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Ho abortito e sto benissimo

Il papa può dire ciò che vuole. Noi pure. E perciò segnaliamo un post di Antonella in cui estende il concetto di “stupro” all’autoritaria aspirazione a possedere il corpo femminile da parte di chi non ci lascia libertà di scelta e poi condividiamo, con il suo permesso, questo splendido post di MenoePausa (grazie!):

Leggevo e pensavo. A me, a mia figlia, all’aborto che ho scelto di fare.

Ho preso e sono andata al consultorio, anni fa. Mi hanno chiesto perchè. Sono troppo precaria, ho detto, e comunque non voglio un altro figlio, non sono in grado neppure di mantenere quella che ho già.

Mi hanno chiesto come fosse successo. Il contraccettivo ha fallato nell’incrocio con un antibiotico. Così è successo.

Mi hanno messa in lista d’attesa, perché “sa com’è, c’è solo un ospedale che pratica l’interruzione di gravidanza e quindi ci vuole tempo”.

Tempo. L’ho trascorso a vomitare, mi sono sentita quasi morire. Con un partner impreparato all’evento che era d’accordo su tutto ma che esigeva attenzione mentre vomitavo. Cose che capitano quando certi uomini si sentono l’ombelico del mondo.

Poi è arrivato il giorno. Stavamo tutte dentro una saletta e c’era un viscido come anestesista. Mi molestava mentre mi rendeva inoffensiva. Poi l’intervento e al risveglio l’utero che urlava lo spavento. Ha continuato a urlare per un mese, come se un martello pneumatico si divertisse a scavarmi la carne.

Tutto ciò perché le donne devono soffrire e certi medici non vogliono usare metodi meno dolorosi.

Ne avrei fatto volentieri a meno, credetemi, ma mi sono ritrovata a chiedermi se quella che guardavo allo specchio fosse una vita. E parlo di me.

Sono una vita, io? Sono persona? Ho il diritto di scegliere oppure no?

Certo che ce l’ho. Ho il diritto di essere quello che voglio e nessun uomo può scegliere al posto mio, sulla mia pelle, sul mio corpo. Ho il diritto di scegliere, di provare dolore o piacere, di custodire ferite e cicatrici.

Non ho avuto crisi psicologiche prima o dopo. Ero adulta. Il terrorismo psicologico di chi voleva farmi sentire in colpa non funzionava allora e non attacca adesso.

Non avevo dubbi. Non ho dubbi. Mi chiedo perché tutta questa gente che vuole speculare sulle mie scelte non se li faccia da se’ i figli. O non ospiti quelli altrui. Ne arrivano a camionate dai paesi più poveri. Prendeteveli, accoglieteli e fatela finita.

Si. Che cosa ne potete sapere voi delle fatiche di una donna. Della mia vita. Ma basta. Ma fatela finita.

Ne ho fatta una di figlia ed è precaria come me, anzi, pure peggio. Senza un futuro né speranze. E non mi parlate di carità cristiana ed assistenzialismo, vi prego, perché potrei materializzarmi nelle vostre stanze e sputarvi in faccia.

Io voglio un lavoro dignitoso che mi permetta di vivere una esistenza dignitosa. Lo voglio per me. Lo voglio per mia figlia. Non voglio l’elemosina e non voglio dipendere da chi mi dà un pacco di pasta scaduta e poi mi mette a bilancio delle sue opere di bene. Bene un cazzo. E’ male, invece.

Fatemi lavorare e poi datemi assistenza medica e soprattutto smettetela di opporvi all’educazione sessuale nelle scuole e all’uso dei contraccettivi, ché in Italia siamo ancora al livello in cui si fanno le prove di verginità per controllare le figlie. Se vietate preservativi, pillole, contraccettivi d’emergenza, che vi lamentate a fare poi se le donne sono obbligate ad abortire?

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Omicidi sociali, Personale/Politico, R-esistenze.


12 Responses

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  1. mariobadino says

    Io non sono una donna, per cui su questo argomento non mi piace intervenire perché parlerei di cose che per me non saranno mai una scelta obbligata da vivere sulla mia carne. Perciò mi limito a citare le ultime righe del post, che dicono una cosa che davvero ho sempre pensato: «Se vietate preservativi, pillole, contraccettivi d’emergenza, che vi lamentate a fare poi se le donne sono obbligate ad abortire?». Se davvero, senza ipocrisia, la Chiesa considera l’aborto un peccato, di quel “peccato” non può poi non ritenersi responsabile, visto ciò che predica in fatto di astinenza forzata e altre “amenità” legate a una visione ideologica della vita che, è il caso di dirlo, non sta né in cielo né in terra. E sarebbe certo meglio se di fronte alla possibilità di un aborto non si fosse mai levato il coro imbecille di chi pensa la donna come irresistibilmente attratta dalle “gioie” dell’aborto, come è avvenuto in relazione all’introduzione della Ru486.

  2. Serena says

    @cybergrrlz, parlo in quanto donna, e basta. E ritengo che io non potrei mai abortire e dire che “sto benissimo”, perché non sto benissimo se vivo in un paese che non mi garantisce la pillola del giorno dopo perché ci sono gli obiettori, non sto benissimo se è impossibile abortire, non sto benissimo se devo abortire nel caso in cui un figlio non me lo posso permettere (se non lo voglio allora okay, è un’altra storia).
    Non credo che una debba per forza restare schiacciata dal dolore, ma che anzi, proprio in ragion dell’esistenza di quel dolore, debba combattere per garantire il diritto ad un paese migliore per tutte le ragazze e per le generazioni a venire. Il dolore serve sempre a qualcosa, e, ripeto, ma è solo una mia opinione modestissima che non vuole imporre niente a nessuno, tantomeno all’autrice corraggiosa del post, ma è naturale che ci sia un dolore laddove c’è stata una scelta sofferta e obbligata. Non credo che nessuna di noi vada ad abortire per divertimento o a cuor leggero, per questo il titolo mi sembrava forzato.

  3. cybergrrlz says

    @franca, altrove si tratta di uno stalker e qualunque cosa faccia non fa che aggravare la sua posizione.
    @paola: il titolo è quello che ha voluto l’autrice del post. magari, prima di scrivere, andate a verificare nel blog da cui esso è tratto e vi renderete conto di cosa pensa lei.

  4. L'Eretica says

    Piccola precisazione al di la del cinismo:
    In Italia non sono vietati i contraccettivi.
    Se seguite le pillole vaticane è un problema vostro.

  5. antonellaf says

    Vorrei soltanto far presente, a titolo informativo, che i progetti di educazione alla sessualità nelle scuole sono affidati, nella stragrande maggioranza dei casi, alle emissarie del movimento della vita nella veste di insegnanti di religione. Troppo spesso sono loro, o chi per loro, le referenti di progetto, come si dice in didattichese.

  6. Franca Viola says

    condivido tutto quello che ho letto…ma mi sembra corretto segnalarvi il fatto che questo post sia stato strumentalizzato altrove.

  7. Paolo84 says

    non voglio contestare le sensazioni personali, io vorrei che dell’aborto ci fosse sempre meno bisogno (perchè non è mai una cosa bella) quindi ben vengano pillole, preservativi e quant’altro unito al fatto che nessuna lavoratrice dovrebbe perdere il posto se rimane incinta, ma voglio che l’aborto rimanga legale e sicuro…rispetto per chi vuole essere madre e chi non vuole.
    Del resto come dico spesso: amo i matrimoni (d’amore) ma è giusto che il divorzio sia legale

  8. paola says

    @cybergrrlz, a meno che tu non sia l’autrice, direi che anche tu compi l’atto del “decidere per lei come deve sentirsi”. Serena discute del titolo, non del contenuto. I titoli sono sempre una provocazione per far leggere, ma a volte corrono il rischio di “semplificare” le storie. Ho abortito non una ma tre volte, e l’unica ragione è la statistica: su un mezzo migliaio di scopate l’anno (sono nata negli anni sessanta, e così le chiamiamo) un aborto ogni dieci anni è quasi fisiologico. Uno su cinquemila ce la fa…però ogni volta mi sono sentita male, e non mi sento meno femminista per questo. Ho abortito, e a dieci anni dall’ultima volta sto benissimo. Ma a dieci giorni, posso dirlo, stavo uno straccio. Fisicamente, ma anche psicologicamente. Ho già i mei dubbi quando devo decidere se andare dal dentista o fingermi bloccata nel traffico, figurati su una cosa molto meno transitoria come una figlia. Non c’è da vergognarsi a stare male, la vergogna è farne una regola di santità per tutte. Come tutte le scelte, comporta dolore, perchè è parte di noi. Ma ricordo un’assemblea di donne alla fine degli anni settanta, e una signora che a me – sedicenne allora – sembrava anziana, raccontare che cmq sia, quando parli del tuo aborto pensi all’età che avrebbe tu@ figli@ se avessi scelto diversamente, non agli anni trascorsi da un intervento chirurgico. E io, che oggi “avrei se allora avessi” prole di 31, 21, 10 anni, ti dico che mi sono alla fine innamorata di un uomo che figli non ne può avere, e sono contenta così. Coi mie rimpianti, e nessun rimorso. Ma non togliermi il diritto ad aver avuto dolore

  9. maria says

    L’italia è un paese retrogrado che vive all’ombra della religione cattolica. La cosa più grave è il modo con cui si praticano gli aborti, ossia la marea di medici che lavorano in strutture pubbliche e che si prendono il lusso di rifiutare di praticare aborti…ebbene io credo che si dovrebbe vietare a gente simile, di lavorare in strutture pubbliche, se ne vadano nel privato dove magari queste cose le fanno di nascosto e prendono tanti bei soldini. Che schifo!

  10. Cosmic says

    Io non penso che al papa freghi davvero se una donna sta male dopo un aborto e comunque che stia bene o che stia male sono affari suoi, cosí come affari suoi sono se vuole interrompere una gravidanza o meno. Al papa comunque interessa imporre la sua mentalità oscurantista in ogni possibile contesto, se davvero gli interessasse della salute e della felicità delle donne e dei loro figli si indignerebbe per cose come le dimissioni in bianco, l’assenza di aiuti alle famiglie, la carenza di asili nido, le maternità non pagate e i contratti sempre più brevi e non rinnovati alle donne incinta o alle mamme. Ma anche in uno stato in cui le pari opportunità ci fossero davvero e in cui la famiglia fosse davvero un valore, nessuno dovrebbe permettersi di giudicare la scelta di portare avanti o meno una gravidanza.

  11. cybergrrlz says

    @Serena, se lei sta benissimo chi sei tu per dirle che non è così? ti fa piacere individuare un suo malessere? decidere per lei come deve sentirsi? lei sta benissimo e questo è quanto. io credo piuttosto che l’abbia scritto proprio per non essere schiacciata in quel “mai” che sembra omnirappresentativo e invece così non è. la teoria del trauma indimenticabile è tipica di una retorica pro/life. magari proviamo e reinterpretare le nostre sensazioni senza generalizzare i nostri stati d’animo.

  12. Serena says

    Bella testimonianza, soprattutto utile.
    Una cosa, però, non mi piace: il titolo. Non si può _mai_ abortire e stare benissimo, come non si può mai, come dicono il movimento per la vita ecc ecc, sentirsi assassine. Credo ci sia una via di mezzo, che tra l’altro l’autrice inquadra bene scrivendo, cioè, il senso di non avere scelta se non quella di abortire. E non si può stare benissimo se una vive in un mondo senza scelte. Non amo molto le semplificazioni a fini politici, nemmeno nei titoli, perché sennò diventiamo come quelli che critichiamo.