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L’amore? Io sono mia!

In mailing list si parla d’amore. Tutta colpa di Viviana (:***)  che ha cominciato segnalando un articolo che parla di uomini che hanno deciso che le donne abbiano bisogno di terapie riparatorie alle relazioni andate male. Una cosa che equivale alle sedute terapeutiche presso la d’urso o la de filippi, alla vendita dei cioccolattini per san valentino, al bacio sotto il muschio per capodanno. Tutte quelle cose lì che scambiano la chimica per un sentimento complicato che spesso è soltanto dipendenza affettiva, gelosia, possesso, tutte cose che appartengono alla sfera equivalente all’appropriazione dell’altro.

Si parla d’amore e se ne parla come di una costruzione culturale, come di una cosa sulla quale si avverte una forte pressione sociale, per cui una ragazza che vuole semplicemente trombare finisce per fidanzarsi con qualcuno che poi la annoia a morte e dalla quale ricaverà un bel niente, inclusi gli orgasmi andati a male.

Servirebbe risuscitare la trombatrice precaria [le sue avventure potete trovarle qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui] per farvela raccontare meglio, perché l’analfabetismo sentimentale è qualcosa che prima o poi va colmato.

Servirebbe ricordare anche che la maggior parte degli episodi di stalking avvengono per mano di uomini e per via di questo analfabetismo diffuso, perché si scambiano sentimenti negativi per “amore”, perché la costruzione sociale e culturale dell’amore sembra fatta apposta per creare recinti attorno alle donne e imbrigliarle in uno schema che poi porta alla famiglia, ai figli, al matrimonio, alla cura dell’altro, intesa come servizio a tempo pieno a compensare un welfare mancante di strutture che possano sostituirci nella cura di tutto il parentado.

L’amore è quella cosa che pochi, forse, chissà, conoscono davvero, dove si intende invece per amore qualcosa che non sia un “bisogno” individuale, quasi un diritto da rivendicare ai danni di chi lo subirà.

E di questa costruzione fantasiosa dell’amore le donne via via si sono rese conto ed è davvero curioso vedere come la parte più inadeguata, quella che insiste nel sopravvalutare la questione o che ci attribuisce cose che noi neppure pensiamo più, siano proprio gli uomini, quelli che poi immaginano di doverci confortare.

Esistono uomini che quando li incontri ti fanno certe scene, tu gli dici che vuoi trombare e loro ti dicono che non vogliono impegnarsi. Tu gli dici che vuoi fare cose porche e lui ti dice che non vorrebbe poi ci restassi male. Tu gli dici che hai bisogno di uno scambio fisico e lui ti dice che è uno che “non si lancia”.

Ma lanciati dal terzo piano, cosa vuoi che me ne freghi se ti lanci oppure no? A me basta che ti lanci dall’angolazione giusta e che invece che procurarmi piacere non mi trafiggi le costole, il che può sempre avvenire di ‘sti tempi.

Chi ti dice che io voglio “impegnarmi” o che “ci resto male”. Ma male di che? Te lo dico io quando e se ci resto male.

Io ci resto molto male se tu vieni in due secondi e poi non ti prendi neppure la briga di prestare attenzione alle mie componenti artistico/metafisiche/vaginali. Ci resto malissimo se mi ti decomponi quando lo fai perché sei un essere vischioso, paludoso, che ha le cellule che evaporano, tanto cola il tuo sudore e si appiccica sulla mia pelle. Ci resto malissimo se mi hai dato appuntamento in un determinato giorno, io mi preparo per la trombata del secolo e tu non ti presenti e poi mi dici pure che non vuoi sentirti “pressato”. Ma pressato di che? Sarà pressata la mia coscia che c’ho messo un ora a depilarmela tutta per bene mentre tu, capirai, ti presenti con tutto il tuo carico di pelo che sembri un orsobruno spettinato e maleodorante.

Ci resto male se mentre ti spoglio mi accorgo che hai una macchiolina giallastra sulle mutande o se quando respiri sulla mia faccia mi arriva una alitata che è peggio che stare a Fukushima. Ci resto male, in generale, se io coniugo il verbo “trombare” e tu capisci “impegnarsi” perchè è una tua costruzione mentale, una tua proiezione, una tua costruzione culturale dalla quale non riesci a sottrarti e sono stracazzi tuoi e non miei.

E così ci ritroviamo, noi trombatrici precarie, che non hanno voglia di “impegnarsi” che già la nostra vita e in generale le relazioni intelligenti sono un bell’impegno, sicuramente prioritario, a dover consolare, a fare noi le donne-cerotto di questi delusi dall’amore che non c’è, perché non riescono ancora, questi maschi da compagnia, a fare il proprio sporco dovere senza rivendicare la carezza, l’affettuosità, mentre stanno a dirti che si sentono un po’ uomini-oggetto dopo che gli hai fatto avere il più grande orgasmo della loro vita.

E se quando io parlo così vi viene in mente che questo è “essere come i maschi” è anche quella una costruzione culturale perché non esiste un essere maschio o femmina, perché il maschio trombatore non si alterna alla femmina romantica e sentimentale.

Sono io che ho paura che lui ci resti male e sono io che temo che lui se la prenda perché io non voglio impegnarmi. Io tento di destreggiarmi tra frasi fatte, equivoci, cazzate varie e gentaglia che vuole sentirsi dire, ancora, che “mi piacerebbe darti un figlio” come se fosse un regalo di natale, mentre al massimo quello che gli vuoi dare, perché ti va, è una fellatio strutturalmente ben ripartita tra tutte le componenti dei suoi geni-tali.

A me non serve, per esempio, l’uomo-cerotto. Se lo applicasse lui dove gli fa male. Facessero un centro di assistenza (mentale) per quelli che se io post/trombata poi faccio le cose mie mi perseguitano per un mese, e mi lasciano i messaggini sotto casa, e poi citofonano la notte e mi fanno pensare, a me si, che deve pur esserci un modo per evitare tutte ‘ste complicazioni in un mondo di adulti consenzienti in cui tutti dicono di voler trombare con tutti.

Il fatto vero è che tante donne che amano, e amano davvero, non amano qualunque uomo (o donna)  con cui trombano. Personalmente non mi basta che mi fai provare un orgasmo per dirmi innamorata di te. Che è un linguaggio abusato, che non corrisponde, che non significa niente, perché mentre ti dice che ti ama in realtà ti sta dicendo che sei così ma proprio così e così e così che ops gli scappa una eiaculazione precoce che precocemente usa il verbo “amare” per dirti che lui non ce la fa perché “ti ama troppo”. E chi te l’ha chiesto? Ma amami di meno. Ma non amarmi affatto. Ma fatti gli amori tuoi che io mi faccio i miei. E vedi di darti una sistemata all’ego perché non puoi pretendere che io faccia flap flap con gli occhietti se tu non ti industri per farmi avere almeno una mezz’ora di sesso come si deve.

Cinico? Brutto? Poco romantico? E che cos’è il romanticismo se non qualcosa che altri hanno deciso che a me serve quando non mi serve?

E’ che ‘sti maschi si trovano spiazzati, e quando beccano una che glielo dice esplicitamente (perché ci sono tante che non lo dicono ma lo pensano) allora ti dicono che sei “aggressiva”, “femminista” (ovviamente, e figuriamoci!), “egoista” e una serie di altri epiteti. Tutto fuorché riconoscerti il fatto che sai distinguere le cose chimiche dalle questioni sentimentali, che dai priorità diverse a seconda delle componenti sentimentali che caratterizzano le relazioni perché di amore io ne ho da vendere ma posso amare tanto un figlio, un uomo, una donna, un amico, una amica, una persona, un cane, un gatto, chiunque. Posso amare tanto me stessa, per esempio, che non è mica facile amare e non rinunciare a se stessi tutte le volte che te lo chiedono.

Tutti ‘sti diari delle scuole medie e dei licei pieni di cuoricini, di frasi poetiche che raccontano l’amore, di icone che rappresentano oggetti meramente sessuali, di desiderio. A ciascuno il suo. A me piaceva il divo tal dei tali, ma non mi prendo in giro, quando pensavo a lui volevo proprio toccarlo. Parte da lì la scoperta del se’ e l’amore a tredici, quattordici anni ma anche dopo non esiste se non in dimensioni altre.

Cerotti ai cervelli bisognerebbe mettere, ecco cosa bisognerebbe fare. Una grande medicazione culturale per smettere di sublimare e inventare e cullarsi in quella sensazione di unicità che è possesso e proprietà e gelosia perché la verità è che tu mi vuoi accanto tutti i giorni perché vuoi assicurarti che io ti appartenga, che trombi solo con te. Altro che amore. Altro che sentimento.

Perciò ancora oggi affermare che “io sono mia” è la più grande rivoluzione che esista, perché è così. E’ così e basta!

Posted in Pensatoio, R-esistenze, Sensi.


5 Responses

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  1. clarissa says

    grande fs!

  2. carol v. says

    Graaaaazie delle bellissime parole, fikasicula. Ti mando un abbraccio <3

  3. Paolo84 says

    Che ognuno viva la sua vita sessuale e sentimentale come meglio crede, tra adulti consenzienti si può pure fare sesso senza implicazioni sentimentali. io però nell’amore ci credo (ho dei dubbi che possa durare “per sempre” , tutto cambia nel tempo, anche i sentimenti non restano identici però mi piace sperare). Sono da sempre single, e inizio a sentire il bisogno di una donna accanto a me che sia un’amante e anche una compagna, un rapporto di coppia stabile dove ognuno si prende cura dell’altro e insieme si superano incomprensioni, gelosie e litigi, mi piacerebbe un rapporto così..è una prospettiva che mi attrae e mi spaventa al tempo stesso poichè implica grande responsabilità..non so se ne sarò all’altezza

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