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19-11-2011: Ennesima manifestazione contro Green Hill…sarà la volta buona?

Oggi, per l’ennesima volta, migliaia di persone sono scese in piazza contro Green Hill, questa volta nel paese dove il lager sforna -beagle ha sede, Montichiari in provincia di Brescia.

Green Hill, come è ormai tristemente noto, alleva cani beagle per poi venderli ai laboratori di vivisezione. Attualmente, nei 5 capannoni di questo allevamento, sono rinchiusi oltre 2700 beagle tra cani adulti e cucciolate. Da questo allevamento più di 250 cani ogni mese finiscono tra le mani dei vivisettori e sui tavoli di tortura. Cani nati per morire, condannati a soffrire per tutta la loro esistenza.

Da alcuni anni Green Hill è stata acquisita da un’azienda americana, la Marshall Farm Inc. Marshall è un nome tristemente noto in tutto il mondo in quanto è la più grande “fabbrica” di cani da laboratorio che esista. Il beagle Marshall è addirittura uno standard di varietà.

 

Green hill è un lager per animali fatto di capanni chiusi, asettici, senza spazi all’aperto senza aria o luce naturale. File e file di gabbie con luce artificiale  e un sistema di aerazione sono l’ambiente in cui crescono questi cani, prima di essere caricati su un furgone e spediti nell’inferno dei laboratori, dove il loro destino di solitudine, dolore e morte è segnato.

 

 

Tra i clienti di Green Hill ci sono laboratori universitari, aziende farmaceutiche rinomate e centri di sperimentazione come il famigerato Huntingdon Life Sciences in Inghilterra, il più grande laboratorio di tortura animale in Europa.

Green Hill è un inferno, e la nostra lotta non si fermerà fin quando quell’inferno non verrà chiuso. Siamo ben consapevoli che, quando ciò avverrà, avremo vinto solo una battaglia, non certo una guerra. L’avversario, le lobby farmaceutiche, è potente e avido…non si fermerà di fronte a nulla per ottenere sempre maggiori profitti.

Ed è per questo che, nel giorno in cui tante persone hanno di nuovo gridato a pieni polmoni cosa pensano di chi alleva animali destinati ad atroci sofferenze per profitto, di chi collude con questi beceri individui per avere la propria fetta di guadagno, e di quelle istituzioni sempre così pronte a massacrare gli indifesi e così sorde e violentemente silenziose quando si tratta di ergersi in loro difesa, vogliamo dare il nostro contributo di femministe animaliste attraverso uno dei bellissimi video del Progetto Sistah Vegan, ideato da Breeze Harper, dottoranda all’Università della California. Questo progetto esplora le questioni razziali, postcoloniali e le teorie femministe alla luce della pratica vegana portata avanti come attivista animalista e consumatrice alimentare critica.

Buona visione!

 

Intersections – sub IT

Posted in Ecofemminismo, Fem/Activism, R-esistenze.


5 Responses

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  1. rho says

    Tanto perchè mi piace far circolare riflessioni, eccone qui una su etica e tecnologia…buona lettura

    “È possibile un’etica della tecnologia? No, rispondono la filosofa Avital Ronnel e il artista Eduardo Kac in Life extreme, libro-riflessione per immagini appena pubblicato in Francia”
    fonte: La Repubblica delle Donne (!!!), Anno 13, N. 600 del 31 maggio 2008, pp. 76-81
    rintacciabile qui http://d.repubblica.it/dmemory/2008/05/31/societa/societa/076gen60076.html .

    di Maria Grazia Meda

    È iniziato tutto con Eva, la prima scienziata della Storia. Punita per la sua curiosità, per la sua volontà di andare verso il serpente. La prima trasgressione “scientifica” che, ovviamente, ha un prezzo. Come tutte le trasgressioni. Questa è la prima riflessione suggerita tra le righe e nelle immagini (presentate in queste pagine) del volume Life Extreme, firmato da Eduardo Kac e Avital Ronell, edito in questi giorni dal francese Dis Voir. Un’opera difficilmente catalogabile, tanto il contenuto provoca sentimenti contraddittori di fascino e repulsione, di curiosità e sgomento, di poesia e orrore.

    Eduardo Kac è un artista a parte nel mondo dell’arte contemporanea. Nato in Brasile, risiede negli Stati Uniti, a Chicago, dove propone un lavoro affascinante a metà tra biooarte e poesia sperimentale. Da una decina di anni si dedica a esplorare le scoperte scientifiche dei laboratori e a trasporle nell’universo delle gallerie d’arte. Avital Ronell è una stimata filosofa di origine ceca installata a New York dove insegna letteratura comparata, women studies, e filosofia. Docente a Berkeley e alla European Graduate School dove occupa la cattedra Jacques Derrida, Ronell è considerata una delle principali divulgatrici in USA della French Theory e del pensiero tedesco (in particolare Nietzsche, Husserl e Heidegger). Il suo lavoro si distingue per un approccio decostruttivista del mondo moderno, con i suoi oggetti, comportamenti, luoghi comuni. Brillante nel mescolare concetti filosofici con il linguaggio della strada, Ronell ha scritto una serie di libri di successo anche fuori dal mondo accademico, trattando temi disparati quali la guerra del Golfo, la stupidità, le nuove tecnologie, Aids, l’opera lirica.

    Il libro Life Extreme è nato così, dalla volontà dell’editrice francese Danièle Rivière di fare incontrare e interagire l’artista che ha catalogato tutte le forme di vita trasformate e/o modificate dall’uomo, con la filosofa, allieva di Jacques Derrida e Hélène Cisoux, a commentarle. “Quando ho iniziato a contemplare queste fotografie le ho trovate meravigliose”, racconta Avital Ronell. “Ma dopo qualche istante ho cominciato a provare un senso di vertigine, a esserne disturbata. Non puoi valutarle con un vocabolario normato riconoscibile. E invece di trovare delle risposte sei assalito dalle domande”. Ecco il lavoro della filosofa, essenziale e necessario: formulare domande. Cosa ci dicono questi animali geneticamente modificati? Cosa ci ispirano queste chimere, questi ibridi, queste piante poeticamente surrealiste? Cosa ci dicono del progresso il coniglietto verde fluorescente, la rosa blu, il leonetigre o la zebrasino? Siamo di fronte all’ultima più terribile trasgressione? Abbiamo oltrepassato i limiti? “Potremmo persino avere la pretesa di trascendere il limite”, commenta Ronell, “ma si torna sempre lì, al limite metafisico: cos’è un animale? Cos’è animale o postanimale? Queste immagini ci mostrano la trasgressione dei generi e siamo spiazzati perché abbiamo bisogno di dividere, separare, catalogare. Ma devo ammettere che sono sorpresa che non provochino una maggiore ansietà d’ordine etico”.

    Così giochiamo a fare Dio In questo XXI secolo l’etica continua a fare a pugni con il nostro desiderio di giocare a Dio: “In modo discreto ma insistente ciascuna di queste immagini dimostra ciò che Heidegger ha continuato a sostenere, ossia che non possiamo controllare o instaurare un’etica della tecnologia. Ci sono strade sulle quali l’etica non passa, dove non ci sono guide o supporti metafisici per tenerci lontano dai guai”. I guai predetti da molti filosofi tra i quali Friedrich Kittler, che spiega come la tecnologia ci limita rendendoci più fragili e deboli, e il “catastrofista” Paul Virilio, con il quale Ronell ha lavorato in passato. “Virilio ha fatto notare che ogni progresso tecnologico limita e amputa il corpo. È persino arrivato a dire che il sogno tecnologico portato all’estremo è di immaginare un mondo popolato da persone completamente handicappate al fine di poter essere supportate completamente dalla tecnologia. Insomma, far rimpiazzare tutte le parti del corpo da protesi perfette”. Uno scenario a dir poco orrificante. Eppure non siamo già entrati nell’era delle protesi? Pensate non per limitare o cancellare una menomazione (è il caso degli arti artificiali), o per salvare una vita (vedi il pacemaker), ma semplicemente per aspirare a un corpo più performante, più perfetto. Quando una donna di vent’anni modifica il seno, i glutei, gli zigomi con delle protesi al silicone o sostituisce denti sani ma imperfetti con impianti in titanio e porcellana assistiamo già a quello che Avital Ronell definisce “le prime sostituzioni dell’umano con il tecnologico”.

    La mercificazione degli animali. Sfogliando il libro notiamo una frase tratta dal Frankenstein di Mary Shelley che dice: “La mia compagna deve avere i miei stessi difetti” e qualche pagina più in là troviamo un’altra citazione: “Creo persone che possono vivere con me”. Ecco: la genetica, le biotecnologie promettevano di cancellare le anomalie, le differenze, gli handicap. Ma perché non dovrebbero servire anche a creare le differenze? Grazie alle analisi preimpianto i futuri genitori possono chiedere figli perfetti; ma altri genitori, portatori di handicap, possono esigere esattamente l’opposto, vedi alcuni casi – rari ma non meno clamorosi – di una coppia di non udenti che voleva che il medico li aiutasse a mettere al mondo un figlio sordo, e di una coppia di non vedenti che ha chiesto di poter “programmare” un figlio cieco. “Ecco l’ironia delle intenzioni”, commenta Ronell, “come se fossimo incapaci di accettare l’alterità. Persino nella differenza cerchiamo una corrispondenza”. Ma nel nome di cosa fermare la ricerca e il progresso tecnologico? In fondo tutte le ricerche sono giustificate dal desiderio di migliorare la nostra condizione in questo mondo. Il famoso “manzo Schwarzenegger” (nelle immagini della pagina di apertura), un manzo senza grasso ma con un volume e massa muscolari tre volte superiori alla media – non è il frutto del sadismo di uno scienziato ma teoricamente una tra le molteplici risposte alla fame nel mondo. Ciò che però sciocca è la sempre maggiore confusione tra la risposta a una necessità e la tendenza alla mercificazione inarrestabile di ogni forma di vita. “Ecco cosa mi scandalizza profondamente”, spiega Ronell, “la logica della mercificazione nel nome dell’efficacia e della speditività imposta dal consumismo: penso al pollo senza piume creato per guadagnare tempo. Non devi più spennarlo, è lì pronto per essere messo in pentola o nel forno. È un’immagine che non posso guardare, mi riporta a immagini di carcerati indigenti, spogliati: le vittime dell’immaginario tecnologico. Questo pollo “denudato” mi disturba nel profondo, perché evoca ricordi che vengono da altrove”. Ronell parla del concetto di umiliazione subita dagli animali nei laboratori di ricerca evocando altri esperimenti in altri laboratori, quelli del Terzo Reich. “I campi di concentramento sono stati gli unici laboratori senza restrizioni della Storia. Al di là del sadismo fine a se stesso, in quei laboratori la ricerca si è spinta a limiti inimagginabili e mai ripetuti. Sappiamo che lì hanno ottenuto risultati mai svelati; quindi la domanda etica che dobbiamo porci è se possiamo oggi avvalerci di quelle informazioni”.

    Prosegue la filosofa: “Con tutte le precauzioni del caso possiamo dire che c’è un legame tra l’invenzione dei macelli industriali, la degradazione degli animali e i campi di concentramento. Nei macelli diamo il primo segnale di via al massacro di ogni forma di vita”. L’arroganza e il dubbio Nel libro si susseguono le immagini di animali “contro natura”, di piante strane, irreali che ci ricordano come l’idea di progresso sia intimamente legata al dominio dell’uomo sulla natura. Un’idea che provoca la collera di Ronell: “Questo desiderio di dominare la natura è un atto di profonda arroganza e di grave follia. Come possiamo dire chi siamo noi rispetto alla natura? Dove ci posizioniamo: dentro, fuori, ai limiti? È una forma di svilimento dell’uomo pensare di controllare la natura, dimentichiamo che tutte le fantasie di controllo hanno prodotto disastri”. L’ultimo tabù resta forse la clonazione degli esseri umani e la domanda che provoca: a quale necessità, a quale idea di progresso corrisponde? Una domanda cui nemmeno Avital Ronell può rispondere: “L’etica diventa obsoleta di fronte a tutti questi cambiamenti, ma è nostro dovere metterci al passo e riflettere, perché, ovviamente, non vogliamo regredire verso certi tabù di matrice cristiana – vedi la questione della ricerca sulle cellule staminali. Nietzsche diceva che Dio opporrà un veto alla scienza perché Dio è minacciato dalla scienza. Queste sono questioni complesse che ci costringono a chiedere cosa sia la vita, e alla luce dell’utilitarismo che caratterizza la nostra società possiamo chiederci se il profilo che definisce ogni essere vivente non sia ormai solo strumentale. Una domanda essenziale alla quale non ho una risposta su misura”. Chiudiamo il libro senza certezze, ma assaliti dai dubbi: non siamo su una corsia a senso unico senza possibilità di tornare indietro? Avital Ronell chiosa citando Heidegger: “La tecnologia ha una velocità propria inarrestabile. Il nostro compito è riparare i danni. Anche se pensiamo che sia impossibile dobbiamo almeno tentare”.

  2. feminoska says

    @Serena: ciao Serena, probabilmente non hai letto il post fino in fondo, poiché nel video di Breeze Harper che ho inserito in chiusura si parla anche del tema che tu hai sollevato, e cioè della possibilità di utilizzare il corpo altrui (umano o non umano) per ottenere dei “risultati” utili ad altr*. I beagle “da ricerca” non sono trattati benissimo, non solo come è ovvio durante la sperimentazione, ma nemmeno prima negli allevamenti. Sono animali estremamente intelligenti e curiosi, costretti ad un eterna prigionia in ambienti artificiali, senza stimoli, senza affettività, abbandonati alla solitudine, alla noia e destinati, una volta nei laboratori, ad altri mesi quando non anni di dolore ed angoscia, ad una morte spesso lenta e dolorosa. Chiedilo, a chi ha privato la prigionia, se si può chiamare questo “essere trattati benissimo” .Sono perciò io che invito te a riflettere su frasi come “a malincuore ma non c’è scelta”, primo perché io sono fermamente convinta che ci sia sempre un’altra scelta, e secondo perché ognuno è libero di fare di sé e della propria vita ciò che vuole, ma nessun* ha il diritto di togliere ad altri la vita per il proprio interesse, anche perché, guardacaso, come sottolinea benissimo Breeze Harper nel video, quelli che sostengono la possibilità di nuocere ad altri esseri viventi – umani e non – per ottenere i propri scopi, sono sempre coloro che si trovano in quella particolare posizione di potere o privilegio per cui non si troveranno mai ad essere loro, quelli sfruttati, torturati e uccisi. Un pò facile così, non trovi?

  3. rho says

    @serena, vai a vedere di persona. Su come funziona la sperimentazione ci sono molte cose da dire, a cominciare da che succede da quando dagli animali non umani si passa a quelli umani…ti invito a leggere anche altri testi ed a pensare a cosa saresti disposta a passare sopra se tu o una persona a te vicina avesse bisogno di qualcosa che proviene da sofferenze altrui. E’ un pò questo il punto.
    Ad esempio sai come è nata la moderna ostetricia? Per un’analisi illuminante invito a leggere il capitolo V di “nato di donna” di Adrienne Rich, “mani di carne, mani di ferro”…
    Ed infine definire “buffonate” ciò che non è in linea con il proprio pensiero non lo trovo sensato. Saluti.

  4. Monsieur Colette says

    Ottimo post, grazie. la manifestazione è per la liberazione animale (se i beagle sono trattati bene, cara Serena, perchè non ti offri tu per la ricerca al posto loro?) , umana e non umana. Non c’è giustificazione per le pratiche di dominio, siano esse sulle donne , sugli animali non umani o sulle altre etnie. Le connessioni tra sessismo, specismo e razzismo sono chiare, per chi le vuole vedere.

  5. Serena says

    terribilmente delusa da questo blog, sostengo le donne intelligneti come quelle che fanno ricerca e scoprono cure e nuovi farmaci anche tramite la sperimentazione animale, no queste buffonate, ma poi davvero credete che sia un lager??? i beagle da ricerca sono trattati bemissimo, nessun instituto di ricerca pagherebbe 3000 euro per un cane malato, torturato, ecc.. davvero non ho parole che partecipiate a questo caccia alle streghe da medioevo contro queste persone. Mi permetto altresì di aggiungere questo estratto dal bellissimo articolo dell’associazione luca coscioni “Oggi più di un milione di persone al mondo vivono grazie ad un trapianto. Tutto è cominciato a Boston, quando Joseph Murray ha trapiantato a un giovanotto, il rene del gemello. Ma per poterlo fare nell’uomo, prima, Murray ha dovuto operare quasi 600 cani. Quell’intervento cinquanta anni fa aprì la strada a tanti altri trapianti. Joseph Murray nel ‘90 ebbe il Nobel.” vi invito a riflettere: http://www.lucacoscioni.it/articoloagenda/malincuore-ma-non-c-scelta-ogni-farmaco-anni-di-ricerca