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Violenza sulle donne e media: quali immagini illustrano la notizia?

A partire da questo post, e da questo video e dal blog Bollettino di Guerra, vorrei fare una breve analisi sulla modalità grafica con la quale viene presentata nei quotidiani o nei giornali online una notizia di cronaca che parla di violenza sulle donne.

Evito di parlare di quei giornalacci online che presentano il titolo, ad effetto, poi un paio di ritagli pubblicitari, tanto per gradire e per far sentire forte la vicinanza e la solidarietà umana nei confronti delle donne vittime di violenza maschile, e poi, in basso, ma proprio giù che te la devi andare a cercare con la lente d’ingrandimento, trovi qualche rigo di notizia sull’accaduto.

Vorrei parlare invece di quei giornali, online ma anche cartacei, che sono così tanto magnanimi da riservare a queste news qualche ritaglio in home, in prima pagina, che poi rimanda ad un breve articoletto, spesso copiato da una agenzia di stampa, e qualche volta, quando il caso fa gola e richiama interesse, più click e dunque più introiti pubblicitari, ci sono degli approfondimenti, c’è la battaglia tra innocentisti e colpevolisti. Molti di più gli innocentisti che tentano in tutti i modi di dare versioni stravaganti dell’accaduto per provare fino all’ultimo a scagionare l’assassino, lo stupratore, lui, il colpevole, o per provare ad addebitare il delitto a una passante casuale che ha lasciato un minuscolo frammento di dna su una parte del corpo della vittima.

In questi giornali la modalità grafica si distingue per alcune caratteristiche comuni.

Il titolo: riporta quasi sempre la versione della difesa dell’assassino o riporta fin da subito una attenuante, psichiatrica, caratteriale, sociale, economica, etnica. Il sottotitolo fa una sintesi della vicenda e siamo sempre sullo stesso tono. L’immagine che viene scelta per illustrare tutta la questione è indicativa di una totale estraneità all’argomento.

Quando vi ritroverete a leggere degli articoli che parlano di delitti contro le donne vedrete sempre alcune particolari tipologie di foto:

se l’accusato è straniero allora troverete la sua foto, lombrosiana;

se l’accusato è italiano o comunque socialmente riconoscibile e integrato troverete la sua foto, in varie pose che lo scagionano, al funerale di lei, con in braccio il figlio, in preda a grande disperazione o, nel caso di imputazione per stupro, lo vedrete sempre in compagnia di mogli/fantoccio, figlie/sos, famiglia/appendice che fa tanto first lady a tutela del buon nome del clan familiare. Non vedrete quasi mai la foto di un italiano che ha commesso una violenza su una donna quando viene arrestato, o comunque in una posa che lo identifica come un imputato di un processo per violenza. Su questo è indicativa tutta la campagna fatta da alcune testate online, prima tra tutte La Repubblica, con alcuni editoriali in cui i giornalisti si dicevano scandalizzati per il fatto che nella nostra patria liberale e garantista si fosse lasciata circolare l’immagine di strauss khan in manette. Gli stessi giornalisti non hanno assolutamente detto nulla quando nelle stesse testate venivano pubblicate le foto di rumeni accusati di stupro in manette o quando venivano pubblicate immagini di donne arrestate per reati di vario genere e presentate con una vera e propria attitudine da istigazione al linciaggio.

se la vittima è di bell’aspetto vedremo le sue foto, perché le donne per ottenere spazio nei giornali devono essere esteticamente compatibili con il modello standard anche da morte;

se la vittima è di aspetto comune, una donna normale, forse anziana, una come tante, allora vedremo al massimo l’immagine del lenzuolo insanguinato che ne ricopre il corpo, o vedremo l’immagine del luogo del delitto, delimitato sempre da quelle transenne bianco/rosse con sottotitolo che dice “luogo del ritrovamento del cadavere” come se questo fosse fondamentale ai fini della trasmissione della notizia. Trovo davvero paradossale il fatto che a volte si parli di lui che ha ammazzato con trenta coltellate lei, poi si lancia dal balcone, o si schianta con l’auto su un muretto, o si da una martellata sui coglioni per farla finita e non fanno certo vedere una immagine rappresentativa di quelle trenta coltellate. Trovano molto più comodo mostrare il balcone da cui si è lanciato l’assassino, il muretto sul quale si è schiantato, il martello con il quale ha proceduto ad autoevirazione. In basso, naturalmente, troverete delle didascalie più idiote delle foto che indicano ancora come un delitto contro una donna si sia trasformato in qualcosa che riguardi sempre e solo lui, l’assassino.

se la vittima è una minorenne si rubano foto ammiccanti a seconda che sia di bell’aspetto o meno. Se non lo è vale come sopra.

a prescindere da vittime, assassini e tutto il resto l’immagine che troverete sempre, per ironia della sorte, è quella dei carabinieri, della polizia, un mezzo delle forze dell’ordine, quasi si trattasse di una occasione promozionale quando in realtà ogni delitto dimostra solo un cumulo di assenze, inadempienze, inefficienze o comunque inadeguatezze di tipo legislativo e istituzionale rispetto alla necessità di fronteggiare un fenomeno così smisurato e in crescita come quello della violenza maschile sulle donne. Voglio dire: lei è stata uccisa e i carabinieri arrivano sempre dopo, mai prima, mai in senso preventivo, sempre dopo. Dunque questa auto dei carabinieri che vedo dappertutto che vuol dire? Che per vedere uno che si dice sia delegato a fare rispettare la legge anche a tutela delle donne vittime di violenza maschile le donne devono prima morire? Vedi carabinieri che prendono le misure dei terreni, la scientifica, con look in Csi Style (sono degli esteti), che si incasina sempre con i dna di mezzo mondo, poliziotti che fanno il perimetro delle zone, militari che si fanno fotografare mentre orgogliosamente mostrano come sono riusciti a fermare il tale che ha dato fuoco alla moglie (e prima? dove stavate prima? prima, alle prime venti denunce per stalking dove eravate?). Dunque si: che senso ha quella foto di repertorio? Sempre uguale, identica a se stessa, a recitare un copione sociale in cui tutto sembrerebbe nella norma, in cui delitto dopo delitto comunque si ripropone uno schema che tutela se stesso, che non può essere messo in discussione. Un sistema sociale che non funziona eppure usa i cadaveri delle donne come elemento di marketing per dimostrare che nonostante tutto lo Stato c’è (ma dove? è una sigla dell’arma che può sostituire una totale assenza delle istituzioni in fatto di prevenzione, di lotta culturale contro la violenza maschile sulle donne?).

Immagini di questo genere costituiscono una beffa. Sono l’ennesima prova di come le donne vengono considerate utili oggetti in qualunque caso.E se ne potrebbero dire di altre ma per ora è un inizio di riflessione e ce la facciamo bastare. Magari, se volete, dateci altri spunti e noi li metteremo assieme per regalare a noi stesse e a voi altri strumenti di comprensione del presente.

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio.


One Response

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  1. Licia says

    Io parlerei anche di come certi pennivendoli si lanciano nei profili facebook delle vittime spiando le loro foto e pubblicandole, comprese di dettagli intimi, deduzioni personalissime, senza il minimo rispetto della privacy di persone che, non essendoci più, non hanno modo di protestare…