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#82 vittime di violenza maschile in Italia nel 2011

Erano #78 pochi giorni fa e nel frattempo ne sono morte ancora quattro. Tre donne uccise dai mariti e una donna uccisa dal figlio. Per ciascuno c’è già pronta una scusa mentre nei media c’è ancora chi offre spazio alla difesa di persone accusate dell’omicidio della moglie.

E’ davvero difficile trovare la giusta distanza, la freddezza, la lucidità, per analizzare la mole enorme di frasi fuori luogo, di parole negazioniste, di sillabe che giustificano gli assassini mentre trovano ancora una volta una “ragione” per criminalizzare le vittime.

Come in un articolo recente che non racconta di un omicidio ma di una aggressione. Lei abita a casa con madre e sorella, lui vuole convincerla ad andare a vivere con lui, lei non vuole, lui tenta di costringerla, madre e sorella la difendono e finiscono all’ospedale, aggredite, picchiate, da quello che nell’articolo viene definito un “innamorato pazzo” mentre delle donne si dice che hanno “interferito”.

O in un altro pezzo in cui un cacciavite conficcato da un ex nella testa del ragazzo che frequentava la ex, l’oggetto dello stalking, diventa “litigio per una ragazza” che si traduce nei soliti luoghi comuni che scambiano il possesso e lo stalking per la disperazione dell’innamorato.

Sarà per questo che Loredana Lipperini invoca gli stati generali sulla comunicazione mentre partecipa  alla discussione che parla del fare una rete antisessista nel Feminist Blog Camp. Sarà per questo che le determinate Donne in Quota hanno chiamato tutte noi per una azione congiunta che responsabilizzi la RAI, il servizio pubblico, ad adoperare linguaggi diversi, più rispettosi delle donne e sicuramente meno lesivi delle vittime che continuano ad essere vilipese dopo la morte.

Perchè in televisione si assiste ad ore e ore di chiacchiere inutili, di sciacallaggi su donne morte ammazzate, con programmi di dubbio gusto che lasciano dire all’ospite di turno che lei avrà detto una frase, quella frase che proprio non puoi trattenerti dall’ammazzarla, come l’avesse prescritto il medico. Continui moniti a limitazione e censura del comportamento femminile per dire che no, se lei si fosse comportata meglio allora lui non l’avrebbe ammazzata, perchè la morte dipenda sempre e soltanto dalla vittime e mai dai carnefici.

Un continuo capovolgimento che è diventata una emergenza rispetto alla quale, ciascuna per il ruolo che ha e per il ramo di interesse che la riguarda, stringe una allenza assieme a tutte le altre perchè qualcosa cambi ma cambi sul serio.

D0nne che si parlano, discutono di obiettivi politici e non hanno paura di fissarli e di andare avanti, assumendosene le conseguenze e le responsabilità. Come le donne che a New York, completamente ignorate dalla stampa, sono riuscite ad attirare l’attenzione della commissione Cedaw il cui stato di attuazione in Italia è un vero disastro. Capitoli su capitoli di violazioni dei diritti delle donne, elencati con lucidità, pazienza, pignoleria, precisione, con la stessa forza d’animo che usa un medico legale di fronte al corpo dilaniato di una sorella, una figlia, una amica carissima.

Perchè serve distanza e intelligenza e pazienza mentre si racconta come ci fanno a pezzi e quella intelligenza e pazienza vengono ripagate perchè la commissione Cedaw, ci raccontano le nostre amiche da New York, hanno chiesto al Governo tante cose su quello che era contenuto nel rapporto ombra e il governo, naturalmente, non ha risposto perchè non conosce il numero delle vittime di femminicidio (noi si), non conosce il numero di casi in cui un uomo violento ricatta una donna con la minaccia di toglierle la figlia o il figlio, non è riuscito a spiegare come mai in Italia, diversamente da altri luoghi civili, non esista nessuna norma che vieti ad un uomo violento di poter rivendicare l’affido di un figlio. Non è riuscito a spiegare niente perchè il governo non governa e perchè delle donne che muoiono, che patiscono violenze su violenze non gli importa niente.

A noi invece importa e siamo qui a lottare e dunque continuiamo, con pazienza, rabbia, distanza, intelligenza, lucidità e determinazione, a chiedere a questi giornalisti perchè continuano a offrire una legittimazione culturale agli uomini violenti.

Un uomo che aggredisce le persone che difendono una donna che non vuole stare con lui non è “innamorato”. Nulla c’entra la violenza con l’amore. Quell’uomo è solo un violento e come tale va trattato.

E le persone che tentano di difendere una donna che da sola non riesce a fronteggiare una aggressione non “interferiscono” ma stanno compiendo una azione sacrosanta.

Ecco: noi “interferiremo” sempre perchè le vite delle donne ci riguardano e perchè gli uomini che difendono altri uomini in nome dell’appartenenza ad un codice da branco ci restituiscono per intero la visione di una società incivile dove le donne non godono dei più elementari diritti.

Dimenticavo, giusto per ribadirlo: sono ottantadue, e non sono ancora trascorsi sette mesi dall’inizio del 2011. Direi che gli assassini vincono questa guerra in modo inequivocabile. Quanti cadaveri bisogna contare ancora perchè i media si accorgano della strage che è in atto?

Posted in Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze.


3 Responses

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  1. Penelope 67 says

    Ho dimenticato il nome del programma: “Porta a Porta” su RAI 1, in seconda serata. Scusate, ma sono troppo infuriata!

  2. Penelope 67 says

    A proposito di RAI: nella puntata del 18.07.2011 l’esimio Dott. Marchetti in finale di puntata ha sentenziato che le donne uccise per mano maschile sono POCHISSIME, perché gli uomini si uccidono “tra pari”, mentre le donne uccidono più spesso altre donne o bambini, esseri “più deboli”. E io pago il canone anche per gente simile, che schifo! Anch’io “interferirò” sempre, assolutamente.

  3. Imma says

    Son tornata a casa da non molto, incazzata nera proprio perché anche questa sera sono stata costretta a sentire le solite criminalizzazioni. Stavolta nei confronti di Melania Rea: “ma anche lei… ha sposato il suo assassino”, mi autocensuro ed evito di scrivere le mie risposte a tali amenità, è che talvolta pare inutile perfino discutere, pare che tutto sia inutile.