Melania è morta. E’ una delle #82 vittime (ad ora) di violenza maschile che abbiamo contato in tutti i mesi del 2011.
Come per altri casi di cronaca ai quali la stampa ha dedicato tanto tempo si è perennemente cercato di collaborare il depistaggio attribuendo la morte di questa donna ad un dna minuscolo trovato in un frammento di unghia e appartenente ad una donna. Ma queste sono le sciocchezze che i giornali e le televisioni scandalistiche ci propongono giorno dopo giorno, lasciando spazio a quello che ora è stato arrestato perchè la procura lo giudica “pericoloso”, lasciando spazio alla difesa dell’unico indagato di questa storia e dimenticando la vittima.
E anche adesso che lui, l’uomo, è stato arrestato con l’accusa di aver ucciso la moglie e aver depistato e vilipeso il suo corpo oramai morto, la stampa cartacea e televisiva non sposta di certo l’oggetto del suo interesse.
Si trova ancora il modo di mettere in circolazione le conversazioni deliranti di quest’uomo che da ciò che divulga la stampa sembra uno dei tanti che si era stancato della moglie e voleva buttarla via, in mezzo alla strada, senza nulla, togliendole tutto quello che lei aveva contribuito a costruire in tanti anni di vita assieme, magari togliendole anche la figlia che sembra sia stata lasciata da sola in macchina mentre lui compiva il delitto.
Si mettono in circolazione le “sue ragioni”, i motivi morbosi per cui un uomo sceglie di togliersi di torno un problema invece che affrontare le sue responsabilità, da adulto, da persona civile, da essere umano.
Così leggiamo su varie testate che lui continuava a mentire all’amante e che per risolvere le contraddizioni della sua bugia pare abbia pensato bene, secondo l’accusa, di inscenare un delitto cruento, terribile, assurdo.
Di tutti i casi di violenza sulle donne che conosciamo non c’è mai stato nessun uomo che abbia mai detto la verità. Nessuno che abbia detto cosa ha fatto. Tutti hanno invocato omertà, complicità dei familiari, conoscenti, ragioni di vario tipo, incapacità di intendere e di volere. Tutti hanno invocato attenuanti e hanno mentito. Sempre. Nessun uomo violento dice la verità.
Tutti gli uomini che ammazzano le mogli addebitano il delitto a qualcun altro, siano essi immigrati, donne, estranei, altri. Tutti hanno il gran problema di liberarsi delle prove e del cadavere perchè quel delitto per loro era solo una nota segnata in agenda. Cosa fatta capo A.
E la parte che segue è un fastidio, una cosa che si tenta di evitare in tutti i modi, un dettaglio che viene addebitato a “leggi dalla parte delle donne“. E rileggendo questa menzogna, completamente smentita dal rapporto ombra per l’attuazione della cedaw in italia, sottoscritto da centinaia di associazioni e persone e immediatamente assunto come elemento imprescindibile dall’Onu per considerare le gravi violazioni dei diritti umani che le donne in italia subiscono, vengono in mente gli argomenti ripetuti all’infinito, ovunque, siano essi forum maschilisti, che pagine fake su facebook gestite da padri separati, siano essi programmi televisivi ai quali partecipano gli avvocati italiani o rappresentanti dei padri separati, che usano i delitti commessi contro le donne per sponsorizzare una proposta di legge misogina che sostanzialmente immagina che una donna post divorzio debba essere controllata, ripudiata, punita, rinchiusa, curata, fino a toglierle i figli.
Noi non sappiamo dove l’uomo arrestato per l’omicidio di sua moglie abbia letto o come abbia maturato simili idee. Sappiamo però che la cultura propagandata dai maschilisti e dai padri separati lascia immaginare che gli uomini non abbiano alcuna alternativa all’omicidio e questa, che sia chiaro, è istigazione alla violenza sulle donne.
E a quell’istigazione partecipano tutti i quotidiani che sdoganano quelle frasi e le ripetono ancora affinchè entrino a far parte dell’immaginario comune, sciacallando sul corpo di una donna uccisa per promuovere un modello culturale femminicida senza accompagnare a quelle frasi alcun commento ragionevole e ragionato. Senza spiegare che si tratta di menzogne e che comunque tutto quello che si continua a fare è attribuire un delitto facendo passare il carnefice come vittima e la vittima per carnefice.
Facendo persino in modo che sia imputata l’amante, l’altra, le sue insistenze, le sue richieste di coerenza. Per cui in Italia quando è un uomo ad ammazzare qualcuna la colpevole è sempre una donna e quando la violenza viene commessa da una donna lei è la strega da bruciare e nessuna attenuante o nessun elemento di contorno viene spiegato.
L’informazione in Italia è misogina. La cultura del femminicidio e dell’istigazione alla violenza sulle donne sta assumento toni e modi raccapriccianti. Noi lo sappiamo. Noi lo diciamo e lo diremo.
La violenza sulle donne è una costruzione culturale, frutto di legittimazione sociale, come la mafia, come ogni forma criminale e a questa costruzione partecipano in tanti, troppi e tutto ciò deve finire.
http://www.youtube.com/watch?v=4gU9OLOcejY
Frasi come “Da una parte c’è il sogno di una vita nuova, l’amore vero e profondo per Ludovica, giovane, affascinante, moderna, dall’altra c’è l’obbligo coniugale, la quotidianità di un matrimonio rappezzato a fatica dopo la scoperta del tradimento.” mi fanno veramente voltare lo stomaco… Una ragazza massacrata e lasciata in un boschetto, carne per vermi, una bambina orfana nell’orrore… Loro sì avevano un sogno d’amore diverso, di una vita diversa, quell’unica vita… Lei e la sua bambina.
Condivido integralmente lo spirito dell’articolo e concordo con le osservazioni di Serbilla. Vorrei aggiungere che la ricostruzione giornalistica dell’omicidio di Melania, secondo me, è imperniata su un duplice processo di criminalizzazione: della vittima e di Ludovica, l’amante di Parolisi, il quale, nella cronaca dei quotidiani, sembra invece incarnare la figura fragile e tragica dell’uomo costretto ad agire in stato di necessità, per salvaguardare il proprio equilibrio mentale compromesso dall’enorme pressione psicologica subita da due terribili arpie. Così il presunto omicida viene trasformato in vittima innocente, che suscita la nostra pietas, mentre la moglie, ammazzata con efferata crudeltà, e l’amante diventano le vere colpevoli: l’una di essersi meritata la fine che ha fatto, l’altra di averla provocata con le sue illogiche pressioni.
La più che legittima richiesta rivolta da entrambe a Parolisi di assumersi finalmente la responsabilità di una scelta chiara, netta ed inequivocabile viene, infatti ,tradotta nel linguaggio giornalistico con il termine bellico di assedio , quasi si trattasse di una dichiarazione di guerra. (Vedasi l’articolo pubblicato da Repubblica) E da un assedio si esce virilmente rompendolo, cioè difendendosi e facendo fuori il nemico principale. L’omicidio di Parolisi ci viene presentato come un atto fatale cui è impossibile sottrarsi , come un’ azione di legittima difesa dalle vessazioni subite dalle due donne. E’ così che si legittima un omicidio e si istiga alla misoginia e al femminicidio. Che schifo! Sono disgustata!!
Stamattina quando l’ho letto, intendo l’articolo di repubblica, non ci potevo credere, dietro c’è proprio la volontà di chi lo scrive, il signor Meo Ponte, di accusare una donna morta di aver danneggiato la vita del suo assassino e la sua completa giustificazione.
E’ proprio il delirio.