna a essere dipendenti dal marito/padre al quale è attribuita tutta la responsabilità di mantenimento perché godrà del privilegio di poter gestire un lavoro retribuito quando e come vuole. Pressappoco. Questa è l’intenzione. Ma il mercato economico schiavizza e precarizza tutti e dunque tanti uomini, piccoli e grandi, di figli non ne vogliono esattamente come per le donne, ritardano, non decidono, non li scelgono, perché non sanno come mantenerli e uno stipendio spesso non basta e sono precari come noi, le donne, e pensano a farsi una carriera, stabilizzarsi e forse mettere in cantiere prima l’acquisto di una casa e poi semmai una famiglia.

Ma a loro nessuno va a rompere le palle per dire che mammamia che egoisti e che brutto che poi faranno figli a 50 anni. Perché si sa che nella famiglia tradizionale, quella che piace tanto a omofobi e intregralisti reazionari, l’uomo può avere anche 70 anni e se si torna a risposarsi da bambine, noi, tipo 12 o 13 anni, il tempo di avere le mestruazioni e via, si riassesta tutto. Così si fa felice tutto l’entourage del familyday ed è felice pure lei, Emanuela, convinta già com’è che siamo tutte qui imbellettate a fare finta di avere vent’anni quando ne abbiamo 50 per il gusto di restare “giovani” mentre tutto ciò che la nostra generazione chiede è di poter accedere finalmente all’età adulta come riconoscimento sociale e professionale.

L’Italia, se avesse approfondito lo saprebbe, vede il 50% di donne disoccupate. Una donna su due non lavorano e tante non cercano neanche più un lavoro perché non ce n’è per noi. Ci sono donne che si suicidano, finanche quelle giovani, perché dopo che si sono fatte il culo per laurearsi, fare ricerche e dottorati, sono ancora lì a dipendere dai genitori che prima o poi moriranno senza aver ottenuto la consolazione di saperli sistemati ‘sti figli e queste figlie.

Le donne sono poverissime, dopo una separazione tornano a casa dai genitori portandosi appresso la prole, più povere di prima e con meno prospettive (oltre che con exmariti spesso stalkers che attentano alle loro vite), e il piano del welfare di Stato non prevede alcuna forma di ammortizzazione perché sono le donne l’ammortizzatore sociale per eccellenza con il mondo intero, lei/tu compresa, che le ricaccia a casa a svolgere gratis ruoli di cura e a fungere da psicofarmaco sociale per ogni soggetto fragile della società. Donne che per dipendenza economica sono condannate a restare nella stessa casa di uomini violenti e che – mi scusi – col cazzo che pensano a fare altri figli per accontentare chi guarda troppo in superficie e legge troppe riviste di gossip per sapere com’è fatta l’Italia vera.

Ce l’ha presente una donna in carne e ossa? Quella che si vede per le strade? Ha presente quelle che vanno in bus o metropolitana e che si fanno il culo con tre lavori al giorno per sopravvivere e che non hanno neanche il tempo per pisciare e lacrime per piangere figuriamoci voglia di avere un figlio?

E poi: ma chi l’ha detto che il desiderio di una donna debba essere quello. Ce l’ha prescritto il medico che dobbiamo assolvere alla funzione riproduttiva, con un corpo pronto alla fatica, lei dice, senza rughe, e con l’assillo che prima di ogni cosa bisogna mettere a posto le ansie riproduttive di chi vorrebbe vederci partorire ogni minuto?

L’atto di egoismo è quello di chi culturalmente continua a molestare le donne ricattandole con stereotipi sessisti che servono a rimetterle in riga, fare le mamme e farle quando dite voi e come dite voi perché un figlio non corrisponde ad un desiderio, ad una scelta, è visto come un obbligo e alle donne va spiegato che bisogna assolverlo con un corpo perfetto, ché si sa che tanto non t’aiuta nessuno, figuriamoci pensare di sgravare dalle fatiche una madre a prescindere dalla sua età, e poi che brutto/brutto/brutto che il figlio che ti vede pensa “questa qui è mia nonna!”, insulto per tutte le nonne che chissà come mai alla fine, quando le mamme sono “giovani” e lavorano, finiscono davvero per crescere quei nipoti ché non tutte si possono permettere la babysitter gggiovane curandosi dell’aspetto e dell’età della persona cara.

Ma che lo dico a fare, è tutto così superficiale che forse non valeva neppure un commento. Però l’ho fatto e non mi pento. Come ripasso per noi. Giusto per sapere in che merda stiamo.

Le donne non fanno figli per dovere. Li fanno perché lo vogliono e quando vogliono e la faccenda della “natura” è solo un bello scudo per argomentare stereotipi sessisti che ci tengono in trappola ancora nel 2012 a partorire con dolore e a concepire con espressione da martirio.

La tecnologia e la scienza a qualcosa servono. Di certo questa non è l’età della ragione ma perdio si potrebbe discostarsi un pochettino da quella dell’oscurantismo medioevale?

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Critica femminista, Pensatoio, Precarietà, Satira.


2 Responses

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  1. wilifred says

    cronache laide, direi

  2. Anna says

    Cronache laiche non e’ nuovo a queste discutibili
    Opinioni. E’ un peccato che siano delle donne in questo
    Spazio a scrivere spesso enormi cretinerie