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La Polizia difende le donne che subiscono violenza

Questa immagine gira su facebook. Messa in circolo da una pagina e ripresa in altre illustra come la polizia tratta una donna che a Napoli sta manifestando per avere un lavoro.

Ad alcun* stimola i soliti due minuti di odio/indignazione/vogliadilinciaggio tipici di faccialibro e a noi stimola un sacco di riflessioni, che in parte abbiamo già fatto quando parliamo di violenza sulle donne, di richiesta di tutela a questo genere di uomini che come si può ben vedere rispettano moltissimo l’autonomia e la determinazione delle donne quando esse rivendicano e lottano contro qualunque forma di sopraffazione e violenza.

In piazza la violenza subita diventa resistenza o oltraggio a pubblico ufficiale. In casa la violenza (anch’essa repressiva contro altre istanze di libertà) diventa “lui era depresso”, “ha avuto un raptus”, “è stata lei a provocare”.

Di fatto ogni volta che chiediamo “tutela” legittimiamo questi “tutori” dell’ordine che in realtà hanno bisogno che noi si tenga in piedi lo status di vittima affinché possano dire che ci difendono, che dunque hanno bisogno di sorvegliarci, per il nostro bene, di controllarci e dato che il controllo è una forma di potere possono moralizzare le nostre vite e possono decidere di reprimerci quando scegliamo di autorappresentarci e di produrre autonomamente le forme di ribellione necessarie. Sarà per questo che i fascisti declinano la cultura patriarcale parlando di “tutela” delle “nostre donne”. Ti tutelo dunque mi appartieni e di te posso fare ciò che voglio. Incluso massacrarti di manganellate se non mi obbedisci.

Detto ciò, insistiamo: non trovate che quella foto della polizia o dei carabinieri inserita a corredo di ogni notizia di cronaca in cui si parla di violenza sulle donne (o l’immagine di una donna NON reattiva con gli occhi pesti) servano a produrre un marketing istituzionale che legittima sulla nostra pelle uomini come quelli che vedete sopra?

Non trovate che sia realmente brutto il fatto che in quelle notizie non si veda mai una donna fiera, che lotta, determinata, o un numero utile di un centro antiviolenza, una risorsa che le donne autonomamente hanno messo in piedi per difendersi e difenderci?

E poi: che differenza c’è tra la repressione che le donne subiscono in casa quando esigono da mariti/fidanzati/padri/ex di essere lasciate libere di fare le proprie scelte e la repressione subita in piazza quando rivendicano i propri diritti?

Ché forse, in definitiva, ha ragione la Muraro

—>>>#OccupyMedia e le immagini delle slide che illustrano le nostre ricerche.

Posted in Comunicazione, Corpi, Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze.


4 Responses

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  1. uno says

    bravo S. paolo , trista macchietta socialdemocratica, continua ad aver fiducia in quegli autonomi senza dignita comunemente chiamate forze del (loro) ordine. potrai sempre stracciarti le vesti quendo vengono a pestarti . ci sara poi sempre qualche “violento” a cui dare la colpa.

  2. Fialabronica says

    Toglierei il “forse” dal periodo finale 🙂

  3. BARBARA IVALDI says

    DEL RESTO LE BRUCIANO ANCHE DA PICCOLE CON IL GPL

  4. Paolo84 says

    dico che sì sarebbe bene che li articoli riportassero i numeri dei centri antiviolenza
    dico anche che sono convinto che nelle forze di polizia ci sono purtroppo tante persone come quelle nella foto, ma per fortuna vi sono anche persone (uomini e donne) diverse e che svolgono i loro compiti con coscienza, io che, anche se è difficilissimo e frustrante mi sforzo di conservare un barlume di fiducia non nelle istituzioni in sè ma negli esseri umani che ne fanno parte, almeno in alcuni di loro, spero che aumentino