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Islamic and feminist Punk: the Taqwacore (il film)

E’ una chicca che mi è stata segnalata da Arte, un musicista che ha la vista lunga e il cuore che batte dove batte anche il nostro. Ve la ridico esattamente come l’ha detta lui perché stimoli anche la vostra curiosità. Da approfondire sicuramente questa modalità femminista che protesta indossando un burqa con le toppe dei Dead Kennedys. Buona lettura!

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Pare che tutto nasca da un libro, inizialmente autoprodotto, di Michael Muhammad Knight. Dopo aver contattato Jello Biafra (Dead Kennedys), il libro uscirà per l’etichetta alternativa “Alternative tentacles”.

Adesso, The Taqwacore, è diventato un film.

Abbiamo uno studente mussulmano dal nome Yusef che si trasferisce in una comune hardcore-punk mussulmana a New York. In questa comune Jahangir, che ha una cresta rossa, annuncia con la chitarra elettrica le preghiere del mattino. Un altro membro è gay, si trucca ed indossa una gonna. Fumano canne e bevono birra.

Con loro c’è anche una femminista radicale che indossa il burqa completo di toppe dei Dead Kennedys che scrive con un pennarello frasi del Corano: -questo ayah dice che gli uomini posso picchiare le proprie donne, è un versetto inutile!-

The Taqwacores ha ispirato delle vere punk bands islamiche, gruppi come The Kominas a Boston, la band femminile Secret Trial Five a Toronto, Al Thawra a Chicago e parecchi gruppi in Pakistan e Indonesia. Hanno preso libro di Knight come un manifesto per un nuovo tipo di cultura giovanile islamica che rispetti le donne e le persone gay e non ha paura di sfidare l’Islam, ove necessario.

Qui di seguito il trailer di Taqwacore: The Birth of Punk Islam

DOWNLOAD FILM in inglese con sottotitoli in spagnolo:

http://netload.in/dateiG5Xp9HKG5g/TT-diabolico2011.part1.rar.htm

http://netload.in/dateizYFpWYk3uj/TT-diabolico2011.part2.rar.htm

fonti:

http://www.guardian.co.uk/music/2011/aug/04/islamic-punk-muslim-taqwacores

http://www.taqwacore.com/

 

Posted in R-esistenze, Vedere.


7 Responses

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  1. Paolo84 says

    ci tengo a dire è che ciò che vorrei è un mondo dove in linea di principio ognuno decide come vestirsi l’onore e la liertà delle persone non dipendesse da quanto si coprono o si scoprono le donne

  2. wildsidez says

    Questa storia dell’Islampunk è un pò di anni che è fuori… il film sarà anche nuovo, ma i libri di Knight no (ormai in svendita a pochi euro anche nei cassoni di libri a peso alla Coop), e neppure le band come i Kominas (disponibili da tempo su emule)…
    Certo all’inizio veder accostato l’Islam al punk è una cosa che stimola e incuriosisce, specie per chi ha attraversato entrambe le esperienze e le scene, però onestamente i libri di Muhammad Knight pur avendoli in casa non ho ancora trovato la spinta giusta per leggerli… Forse perchè i miei anni sulla scena punk anarchica hardcore sono finiti nel 1986 (trasformati in altro), o forse perchè la mia pratica e studio da credente musulmana ha subito una definitiva disillusione dopo due anni nel 1995, ma onestamente non credo possibile la combinazione di questi due elementi, se non a livello culturale individuale.
    Comunque quando mi capita guarderò certo il film!

  3. Paolo84 says

    “Il burqa: essere e contemporaneamente non essere…il burqa per chi non lo sapesse nasce come esigenza per i condizionamenti del clima”

    bè i condizionamenti del clima riguardano le donne come gli uomini, solo le donne però devono coprirsi dalla testa ai piedi..io sapevo piuttosto che il burqa era un’usanza indù (le mogli dei bramini lo portavano come segno distintivo) “esportato” in Afghanistan..comunque il suo significato non cambia: il volto umano è la prima forma di comunicazione, una donna in burqa o in niqab cosa comunica?: “non posso/non voglio mostrare il mio volto ad un uomo diverso da mio padre, mio fratello o mio marito (marito che non mi sono neanche scelta io) perchè altrimenti la mia famiglia (i maschi della famiglia) sarebbero disonorati e io rischierei di essere ripudiata nella migliore delle ipotesi”..insomma non mi sembra un simbolo di liberazione posto che ognuno si porta addosso i simboli che vuole,..poi per me vale sempre il principio che una persona, nei limiti del buonsenso (ad esempio se sei un’insegnante non è il caso di fare lezione in burqa, gli studenti devono poterti guardare negli occhi), può scoprirsi e coprirsi quanto vuole in pubblico ..ma il velo integrale è un simbolo che vuol dire una cosa ben precisa

  4. arte says

    ho già aggiornato l’articolo originale. ho trovato il film disponibile per il download con i sottotitoli in spagnolo qui:
    http://netload.in/dateiG5Xp9HKG5g/TT-diabolico2011.part1.rar.htm
    http://netload.in/dateizYFpWYk3uj/TT-diabolico2011.part2.rar.htm
    la qualità è ottima

  5. marzia says

    Il burqa: essere e contemporaneamente non essere…il burqa per chi non lo sapesse nasce come esigenza per i condizionamenti del clima, poi come tutto, diventa tradizione, indurimento dei costumi e intransigenza. Mi sembra logico che una libanese ad esempio, di pelle chiara e occhi azzurri, naturalmente di religione islamica possa non portare il velo dell’autodifesa, per temperature troppo alte, stando in altri stati invece che nel sud del Sudan. Come ogni codificazione anche il Corano nel corso dei secoli è stato rimaneggiato dalla classe di potere per giustificare politiche intimidatorie e di assoggettamento con il cappio della povertà. L’Islam puro in realtà si basa su un’idea di ribellione: \no, grazie io mi assoggetto solo a Dio, cioè non divento servo di sistema, e non approvo la gerarchia di regime\. D’altronde noi sappiamo bene come anche in Italia la Costituzione venga falsata da cavilli che la subordinano al ruolo di pura teoria non applicata.

  6. retroguard1a says

    Il libro era un po’ noioso, al di là dei personaggi. Chissà che il film non lo superi!

    Il burqa è negazione, ma anche travisamento…chi non lo sogna nei momenti difficili?
    Scherzi a parte, chiedete del burqa alle donne della RAWA, non credo sia una loro priorità nella resistenza afghana che portano avanti da 30 e passa anni.

  7. Paolo84 says

    La “femminista in burqa” mi lascia interdetto, certamente immagino sia una forma di provocazione estrema (all’estremo opposto delle femministe ucraine di Femen) e la rispetto però il burqa molto più di altri veli come l’hijab che lascia scoperto il volto, ha un significato culturale sessuofobico, di negazione della donna nella sfera pubblica e di rifiuto della modernità (emancipazione femminile inclusa) che mi pare difficile da scardinare