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Colori e grigiori

http://www.spassolandia.net/e107_plugins/autogallery/Gallery/Illusioni%20ottiche/arcobaleno_digitale.JPGA volte provo una tenerezza frammista a pena per alcuni bambini. E compatisco un poco i loro genitori.
Mi capita quando cammino nei centri commerciali, uno dei luoghi meno consoni ad una famiglia in cui vi sono bambini piccoli.

Eppure i centri commerciali pullulano di passeggini (mi è capitato anche di assistere allo sfioramento di uno scontro frontale tra culle, e dubito che quest’ultime fossero munite di air-bag), di mamme che trascinano bimbi che si rifiutano di camminare adeguandosi ai ritmi "adulti", di papà i quali, esauriti i diversivi del gelato-giro sulla mini ruota panoramica con vista dall’alto di Zara e H&M-Chupa Chups-sorpresa non meglio identificata, non sanno più cosa estrarre dal cilindro e sopportano i capricci dei loro piccoli.

I quali, magari, vorrebbero stare anzi a casa di qualche amichetto/a, o in un giardino, a correre o a giocare a palla, sporcandosi di erba e terra. O semplicemente poter stare all’aria aperta, tra i suoni e i rumori del mondo reale, sottratti all’artificiale sottofondo sonoro tipico di questi luoghi dedicati alle spese, necessarie e non, dei grandi.

In quei momenti spero che se un giorno dovessi avere dei figli, i fotogrammi della nostra vita possano essere molto differenti da quelli appena scorsi davanti ai miei occhi.

Mi capita di provare simili sensazioni anche quando sono sulla spiaggia, e mi accorgo che quella che dovrebbe essere una giornata divertente e rilassante per tutti, diventa una sfida all’ultimo strillo tra bambini agitati, mamme che urlano divieti senza preoccuparsi minimamente di spiegarne la motivazione, papà che nel frattempo non tolgono lo sguardo dal giornale e ogni tanto scuotono la testa e danno una voce, tanto per affermare la propria autorità.

Tristi e consunti giochi di ruolo, in cui la regola principale è la totale assenza di comunicazione reciproca, in cui nessuno si diverte e ognuno accumula non punti ma tensioni. Tutti perdenti alla fine…

Davanti a scenari di questo tipo mi passa davvero la voglia di avere una famiglia. Poi ricomincio a pensare che forse a me non accadrebbe, ma il pericolo, seppure remoto considerati i miei anticorpi naturali, di ritrovarmi imprigionata (e di imprigionare eventuali figli) in determinati meccanismi mi incute un considerevole timore.

Quando invece sono con la famiglia di S. i pensieri sui progetti futuri abbandonano quella tinta grigia di cui erano intrisi.

S. e M. hanno due figli, Mattia e Alessia, di cinque e tre anni.

Non posso non riconoscere a questa coppia un’abilità e un’intelligenza particolari nel relazionarsi ai loro piccoli. L’amore che provano per loro si avverte tangibilmente, e credo che la sicurezza e la serenità di questi due bambini trovi fondamenta proprio in quell’affetto da cui sono costantemente circondati e protetti.

Hanno una stanza piuttosto grande e ben fornita di giochi, libri e pupazzi, dove trascorrono molto tempo a giocare tra di loro o con gli altri bambini dell’asilo.

Ogni tanto Mattia, che oramai parla molto e bene, dice una frase che ti spiazza, t’intenerisce e ti sorprende, e non lascia dubbio alcuno sulla sua intelligenza e sensibilità.

In effetti questi piccoli sono stati abituati da S. ed M. a stare in mezzo alla gente, a coltivare, per quanto possibile per la loro età, l’autonomia, in un ambiente familiare ed extra-familiare abbondante di sollecitazioni intellettuali e alquanto sereno.

Starei ore ad ascoltare i dialoghi tra Alessia e Mattia; ricordo di quando discutevano di un invito a cena fatto ad un drago e su cosa avrebbero potuto cucinargli, domandandosi a vicenda di quali cibi si nutrissero abitualmente i draghi.

Ecco, quando penso a questa famiglia davvero vorrei che anche io e il mio compagno potessimo riuscire ad essere per i figli che forse un giorno avremo, quello che S. e M. sono per i loro.

Anche alla luce di questa conoscenza diretta, trovo maldestra, fuori luogo, nonchè di una pericolosità  ed intolleranza considerevoli, l’interrogazione presentata in parlamento dal senatore del PDL De Eccher sui genitori omosessuali.

Quella di Alessia e Mattia è infatti una famiglia arcobaleno. S. e  M. sono due mamme formidabili, e Alessia e Mattia, fortemente voluti, sono stati  concepiti nella lontana Danimarca tramite fecondazione assistita.

Rammarica e fa rabbia che, non solo il senatore non riesca a rendersi conto dell’esistenza di forme di genitorialità diverse da quelle codificate ed istituzionalizzate, le stesse in cui spesso è assente il profondo e consapevole desiderio di prendersi cura dei figli, ma che impieghi tempo e risorse in un’improbabile crociata contro queste famiglie.

Laddove ci dovrebbe essere un tentativo di conoscenza, mi sembra aleggi un’innegabile ignoranza, laddove ci dovrebbe essere la voglia di comprendere c’è l’intenzione di condannare aprioristicamente, laddove si dovrebbero attuare politiche di tutela troviamo chiari segnali di discriminazione.

In quelle parole c’è un latente daltonismo, che di fatto impedisce a tante persone di percepire i colori e che le spinge verso l’imposizione di una società omogeneamente grigia e priva di sfumature.

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio.


One Response

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  1. giulia says

    Grazie per quest’articolo!