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Appello delle lavoratrici Orvea di Trento per un 8 marzo di lotta

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Riceviamo e volentieri condividiamo:

Tra qualche giorno si ripeterà la tradizionale “festa della donna” ormai ridotta a tripudio di mimose, cene e ipocrisia. Nulla di più distante dallo spirito con cui Rosa Luxemburg, l’aquila del proletariato mondiale, propose, in ricordo del tragico incendio in cui perirono 129 operaie, la data dell’8 marzo come giornata di lotta internazionale della donna.

Ebbene noi non abbiamo proprio nulla da festeggiare. Come lavoratrici dei Supermercati ORVEA abbiamo subito una unilaterale decurtazione del nostro già modesto salario da parte di un’azienda che, come è prassi tra i padroni, ha pensato bene di scaricare sulle nostre spalle e sul nostro portafoglio i
risultati di una crisi dovuta a incapacità manageriale e spese dissennate.

Lorsignori hanno deciso che il nostro contratto integrativo strappato con passione e dedizione totale era diventato troppo oneroso per il bilancio aziendale per cui doveva essere disdettato.
La proclamata incompatibilità economica, usata come leva per un ulteriore giro di vite sulle condizioni di lavoro, per un’ulteriore affermazione dell’arroganza padronale, per un ulteriore e più violenta umiliazione delle donne che lavorano e che è risaputo hanno statisticamente i salari più bassi degli uomini.

I diritti non sono più diritti, la contrattazione sindacale vissuta con fastidio e concepita come puro atto notarile che deve mettere il sigillo di approvazione nelle scelte prese nei consigli di amministrazione, senza mai sindacare sugli indirizzi suicidi o cervellotici che questi assumono. Certo, c’è di peggio in giro. Le lavoratrici della FIAT di Pomigliano e Mirafiori (in attesa di tutte le altre del gruppo), per esempio, che hanno visto perdere diritti sanciti da un contratto nazionale, anche qui unilateralmente cancellato dalla protervia di Marchionne, oppure le lavoratrice della CAREFUR O della OMSA, la cui capogruppo GOLDEN LADY ha deciso di delocalizzare la produzione, oppure ancora peggio le precarie
della scuola o del pubblico impiego che grazie ai tagli non saranno più precarie, perchè avranno la certezza di rimanere a casa senza lavoro.

C’è sempre uno che sta peggio che ci induce ad accettare il meno peggio. Di meno peggio in meno peggio però, l’unica cosa certa è una continua regressione nel campo dei diritti, del salario, nelle condizioni di vita e nella qualità della vita.

Per questo ci chiediamo cosa ci sia da festeggiare, per questo ci rispondiamo che non c’è nulla da festeggiare l’8 marzo, MA SOLO DI LOTTARE PER I NOSTRI DIRITTI.

Per questo crediamo che sia stato giusto scendere in piazza il 13 febbraio, ma pensiamo che sarà ancora più giusto farlo non solo per rivendicare una generica dignità calpestata dal Presidente del Consiglio, ma anche per rivendicare il diritto ad una vita dignitosa che significa lavori meno pesanti, turni meno massacranti, salari più equi, possibilità di conciliare il lavoro e gli affetti e di lavorare il giusto, perchè una domenica è sempre una domenica e un giorno festivo è pur sempre un giorno festivo e non cambiano natura per la legge partorita da qualche assessore provinciale o per l’ordinanza di qualche sindaco.

Quando questi aspetti della nostra vita saranno rispettati, sarà rispettata integralmente la nostra dignità e allora ci saranno tutti i presupposti per festeggiare l’8 marzo, magari con lo stesso spirito con la quale Rosa Luxemburg lo aveva pensato.

Posted in Corpi, Fem/Activism, Iniziative, Omicidi sociali, Precarietà, R-esistenze.


One Response

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  1. mfpr says

    “Proprio per riportare l’8marzo al vero spirito proletario rivoluzionario, proprio perchè oggi sempre di più dobbiamo riprenderci l’8marzo e tutti gli altri giorni per portare avanti la lotta per rompere le nostre doppie catene ,l’8 MARZO SCIOPERO TOTALE DELLE DONNE. – un giorno senza le donne…

    RILANCIAMOLO IN OGNI POSTO DI LAVORO.

    Lecompagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario”